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Full text of "Dante e la Francia dall' Età Media al secolo di Voltaire"

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DANTE E LA FRANCIA 

Volume Secondo 


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ARTURO FARINELLI 


DANTE t M TRANCIA 


DALL’ETÀ MEDIA/ 

« • ■* * 

AL SECOLO DI* VOLTAIRE 


Volume Secondo 



ULRICO HOEPLI 

EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA 

MILANO 

1908 


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INDICE 

del Secondo Volume 


H3%f 
P7 F3 
v.Z 


DA MALHERBE A PIERRE BAYLE 


ÀTTiamento alla perfetta letteratura de’ classici 
Italianesimo in decadenza 

Il regno della logica e del buon senso - Poesia e creazione 
istintiva, vigilate, sorvegliate e frenate - Coscienza del poeta, 
fusa colla coscienza del pubblico - Ideale dell’ arte e legisla¬ 
tori del secolo - Letteratura parlata - Sale e salotti. Pag. 1 

Dante, figura ciclopica, in disaccordo cogli ideali del tempo - 
Favella d’ Italia e accademie italiane - Malherbe e suoi se¬ 
guaci - Poesia d’Italia riversatasi in Francia - Racan, May¬ 
nard.... 4 

I modelli d’Italia preferiti - L’Ariosto - Il Tasso - Il Guarini 
- La voga per le pastorali - Giambattista Marino. . . 9 

Maestri di lingua, e compilatori di grammatiche e manuali - 
Dante ricordato da Ambrosio de Salazar, dall’autore della 
Grammatica di Port-Royal, da Placide Catanusi - Rimatori 
di Francia in lingua italiana. 13 

Tutto congiura contro la fortuna di Dante - Scissura fra l’Età 
Media e l’età de’ classici - Divinità invocate nell’ Olimpo 
degli antichi - Il finito e l’infinito - La creazione gigantesca 
spaura - Michelangelo incompreso quanto Dante ... 18 


152314 


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Vili 


Indice del secondo volume 


Dante in Provenza 

Critici, eroditi e italUneggianti a’ tempi di Chapelain 

L’ « émerveillable Poète Dante », e la versione de’ Mondi del 
Doni di Gabriel Chappuys.Pag. 20 

Claude Fabri de Peiresc - La Commedia ridotta a cronistoria - 
Michel Baudier e la storia di Romeo di Provenza ... 23 

César de Nostredame, schietto ed unico ammiratore di Dante - 
Tradizioni antiche rispettate dal Nostredame - L’italica cul¬ 
tura - I prediletti poeti di Provenza, incensati cogli elogi di 
Dante - Manfredi e sua fine - Romeo di Villanova - Ugo 
Capeto - Sfugge al Nostredame il De vulgati eloquentia - 
Imagini attinte dall’ « inimitabil poeta » - I versi del No¬ 
stredame non recarr traccia di Dante - Diffusione della sua 
« Storia ». 26 

Viaggi in Italia e ricordi all’Averno virgiliano - Bouchard - 

I compilatori di erudite miscellanee - Gabriel Naudé - Mania 

di rimpinzar nomi - La Mothe Le Vayer - Gui Patin . 34 

Cronisti e storici - Simon Vigor - Abrégé chronologique del 
Mézeray.40 

Il regno della ragione e del buon senso di Jean Chapelain - 
Marino e VAdone - Studio indefesso degli scritti d’Italia - 

II dialogo De la lecture des vieux romane - La Puoelle - La 

critica letteraria - Epistola al Rapili - Chapelain, di « gotica 
memoria » per il Voltaire. 41 

Giunge dalP Italia ancora il sacro verbo ai versificatori e dot¬ 
tori - Balzac e Voiture - Valentin Conrart - Gilles Ménage 
già trionfante - Il Costar - Gli oracoli del Colletet . . 48 

Peregrinaggi in terra d’ Italia, e curiosità rilevate - Il sepolcro 
di Dante a Ravenna - Mabillon - Maximilien Misson . 56 

Descartes - Corneille - Pascal 

Trionfi del rigido intellettualismo, e sfoghi contro la libera 
imaginazione - Descartes e Dante - Malebranche ... 59 

Pierre Corneille e la tendenza all’ eroico - Affinità nel sentire 
e nel concepire in Dante e nel Corneille - Dante escluso 
dall’educazione de’ poeti - Un « Dante italien », acquistato 


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Indice del secondo volume 


IX 


probabilmente da Thomas Corneille, nel 1652 - Dante nel 
Dictionnaire universel di Thomas Corneille - Pierre Corneille 
e le parafrasi all 'Imitazione di Cristo.Pag. 62 

Misticismo a fior di pelle, e poesia religiosa nel secolo di Cor¬ 
neille - Jean Bertaut e Antoine Godeau- Loménie de Bri enne 

- Il mito pagano soggioga le menti cristiane ...... 66 

Le dispute teologiche - Pascal e Dante - I colloqui della co¬ 
scienza con Dio - Vita dell 7 imaginazione nel mondo logico 
di Pascal - Scarse letture del Pascal.69 

Dante fuori della soglia di Port-Royal.74 

Boilean legislatore 
Le Iliadi norelle - Visioni e sogni 

La perfezione ambita nell 7 arte - La ragione despotica, onni¬ 
possente - Moderazione, chiarezza, levigatezza e leggiadria - 
Orazioni funebri e sermoni - Le passioni vigilate, disciplinate 

- Shakespeare scomunicato in Francia prima della diffusione 

de 7 suoi drammi..'. 75 

I freni, i precetti e le regole del Boileau - L 7 infallibile ed unico 
buon gusto - Tutto l 7 oro è in Virgilio - L 7 Olimpo popolato 
di divinità pagane - Paganesimo che s 7 insinua nelle sacre 
ed eloquenti scritture. 78 

L 7 epopea ideale - Iliadi cristiane e Gerusalemmi novelle - Al¬ 
legorie e simboli - Virgilianismo nell 7 epopea di Francia - 
Epiche fantasmagorie ed artificiosi meccanismi - Visioni e 
sogni - Parodie alle discese infernali. 85 

Le elegie sull 7 Inferno di Francis Auffray, retrogrado e ron- 
sardista. 94 


I 66 classici ” del gran secolo 

. La Fontaine... 98 

Molière e Bacine.101 

La vita del secolo specchiata nelle Epistole - Mme de Sévigné 
- Moralisti del 7 600 - Saint-Evremond.104 


Vangelo de 7 « classici » e vangelo di Cristo - Profluvio di cita¬ 
zioni negli oratori sacri - Bossuet - Bourdaloue - Fléchier. 107 


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X 


Indice del secondo volume 


Ultimi bagliori delle glorie d’Italia 
AYYiamento alla critica del Bayle 
Precursori del Voltaire 

Esemplari della Commedia, manoscritti e a stampa, nelle bi¬ 
blioteche di Francia del ’600 - Illustratori di Dante - Il 
Callot incisore - Ideale degli artisti e pittori - Poussin e 

Virgilio.Pag. Ili 

Generale indifferenza per Dante - Un miracoloso traduttore 

della prima cantica della Commedia .116 

Scema in Francia il prestigio della favella di Dante - Dante 
nell’ ossario magno dell’ erudizione del tempo - Gilles Mé¬ 
nage - Zibaldoni, lessicografie e versi menagiani - Citazioni 

di Dante nelle miscellanee dello Chevreau.120 

Dante nel concetto di René Rapili e degli eredi del Boileau 
- Silenzio dell* enciclopedico Huet e del padre Bouhours ri¬ 
guardo a Dante - Dante eliminato dal padre Hardouin . 130 
Notizie biografiche su Dante nelle compilazioni erudite e ne’ di¬ 
zionari del tempo - Moréri - La vita di Dante del Bullart - 

Miserevol giudizio del Baillet.137 

Il Magalotti, « dantista », in Francia - Dante sepolto tra’ rot¬ 
tami del Medio Evo - Condanna il Sénecé le visioni oscure 

e stravaganti di Dante.144 

Critici, filosofi e precursori del Voltaire - Fontenelle - Houdar 

de la Motte - Fénelon.146 

Pierre Bayle e la Bibbia sua storica ed erudita - Dante giu¬ 
dicato e sepolto dal Bayle - Investigazioni del vero tangi¬ 
bile e riconoscibile.161 


VOLTAIRE E IL SUO SECOLO 


Esordi della critica dantesca del Yoltaire 

Critica del Voltaire più istintiva che malevola - Popolarità del 
Voltaire, e monarchia intellettuale - Attività febbrile e con¬ 
tinua - Libero volo dello spirito - Le tradizioni del passato 


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Indice del secondo volume 


XI 


vincono il fervore delle nuove idee - Tutto è sfiorato e nulla 
è approfondito - Profonde scosse interiori, estasi e visioni, 
fuori del dominio del Voltaire - Il mondo di Dante è mondo 
di solitari, ribelle ad ogni popolarizzazione . . . Pag. 155 

Dante obliato in Francia all’epoca de’ primi saggi del Vol¬ 
taire - Ideale dell’ arte foggiato sull’ ideale de’ « classici » - 
Riflessione, pacatezza e misura in tutto - Giudizio del Di¬ 
derot sullo Shakespeare - Dante barbaro e mostruoso - Cri¬ 
tica dantesca in Italia nel secolo del Voltaire - Nessun sa¬ 
crificio alle simpatie ed a’gusti propri nel Voltaire . . . 158 

L’italiano del Voltaire - Relazioni cogli eruditi d’Italia - Ima¬ 
ginati vantaggi della favella d’Italia - Foga delle letture 
del Voltaire - Difficoltà e sforzi dell’ imaginazione evitati - 
Giudicasi del passato coll’ occhio sempre rivolto ai contem¬ 
poranei - Il bello d’ogni tempo e d’ogni luogo - La Commedia, 
tomba dell’ Età Media, ricolma d’allusioni a fatti ignoti. 163 

Germi d’idee accolti nel soggiorno in Inghilterra - Primi giu¬ 
dizi del Voltaire su Dante - Voltaire non condanna l’ispi¬ 
razione primitiva, istantanea - L 'Essai sur la Poésie Épique 
ignora il poema di Dante - Prime letture dantesche a Cirey - 
Primi saggi di traduzione del poema - La gravità è di tedio 

- La donna, regina dello spirito - Lo spirito del Voltaire - 

Principi estetici in voga - Puerilità sul titolo « tabarro » 
della Commedia - Juvenil de Carlencas - L’abbé Goujet - Altre 
briciole di critica dantesca - La Francia traduce e ammira il 
Gravina - Lettera su Dante nelle Nouvelles lìttéraires de Franco 
et d’Angleterre, del 1752 . ... . 172 

Dall’ “ Essai sur les moenrs ” 
al “ Dictionnaire philosophiqne ” 

Critica dantesca voltairiana compendiata nell 1 Essai sur le mccurs 

- Pretesa traduzione di due terzine del Purgatorio - Divaga¬ 
zioni a cuor leggero - Escon Dante ed il Petrarca dalle te¬ 
nebre della medievale pedanteria - Baretti addita al Voltaire 
le quattro stelle lucenti all’ « altro polo » del Purgatorio dan¬ 
tesco - Curiosità voltairiana senza limiti, e perpetua distra¬ 
zione - Voltaire poeta - Adorazione per l’Ariosto - Assoluta 
mancanza d’ ispirazione dantesca ne’ poemi del Voltaire - 


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XII 


Indice del secondo volume 


Imagine dantesca ritenuta e riprodotta dal Diderot, sugge¬ 
rita forse da Louis Racine.Pag. 187 

Critica dantesca di Louis Racine, discepolo di Boileau e di 
Rollin - Disprezzo per Dante, e incenso a Milton e a Omero 

- Irritazione per l’ire di Dante trascinate ne* cieli - Parodie 
de* versi della Commedia offerte dal figlio del grande Racine 

- Velleità pagane nel poeta cristiano - Cattivo gusto, oscu¬ 

rità, stravaganze, misteri e allegorie dantesche, inutili a 
investigare.201 

L* articolo su Dante del Voltaire precede il colloquio col Betti¬ 
nelli - Irriverenza voltairiana per Dante, suggerita da Louis 
Racine - Dante comparato a Omero ed a Milton, nel Siècle 
de Louis XIV - Variazioni e ripetizioni continue della critica 
dantesca negli scritti del Voltaire - La divinità e P oscurità 
di Dante - Ironia e leggerezza beffarda voltairiana - Com¬ 
menti a* commentatori di Dante - Rapida diffusione del fa¬ 
tale articolo su Dante - Perle gittate nel fondo oscuro della 
Commedia - L’episodio di Guido da Montefeltro e il saggio 
di travestimento voltairiano - Minossi novelli, condannatori 
del poema - Il presidente de Brosses - Le sfere di Dante e il 
cielo del Voltaire - Cupa figura del poeta di Firenze che se¬ 
duce i romantici.213 

Dalla lettera al Bettinelli alle “Lettere Cliinesi ” 

Il gesuita Bettinelli e le Lettei'e Virgiliane - Critica dantesca 
in Francia indipendente affatto dai giudizi bettinelliani - 
Complimenti del Voltaire nella risposta al Bettinelli - An¬ 
tichi giudizi riprodotti - Voltaire morde il saggio Algarotti 

- Il triumvirato de’ tre eccellenti autori - Un sermone del 
Bettinelli - Voltaire solennemente indifferente alle polemiche 
bettinelliane dibattutesi in Italia - Algarotti e Dante - Le 
Virgiliane tradotte e criticate in Francia - M m © du Bocage - 
Baretti e Torelli - Ire del Voltaire ingiustificate contro il 
€ polisson Murrini » - Martinelli e Marrini - Bile e folgore 
nel Voltaire - Dante vittima dell*irritabilità voltairiana. 231 

Indifferenza ognor crescente per Dante e il suo poema - Vol¬ 
taire enciclopedico - Onnipotenza della ragione e del buon 
senso - Irreligiosità del Voltaire - La Bibbia e Dante - Pa¬ 
rodia d* ogni cosa grave nella coscienza delP uomo - Il me- 


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Indice del secondo volume 


XIH 


raviglioso e il sovrannaturale nella poesia - Soggetti cristiani 
ribelli all’epica Musa - Sfida del Varano lanciata al Voltaire 

- Religione versificata di Louis Racine - Milton in Francia 

e minacciata miltonomania - Michelangelo e Dante - Gridi 
dell’ anima e scatti di passione trattenuti - L’istinto del 
Voltaire è legge pei suoi ammiratori .Pag. 251 

Invariabilità dei giudizi del Voltaire - L’ombra paurosa dello 
Shakespeare lungi, tenuta - Cenno a Dante nella Lettre à 
VAeadémie frangale - Altri ricordi a Dante nei discorsi so¬ 
lenni dei nuovi accademici - Condillac - Il marchese di Cha- 
stellux - La 12 a delle Lettres Chinoises lanciata contro il Mar¬ 
tinelli - Analisi burlesca del poema di Dante - Ironia antica 
ripetuta - Inesattezze e stravaganze nel mordace libello - 
Rovine antiche e palagi moderni - Ricordo affievolito delle 
prime ed uniche letture dantesche - Serietà distrutta dal riso 
e dall’ironia.265 

Postumo dominio del Voltaire 
all’alba del Romantieismo 

Traduttori, chiosatori, biografi di Dante, guidati tutti dal Vol¬ 
taire - Moutonnet de Clairfons traduttore dell’ Inferno - Ri- 
varol, soggiogato dallo spirito e dalla critica del Voltaire - 
Encomi e biasimi al poema di Dante, smembrato in episodi 

- La prosa del Rivarol e la poesia di Dante - Il traduttore 
lima ed abbellisce l’originale - Gran voga dell’ Enfer del Ri¬ 
varol - Divagazioni degli storici e de’ critici sulla Commedia 

- L’abate de Sade e le Mémoirts sul Petrarca - De Sade e 
Voltaire - Michel Paul de Chabanon e la sua Vie du Dante - 
La Harpe - Le Enciclopedie* i Dizionari, le Biblioteche, i 
Vade-mecum degli eruditi del tempo - La Vie de Dante di 
Le Prevost d’Exmes - Saggi di traduzione sacrilega, e critica 
infantile - Suggerimento benevolo al poeta della Commedia - 
Millot storico della poesia di Provenza - Accusa di plagio 
lanciata a Dante da un traduttore di Plutarco - Imitazione 
bizzarra di Virgilio rilevata in Dante dal Delille. . . 274 

Voga del « Lasciate ogni speranza»-La Commedia ridotta ad 
una sentenza memoranda, e agli episodi di Ugolino e di 
Francesca - Tendenze novelle al lugubre, e preludio al Ro¬ 
manticismo - Antidoto proposto da un traduttore di Dante 


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XIV 


Ìndice del secondo volume 


all’ anglomania invadente - Ugolino e 1’ ugolinomania in 
Francia - Fusione di Shaskespeare e di Dante imaginata dal 
Duois - L’ « Eroide » di Julien de Vinezac, Montaigu à Var- 
chevéque Roger eon Tyran - Tal ma e Amleto - Dante dispen¬ 
satole di scene lugubri - Esaltazioni e divagazioni dantesche 
del Ducis - Népoinucène Lemercier e i diabolici canti della 
Panhypocristade - Critica dantesca del Voltaire, e palinodie 
e ditirambi moderni - Un giudizio di Henri-Frédéric Amici 
nel Journal intime . Pag. 305 


Brevi aggiunte e correzioni .331 

Indice dei nomi .. 345 


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DANTE E LA FRANCIA 


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DA MALHEEBE A PIEREE BAYLE 


Avviamento alla perfetta letteratura de' classici 
Itallanesimo In decadenza 

« Enfm Mallierbe vint », e, nel legislatore novello, che 
metteva i suoi argini al torrente precipitoso e torbido 
della « Plèiade », e freni dovunque nella poesia, si vide 
in Francia un iniziatore e riformatore benefico, una guida 
esperta (« ce guide fidèle » - Boileau), capace di inten¬ 
dere le aspirazioni e tendenze della nazione, di rifletterle, 
e di foggiare, co’ precetti e gli esempi, quell’arte, che i 
tempi mutati e la coltura avanzata esigevano. Assistiamo 
ai primi grandi trionfi della ragione e del buon senso 
sull’ imaginazione e la fantasia. Ogni volo audace si trat¬ 
tenga; non si conduca l’arte a vagare ne’cieli ; si ac¬ 
conci alla vita; rimanga in terra; non ci esalti, ma ci 
illumini; purifichi gli affetti, e non li metta in iscom- 
piglio; giovi al prestigio della logica onnipossente. Donde 
scaturisca la poesia, poco monta sapere; ma certo è che 
nasce con istinti bizzarri, con desideri folli, con impeti 
di vita esuberanti. Converrà vigilarla, porle le sue briglie, 
le catenelle d’oro, perchè cammini dritta e al suo scopo, 
per vie piane, sgombre d’ogni ostacolo, toglierle ogni 
capriccio, vestirla convenevolmente di un abito di gala 
e di società. La creazione istintiva, di primo getto, non 
sedùca e travii il poeta, a cui incombe l’obbligo di di¬ 
sciplinar sè stesso, di sorvegliarsi in perpetuo. L’essen¬ 
ziale consiste nello scegliere, nel valutare, nel ponderare y 


X — Fabinelli, Voi. n. 


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2 


Da Maìherbe a Pierre Bayle 


nel disporre ed ordinare. La voce prepotente del proprio 
interiore è soffocata, e quella solo s' ascolta che esce dal 
coro delle genti elette, colte e gentili, inneggiante alla 
eterna bellezza. 

A Mallierbe medesimo pugna in cuore un mondo di 
affetti e di sentimenti, e procellosa è a volte la sua vita. 
Ma, poetando, converrà che scordi questo mondo. La 
Musa sua non dovrà accogliere gli sfoghi dell’anima. 
L’io è soppresso. Si sacritica la natura, per abbellire e 
purificare l’arte. I travagli interiori, i labirinti dell’anima 
son cupi precipizi. L’intimità se ne è ita. Non rimane 
1’ uomo in presenza di sè stesso, e del suo tragico de¬ 
stino ; non cala nell’ anima, nel pianto e nel riso delle 
cose, dimentico di quanto lo circonda. Il soliloquio ab¬ 
buia e attrista l’anima, e non è più inteso. E nemmen 
Dio lo intende; Dio disceso in terra, a largire ai popoli 
i favori e i lumi della ragione. L’ uomo è posto sulla 
gran scena del mondo. È fisso su di lui lo sguardo delle 
turbe. Se parla, mille l’ascoltano; e parlerà perchè piac¬ 
cia, perchè sia applaudito. La coscienza sua è entrata 
nella coscienza del pubblico. A scegliere le pose e gli 
attèggiamenti opportuni, a modulare sapientemente la 
voce, perchè il discorso riesca persuasivo, sonoro e elo¬ 
quente, a togliere dalla favella ogni scabrosità, ogni 
scoria, sicché scorra placida, limpida, e appaia smagliante, 
qual collana di perle, è posto ogni studio. Gli Aristoteli 
novelli stringono tra mano, infallibile, il compasso mi¬ 
suratore; gridan sobrietà; gridan chiarezza. La mirabil 
sintesi di Dante sarebbe or parsa follia. Si volga il poeta 
all’ analisi sottile e minuta del sentimento ; non proceda 
a sbalzi; ma svolga, con vigor logico, senza ingombro 
di imagini, idee nette e contigue. Non si ecceda mai 
nella pittura di argomenti tristi. Si evitino le scene vio¬ 
lente; ogni stridore, ogni ruggito di tempesta, lo strazio 
sia fuggito. Si trattenga l’emozione, quando minaccia 
scoppiare. La forza sia mutata in dolcezza. La mano 
scabra e ruvida si eserciti a’ tocchi leggeri e delicati. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


3 


Alla vivida luce che abbaglia, gettata a sprazzi, tra gran 
macchie d’ombre, si preferisca una luce mitigata, con¬ 
tinua, che rischiara 1’ arte, nel cammino sereno e piano, 
dove la mente mai non si spaura, e non vacilla il piede 
mai, come tra alte vette, per scoscesi dirupi, e abissi 
profondi. 

Naturalmente, non potè vasi arrivare di colpo a questo 
« ideale » dell’arte, ed alla letteratura perfettissima, tutta 
oro e diamante, de’ « classici » del gran secolo. A grado, 
a grado, si avanza. Al legislatore Malherbe dovrà seguire 
il Chapelain; al Chapelain, Boileau. Vi furono inoltre, 
come in ogni età, ed a dispetto d’ogni tendenza, i ribelli, 
gli arretrati, gli scapestrati. Vi fu, vivente e dominante 
Malherbe, il poeta de’ Tragiques, selvaggio, primitivo, 
rozzo, irruente, di indomati istinti, anomalia deplorabile, 
a cui niuno badava. Vi furon altri, con ideali illeciti, 
depravati, di libertà e di indipendenza, che avrebbero, 
come l’Hardy, arditamente fatto getto d’ogni regola, 
spezzata ogni catena. Vi fu Cyrano de Bergerac ; vi fu¬ 
ron altri ancora, che non tutte in cuore uccidevano le 
velleità shakespeariane. Vi fu, contemporaneo del Des¬ 
cartes, e di cartesianesimo intinto, Pascal, poeta gran¬ 
dissimo, scosso e turbato dal pensiero alle cose gravi e 
eterne, raccolto, sprofondato, obliato nel suo mondo. Ma 
il secol cammina, e l’arte si affina, apparentemente senza 
il concorso dei pochi che, nella solitudine e nel raccogli¬ 
mento, vivono, libera e sciolta, la vita dello spirito. 

La smania del conversare è in tutti. La letteratura 
sarà parlata prima di essere scritta, e avrà, per due se¬ 
coli, la sua unzione sacra nelle sale e ne’ salotti, dove, 
attorno alle dive incensate, M me de Loyes, M me de Sablé, 
la contessa di La Bourdonne, la contessa di Tresque, 
la viscontessa d’Auchy, Mademoiselle Paulet, Mademoi¬ 
selle de Scudéry, si raccoglie il fiore dell’intelligenza *). 


1) Vedi P. Brun, Autour du dix-septième sìècle, Grenoble, 
1901, pp. 252 sgg. 


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4 


Da Malherbe a Pierre Bayle 


Il Paradiso è gettato là dentro. Per pregustarne le de¬ 
lizie, chi non vi accorrerebbe 1 È là clic si tesso» le corone 
agli immortali, e si dispensa la fama e la gloria. E là die 
le idee si sviluppano e si smerciano. Di là esce, rifatta, 
rinsanguata, adorna d’ogui grazia, la letteratura novella. 
Ed era inevitabile che l’estrema cura e ricercatezza, posta 
nell’addobbo esteriore, nel pulire e ripulir la favella, de¬ 
generasse presto in sdilinquitine, lambiccature e freddure 
di concetti, e movesse il riso, lo sdegno e la sferza del 
Molière. 


* 

A queste elette schiere, Dante sarebbe apparso quale 
spauracchio, figura ciclopica, deforme, da fuggire per 
ogni verso. Per fortuna del sommo poeta, eran sì rare 
e fuggitive le sue apparizioni, limitate sempre al mondo 
degli eruditi, dei sapienti e dei pedanti, da non «avere 
a rinfacciarsi, nell’oltretomba,'nessun serio sgomento e 
turbamento, prodotto in Francia nel secolo dei « puristi » 
e dei « classici ». Se è già misero lo studio di Dante in 
Francia nel secolo di Rousard, in quello successivo è uno 
squallore addirittura, un portento di indifferenza. Il pre¬ 
stigio delle lettere italiane dura per gr«an tempo ancora ; 
i modelli antichi sono rispettati e seguiti ; al lavorio 
costante del dirozzare e ingentilire, l’Italia, benché già 
estenuata di forze, nel primo seicento, ha la sua parte. 
L’Italia è prodiga sempre di nmssime e precetti per 
frenare quella libera ed indisciplimata figlia di Dio eh’è 
la poesia. Le accademie del bel paese, seminatrici di 
discorsi vacui e tronfi, di ornate parole, hanno in Francia 
un’appendice di regno e di magistratura; e non è pet¬ 
tegolezzo letterario, non scialacquatura di dottrina, che 
non abbia eco parziale in Francia, e non occupi e di¬ 
stragga i cervelli ed i cervellini oziosi. In tanto sovrab¬ 
bondare di dolciumi, non poteva mancare «alla dolce e 
melodiosa favella d’Italia tenerezza ed amore. Italiana 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


5 


per metà era la gentildonna che diè alla Francia il primo 
nobil salotto letterario ; e quando vi capita Giambattista 
Marino, tutti, per un po’ di tempo, l’inchinano e l’ono¬ 
rano. Viaggiano inoltre ancora, letterati, poeti ed artisti, 
Matliurin Regnier, Maynard, Balzac, Voiture, Scarron, 
Saint-Amant, Poussin ed altri moltissimi, su e giù per 
le belle itale sponde. Il contatto fra i due popoli non 
illanguidisce che dopo la metà del secolo, quando i le¬ 
gami politici son rallentati, e la corte di Francia non 
è pili invasa e ingombra de’ mille stranieri, iu uggia 
al popolo, che cantava: «Si vous n’étes Italien, | adieu 
l’espoir de la fortune, | si vous n’étes Italien, | vous 
n’attraperez jamais rien » !). 

Agli italianeggianti in Francia, manca Dante, il gran 
Nume. Imaginatevi Dante, capitato miracolosamente tra 
le mani depuratrici di un Malherbe, come l’avrebbe con¬ 
cio e pesto, quante male erbaccie avrebbe trovato da 
estirpare in quell’ incolto e selvaggio giardino di poesia 
ch’era la Commedia. Malherbe, che pareva destinato a 
dominare in eterno, fu prestissimo detronizzato. Aveva 
l’aria di troncar di botto co’ poeti d’Italia. Parla con 
disdegno del Petrarca, fabbro di cattivi sonetti, cattivi 
quanto gli epigrammi di M lle de Gournay ; commenta il 
Desportes, e Desportes e desportisti butta giù dal trono, 
senza pietà e commiserazione. Vuol inoculare ne’ disce¬ 
poli le sue simpatie ed antipatie. Gli Italiani gli hanno 
guasto il mestiere della poesia. Senza VAminta, il Tasso 
medesimo non conterebbe come poeta 1 2 ). Eppure, mal¬ 
grado le guerricciuole sue dichiarate, furtivamente faceva 
all’ Italia i suoi strappi. Già nel 1587, piangeva spiri- 


1) Bussy-Rabutin, nell’ Histoire amourev.se des Gaules, muove 
ancor lamento sulla « France devenuo italienne ». 

2) Tallemant des Réaux, IIÌ8toriette8, I, 162; L. Ar- 
nould, Racan, Paris, 1896, p. 60; F. Buunot, La doctrine 
de Malherbe d’après son commentaire sur Desportes, Paris, 1891 ; 
A. Counson, Malherbe et ses sources, Liège, 1904, ohe bene 
investiga (pp. 174 sgg.) l’influsso dell 'Aminta. 


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Da Malhcrhe a Pierre Bayle 

tualmeute, o faceva piangere San Pietro con lagrime 
tansilliane. Dove tirava la ragione, non seguivi* il cuore, 
e la pratica aneli’essa si ribellava. 

La sua scuola continuò bravamente italianeggiando, 
riversando sulle dolci terre di Francia semi e frutti 
d’oltr’alpe. Galanterie, civetterie, gingilli d* Arcadia, 
satire, capitoli, epigrammi, rime serie, rime giocose, 
egloghe, elegie, pastorali, invenzioni drammatiche, voci 
e suoni dell’epica, eroica Musa rivelali la Francia emula 
della nazione vicina, prossima ormai a decadere, esau¬ 
rite le forze più vitali e creatrici. Le raccolte, sempre 
comodissime, sono saccheggiate, come nei bei dì della 
« Plèiade ». Quella del Sansovino, che riuniva satire 
dell’Ariosto, dell’Alamanni, del Beutivoglio, del Nelli, 
del Vinciguerra, lia particolar fortuna ; serve a Mathu- 
rin Regnier, serve a Vauquelin de la Fresnay, e ad altri 
molti ancora. E, per tacere dell’imitazione dei sommi, 
trovi traccio dell’Aretino, del Berni, del Dolce, del Doni, 
del Mauro, del Caporali, e non traccio soltanto, ma copie 
e calchi veri, che ora, in tanto fiorir di studi e di ricerche, 
si scoprono, con somma delizia de’ critici. Non appar 
poca gloria 1’ esser trombetto e recitatore delle rime al¬ 
trui. I bembisti e malherbizzauti di quell’ età beata ci 
fanno sovvenire del Ménippe di La Bruyère che « non 
sente, non pensa, e solo riproduce i sentimenti ed i 
pensieri altrui » *). Gli eruditi di professione attingono 


l) Vedi J. Vianey, Mathurin Regnier , Paris, 1896, p. 73. 
Il dotto professore di Montpellier, solerte ed abile investiga¬ 
tore di fonti italiane ne’ poeti di Francia del ’500 e del ’600, 
osservava, nella tesi sul Regnier, p. 85 sg. : « Cet enthou- 
siasme pour les Itaiiens s’est-il étendu à toutes lours produc- 
tions indistincteiuent? Il s’en faut de beaucoup. L’empire de 
la mode a beau passer pour étre irrésistible, jamais elle n’a 
pu mettre en vogue chez nous ce qu’il y avait en Italie de 
vraiment indigène. Si noe écrivains demandent aux Itaiiens 
des inspirations, c’est quand ils rencontrent dans leurs vera, 
ou dans leur prose une étineelle de cette prèciositè galante 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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al patrimonio del sapere antico ; incensano i Greci ; ado¬ 
rano i Latini, e riempion gli scritti di gran nomi. Il secolo 
si trastulla con essi ; e i classici veggono negli antichi 
ogni modello di perfezione. 

Indisturbato, Dante posa nel ,suo tempio. Attorno a 
lui è il silenzio del sepolcro. Le allegorie de’ vecchi 
tempi illanguidiscono; altre sorgono, larve sparute, nella 
fredda mente de’ versificatori. Nel ’600, meno che mai, 
poteva imporsi l’allegoria della Commedia divina, intes¬ 
suta alla storia intima del cuor di Dante, ed alla re¬ 
denzione dell’anima, attraverso i regni oltremondani. 
Mathurin Regnier accarezza ancora il Falso Sembiante 
del Roman de la Rose , di vitalità prodigiosa 1 ). Racan 
profonde ne’ versi il dolciume del Guarini. Par faccia 
violenza alla fantasia sua di poeta, percossa dall’ imagin 
viva della vanità infinita delle cose di quaggiù. Lo scin¬ 
tillio della parola l’affascina; e, senza rimpianto, sacrifica 
alla forma, o piuttosto alla comun voga, l’ispirazione 
schietta e semplice. Maynard, che Malherbe accarezza, per 
l’abile e felice intarsio de’ versi, porta in Italia, a Roma, 
dove visse più anni, i crucci del cuore: « couché sur 
des fleurs et sous les orangers.... j’ai montré ma bles- 
sure aux deux mers d’Italie ») e sui due mari sarà pas¬ 
sato un tremito di pietà per lui, sì mesto e sofferente. 
Scrive a M r de Flotte: « j’ay appris non seulement à 


ou uno parcelle de cet esprit gaulois qui avaient distinguó 
nos anciens poètes ». Indagini più recenti, altre e svariatis¬ 
sime derivazioni, messe in sodo dal medesimo Vianey e da 
altri, rivelano la poca originalità del tanto vantato « esprit 
gaulois » dei tempi vecchi e dei tempi nuovi. — Istruttiva è 
pure 1’ edizione della 13 a satira, Macette, di Mathurin Regnier, 
orede del Villon, del Marot, del Ronsard, curata da F. Buunot, 
Paris, 1901. 

l) Grande è ancora il rispetto per il Roman de la Rose in 
Blaise de Vigenère, traduttore del Tasso, di Tacito, di Ci¬ 
cerone. Vedi le Annotations che chiudono la versione sua, La 
Hiérusalem du Seigneur Torquato Tasso , cd. di Parigi, 1610, 
e V Epistre che la precede. 


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Da Mal herbe a Pierre Bayle 


parler italien, mais encore à faire des ver* ausai To¬ 
scana que ceux de Pétrnrque » l ). Kaniinenta in patria 
le amicizie contratte oltr’alpe; rammenta i poeti d’Ita¬ 
lia; e par gradisca i contemporanei aaaai più degli an¬ 
tichi. Non nomina mai Dante ; in compenao ai strugge 
per il Bentivoglio, e tocca il cielo quando ]’eminentis¬ 
simo cardinale degna onorarlo di una sua missiva. « Si 
ma vie était digne de la pei ne d’ un Ilistorien », scrive 
al Chapelain, « il lui suftìroit pour me célébrer haute- 
ment de dire à la postérité que i’ay souveut reyeu dea 
Lettres de la main du Cardinal Renti voglio, et de celle 
de l’illustre Chapelain » 2 3 ). Propone vasi, frale di forze 
com’era, fuggire le affettazioni, le lambiccature de’col¬ 
leglli suoi in Parnaso :1 ), e vagheggiava, ne’suoi poetici 
furori, di sacro entusiasmo acceso, una lirica, tutta ma¬ 
gnificenza e sublimità. Vedeva, raggiante di gloria, sulle 
alture, Fulvio Testi. Del Testi scriveva al signor di Ca- 
minade : « Cet homme est vrayement Poete, et le feu 
de nos plus fameux Autheurs auprès du sien n’est que 
de la giace : je ne s^ay si les Muses de la nouvelle Italie 
sont plus belles ailleurs que dans ses Odes; ny si Ho- 
race luy mesme a marché plus hardiment sur les pré- 
cipices de Pindare. Ce sera dans cette haute et magni- 
fìque poesie, que i’iray chercher ce qui m’est nécessaire 
pour ajuster le remerciment que ie vous dois» 4 ). 


1) Lettres du Président Maynard f Paris, 1653, p. 138. 

2) Lettres, p. 706. Vedi anche p. 857. Altrove (p. 142) è 
memoria del Bracciolini. È peccato che queste lettere, curio¬ 
sissime per la storia della coltura del tempo, non abbian 
data, e sieno state raccolte dal de Flotte lestamente, e con 
poca cura. 

3) Fuggiva inoltre, com’egli assicura in un’epistola al ca¬ 
nonico Frémin (ricordata da P. Lafknkstre, nella Revue d’hist . 
littér . de la France, X, 465), dalle pompe e dallo stile « des 
Espagnols et des déclamateurs. A mon goùt les poésies aiglies 
ne sont pas les meilleures ». 

4 ) Lettres, p. 41. 




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Da Malherbe a Pierre Bayle 


9 


¥ 

Se, nella falange delle rime del secolo, un verso, 
un’ imagine, una similitudine, un giro di parole e di 
pensiero, appar derivato da Dante, ben possiamo asse¬ 
rire che, non per diretta reminiscenza del sommo, ma 
pel tramite d’altri poeti d’Italia, il Petrarca, l’Ariosto, 
il Tasso, il Guarini, il Tassoni, il Testi, il Marino, ebbe 
forma ed espressione. Il culto per il Petrarca, dalla 
« Plèiade » in poi, s’era venuto affievolendo *). Durava 
il prestigio dell’Ariosto, che Nicolas Montreux chiamava 
« ingegnoso », e il Mairet « divino ». Il suo poema, 
già provvida fonte al Ronsard, al Du Bartas, al Gar- 
nier, al Montchrétien, al d’Aubigné, è messo a ruba e 
a sacco nel secol novello. Le « ricche invenzioni » del 
Ferrarese, quella facil vena nel ritrarre, nel descrivere, 
la freschezza e vivacità del colorito, l’umor finissimo 
che penetra in tutte le scene, le voluttuose imagini, le 
pugne, i diletti, le torture ed ambasce d’amore, gli 
episodi, facili a staccare dalla gran tela, sulla quale s’in¬ 
tesse van le eroiche imprese de’ paladini, suscettibili di 
ogni ri elaborazione, allettano, soggiogano gli spiriti. 
Coll’Ariosto e il Tasso in cuore, i facitori delle Bneidi 
del ’600 dan fiato all’ epica tromba. Scene del Furioso 
riappaiono, tagliuzzate, ricucite, rifatte a piacere. La 
storia di Ginevra la bella, 1’ episodio di Gioconda, che 
tutti elogiano, quello d’Alcina, forniscon materia a com¬ 
medie, a tragedie, a balli 1 2 ). L’Ariosto è rispettato, 


1) « Nous n’avons le discours choisi | d’un Pétrarque amou- 
reux transi, | pour cajoller les Damoiselles » — [Jean] Auvray, 
Le Banquet des Muses , Rouen, 1628, p. 250. 

2) Vedi P. Toldo, Quelques notes pour servir à Vhistoire du 
« Furioso » dans la littérature frangaise, nel Bull. ital. f IV 
(1904), fase. 1-4 ; una nota di F. Lachèvre, Estienne Du- 
rand, poète ordinane de Marie de Médicis, nel Bull. d. Ublioph., 
15 mai, 1905, pp. 205; 214; lo studio, prolisso e tedioso di 


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Da Mal herbe a Pierre Bayle 


amato dal Boileau; e, prima dio s’invagliisse di lui 
perdutamente il Voltaire, accende la fantasia del La Fon- 
taine ; è somma delizia per Madame de Sévigné. 

Non s’era men teneri per il Tasso. Nobili e nobilucci 
leggon gli amori di Armida (Auvray, Le Banquet des J/ti- 
se$) *). S’ispirano alla Gerusalemme poeti e versificatori. 
E se la Francia aveva ben obliata e ben sepolta, spre¬ 
muta appena, l’improba fatica del Grangier, traduttore di 
Dante, ai traduttori del Tasso: Jean de Vigneau, Blaise 
de Vigenère, Jacques Corbin, Baudouin, Sablou, ecc. 
fa lieta accoglienzaj plaude all’encomio che il Vigenère 
tributava al sacro poema: « les fictions qui y peuvent 
estre semées pour en esgaver la lecture vont à pair de 
celles d’Homère, toutes remplies d’uu beau sens moral 
et mystique caclié dessous, dont se peuvent tirer infi¬ 
nis admouestements et préceptes » 2 ). Al Tasso toglie- 
vansi di preferenza gli allegorici veli. La macchina este¬ 
riore della Gerusalemme riproduce vasi, con variazioni 
infinite, negli eroici poemi del ’600. Il Dalibray traduce 
il Torrismondo y ed esalta il dramma in una lunga pre¬ 
fazione. Le liriche tassesclie si divulgano, si imitano, si 


Th. Roth, Dei' Einfluss von AriosVs « Orlando » auf das fran - 
zosische Theater, Leipzig, 1905, pp. 75 sgg. 

1) Vedi A. Borzelli, Il cavalier Giambattista Marino f Na¬ 
poli, 1898, p. 142. * 

2) Vedi VEpistre à très illustre f belle et vertueuse Princesse 
Mademoiselle de Guise, in testa alla traduzione citata. Trovi 
in essa una variante singolare dell’ imaginc del « soave licor »: 
« Tout ainsi qu’on n’use pas si precieusement en tous ses 
repas de viandes nourrissantes, que parfois on n’y entremette 
quelques douceurs de fruiets, sallades, marsapans et autres, 
qui ne servent qu’à remefctre sus Pappetit oh il seroit trop 
prosterné.... » Le Annotations (pp. 614 sgg.) rimandano so¬ 
vente all’Ariosto, ai classici antichi, non mai a Dante, per¬ 
fettamente ignorato dal traduttore. Il saggio di Pugliesi Pico, 
Il Tasso nella critica francese, Acireale, 1896, è misera cosa, e 
dovrebbe rifarsi, com’è da rifarsi, pur troppo, il libro assai più 
dotto ed acuto* ma farraginoso, e mal scritto, di H. Wagnbr, 
Tasso daheim und in Deutschland, Berlin, 1905. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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copiano, come nella Spagna stessa, ai bei dì del Góngora. 
La lingua del Tasso, carezzevole, molle e dolce, è la 
lingua d’Italia per eccellenza. Un’ onda di voluttà, ba¬ 
gnata nel pianto, invade gli spiriti. Per VAminta ognun 
delira. Sull’ Aminta e il Pastor fido si foggiano i sogni 
più dolci, le più dolci chimere. Nel mondo degli Ar¬ 
cadi è gettato il Paradiso degli eletti. L ’Astrée ha un 
lungo strascico. È un risuonar di pifferi e di zampogne 
dovunque 1 ). 

Non è facile comprender ora il rovesciarsi rapido, e 
il rapido diffondersi in Francia delle pastorali invenzioni 
italiane. L’esempio veniva dall’alto, dalle corti illumi¬ 
nate, e 1’ effetto era immancabile. La Filli di Sciro del 
Bonarelli, VAlceo del Dall’Ongaro potevano allora sem¬ 
brare veri e grandi capilavori. Principesse e duchesse 
amabili tolgon motti, sentenze, emblemi dall’ Aminta. 
Nel concetto dell’ Hardy, il Tasso e il Guarini appaiono 
« spiriti sublimi » 2 ); e il Perrault, negli Hommes illu- 
stres, narra di un dono fatto al Cardinal Mazarino, uno 
stipo costrutto di pietre preziose, ornato agli angoli 
di quattro medaglioni de’ maggiori poeti del mondo : 
« savoir Homère, Virgile, le Tasse, Corneille ». Sape- 
vasi in Francia del lungo studio fatto dal Tasso, po¬ 
stillatore della Commedia, sulle rime e le terzine di 
Dante? Nessuno ci aveva un lontanissimo pensiero. Eran 
però noti i Discorsi tasseschi sul poema eroico; nè inos- 


1) Ch. Banti, VAmyntas du Tasse et VAstrée d’Honoré 
d’Urfé, Milano, 1895. Le pastorali di Francia pullulano dal 
1624 in poi, come osserva J. Marsan, La pastorale dramatique 
en Trance à la fin du XVI e et au commencement du XVII e siècle, 
Paris, 1905, pp. 335 sgg; 510 sgg. Vedi anche la dotta pre¬ 
fazione dello stesso Marsan alla Sylvie du Sieur Mairet t Tragi- 
comédie pastorale, Toulouse, 1905. 

2) E. Rigal, Alexandre Hardy et le Thédtre franqais, Pa¬ 
ris, 1889, p. 505. Vedi inoltre lo studio di E. Roy, Les pre¬ 
miere oercles du XVII e siècle. Mathurin Regnier et Guidobaldo 
della Rovere, nella Rev. d’hist. littér. de la Franco, IV, 1 sgg. 


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12 Da Malhcrbe a Pierre Iiayìe 

servato rimase il Farnetico Sano di Alessando Guarino 
(Ferrara, 1610), che, nel dialogo fra il Caporali e il 
Tasso, glorificava il genio del sommo Alighieri, acces¬ 
sibile a pochissimi *). Se lo leggicchiavano gli eruditi 
della cerchia del Chapelain, del Costar, del Conrart, del 
Ménage, ghiotti d’ogni libro uscito da’ torchi d’Italia 
che avesse sapor di polemica; ed è assai probabile che 
dall’arguto dialogo fosser tratti quei pochissimi detti sen¬ 
tenziosi della Commedia, in cui t’imbatti, leggendo le 
scritture del secolo, ingemmate di citazioni nella favella 
d’Italia, espressioni come : « il maestro di color che 
sanno », « tu sei lo mio maestro e ’l mio autore », « vo- 
str’ arte a Dio quasi è nepote ». 

Un altro benvoluto degli elettissimi di Francia, Giam¬ 
battista Marino, pareva avesse Dante, poeta di barbari 
tempi, in commiserazione. Pur, a Dante, tacitamente e 
furtivamente, molti concetti, molte imagini furava 1 2 3 * * * ); 
innestava nelle Dicerie sacre un lungo brano del Con¬ 
vitto. Nell’Adone, venuto in luce a Parigi 8 ), s’inchinava 
al sommo, più per convenienza, che per schietto im¬ 
pulso del cuore. Tra gli illustri, nella sua Galletta, che 
i Francesi pur tradussero, emerge Dante, che « tre 
mondi corse », e « ben legger su Pali | il volo » alzò. 
« Da le profonde tenebri infernali trassi luce perpetua 
al nome mio; | presi il cauto e lo stil da gPimmor- 


1) Vedi la ristampa del Farnetico savio, curata da F. Ron¬ 
chetti, nella Collez. di opusc . dant. ined. o rari, Città di Ca¬ 
stello, 1895, e il bell’articolo di U. Cosmo, Le polemiche Tas- 
sesehe, la Crusca e Dante sullo scorcio del cinque e il principio 
del seicento, nel Giorn. stor . d. Ictter . ital., XLII, 123 sgg. 

2 ) V. Russo, Le reminiscenze della « Divina Commedia » nelle 
poesie di G . B. Marino, nel Giorn. Dant., IX, 127 sgg. Non 
affermerei col Russo ohe il Marino fosse « sincero » ammira¬ 
tore di Dante. 

3) Nel 1623. Altre stampe parigine de\V Adone datano dal 

1627 e dal 1678. Nel 1660, Claude Nicole ne traduceva il 

1° canto. Sette anni dopo apparvero, in dodici canti, Les 

Amours d’Adonis et de Vénus, Paris, 1667. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


13 


tali | spirti del ciel che fan corona a Dio ; I guidò 
per 1’ ombre e poi per lo splendore | Maron l’ingegno 
e Beatrice il core ». Versi siffatti, letti appena, fuor 
d’Italia, eran scordati. Nè il Marino avrebbe potuto 
operar miracoli, ispirare amore e interesse a Dante, in 
quella Francia, già perduta dietro il dir fastoso e luc¬ 
cicante, le eleganze, i concettini preziosi, intenta a for¬ 
bire, ad addobbare pomposamente la propria favella !). 

¥ 

« Il n’y a jamais eu de langue.... où Fon ait écrit 
plus purement et plus nettement qu’en la nostre», di¬ 
ceva il legislatore dei Puristi, nelle Bemarques, famosis- 


l) Che P influsso del Marino sul « preziosismo » di Fran¬ 
cia, avanzatissimo già prima che il poeta dell 1 Adone passasse 
oltre FAlpi, fosse minore assai di quello comunemente attri¬ 
buitogli anche da critici sagaci, Pavvertivo io stesso da buon 
tempo. Or mi piace che C. W. Cabeen, in una sua tesi, 
U influence de Giambattista Marino sur la littérature frangaise 
dans la première moitié du XVII C siede, Grenoble, 1904, riduca 
a proporzioni più ragionevoli cotesto influsso, e lo diminuisca 
ancor d’assai, dietro il Cabeen, PHau vette, in un suo buon 
articolo, Le chevalier Marin et la Préciosité , nel Bull, ital., V, 
54 sgg., dove però è ingiusto alquanto il dispregio pel Ma¬ 
rino, ottimamente giudicato dal compianto G. F. Damiani, 
Sopra la poesia del cavalier Marino, Torino, 1899. Sbalestra 
miseramente il Borzelli (Il cavalier G . B. Marino , p. 147), 
quando, da uno sfogo, in una lettera a Livio Secchi, del 2 ago¬ 
sto 1619, conchiude non essersi la lingua italiana « ancor resa 
cosi popolare (in Francia) come molti fan credere.... l’in¬ 
fluenza delle nostre lettere sulla letteratura francese si fa sentire 
un pochino più tardi di quel che si dice e si crede general¬ 
mente ». Del Marino in Francia discorre ora, con senno, seb¬ 
bene con poca novità, F. Picco, Salotti francesi e poesia italiana 
nel Seicento, Torino, Genova, Milano, 1905, pp. 126 sgg.; non 
parmi però che il Marino riscotesse in Francia « enormi ap¬ 
plausi », nè eh’ egli fosse lassù « P idolo del mondo femmi¬ 
nile » (p. 143). Notevoli, nel libro del Pico, i raffronti fra il 
Marino e il Voiture (pp. 171 sgg.). Un nuovo studio sul Ma¬ 
rino o il « preziosismo » di Francia promette il Sig. Dulong. 


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Da Malhci'be a Pierre Bayle 


sime; e non è chi non studi e non s’affanni, per raggiunger 
la purezza vantata dal Vaugelas 1 ). Insinuavasi man mano 
la convinzione che l’italiano non fosse favella sì nobile 
e perfetta quanto il francese ; e benché lo coltivassero, con 
gran fervore, il Chapelain, il Ménage, e parecchi altri 
della cerchia degli eruditi, grammatici, critici e poligrafi, 
è innegabile che, passati i primi decenni del ’ 600 , il 
suo prestigio decade. La lingua italiana è « mignonne, 
mais elle est molle et languissante », sentenzia il De La 
Touche, nell’Ar* de bien parler Francois, pensando forse 
alle • svenevolezze e sdilinquiture del Tasso e del Marino. 

I maestri di lingua, e compilatori di grammatiche, di 
manuali ed « istituzioni », per quanto attivi, non riescono 
a sostenere la voga antica. Che poi i begli esempi del 
parlar toscano s’andassero a pescare nell’opera di Dante, 
non era, in verità, supponibile. Pure, i grammatici più 
solerti, i « filologi » di quel tempo, Ménage alla testa, 
avevan tra mani : il Vocabolario dei cinquemila vocaboli 
toschi di Fabrizio Luna, le Tre fontane del Liburnio, la 
Fabbrica del mondo dell’Alunno, la Grammatica volgare 
trovata nelle opere di Dante, dell’Acharisio, ed altre ta¬ 
vole analoghe, e collezioni di vocaboli, di frasi e co¬ 
strutti, ammannite dai cinquecentisti d’Italia. T’imbatti 
talora nel nome di Dante, spogliando i manuali di lingua 
del gran secolo 2 ). Ambrosio di Salazar, venuto su dalle 


1) Yeggasi ora Y indagine di A. Francai s, La Gi'ammaire du 
Puri8me et VAcadémie frangaise, Paris, 1905, e particolarmente 
il 5° cap., Les Auteurs commentés. Il 3° voi. del YHistoire de 
la Langue frangaise di F. Brunot, ora iniziata, tratterà delle 
linguistiche riforme, dal Vaugelas ai dì nostri. — Nell’ edi¬ 
zione delle Remarques, annotata da Thomas Corneille, a pro¬ 
posito dei nomi propri preceduti dall’articolo, si ricorda Dante. 
Vedi, più innanzi, le note mie sul Corneille. 

2) Non ricorda Dante YInstitution de la langue fiorentine et 
toscane pour apprendre promptement et facilement la langue ita- 
lienne. Tant pour la lecture, pronondation et cscriture d’icelle: 
que pour Vintelligence, composition et traduotion des livrea Ita- 
liens en Frangole, et dee Frangole en Italien, di Francois Guk- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


15 


terre di Spagna ad addottrinare i fratelli di Francia negli 
idiomi romanzi del Mezzodì, dedica al monarca un suo 
« Specchio » *), e dice del toscano : « L’italien a demeuré 
longtemps impoli, parce qu’il ne se trouvoit personne 
qui y mist soin et cercha de luy donner pollissement 
jusques à Dante, Petrarque et Boccace qui l’ont beau- 
coup embelli par leurs conceptions ingenieusement ex- 
primées et élegamment couchées en prose et en vers ». 
L’ Oudin cava dall’Ariosto, « le Virgile des Italiens », 
dal Petrarca, dal Decameron boccaccesco i detti esemplari 
che fregiano la sua « Grammatica italiana », ben nota 
e diffusa, ed una sol volta, s’io non in’ inganno, trat¬ 
tando dell’m raddoppiato, rimembra Dante, e butta giù 
il Buemme, « mot usé par le Poéte Dante » 2 ). 

Maggior onore fa a Dante P autore della « Grammatica 
italiana» cosiddetta di Port-Royal, che spesse volte trae 
consiglio da un « Gentilhomme Florentin de mes amis, 
tres habile dans les belles Lettres ». Cita costui il Villani, 
vissuto « au mème temps que Dante » ) mostra conoscere 
le note del « chevalier Salviati », revisore del Boccaccio, 
la Fabbrica del Mondo dell’Alunno 3 ). Ai suoi lettori of- 


dan, « Nivernois, iadis aulmosnier ordinarne de M me Chrestienne 
de Lorraine, Gran-Duehesse de Toscane », Paris, 1602 (de¬ 
dicata a « Marie de Medicis reine de Franco et de Navarre »). 
La prefazione loda la favella d’Italia : « Secondo ella è molto 
utile, per il frutto che noi caviamo dalli libri Italiani e buoni 
authori ; come dal Petrarca, Sannazzaro, Fabrica del mondo, 
Torquato Tasso, Ariosto, Panigarolla et altri ». 

1) Miroir generai | de la Grammaire en Dialogues \ pour sga- 
voir la naturelle et parfaite prononciation de la | langue espa- 
gnolle, Rouen, 1614 (dedicata al re di Francia). Vedi A. Mo- 
rel-Fatio, Amh'osio de Salazar et Vétude de Vespagnol en France 
sous Louis XIII, Paris, Toulouse, 1901 ( Biblioth . espagn.,1 ), p. 42. 

2) César Oudin, Grammaire italienne, Paris, 1623, p. 269. 
Non cura Dante, Antoine Oudin, nella Seconde partie des re- 
cherches italiennes et frangoiscs, contenant les mots frangois expli- 
qués par Vitalien, ediz. di Parigi, 1662, « revue et augmentée ». 

3 ) Nouvelle Methode pour apprendre facilement et en peu de 
temps la langue italienne, Paris, 1660, par le Sieur D. T. Io 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


16 

fre il « Nuovo Metodo », ricordando come la favella 
d’Italia dovesse « principalenient son origine au celebre 
Dante, à Brunetto Latini son Maistre »$ e sul «celebre 
Dante » divaga più innanzi, senza giudizio proprio, nei 
cenni sui più antichi poeti e scrittori d’Italia. « Le 
mesnie Villani assure que jusques à luy (Dante), il ne 
s’estoit trouvé personne qui eust écrit avec plus de 
noblesse et de majesté, ny en vera, ny en prose. Il a esté 
un des premierà qui a eu la gioire d’entreprendre en ces 
derniers siecles de faire des Poemes Heroiques ; et il y a 
si heureuseiuent reiissi, qu’il est encore aujourd’huy 
admiré de tous les syavants; et qu’il ne s’est encore 
trouvé personne, dit le Chevalier Salviati, qui l’ait pu 
passer en ce genre, tant il est propre dans ses mota et 
dans ses expressions, quoy que le sujet extraordinaire 
qu’il avoit choisi de parler de l’Enfer, du Purgatoire, du 
Paradis, l’ait souvent obligé de se servir de mote et de 
fa^ons de parler un peu singulieres. Mais une des choses 
des plus estimables dans ce Poéte, est que son Ouvrage 
est aussi pur pour les moeurs que pour le langage ». 
Meno esatto di Dante « dans la propriété des mota », ma 
superiore a lui « de beaucoup par les expressions relevées 
et hardies, dont il a enrichy ses ouvrages », appare, 
trionfatore nella nuova poesia, il Petrarca. Mutasi pe¬ 
rennemente la lingua, osserva poi il compilatore intelli¬ 
gente, e più non intendono i moderni il significato delle 
parole antiche : « il y en a une infini té dans le Poéme de 
Dante, que ceux qui ne s^avent que la Langue vivante 
n’entendent pas ». Nei rapidi cenni sulla « Metrica », 
aggiunti al « Metodo » (p. 134), è memoria della terza 
rima. « Le Poéme de Dante, et tous les Triomplies de 
Petrarque sont de cette sorte de vers ». Ma Dante è 


potei consultare, a Monaco, la 4 a ediz., «revue.... suivant la 
copie de Paris », Nymegue, 1678. Vedi la Préface où il est 
parlé de la décadence de la langue latine et de la naissance de 
Vitalienne , pp. xiii ; iv; vi; ix. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


17 


trascurato negli esempi di versificazione offerti, tolti 
tutti al Petrarca, al Sannazzaro, all’Ariosto, al Tasso, 
al Marino *). 

Pone il nome di Dante (« Poéte italien »), tra le rime 
in « ante », P. Richelet, in un suo « Rimario » del 1692, 
ch’ebbe qualche fortuna 2 ). Sdegna Dante affatto, Jean 
Yigneron de Verdun, a’ dì suoi famigliarmente e italia¬ 
namente detto Veneroni. Non un verso, non una parola 
del sommo poeta entran a far tesoro nel Maitre italien 3 ), 
divulgati ssi mo, che chiude vasi con parecchi «trattati», 
suggeriti dai massimi autori, un florilegio di concetti 
poetici, e certi « Trattenimenti italiani ».. In compenso, 
attinge a Dante il contemporaneo e collega del Vigneron, 
Placide Càtanusi, nell’ Instruction à la langue italienne, 
dedicata a M me Le Maitre, e stampata a Parigi, nel 1677 4 ). 

Cento e mille « Istruzioni » siffatte non avrebber tolto 
la Francia all’ indifferenza sua ostinata per il poeta dei 
tre regni, non avrebbero iniziato un culto che ripugnava 
all’ indirizzo generale dell’ arte e della poesia. Se i ver¬ 
sificatori di Francia si trastullano, nel ’600, allineando 
versi nella favella di Dante, giammai li vedete toglier 
da Dante consiglio. Ricordo, oltre i versi del Ménage, le 


1) Toccasi, a p. xvii della Prefazione, della scelta degli 
autori : « Pour les vers, Arioste a écrit avec une merveil- 
leuse exactitude.... Mais le Tasse Pa surpassé.... Et Pon peut 
mème, si Pon veut, passer jusques à Pétrarque et à Dante ». 

2) Dictionnaire des Rimes dans un nouvel ordre, Paris, chez 
Florentin et Pierre Delaulne, 1692, p. 84. A « Ente », p. 157, 
il Richelet rinvia a « Ante ». 

3) ....ou grammaire frangaise et italienne, Paris, 1680. La con¬ 
sultai nelP edizione di Basilea, 1764/ e in quella successiva 
(18 a ) di Lione, 1774, che pur racchiudono il Dictionnaire 
frangole et italien del medesimo Veneroni. 

4) Vedi P introduzione, Du choix des Autheurs Italiens (Au- 
theurs du bon siècle), p. 2; il Petit traité de la Poésie italienne, 
p. 127 ; e le Remarques curieuses et utiles sur la langue italienne, 
p. 111. Il Catanusi è pur noto come traduttore del Petrarca 
(Les Oeuwes amoureuses de P., traduites en frangole avec l’ita¬ 
lien à costé, Paris, 1669 ; 1671; 1709). 


2 — Farinelli, Voi. II. 


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Da Malherbe a Pierre lìayle 


Poesie Toscane del Régnier-Desmarais (Paris, 1708), le 
odi, gli idilli, le elegie, i madrigali, che Antoine de 
la Fosse, sieur d’Aubigny, compose a Firenze ; ricordo 
le rime toscane del Bacliet, quest’ ultime, le terzine 
particolarmente, pregne di reminiscenze petrarchesche, 
reminiscenze che talvolta son furti addirittura 1 ). Il Ba- 
chet, gesuita, maestro un tempo di retorica a Milano, 
vi allestisce, in veste italiana, alcune « Imitazioni» delle 
più segnalate comparationi che si ritrovano ne gV otto 
primi libri de VEneide di Virgilio, perfettamente ignaro 
del gran patrimonio di poesia che da quelle compara¬ 
zioni appunto aveva tratto l’Alighieri 2 ). 

w 

Gli è che tutto, ormai, congiurava contro la fama, il 
valore e la « fortuna » di Dante. La coltura, l’ideale 
dell’arte e della vita, la concezione poetica, volta più al- 
l’analisi minuta che alla sintesi poderosa, le disposizioni 
psichiche, l’indirizzo degli studi, le leggi estetiche ban¬ 
dite dai capiscuola, seguite e rispettate dovunque, l’istru- 
mento livellatore e misuratore premuto nelle mani di 
ognuno - tutto insomma sembrava opporsi alla creazione 
dantesca erculea ed istintiva. Sempre pili al fondo del 
caliginoso e tetro medio evo spariva la colossale figura 


1) J Rime di Claudio Gasparo Bacheto Signor di Meziriae , in 
Borgo di Bressa, 1626. Vedi il Trionfo di Cristo , pp. 33 sgg. 
Parevami un tempo alludesse a Dante la terzina seguente: 

Vedrai ancor molti altri in vista lieta 
Di quei che ’n detti oscur, ma pur veraci 
Scoprir del ciel la volontà segreta. 

2) Rime, pp. 45 sgg. Rende il « Qualis spelunca subito 
commota columba », a cui Dante diè espressione novella, im¬ 
mortale, co’ versi : « Qual per timor lascia Y albergo fido | 
semplicetta colomba, e al ciel si dona.... ». Sullo comparazioni 
e similitudini virgiliane, vedi un saggio recente di W. Schu- 
chardt, Die Gleichnisse in Vei'gils Aeneis, Halberstadt, 1904. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


19 


del poeta fiorentino. Fra l’Età Media e l’età de’classici 
è scissura jjrofonda. A riannodare le fila del passato non 
v’ è chi pensi. Il passato è barbarie, è vergogna. Avviati 
sui floridi cammini del bello perfetto e eterno, ascendendo 
ognora, placidamente, tra fiori, inondati di luce, chi vorrà 
mai discender la china, perdersi fra le tenebre, i dirupi 
e i rottami antichi? L’antichità, lungi dal ripudiarsi, 
è ricercata; ma essa è tutta nel regno ellenico e nel 
regno di Roma; e questa sola è innanzi agli spiriti, come 
modello di perfezione. Fra essa e i tempi che venivan 
svolgendosi, è come una intesa secreta, un gareggiare di 
armonia, di pacatezza, di leggiadria e di grazia, nel¬ 
l’espressione degli umani affetti. 

S’apre V Olimpo di Omero, e le divinità invocate di¬ 
scendono a scortare e sorreggere le nuove genti nel pel¬ 
legrinaggio dell’arte e della vita. Spaura l’infinito, l’idea 
dell’ eterno, dello spazio che non ha limiti, del tempo 
che non ha nè principio, nè fine. E quando, nel gran 
mar dell’ infinito, il Pascal si immerge, egli n’esce atter¬ 
rito, con indicibil strazio all’ anima. La grandezza smi¬ 
surata opprime, ripugna all’ arte. Le concezioni miche¬ 
langiolesche lascian 1’ animo freddo. Chi s’ affannerà a 
comprendere il fratello nello spirito a Dante, che un 
demone interiore e le Furie incalzano ? « Comme Michel- 
l’Ange, eust-il le diable au corps », dice di « Maistre Deny, 
syavant en la sculture » il Regnier, in una satira sua 1 ). 


1) Le mauvai8 Giste. Satire XI. Nelle rime e nelle prose di 
Francia del primo Seicento è rare volte un ricordo a Miche¬ 
langelo. César de Nostredame, che in quel secolo fu solo a 
giudicar Dante con ammirazione schietta e profonda, offre, 
nel Tableau de Narcisse (« à M. G. de Vair »),. questi miseri versi 
(Pieces heroiques et diverses poesies, Tholose, 1608): 

Jo t’invoque ò Demon, Dieu genie, un tei ange 
Qui fls qn’un Zeine, Apelle, et le grand Michel Ange 
La grande maistresse ouvriere esteintc se cacha. 

Pei piti, Michelangelo non è che un nome, consacrato dalla 
fama. « Si le pian de mes vertus estoit tei, qu’aveo les pin- 


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Da Mal herbe a Piene Bayle 


20 

Solo in pochissimi solitari, non sospinti dulia generai 
corrente, puoi trovar traccia di uno studio di Dante. 
Entro le spire dell’erudizione morta, ernie talvolta il 
sacro poema. I dotti vi frugan qualche nome, qualche 
notizia de’ tempi andati. E nelle carte loro frugherem noi, 
per compiere la storia nostra, sì di ilici le a vivificare, si¬ 
mili a’ viandanti che camminai) lunghi dì per lande squal¬ 
lide, e s’arrestali talora, estenuati di forze, innanzi ad 
un lembo d’apparente verdura, per cogliere le poche erbe, 
smunte e gracili, che seiubran loro di ristoro. 

Dante In Provenza 
Critici, eruditi e italianeggianti 
a’ tempi di Chapelain 

A Gabriel Chappuys, accorto e zelantissimo manipola¬ 
tore di versi e di prose, spaglinole e italiane, traduttore 
dell’Ariosto, del Castiglione, del Franco, del Guazzo, del 
Musso, del Giraldi, del Garzoni, del Boterò, del Paniga- 
rola, del Bartoli, d’altri illustri, secretano e interprete 
di S. Maestà il re, avveniva, voltando in francese i Mondi 


ceaux de vostre grace vous le fìgurez entre vos amia, ie quit- 
terois pour vous Titien et Michel l’Ange, pour le rendre 
immortel » ( Lettres missive# et familieres d? Estienne de Tronchet 
secretaire de la Royne, Paris, 1608, p. 176). Voiture accarezza 
un dì Mn^ de Rambouillet, vantandone l’abilità nel disegno : 
« En etfet, il est arrivé beaucoup de fois, qu’en vous joiiant 
vous avez fait des dessins que Michel Ange ne desavoueroit 
pas » ( Lettres et autres Oeuvres de Monsieur de Voiture, ediz. 
di Parigi, 1697, p. 18). Vedi inoltre, Gouli, Discours d’Ari- 
starque à Nicandre sur les jugements des Esprits de ce temps, 
Rouen, 1629; un ricordo al « Jugcment de Michel Ange », 
nella miscellanea del Sorel, Xouveau RccneU de pièces les 
plus ayréable8 de ce temps, Paris, 1644, p. 227. Su Michelan¬ 
gelo in Francia, nel secolo antecedente, vedi le note di É. Pi- 
cot, Les Italiens en France au XVI' siede, nel Bull, ital., IV, 
306 sgg. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 21 

di Anton Francesco Doni, « un des plus beaux esprits de 
l 9 Italie», di vedersi, in una visione d’inferno, l’ombra 
di Dante di fronte, di sentir favellare il sommo poeta 
con altri spiriti, e trinciar giudizi e sentenze, di rifare 
con Dante, malamente e goffamente alquanto, il cammino 
pel regno di Plutone, dopo il tragitto della livida palude. 

S’intende che il Chappuys, benché traduca liberamente 
assai *), non ci mette l’invenzione sua e rimane estraneo 

l) Les Enfer8. V’ è aggiunto il titolo : Les Visio ns italien- 
nes, tirées du Sieur A. Doni par Gabriel Chappuys. Des escoliers 
et des pedane, des mal mariez.... des riohes avares.... des ruffiane. 

Paris, J. de Villery, 1634. Avverte « le libraire au Lecteur »: 

« Comme l’autheur a utilement rèvé pour tout le monde, ie 
ne Pay pas mal imité ». Ai lettori pur si rivolge « le de- 
sesperé Académicien Pélerin ». « Lisant dono quelquesfois 
Pemerveillable Poète Dante, i’ay pensé et cren un long temps 
que ie pourrois trouver la forest qu’il a descrit, pour chemi- 
ner apres luy, et en un chacun de ces trois lieux, Enfer, 
Purgatoire et Paradis, si ie pourrois voir mes amis trespassez, 
et parler à eux, comme il fit. Mais c’est en vain que Pay 
suivy ce chemin, et Pay inutilement voyagó par ces bois de 
la vie : au moyen de quoy ie tiens pour certain que la forest 
qu’il trouva a esté couppee, et si bien desracinee que iamais 
homme ne la trouvera apres luy ». Quest’edizione della ver¬ 
sione del Chappuys, da me consultata, registrata dal Bongi 
{Catalogo delle opere di Antonfranoesco Doni, aggiunto all’edi¬ 
zione delle Novelle, Lucca, 1852, p. 288), e da S. Stevanin 
{Ricerche ed appunti sulle opei'e di A. F . D., Firenze, 1903), uscì 
postuma, come seguito alla versione dei Suehos del Quevedo. 

S’avverta un brano della dediea a Antoine Du Verdier, premessa 
dal Chappuys all’edizione cinquecentistica della sua versione : 

Mondes celestes, terrestres et infernaux. Le monde petit, Grand, 
imaginé, Meslè, Risible, des sages et fols, et le Tres grand, VEnfer 
des E8colier8, des mais Mariez , des Putains et Ruffians, des Sol- 
dats et Capitaines poltrons , des pietres Docteurs, des UsuHers, 
des Poètes et Compositeurs ignorants.... tirez des oeuvrcs de Doni 
Florentin par Gabriel Chappuis, Lyon, 1578 (altre edizioni usci¬ 
rono nel 1580, nel 1587) : « ie Pay bien voulu accomoder à noz 
Francois, attenda que ie ue»3ne»suis» **oulu asfraindre àdedrew . • « ■> 
duire de l’Italien de Doni i n o t mpt’ f ■*ma rs qip> squame nt j*£n% * , V 
ay tirò ce qu’il m’a semblé dstre bierf li \>rt>jo£, y’^aftf’ 

adiousté du mien ce que Pay pensé, *n’estro* iqcopve^cnt 

■* % » • ••••••» 

• ' ; • v •.*.* -, 

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22 


lhi Mal herbe a Pierre llaylc 

alla stima die il fantasmagorico racconto (ld Doni ri¬ 
vela per « Monseigncur Dante », F « émcrveillable Poeto 
Dante », « radmirable Dante », il quale (p. 107) non 
avrebbe avuto « autre intention en sa Comòdie, que les 
Académi<|ues : tjui a ostò de blasmer ses ennemis et les 
chastier de leurs iniquitez, faisant avouer aux meschaus 
de leur propre bouebe, le mal qu’ils ont fait ». È qui in¬ 
nestata la nota terzina dantesca del Paradiso (XXIV, 64), 
ebe definisce la Fede, secondo San Paolo, e ebe il Cbap- 
puys così traduce : « De ce que Fon attend la Foy est la 
substanee* | et l’argument de ce dont n’y a d’apparcnce; 

' Voyla ce que ie tiens et penso de la foy » i). Non è 
improbabile die F esempio del Doni, abbia indotto il 
Cbappuys, nell’estremo ’500, a cercar distrazione nella 
visione dantesca de’ tre regni. L’operetta sua, La Toscane 


d’écrire». Pochissimo nota è una traduzione spagnuola del ’700, 
contemporanea ai Suenos morales delForiginalissimo Diego Tor¬ 
res: Las boda8 del diablo . No vela toscana del Boni, y espanola 
del bachillei' Pascual Izquierdo , graduado en artes, naturai de la 
villa de Algava. 

1) Traduce il Cbappuys il bizzarro capolavoro del Gar¬ 
zoni, Le Theatre des dìvers ceireaux du monde, Paris, Felix le 
Mangnier, 1586, ma non osa voltare le terzine dantesche, ci¬ 
tate, con frequenza, nella favèlla originale (Discours XI Des 
cerveaux vaine, f. 63 r°, IH, 16-18; XIV, Des ceiieaux 

dedaigneux, despiteux, f. 72 r°, Purg., XVII, 25-27; XXV Des 
petits cerveaux: charlatans ecc., f. 103 r°, Inf,, XXVIII 37-39* 
XLII, Des despourveus de cervelle, immodercz, ecc, f. 196 r°’ 
Inf., I, 49-51 ; f. 201 r°, Purg., XII, 61 ; XLIII, Des desponr- 
veuz de cervelle, vicieux en général , f. 206 r°, Inf., I, 58-60 
traduce però questa terzina : « Telle me fiat la bestc sans paix 
que venant peu à peu au devant de moy, elle me repoussoit »)! 
I lettori di Francia potevan trovarvi le lodi il « tres docte 
Dante », « profond Toscan Poete », il « tres-argu et subtil 
Dante », motteggiatore prontissimo, capace di rispondere « tres- 
vivement, par une seule responce, à trois propositions, tout 
c 4 .Mn.cou 5 .»,. potevano^er^di^^trice (« la Sapience ou 
»^* guid? a *Danto ;« de, sphere en sphere jusques au 
dérflifc!* cifcl &,* e r guida'all* uòmo In'genere, «par tontes les 
sphgyes eélpstes- à la*gioire immortelle » (f. 53). 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


23 


frangoìse italienne *) ci attesta eli’ egli aveva tra mani 
il suo bravo Landino, che talvolta consultava quel com¬ 
mento, e voleva pur fosse da altri consultato: « Quicòque 
veult voir la noblesse qui est sortie de Florence, et allee 
demeurer en plusieurs villes d’Italie », die’ egli, « lise les 
Còmentaires de Christophe Landin sur Dante ». 

w 

Non molto a fondo lesse in Dante l’uomo più dotto 
e illustre di Provenza, nel ’600, Claude Fabri de Peiresc, 
« procureur général de la littérature », come lo chiamò 
il Bayle, centro a cui tutti gli studi e le investigazioni 
storiche ed erudite mettevan capo, anticipato Muratori, 
largo a tutti d’aiuto e di consiglio, curioso di tutto, 
raccoglitore zelantissimo d’ogni antico cimelio, inna¬ 
moratissimo della sua natia Provenza, della natura e 
de’ libri 1 2 ). In Italia aveva amici e corrispondenti; in 
Italia, a Padova, aveva compiuti gli studi di diritto. 
Aveva peregrinato su e giù per Venezia, Bologna, Pisa, 
Napoli, Roma, e soggiornato a lungo nel « bell’ovile » 
di Dante. Nelle dotte sue carte vedi riflettersi 1’ affac¬ 
cendarsi degli eruditi italiani contemporanei ; trovi una 
smania di sapere, senza limiti, rara perspicacità, larghezza 
ed esattezza di giudizio. Entusiasta del Galilei, il Peiresc 
ne segue con animo trepido le scoperte; ne ricerca l’opere. 
Veramente, la scienza agiva su di lui con assai maggior 


1) Venne in luce a Parigi, nel 1601. Vedi pp. 20 sgg. Oltre 
il Landino, il Chappuys conosceva la Vita di Dante di Leo¬ 
nardo Bruni d’Arezzo. 

2) Una monografìa su questo dotto insigne è ancora un 
pio desiderio. Parecchio ultimamente s’ è scritto su di lui, e 
molte sue epistole videro la luce per cura del diligentissimo 
Tamizey de Larroque. Vedi L. Delisle, Un grand amateur 
Frangais du XVII e siècle, negli Annalesdu Midi, 1889, pp. 16 sgg. ; 
E. Michel, Claude Fabri de Peiresc , nella Revue des Deux 
Mondes, 15 marzo 1900. 


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24 


Da Malli erbe a Piene Bayle 


potere dell’arte. Di scienza infarciva ogni scritto. Posse¬ 
deva un Dante, ben inquadrato da un ricco commento *), 
e ben può supporsi eli’ egli lo considerasse più come col¬ 
lana di fatti e di memorie che qual miracolo di arte e di 
poesia. Al Pei rese è rivolto un « Discorso » di Viceute 
Noguera, scritto nel gennaio del 1637, esumato or non 
è molto, in cui Juan de Mena è paragonato a Dante. 
« Fu un altro Dante »; ebbe, come Dante, buon numero 
di interpreti ; « e stato commentato da quattro valentuo¬ 
mini » 1 2 ). Al Peiresc, qualche anno prima, aveva scritto 
Gabriel Naudé, raccoglitore ed accozzatore infaticabile 
di memorie, pregandolo di frugar notizie sui conti Guidi — 
argomento di una storia sua 3 ) - in altri autori che non 
fossero Dante, Giovio, Villani, Boninsegni, Masson, già 
da lui consultati 4 ). 

La Commedia è ridotta ormai ad una cronistoria, in 
cui, a profitto de’ dotti, con delizia particolare de’ po¬ 
ligrafi, s’infilzan notizie del buon tempo antico; ed è 
provvidenziale l’opera dei commentatori, che stringono 
ed affogano il densissimo verso ne’ viluppi delle note. 
Solo il deforme corpo, mummificato, sostituito al bel 
corpo, rigoglioso, fremente di vita, dell’arte dantesca, 
attrae gli sguardi de’ critici. 


1) Del Vellutello probabilmente. Peccato che non esista 
nessun catalogo della biblioteca ricchissima del Peiresc. Vedi 
Omont, Les manhscints et les livrea annotés de Fàbri de Peiresc, 
negli Annale8 du Midi, 1889, I, 316 sgg. Tra i libri postillati, 
appaion le « Croniche di inesser Joannis Villani ». 

2) Vedi A. Morel-Fatio, Vicente Noguera et son Disoours 
sur la langue et les auteurs d’Espagne, nella Zeitsch. f. roman . 
Philol., XXXI, 3. 

3) Non riuscii a rintracciare mai questa fenice di libro, e 
solo ne conosco il titolo : Nicolai ex comitibus Guidiis Marchio - 
ni8 Montis-Belli elogium, Roma, 1637. 

4) Les correspondants de Peiresc . Gabi'iel Naudé . Lettres éci'i- 
tes d } Italie à Peiresc, 1632-1636, publiées et annotées par 
P. Tamizey de Larroque, Paris, 1887 (Estr. dal Bulletin 
du bibliophile, p. 13). 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


25 


Intorno al 1635, Michel Baudier, autore di alcune vite 
di cardinali, allestisce un libercolo: Histoire de Vincom- 
parable administration de Romieu, grand ministre d 9 estat 
en Provence , e il Peiresc, compiacentissimo con tutti, 
vorrebbe sorreggere, nelle indagini sue, il compilatore 
farraginoso, e si propone di rimestare nelle carte degli 
archivi del Re, per scovrirvi « quelque chose de considé- 
ration, pour reduire au vray ce que le commentateur de 
Dante et aultres ont escript de luy sur les relations ou 
traditions fabuleuses et qui attribuent au Conte de Thou- 
louse ce qui est advenu de la personne du Conte de Pro¬ 
vence » x ). Esce tuttavia l’opuscolo, senza il sussidio dei 
documenti promessi 2 ), senza alcun ricordo a Dante 3 ), 


1) Lettres de Peireso, III, 351 « À. M. de Saint-Saulveur du 
Ro£ » (Colleetion d. docum.. inéd. sur Vhist. de France). 

2) Documenti su Romeo di Villano va non vennero in luce 
che a’ dì nostri, per cura di Philippon, La Provence sous Char¬ 
les Jj nella Revue de Marseille et de Provence f 1891. 

3) Citato una sol volta (p. 48), a proposito di Sordello, 
« Poete Mantouan, que Dante estime presque un autre Vir- 
gile ». Il Baudier attingeva notizie dal Villani, dal Masson 
(p. 79), e pare leggesse alcuni versi de’ Trionfi petrarcheschi 
« de glorieuses loiianges et d’un é temei souvenir ». — Dal 
Villani è tolta la lunga nota sa Romeo di Villanova, aggiunta 
dal Grangier alla sbiaditissima sua versione di Dante (III, 
119-121). Alle strane e fallaci congetture che si fecero via via 
sul Romeo dantesco (Vedi G. Nasalli, in Strenna piacentina, 
1879, pp. 148 sgg.), identificato da alcuni col rimatore Ar- 
naut Romieu, contemporaneo di G. Augier (chiarisce l’equi¬ 
voco G. Bertoni, I trovatoti, minori di Genova , Dresden, 1903, 
p. xxxviii), accenno, rapidamente, nell’introduzione a questa 
opera mia; pur le ricorda O. Bacci, Il canto VI del Para¬ 
diso, in Lectura Dantis , Firenze, 1904. — Le dispute su Romeo 
di Villanova, sorte in Francia a’ primi del ’600, ebbero vita 
ancora nel secolo di Voltaire. Al Fontenelle, che, nel Mercure, 
de France , del 1751 (I, 1 sgg., Histoire du Romieu de Provence ), 
spacciava per verità, le fiabe del Baudier, rispondeva, pur nel 
Mercure de France , di quell’anno, il benedettino D.om Vaissette, 
ricordando le indagini proprie nell’ Histoire générale de Lan- 
guedoo (III, 451), determinato a « réfuter sérieusement les vers 
de Dante », e « le Roman de Baudier ». « Les Poetes », scrive 


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26 


Da Mal herbe a Pierre Bayle 


senza critica, senza dottrina, senza senno, scialbo romanzo 
più che storia. E il Peiresc non occulta la sua spiacevole 
sorpresa. Scrive al Baudier, schermendosi,ringraziando 1 ), 
augurando una edizione novella del magro libretto, pur¬ 
gata delle mende che lo deturpavano, e « des j>etite8 
clioses qui ne sont pas hieu compatibles avee notre plus 
vraye histoire » 2 ). 


$ 

Al « commentateur de Dante », non so bene se al Vel- 
lutello, o al Landino, rimandava, parecchi anni prima 
del Peiresc, per aggiungei lume alle vicissitudini storiche 
narrate, il solo Francese che, in que’ tempi, squallidi di 


a p. 58, « se sont toujours permis des licences, et vous n’igno- 
rez pas jusques oh le Dante a poussé la sienne: puisque dans 
le mème onvrage où il a imaginó celle ci, il a eu l’audace de 
donner un Boucher pour pére au chef de la troisiòme race de 
nos Rois ». Munito del commento del Landino, torna a discu¬ 
tere di Romeo il Millot, nell’ Histoire littéraire des Trouba- 
dours, Paris, 1774, II, 219: « Le Dante, mal instruit du fond 
des choses, trompé par le nom Iquivoque de Romieu, sur le- 
quel on avoit pout-étre déjà fabriquó des fictions, aura débité 
eu poete une fable, que les historiens auront pris pour une 
vérité ». Altri, pili di me tranquilli, più dotti, e più in pace, 
potranno svolgere 1’ attraente tema : Romeo di Villanova nella 
storia , nella leggenda, e ne ’ versi di Dante. 

1) Lettres de Peiresc, VII, 657 sg. (3 settembre 1635): « J’ay 
receu une lettre dont vous avez daigné m’honorer du 22 d’aoust, 
ensemble le petit livre de la vie et administration de vostre 
Romée de Villeneuve, et avois auparavant receu voz autres 
volumes tant de la vie du Cardinal d’Amboise que du Cardinal 
Ximenes ». 

2) « C’est pourquoy si ceste edition se pouvoit r’habiller 
il ne seroit que trez bon » (lettera citata). In nota (p. 659), 
il Tamizey de Larroque dà per probabile una seconda edizione 
dell’opuscolo, ormai rarissimo, che, in verità, mai non fu fatta. 
Io non conosco che una ristampa (« réimpression figuróe ») 
dell’ edizione parigina del 1635, curata a Périgueux, dal Du- 
pont, nel 1841 (Bibl. naz. di Parigi, Lk ? 1430, A). 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


27 


studi danteschi, riveli amor vero per il divino poeta, 
César de Nostredame, figlio dell’astrologo e medico fa¬ 
moso Michel de Nostredame, autore delle Centuries. I 
romantici stessi che, scordato il regno e la dittatura di 
Voltaire, s’imaginano di toglier Dante dall’oblio de’ se¬ 
coli, e l’incensano, più che noi leggano e noi compren¬ 
dano, non hanno parole più calde d’ammirazione di 
questo umil storico e versificatore; non ricorrono, spon¬ 
taneamente, con irresistibil forza, ai superlativi, per ce¬ 
lebrare x ) 1’ « admirable Dante », « l’inimitable Dante », 
« le haut, le profond et impénétrable Dante », « ce grand 
et renommé Florentin », « l’un des plus grands et doctes 
liommes de son temps », poeta « du plus haut et solide 
jugement », « qui sbavait toutes les plus belles et an- 
ciennes.... histoires.... ati doigt », « le Poéte illustre», 
P « excellent poéte.... que les Muses, les Dieux et les 
Roys ont honoré ». 

Nato e cresciuto in quella terra di Provenza che «al¬ 
lietò delle memorie sue, e dei canto la giovinezza di 
Dante, César de Nostredame era isolato dal gran cen¬ 
tro ; viveva lungi dalla gran corte, ammaliatrice pos¬ 
sente degli ingegni di Francia. Per le tradizioni che 
rispetta, gli ideali e gli studi, per un buon tratto di 


l) Vedi V Histoire et chronique de Provenee de César de Nos¬ 
tradamus, gentilhomme provenqal, oà passent de temps en temps 
en bel ordre les anciens poètes, personnages et familles illustres 
qui ont fleuri despuis VC ans, aultres plusieurs races de France, 
d’Italie, d } Hespagne, Languedoc, Daufhiné et Piémont, Lyon, 1614. 
L’Oelsner, nella rubrica sua, Dante in Frankreich, p. 15 sg., 
tratta di César de Nostredame prima di discorrere del Lemaire ! 
È perduta, irrevocabilmente, la Vita che del Nostredame scrisse 
il Colletkt. Veggasi ora, in attesa dell’ampia monografia, pro¬ 
messaci dal valentissimo Chabaneau : L. Mouan, Apei-gus Ut- 
téi'aires sur César Nostradamus et ses lettres inédites à Peiresc, 
nelle Mémoires de VAcadémie des Sciences, agricalture, arts et 
bélles-lettres d’Aix, X, 409 sgg., e Tamizey de Larroque, 
Les correspondants de Peiresc . II. César Nostradamus, 1628-29, 
Marseille, 1880. 


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28 l)a Malherhc a Pierre Bai/le 

vita egli era ancora del secolo di Ronsard. Conosceva 
l’Italia; s’era trovato a Roma; s’em imbevuto dell’ita¬ 
lica coltura. Oltre Dante, gli scritti suoi esaltano 1’ « iui- 
mitable », le « diviu » « IVtrarque » x ), « le tròs-excel- 
lent Torquato Tasso », guida suprema nelle sue epiche 
scorribande, il Poliziano, il Puntano, « lumière en pres- 
que toute doctrine ». Negli studi di erudizione e di cri¬ 
tica raccoglieva PereditA lasciatagli dallo zio, Jean de 
No8tredame, autore delle Vite, ed attingeva a piacere 
nello zibaldone delle Memorie, inedite tuttora nella bi¬ 
blioteca di Carpentras. Le ricerche del Faucliet e del 
Pasquier accrescevano in lui l’amore per i patri ricordi, 
lo spingevano all’ investigazione minuta e paziente. E 
quando s’accinse a registrare i fasti di Provenza, e spo¬ 
gliò cronache, storie, e poemi, imbattutosi, leggendo la 
Commedia, ne’ versi che celebravano i vati della sua natia 
terra, n’ ebbe commosso il cuore, e giurò fede ed amore 
all’altissimo poeta. I trovatori eccellenti, die’egli nella 
sua « Storia » (p. 91), li vedrete figurare, « non autre- 
ment qu’estoilles, qui les unes après les autres viennent 
imperceptiblement A dover et couvrir de différentes elar- 
tez la riche et grande robe du ciel ». Figuravan glori¬ 
ficati, con «admirable et divin entendement », ne’ Trionfi 
del Petrarca, e il Nostredame, rapito da’ molli versi, 
passa a nuove estasi, a nuove esclamazioni. 

Riprende, con gran lena, e con fiamme d’entusiasmo, 
la tradizione delle Prose bembesche, seguita in parte dal 
Castelvetro, che faceva de’ sommi Fiorentini i seguaci 
più docili de’ vati di Provenza. Senza infastidire i lettori, 
ed annoiare sè medesimo con esatti confronti, rileva, 
spedito, con parole vaghe i prestiti fatti, discorrendo, 


l) Nell’ HÌ8toire f p. 346, trattando dell’ innamoramento del 
Petrarca, celebra le Rime, « ces bolles et admirables piòces.... 
que lon void encor de sa main en tant d’estime et reputa- 
tion, qu’elles ont servi cornine de Pliare et d’Astre à tous les 
plus illustres Poètes Tuscans et Francois ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


29 


or del Petrarca *), or di « quel di Lemosl », or di Ar¬ 
naldo Daniello 1 2 ): «de manière que vous voyez cornine 
ce poéte (Dante) préfère Arnauld à Gìrauld, estant bien 
certain, que et Dante et Pétrarque les ont non seule- 
ment haut-loiiez et célébrez, mais encor fort exactement 
resuivis, et si ont puisé infinies, belles et divines inven- 
tions dans leurs poésies, et mille belles guirlandes, et 
chappeaux de fleurs dans les vergers de leurs vers et de 
leurs rithmes, que les plus illustres Poetes Francis n’ont 
point mis à petite gioire d’effleurer, ramasser et re- 
prendre » 3 ). A rialzare i pregi de’suoi prediletti poeti di 
Provenza 4 ), allega, or nell’originale, or tradotti, i versi 
di Dante. Celebra Folcketto di Marsiglia, sovvenendosi 
de’ versi del Paradiso (IX). Singolare gli sembra, « cliose 
digné de belle marque », che Dante abbia voluto ac¬ 
cordare ad Arnaldo Daniello « son vulgaire et naturel 
ramage ». Ragionando di Sordello, colpito dal lamento 
famoso in morte di Blacatz, rimembra, con visibile com¬ 
piacimento, « l’illustre et digne éloge », che Dante, « le 


1) P. 346 : « Or qu’il aye imité en plusieurs tres-belles et 
ingenieuses inventions nos anciens Proven^aux Poètes, et pa¬ 
ra vant luy, le profond et impenetrable Dante, il n’est aucun 
de bon et sain iugement qui le puisse avec modestie revo- 
quer ». Vedi anche, p. 135, p. 260. 

2) P. 314 : « On ne tronve point qu’aucun des Poètes 
provenpaux aye escrit plus doctement que cestui-cy, ny que 
le Dante et Petrarque ayent plus curieusement et de pres 
imité ». 

3) L’ opera di César de Nostredame avrebbe meritato di 
figurare tra i commenti e le storie ricordate da C. De Lol- 
lis, nell’articolo, Quel di Lemosi (Scritti vari di filologia dedi¬ 
cati a E . Monaci , Roma, 1901, pp. 353 sgg.), ed anche, poiché 
il Nostredame riferisce una singolare lezione de’ versi proven¬ 
zali, posti da Dante in bocca ad Arnaldo, nel noto studio del 
Renier, Sui brani in lingua d’oc del « Dittamondo » e della 
« Leandreide », nel Giorn. stor. d. letter. ital ., XXV, 316. 

4) Li raggruppa attorno alle corti dei conti di Provenza. 
Or non è chi ignori le indagini di P. Meyer, nel VII volume 
dell ’Histoire générale de Languedoc, Toulouse, 1879. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 

profond Dante », fa del trovatore Mantovano, « le fai- 
sant arraisouner avec son Virgile » 1 ). 

Gli è fitta in niente la miseranda fine di Manfredi, 
quale Dante la descrisse, ne’ pochi versi immortali del 
Purgatorio, e quale si compiacque di narrarla il Villani. 
Ma, da buon Francese, non ha pietà di quelle povere 
ossa, bagnate dalla pioggia e mosse dal vento; ricorda 
la « grave mora », là « auprès du Pont de Benevent, 
oii chaque soldat jetta uue pierre », tomba del prence 
infelice, biondo, bello e di gentile aspetto, « qui fut de 
beau et bien formé corsage.... de poil blonde, très s$a- 
vant en Philosophie, et grand sectateur d’Aristote »; ed 
aggiunge (p. 243): « Telle fin misérable et condigne à 
ses desmérites eut ce Prince infortirne, que Charles mit 
en terre, Dante en son Purgatoire, les Papes en leur 
Eufer, et Dieu où meilleur luy seni bla » 2 ). Re Roberto 
di Napoli, frustato a sangue dal poeta divino, infonde 
simpatia al Nostredame, perchè accorto e generoso pro¬ 
tettore del Petrarca, e lettore di Dante 3 ). Narrate le vi¬ 
cende di Romeo di Villanova, alla corte di Berengario, il 
Nostredame vuol distrarsi dal compito suo grave di storico, 
e sollevarsi alquanto, in aer più spirabile, « pour esgayer 
mon esprit lasse, où il faut astaindre et garrotter les pa- 
roles, et les périodes à l’antiquité et poussière de l’histoire, 
et des panchartes moisies et rongées, ne m’estant presque 
loisible de m’estendre en quelques choses graves, et dou- 


1) P. 193. Torna il Nostredame, più innanzi (pp. 261 sgg.), 
a ragionare di Sordello, senza più citar Dante. 

2) Fa specie che, narrando i casi di « Costanza impera- 
drice », il Nostredame non ricordi Dante, e s’attenga al solo 
Villani. 

3) P. 378 : « ce sage et bon roy a pris souvent grand plai- 
sir et delectation à lire les oeuvres du profond et iniraitable 
Dante et de quelques autres Poètes vulgaires, tant Italiens 
que Provengaux, dont il avoit les oeuvres et composi tions, 
particulierement do tous nos cclebrcs et renommés Trouba- 
dours ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


31 


ces, pour n’estre le plus souvent les matières capables de 
telles guirlandes et pourfìleur ». In tesse fregi al vero, e 
chiude il discorso « par ce que l’admirable Dante en 
recito et chante », nel Paradiso. E, benché duro e gra¬ 
voso gli sembri « habiller proprement ce grand Poéte 
en Francois », benché altrove eviti recare ingiuria ai 
« santi e sacri versi » de’ Trionfi petrarcheschi, « par 
une basse et mal avenante traduction », « encore que 
les Muses m’ayent nourry depuis mon aage plus tendre, 
et que ie n’aye point gaigné le moindre rang en ce ciel 
Francois», aggiunge la traduzione sua libera, in versi ales¬ 
sandrini, a rima baciata, fiacchi e stemperati ; strazia qua 
e là, con perifrasi ed epiteti nuovi e ridondanti, le po¬ 
che, concise, forti e memorande terzine di Dante, non 
bene intendendone l’anima e il senso *). 

Stolti e dormenti, incapaci di intendere lo stile poe¬ 
tico figurato, chiama il Nostredame, acceso di sdegno 
(p. 75), ignaro pur lui dell’antica ehanson de geste su 
Ugo Capeto, coloro che a Dante mosser rampogna, per¬ 
chè chiamò « beccaio » il fondatore della stirpe Cape- 
tingia. Osan tacciare di grassa ignoranza « des histories, 
et des choses dont il estoit peu esloigné » il poeta che 
pur tutte, e meravigliosamente, sulle dita, queste storie 
sapeva. Non sanno costoro che Dante usò « d’une fa^on 
de parler comm une et poètique, pour dire que le pére 
de Capet estoit cruel et felon, et qu’il se bandoit contro 
son Roy naturel pour en happer la couronne ». Si ri¬ 
conosca ormai, dopo tanto vaneggiare, che Dante « n’a 
point esté si hebeté, que d’avoir parlé que par figure, 
ny en autre sens que celuy-là, comme ceux qui comniu- 
nement escrivent en vers ». 


l) « ....dentro alla presente margarita | luce la luce di Ro¬ 
meo /», dice Dante, e il Nostredame traduce (p. 205) : « Là 
dans oc Paradis.... Non loin de Marguerite esclatte, plein de 
lustre, | le regard de Romieu, en disgraco venu ». La ver¬ 
sione intera del Nostredame è riprodotta, esattamente, dal- 
1’ Oelsnkr, Dante in Frankreich, p. 15. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


Peccato die il Nostredame nulla abbia saputo delle 
opere minori di Dante, e, stranamente gli sia sfuggito il 
De rulgari eloquentia , edito dal Corbiuelli, consultato 
più volte dallo zio Giovauni. Al ricordo d’altri Proven¬ 
zali illustri, altri elogi avrebbe aggiunti, altre prove 
della gran stima che il sovrano poeta di loro faceva. 
Nè è men singolare che lo storico di Provenza, sì en¬ 
tusiasta di Dante, non attinga che assai di rado al 
gran fondo delle poetiche imagini dantesche, per vivi¬ 
ficare il suo racconto, e preferisca Virgilio, Lucano, Ovi¬ 
dio, Omero, Pindaro, ed altri del mondo antico. Amava 
Dante, ma non pretendeva mettere sugli altari un idolo 
che non si confaceva ai gusti, ed al culto della sua na¬ 
zione, perduta dietro i classici Greci e Latini. Pare vagli 
una volta dover pur dare ispirato principio ad una parte 
nuova della sua grand’opera, e ricorre a Dante; s’ima- 
gina pur lui che la navicella del suo ingegno alzi le 
vele per correr miglior acqua. Usa tale espressione, 
dice (p. 94), Pinimitabil poeta, « dont les Muses italien- 
nes font une si haute gioire, après qu’il est sorti de 
ces horreurs infernales et ténébreuses, où il a veu tant 
d’ombres tristes et désespérées, diversement tourmen- 
tées, et qu’il commence à voir poindre le iour serain, et 
la couleur agréable d’un sapliir Orientai et transparant. 
Ce que ie pqis dire avec luy en ceste seconde partie : 
où comme en un air plus clair et net après avoir passé 
par tant d’obscurs destours, et de tracs incertains et 
fourchus, ie suis à la fin parvenu : si comme il invoque 
les Muses, ie puis bien implorer Minerve, à ce qu’elle 
me soit propice, et rende mon tra vali digne d’une éter- 
nelle renommée, au grand honneur de mon paìs ». 

Di Dante non recan traccia i troppi versi che il Nostre¬ 
dame, baciato in fronte, com’ei riteneva, dalle Muse 1 ), 


l) « Tu dois S9avoir ....que la qualité de poete et de peintre 
m’ont permis ie ne scay quoy de galaut et de hardy », dice 
di sè medesimo, in un avvertimento all ’Hyppiade, il Nostre- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


33 


scrisse, prima di metter mano alla sua « Storia » : rime 
encomiastiche al prence di Savoia, Carlo Emanuele I, 
vergate con « penna d’oro» 1 ), rime spirituali, perle 
e lagrime di Santa Maddalena, rime eroiche, un sogno 
di Scipione, un Tableau de Nardsse 2 ), e più e più altri 
esercizi acrobatici di versificazione, senza nerbo, senza 
sugo, e senza estro mai, tra i quali dovrà porsi l’inedito 
poema L’Hyppiade, ou Godefroy et les Chevaliers, « Ge¬ 
rusalemme » novella, stiracchiata in 16 libri, di 16000 
ottonari complessivi (« seize mille vers justement »), 
cronaca o genealogia, aridissimamente e pedestremente 
versificata, più che poesia 3 ). Dolevasi col Peiresc, negli 
anni estremi, dell’ ingratitudine degli uomini, e della 
oscurità in cui era lasciato. Aveva alta coscienza del 


dame, ammiratore e seguace del Malherbe (« au rang des 
plus excellens esprits, marche encore de nos jours d’une mer- 
veilleuse douceur.... et d’un style gracieusement et nettement 
genereux, le sieur de Malherbe »). Vedi C. Nodier, Mélanges 
tiré8 d’une petite bibliothèque, Paris, 1829, pp. 77 sgg. 

1) Vedi F. Gabotto, Un poème inédit de César de Nostre¬ 
dame, nella Reme des langues romanes, XXXVIII, 207. 

2) Pieoes hei'oiques et diverses poesies de Cesar de Nostredame, 
A Tholose, 1608. Vantavasi qui, nella prefazione, il poeta, esser 
stato primo a scoprire « que le Poeme et l’ouvrage héroique 
doit oommencer mesmes chaque periodo par le feminin cornine 
plus grave, et finir par le masculin comme plus leger », ed 
annunciava P epopea sua, VHyppiade « ouvrage de longue 
baieine.... n’attendant que la main de Pouvrier », per venire 
in luce. 

3) All’Hyppiade accenna ancora il Nostredame, in una let¬ 
tera del 3 novembre 1617, stampata nell’Entrée de la Reine 
Marie de Médieis à Salon..., augmentée de deux lettres inédites 
de l’auteur et de la relation de voyage de la Reine de Florence 
à Marseille, nouv. éd., Marseille, 1855, p. 66. I lettori vi 
avrebber trovato « quelques preceptes de la poesie assez ex- 
quis et peu pratiquez de nos poetes franyois ». Vedi inoltre 
L. de Vkyrières, Monographie du Sonnet . Sonnettùtes anciens 
et modernes, Paris, 1889, I, 216; R. Toinet, Quelques recher- 
che8 autour des poèmes héroiques-épiques frangati du XVII e siècle, 
Tulle, 1899. 


3 — Farinelli, Voi. n. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


valor proprio ; pare vagli che la Provenza ed i Proven¬ 
zali dovesser vivere ed aver fama eterna mercè P opera 
sua. Il gran volume della « Storia »di Provenza avrebbe 
dovuto, die’egli, diffondersi alla corte, esser letto e me¬ 
ditato dal re medesimo, perché non s’ignorasse « que 
les Esprits et les plumes des Proven^aux ne sont pas si 
goffes que leur langage, quoy que tres significatif, et qui 
a mis la poésie eu haut crédit avant. que Dante et que Pé- 
trarque, deux grandes lumières de leur age » 1 ). 

Qualche diffusione la sua « Storia » l’ebbe, e giovò, se 
non altro, ad invogliare e spronare altrui a nuove inda¬ 
gini. Fu di preludio all’altre Storie di Provenza. Ma a 
nessuno trasmise l’amore a Dante, la stima per il sacro 
poema, che vi trapela. Il Puffi, il Bouclie, altri ancora, 
nelle cronache, e storie, e compilazioni loro, vi buttano, 
con certo far disdegnoso, il nome di Dante, quando di- 
scorron del Romeo leggendario. Di Dante non leggon 
sillaba mai 2 ). All’onore dei poeti di Provenza bastava 
l’elogio del Petrarca, nei Trionfi 3 ). 

¥ 

Yagan per l’Italia, a que’ tempi, letterati di Fran¬ 
cia, amici del Peiresc, e, come il Peiresc, invaghiti delle 
memorie antiche. Le rovine non gridan loro il nome di 
Dante. Nelle società che frequentano, a Firenze, a Roma, 
a Napoli, altrove è oblio perfetto, noncuranza sacrilegii 
del sacro poema dell’oltretomba. Il Bouchard, benvoluto 
dal Peiresc, dal Gassendi, dal Chapelain, va ad ispirarsi 


1) Lettera del 4 marzo 1619, pubbl. dal Tàmizey de Laii- 
roque, Les Corre8pondant8 de Peiresc, II, 20. 

2) Nè mai rimembra Dante il Catel, nei due volumi del- 
VHwtoire des comtes de Toulouse, editi nel 1623. 

3 ) Il Bouche, ne\VHistoire chronologique de Provence, Aix, 
1664, II, 53, chiama sospetti e favolosi il Delbene e il Nos- 
tredame, benché del Nostredame assai volte si appropri i 
giudizi. 


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j Da Malherbe a Pierre Bayle 


35 


alle tombe di Virgilio e del Sannazzaro 1 ). Il lago di 
Avemo evoca in lui i ricordi delle discese a’ regni dei 
morti : « Virgile et bien devant luy Homère et tous ses 
grecs n’avoient pas si mauvaise raison quand ils out fait 
descendre leur Ulysse et leur Enée aux enfers par ces 
endroits ci » 2 ). Si fa eleggere « ozioso » fra gli « Oziosi » 
di Napoli ; dice meraviglie del Manso, bembista, « esti- 
mant qu’il faut suivre Pétrarque et Boccace polir bien 
esedre en italien »; ma ha in commiserazione la coltura 
del Mezzodì. Per P Amadigi i letterati van pazzi, ed i 
librai annunciano su gran cartelloni, all’angolo delle 
strade : « Qui si locano libri di cavalleria ». I più dotti leg- 
gon Tasso e il cavalier Marino, « qui étoient du pays. Pour 
d’autres livres ils n’en ont point de cognoissance, eteinq 
ou six à peine entendent le latin, cette noblesse-là imitant 
la nostre, qui tient à infamie de s^avoir quelque chose » 3 ). 


1) Pur le visita, nel 1655, Aerssen de Sommelsdyck, che 
descrive le impressioni sue, nel Voyage d’Italie, or dato in luce 
da L. G. Pélissier ( Sur quelques documents utiles pour Vhistoire 
des rapports mire la France et VItalie, negli Atti d. Congr. intcrn. 
di scienze stor., voi. Ili, ser. II, Roma, 1906, p. 44), interessante 
quanto il notissimo Voyage d } Fspagne . Soggiorna l’Olandese a 
lungo a Firenze, e mostra conoscere il Guicciardini (p. 57), « le 
plus ampie et le plus fidelle historien ». Assiste ad una masche¬ 
rata dell’Accademia fiorentina, in cui, verosimilmente, Dante 
doveva pur esser raffigurato (p. 60) : « Elle fit représenter les 
poètes grecs, latins et toscane tous montez à chevai ». — Visita 
la tomba dell’ Ariosto a Ferrara, ma non quella di Dante a 
Ravenna, Barbier de Mereurol ( Voyage d 1 Italie, tant par mer 
que par terre , cominciato nel 1667). Vedi C. Perrossier, Une 
cwriosité btbliograph. , nel Bullet. d’hist. ecclésiast. et d’archéol. 
relig, des diocèses de Valerne, Gap, Grenoble et Viviers, 1895, p. 77. 

2) Vedi L. Marcheix, Un parisien à Rome et à Naples 
en 1632, Paris, 1896, p. 105. 

3) Ricordi del Bouchard riferiti da L. Marcheix, p. 73. — 
Per altri rapporti dei letterati francesi coi lettorati d’Italia, 
a quell’ epoca, vedi le lettere del Dupuy, le pazienti indàgini 
di L. G. Pélissier, Les amis d J Holstenius, Paris, 1880, le Let- 
tres inédites d 1 Holstenius à Pierre et Jacques Dupuy, nella Mi¬ 
scellanea nuziale Rossi-Teiss, Trento, 1897, pp. 518 sgg. 


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36 Da Malherbe a Pierre Bayle 


Tra i più solarti compilatori di erudite miscellanee e 
zibaldoni, ghiottissimo di libri, trovi un corrispondente 
del Peiresc, Gabriel Naudé. La Commedia, « le plus docte 
d’entre les carmes » J ), è per costui vera e preziosa rac¬ 
colta di anticaglie, che agevolmente si consulta, ed offre 
date, e nomi, e frammenti di storica dottrina, a dovizia. 
Or si vale il Naudé, per i raffronti suoi, dell’originale 
italiano, or attinge, spedito, dalla traduzione del Gran- 
gier. Intento ad intrecciar fiori di sapienza, non ha nè 
piacere, nè senso per la poesia. Mette in un fascio poeti 
d’ ogni età e d’ ogni valore, « vieux et nouveaux Au- 
tbeurs ». Al presidente de Mesme consiglia di porre tra i 
suoi libri, oltre le Bibbie, « Bocace, Dante, Pétrarque 
en italien..., et aussi leurs meilleures versions Latines, 
Fran^oises, ou telles qu’on les pourra trouver» 1 2 ). Pone, 
una volta, il Petrarca alla testa de’poeti d’Italia, che 
chiama « prince des lettres de l’Italie » 3 ), ma, in verità, 
tanto potevan sull’animo suo i versi del Petrarca, quanto 
quelli, assai men soavi, di Dante. Piacevagli, narrando 
i fasti dell’Università parigina, rammentare come dalla 
Francia fossero usciti, forti di studi, « ces deux grandes 
lumières qu’ont cliassé les ténèbres et la barbarie, Dante 
et Pétrarque » 4 ) ; ed ha parole d’ elogio per le virtù 


1) Apologie pour tous les grands personnages qui ont estéfaus- 
sement soupgonnez de Magie, Paris, 1625, p 491. Una nuova edi¬ 
zione ampliata dell’ Apologie apparve ad Amsterdam, nel 1712. 

2) Advis pour dresser ime bibliothequc presentò à Monseigneur 
le President de Mesme, 2 a ediz., Paris, 1644, p. 41 (la l a ediz. 
è del 1627, l’ultima del 1876). 

3) Traicté des plus belles bibliotheques, I® Partio, Paris, 1644, 
p. 133. Anche nelle Epistolae di Gabriel Naudé, dove è gran 
sfoggio di citazioni dei classici antichi, di Virgilio e di Orazio 
particolarmente, il Petrarca appare più volte come grande 
autorità. 

4) Addition à Phistoirc de Louys XI, Paris, 1630, p. 175 
(unica opera del Naudé, citata dalPOELSNER, p. 80, e dal Bouvy, 
nelle scarsissime ed elementarissime notizie sulla Fortune lit- 
téraire de Dante en France, premesse al 2° cap. del volume 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


37 


ed il sapere eminente di Christine de Pisau, prima a fa¬ 
vellar di Dante ai Francesi, 

Costretto a scartabellare nella Commedia, per frugarvi, 
or questa, or quest’ altra notizia, malediva, sicuramente, 
in cuor suo, V età non matura ancora per gli indici e 
le bibliografie, validissimo sostegno agli eruditi degli 
aurei nostri tempi, guide dubbie ai meschini, di cor¬ 
tissima vista e di ottuso sentimento, fiacchi e sbadati 
lettori della Commedia, che han pur fama talora di 
esperti dantisti e dantofili. Quante altre peregrine cose vi 
avrebbe attinto il Naudé, qual fortuna per noi di imbat¬ 
terci in cento nuove citazioni dantesche ! Un trattato del 
Naudé è volto a difendere i grand’uomini falsamente so¬ 
spetti di magia. Dalla taccia fatale vuol salvare Michele 
Scotto, quello Scotto, che al dir di Dante, aspro ripren- 
sore d’ogni divinatrice follia, giudicata da lui sempre 
qual rea presunzione e pratica fraudolenta x ), « delle 
magiche frodi seppe il gioco ». Ma Dante, citato dal 
Naudé d’un fiato col « gentil Poéte » Folengo, qual 
pregio, che autorità poteva aver mai? Chi vorrà dar 
peso e valore alle stolte fiabe de’ poeti ? « Et pour ce 
qui est de l’authorité formelle de Dante et Merlin Coc- 
caie, elle ne peut rien conclure à nostre préiudice, puis- 
que ces deux Poètes ont tiré une telie narration de la 
bouche du vulgaire, pour en embellir et rehausser leurs 
Poémes ; et que Cicéron se mocque à bon droict de ceux 


Voltaire et VItalie, Paris 1898, p. 38). Allega il Naudé, in 
questo trattato, P autorità del Boccaccio, il quale lasciò scritto 
che Dante « chassé de Florence par la violence dos faotions 
noires et blanches, so retira à Paris », e forse la boccaccesca 
Vita di Dante era nota a lui, come a Guy Patin, dal compendio 
biografico di Papyre Masson. Anche di Sigieri, « cxcellcnt Phi- 
losophe », di cui « Dante lui-mème fait grand estime », è me¬ 
moria nell’ Addition. 

l) Completa le osservazioni del D’ Ovidio su Dante e la 
Magia, la memoria di P. L. Rambaldi, Il canto XX delV Inferno, 
negli Atti d. R . Accad. Virgil., Mantova, 1904; su Michele 
Scotto, vedi pp. 44 sgg. 


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38 Da Malherbe a Pierre Bayle 

qui velile» t premi re ce que discut le» Poètes pour (les 
asseuroz tesmoignages, parco qu’il y a bien de la dif- 
férence entre les conditions d’un Poòme et celles d’une 
Histoire?» *). La storia tende alla verità, la poesia al 
diletto. Ma allora, perchè affannarti cotanto, o critico, ra¬ 
cimolatore di storici fatti, insensibile ai diletti del verso, 
per cavare sugo di scienza da’ mendaci poeti ? 

Questo rimpinzar di nomi e di citazioni è mania del se¬ 
colo. E gli illustri dottori, somministratori e imbanditori 
di scienza, di storia e di erudizione, fanno a gara a chi più 
titoli imbranca, e più nelle carte ne rovescia. Legga chi 
vuole le elucubrazioni e divagazioni di uu amico del 
Naudé, La Mothe Le Vayer, e conti, se ha piacerete auto¬ 
rità allegate, nel saggio De la Verta de® Payens (1641) 
(vi figuran, tra altri, Leonardo Aretino e il Campanella). 
Ristampato una seconda volta quel saggio, nel 1653, le 
citazioni vi appaion cresciute, pressoché raddoppiate. Ma 
per il La Mothe Le Vayer non esiste Dante. Se fantastica 
del Limbo, e de’ Campi Elisi, Virgilio lo sorregge. Se 


1) Apologie cit., p. 498 dell’ediz. di Parigi, 1625. Col «com- 
mentaire su Dante » del Grangier, trovi citati, in questo eru¬ 
dito ed idropico zibaldone, intinite opere di autori italiani : 
Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Savonarola, Machia¬ 
velli, Guicciardini, Ariosto, Tasso, Giovio, Cardano, Beni- 
vieni, ecc. Stupisce che il Naudé, mosso a discorrere della 
miseranda fine di Pier della Vigna (grande e nobil figura che 
assediava la mente del poeta svizzero Conrad Ferdinand Meyer, 
negli anni suoi estremi), nel trattato, Science des princes ou 
considérations politiques sur les Coups d'Et ai, edizione di Pa¬ 
rigi, 1752, II, 344 sgg., non evochi Vlnfeì'no dantesco, e il 
giusto giudizio del sommo poeta, che singolarmente contrasta 
col giudizio suo proprio (II, 367) : « Tous ceux qui trahissent 
leurs maltres, méritent cotte punition, ou uno plus grande ». 
— Nessuna delle opere dantesche minori era nota al Naudé ; 
non poteva figurare quindi il De Monarchia, coi trattati politici 
del Pontano, del Campanella, del Boterò, nella Bibliographie 
politique da S r Naudé. Contenant les livres, et la methode, neces- 
8aire8 à estudier la Politique. Le tout traduit de Latin en Fran¬ 
cois, Paris, 1642. 


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Da Malherbe a* Pierre Bayle 


39 


ràgiona di visioni e di sogni (Du sommeil et des songes) 1 ), 
non gli entra, non gli può entrare nella mente la gran 
visione, il vivo sogno dantesco. Esisteva Dante per il 
medico Guy Patin, poligrafo come il Naudé, compila¬ 
tore e fabbricatore zelante di zibaldoni pur lui 2 ) ; ma era 
un Dante pescato ne’ repertori di curiosità scientifiche 
e bibliografiche, un Dante, che, nell’ Italia sua, « pa¬ 
tria diabolorum » rimava coll’ ingegno stesso del Folengo, 
« le vrai prototype de Rabelais », fabbro di versi più 
oscuri delle Maccheroniche, intessitore di storie, « assez 
difficiles à entendre », buono per far sudare i chiosatori, 
e cavar loro cavilli dal capo. 

Poneva il Patin, tra i « bons et excellens livres », la 
Difesa di Dante del Mazzoni 3 ), nota alquanto, almeno 
di nome, nella cerchia del Ménage. Aveva letto un tempo 
gli Elogi del Masson $ e dagli Elogi par vegli bene estrarre, 
non so in qual anno, una sua notiziuola biografica su 
« Dante Poéte Italien », dove è appunto l’allusione a 


1) Oeuvres de Francois de la Mothe Le Fayer, conseiller d J estat 
(2 a ediz.), Paris, 1656, Tomo II, e lo studio di Étienne, Essai 
sur La Mothe Le Vayer, Rennes, 1849. 

2) Vedi Perrens, Les Libertine som Richelieu, nella Rec, 
d’hist. littér. de la France , III, 563. Sulla bibliomania del Pa¬ 
tin vedi L. V uilhorque, Guy Patin, sa vie, ses ancétres.... 
(1601-1672), Beauvais, 1898, e il cap., Gouts de lecture de Guy 
Patin, del libro di A. Collignon, La Religion des lettres. Notes 
et réflexions d’un lecteur, Paris, 1896. 

3 ) Naudaeana et Patiniana ou singularitez remarquables, pri- 
ses des conversations de Mess. Naudé et Patin (2 a ediz.), Am¬ 
sterdam, 1703, p. 28. — Il citar Dante non entrava nelle 
abitudini degli eruditi, e indarno cerchi il gran nome, nelle 
sfilate degli illustri antichi e moderni delle einstole Patiniane. 
Vedi Lettres de G. Patin, nouv. édit. p. Revkillé-Parise, Pa¬ 
ris, 1846 (di un’edizione recente, Lettres de G. Patin, 1630-1672, 
curata da P. Triaire, non conosco che il 1° voi.). — I « plus 
excellens auteurs », per il cavaliere de Méré, p. es. (Let¬ 
tres, 1682, voi. I, ep. 179), sono: « Homere, Platon, Xenophon, 
Demosthene, Ciceron, Terence, Yirgile, PAriosto, le Tasse, ou 
raesme quelque bizarre Espagnol ». 


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40 l)a Maìherhe a Pierre Bayle 


quelle « storie », dure ad intendersi, e un cenno alla 
traduzione ed al commento del Grangier. Il poema dei 
tre regui altro non è che « ime satyre universelle », in 
cui Dante « drape tout le monde ». Per gli altri « plu- 
sieurs Traitez » danteschi, si rimanda al Masson. Dante 
nacque a Firenze nel 1265. « Il fut chassé de cette ville 
environ Pan 1301. Duraut cet exil il étudia à Bologne 
et vint aussi à Paris ». « Dante eut trois femmes suc¬ 
cessi veinent et n’a eu qu’un fils » *). 

w 

Cronisti e storici dissertali sul medio evo, l’età delle 
tenebre, giudicano delle contese fra Chiesa e Stato, senza 
curare la Commedia di Dante e l’ideal sogno del De Mo¬ 
narchia. Sdegna ogni allusione a Dante, Simon Vigor, 
consigliere di Sua Maestà - seguace delle dottrine del 
Duplessis-Mornay, acre ri prenditore degli scritti del Bar¬ 
clay, del Bellarmino, del Mariana - nel Différend d 9 entre 
le pape Boniface Vili et Philippe le Bel roy de France, 
ou Von voit ce qui passa touchant cette affaire, de 1296 
à 1311 1 2 ), e nei « Quatre Livres de Vestat du gouverne- 
ment de l’église » 3 ). E chi mai pensa a Dante, scrivendo 
sulle vicende d’Italia - come Pierre de Boissat faceva 4 ) - 
eie fazioni che dilaniaron Firenze, nel giro de’ secoli? 
Invano cerchi il nome del sommo poeta ne’ frequentis¬ 
simi cenni a cose letterarie fiorentine, ai ricordi degli 


1) Patiniana ou les bons Motsde M. Patiti, p. 87. L’edi¬ 
zione che ho innanzi non porta data. 

2) Uscì a Parigi nel 1613. Un’altra edizione data dal 1655. 
Vedi anche gli Acta inter Bonifaeium Vili et Philippum Pule . 
Regem, Paris, 1614. 

3) La l a ediz. uscì a Troyes, nel 1615. Io non vidi ohe 
la 2 a , Troyes, 1621. 

4) Le Brillant de la Boyne ou Les Vies des hommes illustres 
du nom de Medicis , Lyon, 1613. Il Boissat ha sovente in bocca 
(pp. 22 sgg.) il « cornine dit Homère ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


41 


umanisti e poeti (Poliziano, Lorenzo de’ Medici, il Me¬ 
nila, Ermolao Barbaro, Leon Battista Alberti, ecc.), che ' 
riempion le carte degli « Aneddoti di Firenze » del Va- 
rillas, amico del Ménage *). Sorprende quindi di trovar 
un ricordo a Dante, « l’un des plus rares esprits de son 
temps », nell’ Abrégé chronólogique de Vhntoire de France 
del Mézeray 1 2 ), stimato assai nel ’600, e spregiato poi 
dal Thierry, e da altri storici recenti. 

Ma a questo ricordo, suggerito, cred’io, dalle Bicerche 
famose del Pasquier, è congiunto ancora il risentimento 
per l’ingiuria lanciata al figlio del «beccaio», e fondatore 
della stirpe de’ Capetingi. Dante, rarissimo spirito, « qui 
estoit de la faction des Blancs, quoy que d’ailleurs il 
fust Guelfe, se trouva du nombre des bannis et ne put 
jamais se faire rappeler. Il s’en prist au comte de 
Valois, qui n’avoit pas empesché cette injure, et essaya 
de s’en venger sur toute la maison de France, par un 
cruel trait de piume, qui sans doute auroit fait impres¬ 
si on dans la postérité, si elle n’avoit des preuves plus 
claires que le soleil qui dissipent cette calomnie » 3 ). 

¥ 

Se i critici, d’altra levatura de’ poligrafi, mettono 
artistico intendimento nelle loro ricerche, agli albori del 


1) Le8 Anecdotes de Florence ou VHistoire secrète de la mai¬ 
son de Medici8, La Haye, 1687. Vedi particolarmente il 4° ed 
il 7° libro. 

2) Non ho tra mani che l’edizione del 1668. Vedi voi. Ili, 
p. 490. 

3) Questo giudizio del Mézeray riappare, con leggerissime 
varianti, nell’articolo su Dante del Dictionnaire del Moréri 
(ediz. del 1681): « 11 s’en prit au Comte de Valois, qui n’avoit 
pas empèché cette irgustice; et il essaya de s’en venger sur 
toute la maison de France, en parlant très-mal de son ori¬ 
gine, dans ses écrits. Ce qui auroit fait sans doute impression 
dans les esprits, si des preuves tres-claires et tres-authenti- 
ques ne dissipoient cotte calomnie malicieuse et impertinente ». 


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42 


Da Mal herbe a Pierre Bayle 


gran classicismo, hanno la mente ingombra di regole e 
di precetti. Araldi del bello, Aristoteli e Scaligeri no¬ 
velli, predicano definizioni, divisioni, distinzioni, limiti, 
unità e proprietà ; danno ai vari generi rifugio nelle 
loro caselline dorate ; badano a scindere nettamente, a 
collocare, con compostezza, con ordine e misura. T’ac¬ 
corgi d’ essere ormai nel regno della ragione, del buon 
senso, dell’infallibil gusto. Tutto è chiarezza, luce di pieno 
meriggio. Ogui stravaganza ed eccentricità è bandita. Clia- 
pelaiu è nato, è cresciuto; entra in campo, forte di studi, 
ben agguerrito di norme sagge, e si fa, a sua volta, pas¬ 
sato il regno di Malherbe, legislatore de’ poeti. 

La sua critica, tutta condita di senno, s’impone; e gli 
inchini al grand’uomo si moltiplicano. Benché si con¬ 
fessasse ancora « sans noni, sans autorità, sans consi- 
dération dans le monde », gli incombon di gridare ai 
quattro venti la gloria del Marino, che gli aveva letto 
VAdone, e bramava or stamparlo e divulgarlo. E lui, co¬ 
stretto a metà « à paranympber et porter dans les cieux » 
il cavalier di Napoli, scrive, nel 1621, la prefazione fa¬ 
mosa *), assai elaborata. Accarezza, come può, il Cha- 


1) Ristampata, ultimamente, e corredata da uno studio di 
E. Bovkt, nel volume di onoranze ad H. Morf, Am roma- 
nischen Sprachen und Littcìaiuren, Halle, 1905, pp. 1 sgg. Non 
ripeterei io però, col Bovet (p. 7), che al Chapelain spetta il 
merito « d’avoir introduit le franyais dans un domarne jus- 
qu’alors réservé au latin : la critique littéraire ». Panui im¬ 
propria P affermazione (p. 23): « On peut dire sans hésiter 
que Chapelain possédait à fond la littérature italienne, mieux 
que quiconque en Franco, et mieux que plusieurs (!) en Ita¬ 
lie »; inopportuna e vuota la frase (p. 17): « On peut trouver 
cet idéal (P ideale della ragione e della logica) beaucoup trop 
étroit.... il n*en a pas moius produit de grande» choses, par 
oxemple la Révolution fran^aise »; nò intendo perchè sieno 
qui latinizzati ancora i nomi dei precettisti italiani, notissimi: 
il Maggi, il Lombardi, il Vettori, eec. Il Majoragius, citato 
dal Clnqjelain, ignoto al Bovet (p. 26), è Marcantonio Maio- 
ragio. I suoi commenti ad Aristotele (In 3 Jrtitotelis libros 
de Arte Uhetorica Explanationes, Venezia, 1572, ecc.) facilmente 


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Da Mal herbe a Pierre Bayle 


43 


pelain l’amico suo, « grand hornine», « rare esprit », « su¬ 
blime esprit »; enumera ad una ad una le perfezioni di 
quel suo modello d’epopea3 e loda, massimamente, e, 
convien dire, anche sinceramente, le descrizioni sparse, 
tutte bellissime, tali da dover dubitare « qu’il en soit 
jamais tombé de pareilles en entendement humain ». Ma, 
se ben guardi, il Marino e l’Adone non sono qui che un 
pretesto, per metter fuori, con bell’ordine ed eloquenza, 
la bella dottrina acquisita, e lanciare alle genti il vangelo 
estetico del critico novello. Gli esempi addotti nella pre¬ 
fazione dimostrano luminosamente che al Chapelain Dante 
era ancora ignota sfinge. Nè, conoscendolo, avrebbe fatto 
buon viso al ruvido e scabro poema, il giovin purista, 
che si deliziava della lingua del Marino, di quell’eloquio, 
o « dizione », « si pure en lui, si toscane, si choisie 
et si prégnante, qu’il n’y eut onques poète, en qùelque 
idiome que ce soit, qui efit ce don plus accompli que 
lui », di quello stile che, « soit en douceur, soit en gra- 
vité, soit en boutade^ vraiment poétiques, n’a point de 
pareil ». 

Ebbe presto il Chapelain domesticità grande cogli scrit¬ 
tori ed eruditi d’Italia piu in voga. I maligni dicevano 
ch’egli vantavasi di saper meglio l’italiano degli Italiani 
stessi x ). In realtà, il Chapelain confessava di aver colti¬ 
vato quella lingua, unitamente collo spagnolo, per lunghi 
anni (« depuis vingt ans », lettera del 1632). In tarda 


potevano consultarsi alla Biblioteca di corte di Monaco. Altro 
critiche, ben più rilevanti, al lavoro del Bovet fece il mae¬ 
stro suo e mio H. Morf, nell ’Archiv f. d. Stud . d. roman .. 
Sprach . u. Litei\, voi. CXV, fase. 3-4. Leggasi puro un ar¬ 
ticolo di F. Picco, Chapelain e Marino, nel Fanfulla d. Do¬ 
menica, XXVIII, n. 14. 

l) Tallemant des Réaux, HÌ8toriette8, ed. Monmerqué, 
II, 415. All’apparire della Pucelle, il Tallemant sorride mali¬ 
gnamente (Histor., II, 411) t « Pour moi, je suis épouvanté 
d’un si grand parturient montes; après cela prenez les Italiens 
pour maltres ; allez vous instruire chez ces messieurs ». 


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44 Da Malherbe a Pierre Bayle 


età, rimembra le letture sue « dea sbavane italiens que 
j’ay assés feuilletés qu’Aristote, pour le regard de sa 
‘ Poetique ’ »; e, già nel 1633, discorreva commosso del 
conforto che soleva trarre dai libri italiani migliori. « J’en 
parie avec quelque connaissance et syay l’extrème sati- 
sfaction que j’ay trouvée, en mille rencontres de trou- 
bles et de douleur, dans la lecture de ces autbeurs, qui 
ont traitté excellemment toutes les Sciences » 1 ). 

Le Muse italiche gli largiron favori. Voci del Tasso, 
del Guari ni, del Marino, del Bracciolini, del Bonarelli 
riecheggiano nelle sue rime, talor nelle prose altresì. Se 
veramente leggesse qualche frammento di Dante, dieci 
o vent’anni dopo composta la prefazione all 1 Adone, non 
saprei dire. Era ormai facile attingere questo o quest’al- 
tro verso della Commedia, un cenno agli episodi più noti, 
negli scritti d’erudizione che pullulavan dovunque, nelle 
dispute degli accademici d’Italia. Dante poteva citarsi, 
senza leggere, senza aprire il sacro volume; e Chapelain 
poteva chiamare Aristotele in un’ epistola sua, del lu¬ 
glio 1638 (Lettres, I, 269), « il maestro di color che 
sanno », senza aver presente la filosofica famiglia, rag¬ 
gruppata attorno al maestro, nel limbo dantesco. Pure 
è da ammettersi che, avanzando l’onda degli anni, uno 
sguardo fuggevole gettasse il Chapelain alla Commedia, 
per curiosità, se non altro, e per attinger fatti del tempo 
andato, come solevan fare altri contemporanei. Sul chiu¬ 
dersi del 1646, scrive il dialogo De la lecture dee vieux 
romans, che dedica al cardinale Jean-Fran^ois Paul de 
Gondi, e vi mette, pensando all’ epoca in cui il Tristan 
dovè scriversi, un ricordo vago, vaghissimo dell’episodio 
di Francesca. Di Lancillotto, di Tristano, di Galeotto e 
delle lontane isole, dice, aveva favellato il Boccaccio 
già da 300 anni. « Il y en a près de trois cent cinquante 


1) Lettres de Jean Chapelain, ediz. di Ph. Tamizey de Lar- 
roque, Paris, 1883, I, 21 ; II, 815 ; I, 55. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


45 


que le Pétrarque a parlé d’eux et de leurs aventures, 
coiuine de songes et de rèveries. Plus de trente ans avant 
lui le Dante allègue Lancelot, comme ayant donné sujet 
à un éyénement tragique, qui, selon son compte, ne de- 
voit pas ètre arrivé trop fraichement » x ). 

L 1 Eneide sua, la Pmélle non reca traccia di una let¬ 
tura di Dante. Che avrebbe potuto apprendergli il vi¬ 
sionario poeta, che non sapeva di regole, e metteva 
di tutto in una mostruosa epopea, e, nell’altro mondo, 
nel poetico suo sogno, si traeva seco le passioni più tor¬ 
bide e procellose? Nella « purgation des passions vicieu- 
ses», consiste l’utilità della poesia, ammoniva il primo 
manifesto del Chapelain ; ed è ben chiaro che « cet effet se 
tire plutòt de celles qui ne sont point troublées ni brouil- 
lées, que de celles qui le sont ». Omero medesimo, incen¬ 
sato da tutti, non sembra al Chapelain modello da seguire. 
Son opere sbagliate l’Iliade e l’Odissea. Se qualcosa vi si 
può ammirare, non è già il contenuto poetico, bensì il 
sapere, la gran dottrina che vi è diffusa. « Je respecte 
néamnoins l’antiquité d’Homère », dice il Chapelain, nel. 
prosaico preludio alla Pucelle, « et reconnois ingénument 
que, dans le détail de ses ouvrages, il y a de semences 
d’astronomie, de géograpliie, d’art oratoire et de philoso- 
pliie mesme qui témoignent de l’excellence de sa doc- 
trine ». Tutte queste eccellenti cose il Chapelain poteva 
trovarle, e in copia ancor maggiore, nella trilogia dan¬ 
tesca. Determinato a « poétiser à la chétienne », rifà il 
lavoro di cristianizzamento di Virgilio, compiuto dal 
grandissimo discepolo fiorentino, sprezzando, o meglio, 
ignorando il genial predecessore ; passa, con leggerezza 
intrepida, dal meraviglioso pagano al meraviglioso cri¬ 
stiano, ed offre un Inferno ed un Paradiso, di virgiliano 
colore e sapore. Una definizione sua della Trinità, nella 


1) De la lecture des vieux romane par Jean Chapelain , « publié 
pour la première foia avec des notes », par A. Feillet, Pa¬ 
ris, 1870, p. 7. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 

visione delle celesti sfere (lib. I, p. 10 dell’ediz. di Pa¬ 
rigi, 1656) parve a taluni ricordare la potenza descrit¬ 
tiva dantesca, e fu paragonata alla scritta famosa sulla 
porta de\VInfei'no : « Une Triple Personne en une seule 
Essence, | le suprème Pouvoir, la suprème Science j et 
le suprème Amour, unis en Trinité | dans son régno 
éternel forment sa Majesté » x ). 

Vecchio, cadutogli di mano lo scettro della critica, 
che stringeva con mano più. possente il Boileau, vinto 
in dottrina dal Ménage 1 2 * * ), è ancor consultato da altri 
legislatori di belle lettere. Attraverso il suo cervello, il 
Rapin amava talora riflettere sui principi della poesia 
e sugli aristotelici precetti. Chi aveva ideato e creato 
una Pucelle poteva stimarsi arbitro de’ destini dell’epo¬ 
pea, pretendere che all’ epica Musa non fosse fatta in¬ 
giuria e violenza. Or non avrebbe più chiamato il Chape- 
lain VAdone « oeuvre sans reproche », il miglior poema 
nel suo genere, provvisto, mercè il nome del Marino, del 
suo « inviolable passeport ». Un’ epistola a Daniel Huet, 
del 1662, riduce il « sublime esprit » a un « bel esprit et 
beau parleur ». L’ Adone avrà particolari « ridenti », pit¬ 
ture deliziose, ma, in sostanza, non è che mare senza 
fondo, e senza spiaggia. Undici anni dopo, dice del Ma¬ 
rino che all’ arte pensò solo dopo aver composto V Adone : 
« il était fort ignorant et n’avait que l’imagination belle 
pour le détail des pensées, et l’expression pure, nom- 
breuse et claire pour le lyrique principalement». Del Ron- 


1) Delaporte, Du merveilleux dans la littérature frangaise 
sous le règne de Louis XIV, Paris, 1891, p. 256. Dovevasi ri¬ 
cordare piuttosto l’inno di gloria alla Trinità, che s’intona 
nelle fulgide sfere del Paradiso dantesco, pur ignotissimo al 
Chapelain (XXVII, sgg.): « Al Padre, al Figlio, allo Spirito 
Santo | cominciò * gloria ! 7 tutto il paradiso, j sì che m’ineb¬ 
riava il dolce canto ». 

2) Lo chiama, in una lettera ad Ottavio Ferrari, del 20 apri¬ 

le 1669, « le plus vain, le plus presomptueux et le plus pla- 

giaire des hommes » ( Lettres, II, 638). 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


47 


sard, autore della Franciade, aveva sentenziato nel ’40 : 
« Ce n’est qu’un magon de poésie et il n’en fut jamais 
archi tecte, n’en ayant jamais connu les vrais principes 
ni les solides fondements sur lesquels on batit en su- 
reté ». 

I dottori d’Italia, letti e riletti, il Trissino in particolar 
modo, «le premier poète italien qui fit voir que l’art poéti- 
que ne lui étoit pas nouveau », avevan guasto il capo al 
Chapelain, e reso ottuso alquanto l’intendimento. Mu¬ 
ratore, non architetto della poesia sembrerà a lui Dante, 
quanto il Ronsard; e Chapelain, anticipato Voltaire, nella 
critica sua « dantesca », scriverà al Rapin, in un’ epistola 
del ’73 ( Lettres, II, 816), che il Petrarca, autore del- 
VAfrica, non conobbe mai le regole del poema epico, « et 
beaucoup moins le Dante..., dans son poème si estimé 
à Florence, bizarrement intitulé Coniédie.... Le Dante 
n’a pas seulement le soupgon du poéme épique qui con¬ 
siste tout dans l’action. Son ouvrage est un voyage en 
songe plein de satyre et de matière morale et chrestienne 
avec beaucoup de doctrine et de beaux vers ». 

Imaginavasi il brav’uomo aver eretto, coll’opera pro¬ 
pria, con arte sapiente, un tempio, a basi incrollabili, per¬ 
fetto nelle forme, inondato di luce, senza più l’ ombre 
lugubri de’ tempi gotici, già allora abborriti 1 ). Questo 
suo edifìcio posava su terra d’argilla ; e vacillava, e scre¬ 
polava d’ogni parte, eretto appena. Con un’aria di pietà 
lo guarda il Boileau. Il Voltaire sogghigna, con mefisto¬ 
felico compiacimento, all’opera, che gli par grottesca, 
lugubre, « gotica » ancora; e lancia al Chapelain, già 
ben sepolto, il suo vituperio: « 0 Chapelain, toi dont 


1) La caccia al « gotico » era gridata, con forte voce, dal 
Chapelain. Più innanzi vedremo come l’orrore per il « gotico » 
portasse al disprezzo per la Divina Commedia. Al marchese di 
Seignelay, che viaggiava in Italia, nel 1671, sembrava « d’un 
goùt barbare » la cattedrale di Pisa, e spregevole San Marco 
a Venezia, perchè « tout à fait gothique ». 


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48 Da Malherbe a Pierre Bayle 


le violon | de discordante et gothique mèmoire, | sous 
un archet maudit par Apollon, | d’uu ton si dur a radè 
soli liistoire » x ). 


Si trastullavano frattanto in Fraucia, co’ trastulli e 
sollazzi poetici d’Italia, i letterati più colti e di maggior 
grido nelle elette società del tempo. Il Balzac ha un 
bel schermirsi, e sentenziare, nel 1639: « ce n’est pas 
à dire qu’il suffise d’estre Italien, polir estre Dictateur 
de la République des Lettres » 1 2 ) - il verbo sacro, a’ vati, 
ai versificatori e sapienti dottori giungeva pur sempre 
dalla nazione, che il Balzac stesso chiamava « la spiri- 
tuelle e l’éloquente Italie » 3 ), reputando invidiabilmente 
felice colui che, respirata « l’air de Florence », « colo¬ 
ratosi » « au soleil de Rome », tornava poi « nouvelle- 
nient du pais natal de la Rliétorique » 4 ). Letta VEneide, 
sbiaditamente tradotta da Annibai Caro, ha uno slancio 
di ammirazion folle per la favella d’Italia, e un grido di 
commiserazione per la propria : « la nostre me fait pitié ». 
Le epistole, dotte e ornate, scritte, non per sfogo del- 
1 ’ anima, ma per desiderio di fama e di gloria, si semi¬ 
nano di citazioni ; recan fiori e fiorellini, tolti ai giardini 
d’Esperia. 

Cogli scritti de’ cinquecentisti d’Italia, più stimati e 
ricercati, si riversan sulle terre di Francia gli scritti 
de’ contemporanei. E se talvolta capita al Balzac (nel 
1640) di rimandare « le catalogue des Livres italiens », 
coll’osservazione: « je n’ai rien veu qui vaille », nel 
più de’ casi la messe raccoltavi è copiosa, e preziosissima 


1) Vedi P. Brun, Jean Chapelain, nella Rev. d’hist. littér. 
de la France f IX, 608. 

2) Lettres familieres de M, Balzac, Paris, 1659, p. 191. 

3) Lettres choisies , Amsterdam, 1656, p. 284. 

4 ) Lettres choisies , p. 9. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


49 


agli scopi suoi. A legger le sue lettere, parrebbe ch’egli da 
Virgilio e dagli autori d’Italia cavasse essenzialmente il 
suo nutrimento vitale. Voi ture, per conto suo, predili¬ 
geva gli autori di Spagna. Vi si ragiona del Petrarca, 
del Boccaccio, del Tasso, del Bembo, d’Aldo Manuzio, 
del Sadoleto, del Ruscellai, del Della Casa, delGuidiccioni, 
dell’Aretino, dell’Ariosto, le cui commedie son preferite 
al Furioso. Vi si esaltano i pregi d’Annibai Caro - a cui pur 
s’ ebbe ad ispirare il Voiture - del Marino, del Testi, del 
Cardinal Bentivoglio, del Davila. Si seguono, si ripren¬ 
dono le diàpute degli accademici d’Italia, violentemente 
dibattutesi un dì, le polemiche fra il Caro e il Castel- 
vetro («je suis bien avant dans la Querelle d’Annibai 
Caro », 1640) 1 ); si discuton precetti di stile e di lingua, 
« sposizioni » e sottigliezze ; s’interrogano lo Scaligero, 
Pietro Vittorio, lo Sforza Pallavicino medesimo. Leg¬ 
geva il Balzac i dialoghi di Speron Speroni, e non è 
dubbio che s’imbattesse più volte nel nome e nei versi 
di Dante. Castelvetrista convinto, benché dichiarasse non 
esser lui « grammairien dominant, comme Castel vetro », 
avrà pur letto nella Poetica gli elogi e le censure a Dante, 
senza conoscere la sposizione ai 29 canti dell ’Inferno dan¬ 
tesco, senza legger sillaba del poema di Dante, « grande 
et magnifico » 2 ). 

Sacerdote che bada a tener viva la sacra fiamma del 
purismo, il Balzac non s’affeziona che agli autori più ca¬ 
stigati e corretti. Si chiederà, prima di leggere un ignoto 
scrittor d’Italia: « Sa langue est-elle pure 1 ? » 3 ). « Je ne 


1) Su questa polemica violentissima, vedi D. A. Capasso, 
Note mitiche sulla polemica tra il Caro e il Castelvetro, Na¬ 
poli, 1897. 

2) Vedi Franciosi, Di Lodovico Castelvetro come espositore 
della Divina Commedia , nell’ ediz. delle Sposizioni, in Memorie 
della R . Accadem. di Modena, 1885 ; M. Barbi, Della fortuna 
di Dante nel secolo XVI, Pisa, 1890, p. 281 ; A. Fusco, La 
poetica di L. C. f Napoli, 1904, pp. 124 sgg. 

3) Lettres .... à Chapelain, Paris, 1659, p. 243. - Spiacemi 


4 — Farinelli, Voi. II. 


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50 l>a Malherbc a Pierre Bayle 


suis pas 8i grec à Florence », assicura una volta, « que 
je puisse voir FAtticisine d’Annibai Caro ». Del Caro, 
« admirable Italien », a giudizio del Chapelain, piace- 
vagli sommamente la traduzione deWJjhieìde. Soleva dire 
doversi giudicar da essa dell’ ingegno del traduttore, « et 
de la beauté de sa 1 angue ». Ne’ versi del Caro vedeva non 
so quale « grandeur modeste ». I versi del Marino gli raf¬ 
figura van invece « les débauelies, le luxe et la profusion 
de Néron » (1638). Spiriti leggeri, mobili, briosi, vivaci, 
intenti a metter grazia e leggiadria in ogni scritto, Bal- 
zac e Volture, artefici della parola vagliata, non hanno 
la fronte solcata dal pensier grave e increscioso. L’eterno, 
l’infinito non li scuotono. Eppur s’imaginano di lavorare 
per 1’ eternità. « J’écris », scrive il Balzac al Boisrobert, 
nel ’24, « de la méme sorte qu’on bàtit les temples et 
les palais ». 

In questi tempi, in questi palagi, non v’è nicchia alcuna 
per Dante, pietrificato. Vedete il Conrart, protettore, 
mecenate degli studi, allinear negli scritti, con candore 
e compiacimento, le sue schiere d’autori italiani *), ri¬ 
versare, nella biblioteca sua, magazzini di libri, che gli 
giungon dal bel paese. Ognuno l’ammira; gli fa onore 
ognuno. Attorno a lui si stringono, riverenti, i dotti. 
I libri d’Italia si smerciano, si prestano, non poltriscono 
negli scaffali. L’orgia delle esotiche letture dura lunghi 
anni. « Dans toutes nos affaires de livres votre cabinet 
sera toujours notre demier tribunal », scriveva al Con- 


non conoscere ancora uno studio di H. Vogler, Die literar- 
(jeachichtlichen Kenntnisse und Urteile dee Jean-Louis Guez de 
Balzac, Kiel, 1906. 

l) A. Bourgoin, Valentin Conrart et son temps, Paris, 1883, 
p. 132, assicura che, per compiacere il Conrart, « pour lui 
faire la court.... Balzac parsemait ses écrits des pensóes » degli 
scrittori d'Italia. Maynard scriveva al Conrart ( Lettre* du Pré- 
sident M., Paris, 1653, p. 582): « je lis tous les iours dans 
Ronsard, Desportes, Malherbe et Ics meilleurs Livres Espa- 
gnols et Italiens, dont toute la Franco s^ait que vous enten- 
dez parfaitement les langues ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


51 


rart l’amico Balzac. Non mettiamo oggidì più passione 
nelle ricerche nostre, di quanto ne mettevano quei va¬ 
lentuomini nelle esplorazioni loro. Se il Conrart pos¬ 
sedesse un esemplare della Commedia non saprei dire, 
ma certo nessuno gliel cercava, e non un verso vi leggeva 
egli stesso. Tra i tesori accumulati, trovi le cronache 
del Villani, V Alceo del Dall’ Ongaro, le opere del Savo¬ 
narola, del Vasari, di Angelo di Costanzo, dell’Ariosto, 
del Bracciolini, del Balducci, del Borghini, del Testi, 
del Chiabrera, del Preti, di Scipione Enrico, del Bentivo- 
glio, dell’abate Guastalla. Fa specie che alcuna briga 
costasse l’acquisto della Poetica del Castel vetro, « fort 
rare icy» l ).'Veri prenci della poesia erano, nel concetto 
del Conrart, il Petrarca e il Tasso. Chi poteva egua¬ 
gliarli nella dolcezza e melodia del versò? Il Conrart 
ne è pazzamente innamorato. Son gli autori ch’ei cita a 
preferenza, nelle lettere. Son giardini - è sua l’imagine - 
di incantevole olezzo. De’loro « tulipes », e « fleurs 
d’orange », « de leur jasmin », vorrebbe ornare le aiuole 
proprie. « J’y melerai quelquefois de leurs marguerites 
et de leurs pensées ». E il Balzac, per compiacere l’amico, 
intesse di questi fiori le sue ghirlande : « je me retran- 
che aux ròses et aux oeillets de vos grands aniis, le Pé- 
trarque et le Tasse, dont les couleurs sont si vives et 
l’odeur si bonne » 2 ). Altre opere ricercate dal Conrart: 
le Lezioni del Varchi, le orazioni del Salviati, le pole¬ 
miche della Crusca e dell’Anticrusca, i discorsi delle 
Accademie in voga, gli scritti del Magalotti, del Dati, 
massimo difensore di Dante, nel seicento, le miscellanee 
del Ménage, recavano, in copia, allusioni, lodi e censure 
a Dante 3 ). Non ci avrà badato il Conrart, che non volle 


1) Vedi René Kerviler, Valentin Conrart. Sa vie et sa cor - 
respondance , Paris, 1881, p. 382 ; 401. 

2) Kerviler, V. Conrart, p. 10. 

3) Ai tempi del Conrart era pur comparsa un’edizione no¬ 
vella dell’ opera massima del Pasquier, Les Becherches de la 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


porre mai Dante tra le glorie del suo Parnaso ideale. 
Nè è probabile che nelle miscellanee sue manoscritte, 
copiosissime, perse in parte, e in parte disperse, negli 
appunti ed estratti di poeti e scrittori, sepolti nell’ « Ar- 
senal » parigino x ), fonti ancor poco esplorate per la 
storia delle lettere di Francia del’600, vi sia un cenno, 
un ricordo al grande Fiorentino obliato. 

Gilles Ménage era ancora alle sue prime prodezze - nella 
prima metà del secolo - che già fanno a lui coro i dotti 
di Francia, e già ne imitano lo sbocconcellare de’ poeti 
d’Italia, per nutrire le erudite compilazioni, i libri di 
critica, di estetica, di grammatica, di filologia, le me¬ 
morie, le apologie, i trattenimenti, che a que’ tempi 
avevan vita, ed or sono tra i rottami dell’ erudizione, 
dissotterrati dai poveri critici, per rifare o ricostruire, 
come si suol dire, l’ambiente. Si accarezzano, si incensano 
a vicenda i sapienti, fedeli agli stessi idoli. Lodava il 
Balzac nel Costar (1644) 2 ) le « grandes et belles connois- 
sances.... S’il visoit à la gioire, et qu’il eust l’ambition de 
quelqu’un de nos amys, il laisseroit les plus estimés der- 
rière luy » ; e il Costar, a sua volta, saluta l’amico (1653), 
imbrancando e variando l’apostrofe che Dante fa al mae¬ 
stro suo Virgilio : « Non se’ tu quel Balzacio, e quella 
fonte, | che spande di parlar sì largo fiume?» 3 ). 


France. Augmentées en eette dernière édition de trois livres entiers, 
Paris, 1643. 

1) Sono una quarantina di volumi circa, che io, stretto dal 
tempo, ne’ miei soggiorni a Parigi, non curai di esaminare. 
Vedi Recueil Conrart. Dépomllement du R. C. de la biblioth. de 
VArsenal, nel Cabinet historique , voi. V-XXII, e H. Martin, 
Catal. des Manuscr. de la Biblioth. de VArsenal , IV, 110-305; 
V, 231-393. 

2) Lettres de Jean-Louis Guez de Balzac , pub. p. Ph. Tami- 
zey DE Larroque, Paris, 1873, p. 579. 

3) Les Entretiens de Fen Monsieur de Balzac, Leide, 1659, 
p. 34. L’apostrofe dantesca, frequentemente ripetuta in Fran¬ 
cia, a’ tempi dei romantici, appare nelle Mescolanze di Egidio 
Menagio, ed. di Parigi, 1678, p. 366. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


53 


Fonte di loquela, « bouche à douze fontaines, qu’on 
donna autresfois à un Poéte Grec », che poteva ancor 
desiderare Messer Balzacio ? Il Costar, che finì arcidiacono 
e curato i dì suoi, nel 1660, s’illudeva infatti che il 
Balzac potesse esser per lui quel che Virgilio per Dante. 
Attinge a quella fonte, or all’una, or all’altra delle 
dodici bocche. Ha del Balzac i medesimi gusti, le me¬ 
desime predilezioni. È invaso dallo stesso furore di let¬ 
tura. Ama gli autori d’Italia. Nè a noi può importare 
a quali illustri egli più s’inchini x ), quali nomi egli ri¬ 
peta con maggior frequenza. Non suppone per necessità 
gran perizia delle lettere italiane, l’innestar dovunque 
i versi più dolci nella più dolce delle umane favelle. 
È un vezzo del tempo, un lusso che, con poca fatica 
e con poco studio, molti si posson concedere. Quello che 
nei Costar sorprende è il ripetersi di alcune citazioni 
dantesche. Dove le apprese? Era lui tra’ pochi che di- 
sponesser di un Dante, e lo scartabellassero per cavarne 
sugo alle storiche miscellanee? E chi dice vagli che Dante 
era poeta da doversi tenere in qualche conto? Sicura¬ 
mente, i primi saggi del Ménage avevano influito su di lui. 
Al Ménage indirizza il Costar la Suite de la Défense dee 
Oeuvres de M. de Volture 1 2 ). «Et vous Monsieur », gli dice, 


1) Piaceva al Costar, come a Saint-Amant, la Secchia del 
Tassoni ; nè poteva accorgersi che alcuni brani del poema ten¬ 
devano a parodiare la Commedia. Pur note erano al Costar e 
ad altri Francesi di quel tempo le Considerazioni del Tassoni, 
in cui trovi specchiate le antiche dispute sulla natura del 
poema di Dante (Vedi O. Bacci, Le Considerazioni sopra le 
rime del Petrarca di A. T., Firenze, 1887; Foffano, La cri¬ 
tica letteraria nel secolo decimosettimo f in Ricerche letterarie, Li¬ 
vorno, 1897). Sepolte ancora erano le postille miserevoli del 
Tassoni alla Commedia , scritte nel 1622, edite poi dal Fiac- 
cadori, su cui vedi G. Rossi, Studi e ricerche Tassoniane , Bo¬ 
logna, 1904 (Lo studio di Dante in Alessandro Tassoni ). 

2) La Défense des ouvrages de Monsieur de Volture, dedicata 
al Balzac, apparve a Parigi, nel 1653, la Suite della Défense, 
due anni dopo, pure a Parigi. Vedi p. 61. 


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54 Da Mal/terbe a Pierre Bayle 


« ne m’avez-vous pus appris en la Préface de vostre 
Aniyute, (pPentre Ics Poctes Italiens on estimo l’éru- 
dition de Dante, la doueeur de Pétrarque, la gravi té de 
Casa, la faeilité de l’Ariosto, la pureté de Bombe, la 
gentillesse d’Aunibal Caro, eoe.?» Quest’erudizione di 
Dante, veduta e stimata attraverso l’erudizione del Mé¬ 
nage, induce il Costar qualche . volta a torre consiglio 
dalla Commedia, per chiarire qualche dubbio, per com¬ 
provar l’uso d’alcune rare espressioni, e combattere, e 
confondere all’ uopo gli avversari. Lo soccorre la terzina 
del Paradiso (IX, 70): « Per letiziar lassù folgor s’acqui¬ 
sta | sì come riso qui; ma giù s’abbuia | l’ombra di fuor, 
come la mente è trista », citata nell’originale, e senza 
spropositi x ), per confermare quanto altre volte aveva 
espresso sul corrispondere del riso di quaggiù alla luce 
del cielo. Trovi Dante, citato come autorità, accanto a 
Plinio e ad Eliodoro : « Dante vous apprend, que le ris 
et la joye des Bienheureuses àmes, c’est la lumière, et 
que leur splenderne s’augmente, quand elles ont quelque 
nouveau sujet de contentement : au lieu que celles des 
Damnez s’obscurcissent et se couvrent de ténèbres, à 
proporti on des déplaisirs qui leur arrivent ». Delle 
« cibavi del cor », che serrava e disserrava soavi la 
donna del Petrarca, il Costar favella in una lettera a 
M. de Heurles ; e ben era da attendersi eli’ egli delle 
chiavi « del cor di Federico » si sovvenisse, tenute dal 
suicida Pier della Vigna, posto da Dante nell’aspra selva 
del secondo girone del suo Inferno 1 2 ). 


1) Apologie de M r Costar à M. Menage, Paris, 1657, p. 340. 

2) Apologie , p. 381. - Può stupire che il Costar non si sov¬ 
venga di Dante, in Mémoire des Gens de Lettres célèbres des 
pays étrangers (inserito nella l a parte del 2° tomo della Con - 
tinuatìon des Mémoires de littérat. et d’histoìre di Salengre, Pa¬ 
ris, 1726) ; ma pare che qui avesse solo in vista i poeti e i 
letterati moderni. Divinizza il Tasso nelle Ijettres (Paris, 1658), 
come divinizza Virgilio, e oblia Dante. - Ignoro se conoscesse 
Dante V « abbó » de la Chambre, che viaggiò in Italia, e di 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


55 


« Les oracles ont cessé; | Colletet est trépassé; | dès 
qu’il eut la bouclie dose » 1 ). Questi versi dettava il 
La Fontaiue in morte del loquace scrittore delle Vite 
de’ poeti di Francia. Sovveniamoci di costui, critico ben 
noto al Ménage, ancorché non fosse della cerchia del Bal- 
zac, del Voiture e del Conrart, e registriamo in questa 
storia nostra, come l’oracolo, consultato per le biografie 
degli illustri, ed i precetti da impartirsi ai poeti, abbia 
più volte di Dante, « cet antique et excellent Poéte Ita- 
lien, le renommé Dante », scritto il nome, citate l’opere, 
anche le minori, come il De vulgari eloquentia e la Vita 
Nuova, senza legger in esse più di qualche data, o qualche 
definizione 2 ). Legge nell’edizione corbinelliana del trat¬ 
tato di Dante sull’eloquenza, ch’egli chiama « livre assez 
rare », quanto è scritto sul sonetto. Sicuramente, la Com¬ 
media doveva apparirgli labirintica, oscura e selvaggia 
selva. La Cominedia egli osa comparare al piccol mondo 
di Maurice Scève. Come in tre cantiche di vide vasi il 
poema di Dante, in tre libri similmente è ripartito il 
Microcosme, di stile « obscur et aussi difficile que celili 
de Dante ». Entrambi i poemi procederebbero, a giudizio 


cui il Vigneul-Marvillk scrisse ( Mélanges d’histoire et de Ut - 
térature, Paris, 1700, I, 77): « Il avoit cela de coinmun avec 
le fameux Costar, qu’aimant la Poesie il n’était point du tout 
Poéte.... Sa grande inclination étoit pour les Livres Italiens 
et Espagnols ». 

1) Tallemant, EÌ8toriette8 (ed. 1834), V, 322. Un ricordo al 
Colletet è nel libro di J. Madkleine, Quelques poètes francate 
à Fontainebleau, Fontainebleau, 1900. 

2) Veramente dobbiamo appagarci di semplici congetture. 
È noto come gran parte delle Vite, scritte dal Colletet, fosse 
dall’incendio del Louvre irrimediabilmente distrutta (pure al 
Louvre v’era un Catalogus bibliethecae F. Colleteti). Anche del 
Grangier, traduttore di Dante, il Colletet aveva scritta la 
vita. Vedi P. Bonnefon, Contribution à un essai de restitution 
du manusorit de G. Colletet, intitulé « Fies des poètes frantois », 
nella Rev. d’hist. littér. de la France t II, 59, e le note mie, 
nel I voi., a proposito del C^etin, del Fleury e dello Scève. 


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56 Da Malherbe a Pierre Bayle 


suo, « d’une inème source » *). Dalle Prose bembesche, 
fortunatissime, dalle Vite del Nostradamus, prime forse 
a suggerirgli l’idea delle Vite sue, il Colletet trae pur 
lui la confortevol notizia de’ prestiti fatti dai sommi 
Fiorentini ai vati antichi di Provenza; e, nell’Art Poé- 
tique, compiuto il cenno sul « famoso » Lope de Vega, 
nota esser indubitabile « que les Italiens sont redeva- 
bles de leur Poesie, et de leur rime, à nos anciens Poétes 
Proven$aux, ainsi que le reconnoist le Cardinal Bembo 
dans ses Proses..., et cornine l’advouent encore Dante 
et Pétrarque, dans leurs oeuvres, où ila citent quantité 
de nos Poetes Proven^aux » 1 2 ). In Francia, adunque, do¬ 
vevasi ricercare la radice prima, il primo fiore della poe¬ 
sia d’Italia. E il vangelo, così bandito, si ripeterà su di 
ogni solfa. Lo ripete il Fontenelle, e dopo il Fontenelle 
il Voltaire. E i più vedranno in esso tutto quanto oc¬ 
correva saper di Dante e dell’ opera sua. 

w 

Da questi cenni sulla fortuna di Dante, all’albeggiar 
del secolo de’ grandi poeti di Francia, ben può argomen¬ 
tarsi che, senza un pensiero al sommo Fiorentino, si viag¬ 
giasse qua e là, su e giù per le terre d’Italia. A nessuno 
è in cuore l’entusiasmo, la commozione di Milton, che 
saluta, in una epistola 3 ), i feraci campi del Mezzodì, 
le città che dovrà percorrere, di fama superbe, gli illu¬ 
stri uomini, e «l’indole della gioventù», e proponevasi 


1) Vies de8 poètes frangati. Manoscr. alla Naz. di Parigi, nouv. 
acq. fran$. 3073, f. 458 r°. Pur ragiona il Colletet (f. 460) di 
Jean de Tournes, « fanieux imprimeur », ma non rammenta 
l’edizione sua delia Commedia. 

2) Già POelsner, in nota, a p. 77, cifava questo brano di 
un discorso del Colletet ( Discours sur Véloquence f Vépigramme, 
le sonnet . Art Poétique, Paris, 1658). 

3) È ricordata dal Carducci, Opeie, II, 443. Vedi anche 
una nota mia, nel Giorn. stor. d. letter. ital. f XLIII, 375. 


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Da Malherbe a Bierre Bayle 


57 


attingere alle fonti pure della lingua e della poesia di 
Dante e del Petrarca 1 ). Dura per buon tempo ancora, 
anche fuor de’ diplomatici e politici maneggi, la voga 
del viaggio in Italia, e molti (Olivier Patru, Saint-Amant, 
il cardinale di Retz, ecc.) giungono tra noi nel fior degli 
anni, nel calore e vigor massimo dell’imaginazione. Le 
memorie sono scarse tuttavia, scarne, monche e scialbe. 
I maggiori poeti di Francia più non conoscono il fascino 
del Mezzodì, e preferiscono peregrinare e soggiornare 
nelle patrie contrade. Che riveleranno a noi le note e 
descrizioni di viaggio, i registri degli eruditi e dei sem¬ 
plici curiosi? 

Tra queste squallide rovine non è che un alito di morte. 
Vi sono pur taluni che, passando per città e provincie, ri- 
cordan nomi di poeti e d’artisti, ma Dante è nome cancel¬ 
lato dal libro delle memorie degli illustri. Il duca dì 
Rohan visita, nel primissimo del secolo, la Toscana, 
« pays fort bossu et assez stèrile » 2 ), passa per Firenze, 
e par che degli illustri solo sappia che il Machiavelli 
v’ ebbe i natali ; a Pozzuoli il sepolcro di Virgilio lo 
colpisce 5 trova (p. 124) Mantova « considérable pour 
avoir esté mère de Virgile et du Tasse (!), deux des 
plus grands Poétes qui aient jamais été ». Vede, parecchi 
anni dopo, Pierre Duval a Firenze, le armi di Carlo- 


1) Non è gran cosa l’articolo di O. Kuhns, Dante 1 s In- 
fluenee on Milton (Modem Language Notes, XIII, 1 sgg.), ri¬ 
prodotto nel volume, Dante and thè English poets from Chaucer 
to Tennyson, New York, 1904, pp. 79 sgg., e poco assai vi ag¬ 
giunge H. C. Sills, nello smunto articoletto, Iieferences to 
Dante in 17*h century Engl . Literature, in Modem philology, 
III, 1. Gentilmente il Toynbee m’ informa che Milton posse¬ 
deva una copia dell’edizione del 1529 del Convivio (particolare 
da nessuno finora avvertito). - Un ricordo alla Commedia: 
€ Heav’n, Purgatory, Hell, were Dante’s three themes, | two 
were wise Melancholy, yet extremes.... » trovo nel poema di 
Barten Holyday, A Survey of thè World, riassunto da E. T. 
Jourdain, nel Giorn. stor . d. letter. ital., XLVII, 281. 

2) Voyage du Due de Rohan, Amsterdam, 1646, pp. 46 sgg. 


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58 


Da Mal herbe a Dierre Bayle 


magno e d’ Orlando x ) ; ricorda come Auriga fosse pa¬ 
tria al Petrarca, Certaldo al Boccaccio, Arezzo a Pietro 
Aretino, Montepulciano al Bellarmino. La tomba di Mi¬ 
chelangelo è la sola ch’egli noti in Santa Croce. Anche 
il marchese di Seignelay, figlio di Colbert, 1’ additava 
nella sua relazione di viaggio 1 2 ). Qual conforto ed ecci¬ 
tamento alla lettura de’ maggiori poeti d’Italia traesse il 
Bouehard, peregrinando nel Mezzodì, s’è detto. Si son 
ricordati gli scritti d’alcuni amici del Peiresc 3 ). A Ri¬ 
mini non è chi pensi alla misera Francesca, a cui Dante 
diè vita eterna nel suo Inferno; ed a Ravenna, ove 
Francesca nacque, « su la marina dove il Po discende | 
per aver pace co’ seguaci sui », e dove spirò il gran¬ 
d’esule, tardaron le genti di Francia a scoprirvi la tomba 
famosa. Passali nembi e bufere per la pineta di Chiassi, 
senza che mormorar s’ oda il nome di Dante. I marmi 
e le pietre non favellano. 

Solo negli ultimi decenni di quel secolo, alcuni pochi 
eruditi apprendon dalle guide loro trovarsi a Ravenna 
il sepolcro di Dante, quel sepolcro, presso cui infiniti, 
in altre età, tremando il cuore, s’inginocchieranno ; e 
freddi vi leggono l’esastico inciso 4 ); lo ricopian ne’re- 


1) Le Yoyage et la Descriptìon d’Italie, Troyes, 1656, pa¬ 
gine 320 8gg. 

2) VItalie en 1671.,., précéd. d’une étude histor. p. P. Clé- 
ment, Paris, 1867, pp. 203 sgg. 

3) Raccomandava il Bouehard a Peirosc, Pierre Bourdelot, 
che a Roma conobbe e praticò il Campanella (Rev. d’hist. Ut- 
ter. de la France, IV, 99). Il Campanella, tre anni innanzi 
la morte, stampava a Parigi V Atheismns triumphatus (1636; 
usciva allora il Discours de la Méthode del Descartes), in cui 
Dante è posto a capo di tutti i poeti dell’ universo (cap. X, 
p. 138 : « Poema Danthis omnes mundi Poetas antecellet »). 

4 ) Che l’esastico Jura monarchiae, ecc., notissimo, riprodotto 
infinite volte nelle memorie di viaggio, debba attribuirsi a Dante 
medesimo, sostiene O. Antognoni, nel volume di onoranze al 
Monaci, Scritti vari di Filologia , Roma, 1901 (Vepigrafe incisa 
sul Sepolcro di Dante), pp. 325 sgg. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


59 


gistri loro, e passan oltre. Accenna alla tomba di Dante 
il Mabillon, nel Museurn Italicum (1685, I, 39). La vede, 
poco appresso, Maximilien Misson ; e le memorie sue di 
viaggio, che furon nelle mani di molti, in fin di quel se¬ 
colo, e nel primo ’700, e più ristampe ebbero, dal 1691 
innanzi, riferiscono : «Nous avons vu le tombeau du Poéte 
Dantes, dans le Cloistre des Franciscains Conventuels ; 
j’en ay copié l’Epitaphe, principalement à cause de la 
curiosité des rimes ». Una nota aggiunta spiega chi 
Dante fosse, uomo « de qualité et de grand mérite.... 
Il fut banni, ou obligé de s’enfuif, parce qu’il estoit 
dans le parti des Blancs, ou Gìbellins de Pistoye » x ). Un 
fogge voi cenno al « sépulchre du Poéte Dantes, célè- 
bre par ses écrits », è pure nelle memorie di Paul Briois, 
compagno di viaggio al Montfaucon, nel 1698 1 2 ). 


Descartes-Corneille-Pascal 

Occorre arzigogolare sul perchè di questa grande ed 
universale indifferenza per Dante, allegar motivi e scuse, 
ripetere con alcuni, che Descartes mise in voga la spe¬ 
culazione razionalistica, in perfetto antagonismo collo 
spirito di Dante, che il memorando, fatale Discours de la 
Méthode tenne nelle spire sue, per gran tempo, stretti 
stretti, e poeti ed artisti, che V intellettualismo rigido 
troncò il volo alla fantasia audace, e fe’ sembrar folle 
e insana la visione dantesca, che, troneggiando la car¬ 
tesiana filosofìa, anche i più ispirati si videro, loro mal¬ 
grado, nelle mani l’istrumento ponderatore e calcolatore, 


1) Non conosco che la 3 a ediz. (« beaucoup augmentée ») 
del Nouveau Voyage d } Italie, La Haye, 1698, voi. II, p. 290. 
Di Firenze si ragiona nel voi. Il, pp. 327 sgg., senza rammen¬ 
tar Dante. 

2) Vedi H. Omont, Voyage littéraire de Paris à Rome en 1698, 
nella Revue des biblioth., XIV (1904), p. 35. 


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60 Da Malherbe a Pierre Bayle 


iutollerante di ogni sproporzione, incapace di misurare 
la gigantesca, arditissima architettura della Commedia, 
che, insomma, con Descartes alla testa, si amò sostituire 
alla sintesi poderosa, l’analisi minuta, la decomposizione 
ordinata, pacata, ritiessa, alla creazione di primo getto, 
la ragione all’ istinto, il calcolo al volo impensato? Ve¬ 
ramente, io non ho saputo imaginar mai sì forte e sì esteso 
il potine del Descartes, fuor del campo strettamente spe¬ 
culativo. Non veggo come dipendan da lui, per neces¬ 
sità, tutti gli spiriti magni del secolo, e la poesia si sia 
incondizionatamente dichiarata fida ancella della filosofìa. 
Descartes, direttore spirituale de’ poeti, creatore della 
letteratura classica di Francia del secol d’oro, è una gran 
chimera de’ critici *). 

Da buon tempo i vati di Francia erano avvezzi a porre 
alla fantasia loro il freno della ragione. Descartes non 
li illuminava d’un tratto ; non li soggiogava. S’era accon¬ 
ciato pur lui, così ostile alla poesia 1 2 ), al tempo e all’am¬ 
biente, come i poeti stessi. Alle idee predominanti, chiare 
e intelligibili a tutti, s’impronta la virtù, la forza del suo 
genio. Il « metodo » suo è un po’ il metodo di tutti, 


1) Chimera di E. Kkanz, colpevole di molte, deplorevoli 
esagerazioni nel suo saggio (bello assai in alcune parti), Sur 
Vcsthétique de Descartes, Paris, 18K2 (nuova ediz., Paris, 1898). 
D’ abitudine, anche le storie letterarie esagerano il magico 
potere e P influsso del Descartes. Intorno al 1720, Antonio 
Conti scriveva al Marchese Maffei, a proposito dei critici di 
Francia ( Prose e poesie, Venezia, 1756, voi. II, p. cxx, e Jour¬ 
nal étr anger, XXXVIII, agosto, 1761): « Ils ont introduit dans 
Ics belles lettres l’esprit et la mèthode de M. Descartes ; et 
ils jugent de la poésie et de Péloquonce indépendemment des 
qualités sensibles. De là vient aussi qu’ils confondent le pro¬ 
grès de la philosopllie avec celui des arts ». 

2) Poco soleva leggere il Descartes. De’ suoi gusti letterari, 
e dell’ indifferenza sua per P arte dànno prova le sue Lettei'e, 
or date in luce in piu tomi (I-V), nell’ ediz. delle Oeuvres, cu¬ 
rata da C. Adam e P. Tannery, Paris, 1897-1903. Vedi anche 
V. de Swarte, Descartes directeur spirituel. Correspondance avec 
la princesse Palatine et la reine Christine de Suède, Paris, 1904. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


61 


benché lui solo disponga del completo assetto filosofico, 
della logica possente e stringente, ordinatrice, sistema- 
tizzatrice. Privo del razionalismo ed intellettualismo be¬ 
nefico cartesiano, il Boileau non avrebbe dato indirizzo 
differente alla sua critica, il Bacine non scritti differen¬ 
temente i suoi drammi. E che aveva mai a combattere 
Cartesio perchè fosser distolti i grandi scrittori dallo 
studio e dalla lettura di Dante? Tolto il Descartes alla 
storia dello spirito di Francia, nel ’600, non potreste 
imaginare un mutamento, un arricchimento qualsiasi nella 
storia della fortuna di Dante, or tracciata 1 ). Non vi erano, 
non vi potevan essere in Francia i Diogeni che vagassero 
in cerca dell’uomo Dante. 

Altri sfoghi contro l’imaginazione, aggiungerà, dopo 
il Descartes, il Malebranche, e tenterà un connubio no¬ 
vello dell’ arte colla nemica sua più spietata, la specu¬ 
lazione; cercherà, combattendo Aristotele (Conversations 
chrétienne8 - Traité de la nature et de la grdce - Éclair- 
cissements à la Becherche de la Vérité) , di conciliare Car¬ 
tesio con Sant’Agostino. E vedrete il grand’uomo pu¬ 
gnare contro l’inclinazione propria di natura, cadere in 
quelle imagini vive, accarezzare que’ fantasmi, ai quali 
gridava guerra; anima di contemplatore, più che di ra¬ 
gionatore, calata nel mistero delle cose, preoccupata 
perpetuamente dell’ infinito, accesa ognor più di ardor 
mistico. 


!) Scrive il Bouvy, nella Rev. d. lettr. fran$. et étrang., I, 
39, alquanto concedendo alla fantasia: «Si nos grands écri- 
vains fran$ais participent tous plus ou moine de l’esprit du 
Discours de la raéthode, cela suffit pour qu’ils se soient dé- 
tournés de la Divino Comédie ». E il Bouvy, autore di una tesi 
latina, De Vioo Cartesu advei'savio (vedi F. Tocco, Descartes 
jugé par Vico y nella Rev. de Métaphys. et de Morale, 1896, lu¬ 
glio), osserva qiii ancora (p. 38), come il Vico si sia « réso- 
lument constitué le défenseur de Dante, en mème ternps que 
l’adversaire de Descartes...; Fapologie.... du premier s’est 
naturellement et nécessairement liée à la lutto contro le se- 
cond ». 


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62 


Da Malherbe a Pierre Bayle 


w 

Moralizzava il Descartes, con fermezza, nel Traité des 
pa88Ìotì8 (1649), ed indicava come nel cnor dell’uomo 
si dovessero sviluppare i germi delle passioni generose 
e nobili, delle virtù magnanime; metteva i suoi fari per 
illuminarci ne* perigli e nelle tenebre, per soccorrerci 
nelle tentazioni; accennava al trionfo della ragione, della 
riflessione, della volontà, salda, risoluta, ferrea, contro 
gli istinti pravi; faceva dell’uom frale, fluttuante nel 
dubbio, uu candidato all’eroismo. Teorie bellissime, che 
onorerebbero l’educatore più austero, lanciate ahimè, 
fuor della pratica, fuor della vita. 

Chi le praticava, non era un filosofo, ma un poeta, 
Pierre Corneille. Le eroiche virtù, la fermezza, la resi¬ 
stenza tenace, interiore, agli assalti e oltraggi del mondo 
esteriore, l’indomata energia, la disposizione a tutto pa¬ 
tire, la morte stessa, pur di non fallire ai propri prin¬ 
cipi, la volontà possente, rivolta unicamente ad un fine, 
l’estrema audacia, l’orgoglio dell’uom forte che ha co¬ 
scienza del suo valore e del suo potere, si incarnano 
nei personaggi maggiori de’ drammi corneliani - tragedie 
dell’anima più che scene d’intrigo *). Lo spirito tendeva 
al grande, al grave, al magnifico, al sublime. V’è nel 
Corneille non so che dell’ anima eroica dantesca, pal- 


1) Ben l’osserva il Lanson, nel suo Corneille (Les Grands 
Écrivains francate), Paris, 1898, pp. 128 sg. Nè diversamente di 
me pensa il Lanson sui rapporti fra il Descartes e il Corneille 
Cp. 174): « Le poète et le philosophe se sont rencontrés dans leur 
psychologie et leur morale, dans leurs jugements sur la passion, 
l’amour et la volonté.... S’ils se sont rencontrés, ce n’est pas 
que l’un ait instruit l’antro: c’cst que la mème réalité im- 
prégnait leurs esprits, nourrissait leur expérience ». E, più in¬ 
nanzi, il Lanson osserva (p. 177): « Mème les femmes alors..., 
ces grandes avenfurièrcs, ces vaillantes héroìnes, ces fières 
précieuses, ont moins de grAce sentimentale ou de tendresse 
passionnée quo d’esprit énergique et do robustesse virile ». 


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Da MaVkerbe a Piei're Bayle 


63 


pitante anche sotto il retoricume de’ versi enfatici e 
magniloquenti, e l’esteriore, « gesuitica » pompa. In 
quest’ anima di Dante pochissimi avrebbero, come il 
Corneille, saputo internarsi, pochissimi l’avrebbero ri¬ 
spettata, amata, come lui. Fa pena sapere che di Dante 
nulla conobbe il Corneille, e che a lui, come a tutti i 
maggiori poeti di Francia del secolo, la Commedia restò 
ignota. Se nelle idee ed aspirazioni s’incontra talora con 
Dante, è per caso, per qualche affinità nel sentire e nel 
concepire l ), nel biblico vigore delle imagini, lanciate, 
frementi di vita, dalla creatrice fantasia 2 ). La Commedia 
è esclusa dall’educazione dei poeti; è ignota anche ai 
più ferventi ammiratori ed ostinati imitatori delle in¬ 
venzioni italiane. Chi ne rivelava 1’ esistenza, fuor della 
cerchia degli eruditi e de’pedanti? Ben poteva il Cor¬ 
neille togliere all’Italia, qualche rarissima volta, sog¬ 
getti e motivi alle creazioni sue drammatiche 3 ), ma non 
aveva della lingua italiana quella pratica che rivelavano 
i Chapelain, i Balzac, i Yoiture, i Ménage. Assai più 
famigliare era a lui la lingua di Castiglia. La Commedia, 
nel testo originale, nulla avrebbe potuto suggerirgli. Dai 
versi squallidi della traduzione del Grangier, non tra¬ 
pelava l’anima, la poesia di Dante; e non è da credere 
che il grande tragico sbadigliasse mai su uno o 1’ altro 
dei tre volumetti delle tre cantiche dell’abate traduttore. 

Or si è notato che in una vendita pubblica di libri, 


1) Come Dante, il Corneille riponeva l’ideale politico nella 
Roma antica. Cinna esclama: « Seigneur, pour sauver Rome 
il faut qu’elle s’unisse | en la main d’un bon chef à qui tout 
obóis8e ». Vedi K. Zkiss, Die Staatsidee Pien'e Corneille’s, Mei- 
ningen, 1896, pp. 53 sgg. 

2) Rileva il vigor delle imagini nel Corneille, G. Dumksnil, 
L’àme et Vévolution de la littérature des origmes à nos jours, 
Paris, 1903, I, 208 sgg. 

3) Prestiti veri alla tragedia italiana non riuscì a scovrirli 
neppure il sagace e dotto Hauvette. Vedi il suo opuscolo, 
Un précurseur italien de Corneille - Girolamo Bartolommei (An- 
nal€8 de VUnivcrsité de Grenoble ), Grenoble, 1897. 


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64 Da Mal herbe a Pierre Bayle 

effettuatasi a Rouen, ne) 1652, un « Dante italien in fo¬ 
lio » si comprò per 12 « livres » dal « Sieur Corneille » *), 
ed a noi sarebbe di conforto sapere il grand’ uomo in 
possesso del sacro poema ; ma seri dubbi ci assalgono 
che, non Pierre Corneille, ma il fratello Thomas, pur 
residente nella natia Rouen, in quegli anni 1 2 ), assai più 
del tragico intinto di letteratura italiana, più ondeg¬ 
giante ne’gusti, più disperso, più curioso d’anticaglie, 
bibliografo più appassionato, spendesse quei quattrini per 
aver quel raro volume 3 ). L’opere tutte di Thomas Cor¬ 
neille appaion, tuttavia, digiune di una lettura di Dante. 
Il nome di Dante è fatto appena, dietro il Ménage, nelle 
note aggiunte alle Bemarques del Vaugelas 4 ), se pur noi 
contenevano già le note manoscritte del Chapelain. Nel 
pesantissimo, fastidioso e farraginoso Dictionnaire univer- 
sel, géographique et historique, cominciato in tarda età, 
nel 1694, nell’articolo su Firenze, appena è memoria 
di Dante, « grand Poéte Toscan et bon Philosophe », 
e, con Dante, altri illustri si rammentano, il Machiavelli, 
il Guicciardini, il Galileo. 11 magrissimo cenno biblio- 


1) CEuvres complètes de P. Corneille, ed. Taschereau, Paris, 1857, 
Tomo I, pp. xxiv sg. ; e (Euvres de P. Corneille, nei Grande 
Écrivains de la France, ed. Marty-Laveaux, Tomo I, pg. xli. 

2) G. Regnier, Thomas Corneille. Sa vie et son théàtre, Pa¬ 
ris, 1892, p. 32. 

3) Anche J. J. Jusserand, Shakespeare en France sous Van¬ 
cien régime, Paris, 1898, p. 91, attribuisce, senza esitazione al¬ 
cuna, a Pierre Corneille la compera del « Dante italiano ». 
Vero è che, in un abbozzo d’inventario de’ libri lasciati agli 
eredi di Thomas Corneille (Regnier, op. cit., p. 354), Dante 
non figura, ma ben poteva disfarsi il fratello di Pierre Corneille 
di quell’ inutile ingombro, cedendolo o rivendendolo ad altri. 
Le lettere dei due poeti non ci soccorrono, per veder chiaro 
in questa minima faccenda. 

4) Bemarques sur la langue frangoise aree des notes de Thomas 
Corneille , I, 432: « Ménage fait observer.... qn’il faut toujours 
dire Dante et jamais le Dante ». Vedi le note della Minck- 
witz, Beitrage zur Geschichte der franzosischen Grammatik im 
17 e " Jahrh ., nella Zeitsch. f. franz. Sprache u. Liter XIX, 149. 


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Da Malherbe a Pieri'e Bayle 


65 


grafico offre poco di meglio del cenno, or noto a noi, 
in una miscellanea di Guy Patin. Dante, vi si dice, « fut 
l’un des Goùverneurs de Florence, pendant les factions 
des Guelfes et des Gibelins. Boniface Vili, qui fìt venir 
à Florence, l’an 1301, Charles, comtede Valois, pour dis- 
siper les troubles qui agitoient cette République, ne put 
empècher que les Gibelins ne fussent proscrits. Dante, 
quoique Guelfe, se trouva du nombre des bannis et ne 
put venir à bout de se faire rappeller. Il avoit beaucoup 
de génie, et selon ce qu’a dit Pétrarque, la pure té de 
ses moeurs ne répondoit pas à celle de son style. Sa 
mort arriva à Ravenne Fan 1321 » *). Queste povere frasi 
tradizionali sulla virtù e i costumi e lo stile del poeta, 
« de beaucoup de génie », se le trascinano i dotti di Fran¬ 
cia, allegramente, per la china de’ secoli. 

Nell’ anno in cui smercia vasi il « Dante » a Rouen, il 
poeta del Polyeucte e dei sovrumani trionfi del cristia¬ 
nesimo, già esperto nel piegare il verso alle teologiche 
discussioni, dava col Pertharite un addio al teatro, non 
l’estremo ancora, per raccogliersi ne’ libri devoti, e sal¬ 
meggiar colla Bibbia ed i Profeti 2 ). Lo studio di San Tom¬ 
maso, le traduzioni e parafrasi all’ Imitazione di Cristo 


1) Dictionnaire, Paris, 1708, II, 107. Deplora il Corneille, 
nell’ articolo Italie (II, 389), « la chaleur excessi ve » che af¬ 
fligge la penisola, ma aggiunge : « peut-ètre anssi qu’eUe a 
ses utilitez, et qu’elle cuit de telle sorte l’esprit des Italiens, 
qu’ils sont sages naturellement ». Tra i grand’nomini d’Ita¬ 
lia, qui non ricorda che il Tasso, il Sannazzaro, il Marino, 
il Guarini. 

2 ) Prima di lui, un altro Corneille, religioso dell’ ordine di 
S. Agostino, salmeggiava e parafrasava i sacri cantici e gli 
inni della Chiesa. Vedi A. Corneille, Poésies publiées d’après 
Védition de 1647, aveo une notice et des notes, par P. Blan- 
chemain, Rouen, 1877 (Sooiété rouennaise des Biblioph.), Ri¬ 
cordo alcuni versi di un sonetto, Uosa mystiea: « Merveille 
des iardins, symbole de pudeur | cher obiet de nos sens où 
nostre ceil se repose, | emperiere des fleurs, incomparable 
rose, | que ma comparaison rehausse ta grandeur! » 


5 — Fabinelli, Voi. II. 


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66 


Da Mal herbe a Pietre Bayle 


son dì quell 7 epoca. La solitudine in quel suo ouor forte 
si fa più intensa. Al di fuori è squallore. U mondo si 
spoglia d’ogni incanto e allettamento. La pietà cresce 
cogli anni ; ogni fibra n 7 è scossa, e il cuor trema e pal¬ 
pita. Il fiero cantor del Cid e di Bodogune tende ora 
all 7 alto le braccia. Nelle meditazioni ascetiche, ne 7 so¬ 
liloqui suoi si sprigionan le voci che inneggiano a Dio, 
alla Vergine, e ai Santi. Così salmeggiava, fuggendo gli 
uomini e la vita, Michelangelo, fratello nello spirito a 
Dante. 


Di preci in rima, di pianti e lagrime, di spirituali 
conversazioni, d 7 inni e cantici sacri, la Francia è, quanto 
l’Italia, allagata, in fine del 7 500 e sul primo 7 600. Le 
coscienze veston l 7 abito devoto, benché non scosse da 
fede gagliarda. I poeti e versificatori fietton le ginocchia, 
e profondon parole e incenso, a cuor freddo. Ammoniva 
Dante nel Convivio (IV, 23): «Iddio non vuole religioso 
di noi se non il cuore ». Il misticismo a fior di pelle, 
la religione tutta nei dogmi e nelle pratiche esteriori, 
nella tradizione e superstizione, non vivifica l’arte. Manca 
in quelle rime 1 7 afflato della Divinità. Son giuochi e tra¬ 
stulli, non sincere effusioni. Una poesia religiosa senza 
Dio, senza salde convinzioni, artefatta, meccanica, come 
può attingere dalle forti cantiche di Dante, dalla visione 
e contemplazione dell’asceta, udir il grido di una for¬ 
tissima coscienza, dall 7 amor purificata, fatta libera e 
redenta? Dai canzonieri spirituali dell’Italia spira talora 
un deboi soffio d’ispirazione. Ed è un pianger talora sulle 
lagrime de 7 vicini. Non un verso di Dante troverà eco e 
trasfusione. 

In disparte, non distratti dalle cure terrene, nella so¬ 
litudine di un chiostro che ripiega l 7 anima su sè mede¬ 
sima, e dove morte s 7 infrangon l 7 onde d 7 ogni mondan 
rumore, vivono, meditano, pregano i devoti di Port- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


67 


Royal, uomini di salda tempra, di fede schietta, di¬ 
sposti alle dottrine più aspre e rigidi, Calvinisti in ri¬ 
tardo, glorificati dal maggior poeta del secolo, Blaise 
Pascal. In quelle solitudini avrebbe potuto trovar eco 
solenne e arcana la possente voce di Dante. Ma Dante 
è ignoto Nume alla Francia di quei tempi. 

Il magnifico inno alla Vergine che, colla gravità e 
ritmica sapienza di Beethoven, con dolcezza di Paradiso, 
chiude l’ultima cantica del poema della redenzione, nes¬ 
suno l’intende. Sciupa vaio miseramente, nella sua tradu¬ 
zione, il Grangier; lo stemperava nelle rime sue Guy Le 
Fèvre de la Boderie. Separato dal complesso dell’opera, 
messo a far numero tra gli inni spirituali e gli inni 
ecclesiastici, poteva offrir materia alle stentate imitazioni 
del secolo, servir di gruccia ai versaiuoli, che, tra fumi 
d’incenso, zoppicando, incedevano. Ho letto, per sem¬ 
plice curiosità, un buon manipolo di sacre rime secen¬ 
tistiche, e non ne ritrassi che tedio e disgusto. Rime 
francesi e rime italiane, nell’originalità e nel fondo del¬ 
l’ispirazione, s’equivalgono. I poeti più accorti ed esperti, 
Jean Bertaut; Antoine Godeau 1 ), vestono, all’uopo, nella 
lingua loro, concetti stillati da’ cervelli d’Italia. 

Il Bertaut, amico del Corbinelli, e, apparentemente, 
un Lamartine anticipato, petrarcheggia con zelo; offre 
varianti alle rime di Panfilo Sasso ; ricorda, in una can- 
* zone, celebre a’ dì suoi : « Félicité passóe | qui ne peux 
re venir, | tourment de ma pensée.... », nella Complainte: 
« Mes plaisirs s’en sont envolés, |.... Je sens d’autant 
plus de douleurs | que mon àme a de souvenance, | tous 
mes contentements passés | me font des angoisses pré- 
sentes », in un brano di lettera, e forse altrove ancora, 
il « Nessun maggior dolore », che straziava il cuore di 


1) Vedi A. Cognet, Antoine Godeau {1605-1672), Paris, 1900, 
pp. 56 sgg. Spiacemi non conoscere ancora lo studio di F. Strow- 
ski, Histoire du sentiment religieux en France au XVII 6 siede . I. 
De Montaigne à Pascal, Paris, 1906. 


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68 Da Malherbe a Pierre Bayle 


Francesca ; ma da Seneca, e da un versificatore italiano 
oscuro, non da Dante, traeva la sentenza memoranda 1 ). 
Allo studio degli Italiani è sollecitato dal Conrart e dal 
Chapelain. È tenuto in gran conto dal cardinale Benti- 
voglio. Nelle « Poesie Cristiane » le rime semiascetiche 
dei canzonieri d'Italia più in vista si mescolano alle pie¬ 
tose voci di Sant’Ambrogio, di San Basilio, di San Cri¬ 
sostomo. Gli inni alla Vergine Assunta, all’altissimo 
Iddio, le egloghe, le parafrasi al Cantico de’ Cantici si 
allineano, gelide, e senza fine. Sciatta prosa metrificata, 
buona per soffocare, quanto l’odi più famose assai di 
Jean-Baptiste Rousseau, contemporaneo del Voltaire, ogni 
palpito nel cuor del credente. 

Posteriori alle cristiane effusioni in rima del Godeau, 
sono le Poésies chrétiennes di Henri-Louis de Loménie 
C. te de Brienne, che aveva la Commedia tra’ suoi libri ; ma 
per quanto le ricercassi, a Parigi, e altrove, ancor non 
le rinvenni, nè so che altri ne abbia mai dato giudizio. 
Vorrebbero i devoti poeti conciliare le credenze cristiane 
coll’arte pagana, mettere un contenuto nuovo nella forma 
antica. Sulla cetra di Virgilio, il Godeau si prova a ce¬ 
lebrare i « Fasti della Chiesa ». Nè io dirò quali prodigi 
operasse. Una fusion intima, la sola che vivifichi Parte, 
non riesce che ai sommi. La fusione meravigliosissima, 
raggiunta dal maggior poeta nell’ età de’ mistici e degli 


l) « Bertaut s’est résolument prononcé pour l’opinion de 
Dante », osserva il suo biografo, 1’ « abbé » Georges Grente, 
Jean Bertaut, abbé d’Aunay ( 1552-1611 ), Paris, 1903, p. 207 ; 
rifiuta però ogni ispirazione dantesca il Vianey, recensente 
della tesi del Grente, nella Bev. d’hist. littér . de la Franco 
(1904), XI, 160. In una lettera del Bertaut, riprodotta dal 
Grente in appendice (p. 388 sg.), è già abbozzata la strofa 
famosa: Félidté passée, ecc.: « Après mon naufrago, voulant 
donner à ma vie le triste repos des trépassés et me priver, 
en cet exil, de tout ce qui me pouvoit ramentevoir les féli- 
cités que j’avais perdues, comme de ohose qui ne faisait que 
re8susciter ma douleur, j’essayai longtemps d’effacer votre 
image de ma mémoire ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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asceti, ritenevasi allora barbara e mostruosa. Di salite 
al cielo, di discese agli abissi d’ inferno i poemi s’in¬ 
gombrano ; ma all’ altro mondo non vanno in sogno gli 
ispiratissimi vati che colla scorta del cantor dell 1 Eneide. 
Il mito pagano soggioga le menti più cristiane e austere. 

w 

Le dispute teologiche non curan di Dante *). I gesuiti 
di Francia, battuti, frustati sulla carne viva nelle Pro - 
vinciales famosissime, venerati dal Comeille, negli anni 
cadenti, riempion trattati di parole e cavilli. Dell’au¬ 
torità di Dante non si fan forti mai. E neppur si fa forte 
coll’ esempio e la parola del vate grandissimo, il nemico 
de’ gesuiti, Pascal. Duole saper digiuno affatto di letture 
dantesche chi de’ poeti di Francia più si avvicina al con¬ 
cepire e al sentire di Dante, ed aveva la fede gagliarda 
e tenace in ogni fibra del cuore. Quell’ affinità de’ due 
grandi, veduta od intraweduta da taluni, è affinità tutta 
dello spirito, in cui l’arte ha radice e vita, e non vuol 
esser ricercata negli inferni che il Pascal, nell’imagina¬ 
zione sua ardente, avrebbe potuto creare, ad eterna pu¬ 
nizione de* reietti del suo Dio, come parrebbe supporre 
il Rivarol, meravigliato che la Commedia non abbia avuto 
effetto a’tempi del gran re Luigi XIV: « quand je vois 
Pascal avouer, dans ce siècle, que la sévérité de Dieu 
envers les damnés le surprend moins que sa miséricorde 


l) Non tutti i teologi di quei tempi trascuran Dante. 
Nel 1639, il parroco Johannes Rist offre al teologo Petrus 
Figulus un albo, in cui, fra detti e sentenze bibliche, pur 
figuravano, tradotti in alessandrini, frammenti dell’ Inferno, 
l’esposizione del contenuto de’ singoli canti, l’interpretazione 
allegorica di buona, parte di essi, suggerita dal Landino e dal 
Vèllutello. Vedi E. Sulger-Gebing, Ein Zeugniss deutscher 
Dantekenntnis im XVII Jahrh., negli Studien z. vergi . Litte- 
raturg., II, 412 sgg. 


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Da Malheìbe a Pierre Bayle 


envers Ics élus..., cet éloquent misanthrope était bien 
digne de faire l’Enfer, et peut-ètre celai du Dante lui 
eùt semblé trop doux » l ) ; non nelle dottrine del giu¬ 
stiziere rigido de’ traviati e perduti, e neppure ne’ con¬ 
cetti e ne’ pensieri esposti ; ma nella tragedia pugnata 
all’ interiore, ne’ drammi di vita, espressi con meravi¬ 
gliosa efficacia ed esattezza, nel vigore rappresentativo, 
nella parola scolpita, in quel dire rapido, conciso, che 
assai più fa intendere di quanto ha l’aria di esprimere, 
gettando improvvisa luce, guizzi di folgore su fondo 
oscuro; ciò che mosse il Sainte-Beuve ad osservare, op¬ 
ponendosi lui pure al Rivarol : « Si en effet une poésie 
eùt pu convenir à Pascal, et non point à cause de la 
seule misanthropie et de l’effroi, c’est bien celle de 
Dante..., cette poésie la plus contraire à tous vains ori- 
peaux et à tout jargon, et où l’invisible mème est rendu 
avec tant de géométrie et de réalité » 2 ). 

Individualità possente, rigogliosa di vita, il Pascal non 
appare travolto dalla corrente che per una via trascina 
gli spiriti. Il genio , vero offre qualcosa di più dei co¬ 
siddetti tratti caratteristici dell’ indole e degli ideali di 
una nazione. Sicuramente, il Pascal non smentisce la 
Francia, il metodo di Descartes, lo spirito della chia¬ 
rezza, dell’ ordine e della misura. È figlio del suo tempo ; 
ha l’impronta dell’ambiente, che l’arte, scoppiatagli in 
cuore, distrugge volta a volta. Ma in lui sono come due 
anime che agiscono d’accordo, malgrado le contrarie ten¬ 
denze ed aspirazioni, e svolgono, con forze distinte, pu¬ 
gnano'la tragedia della vita: l’anima dello scienziato e 


1) Non ripeterei tuttavia col biografo del Rivarol, Lb Bre- 
ton ( Rivarol, Paris, 1895, p. 109), ohe, traducendo Dante, Ri¬ 
varol sembrava volesse dedicare, mentalmente, V opera sua al 
Pascal. 

2 ) Questo giudizio deh Sainte-Beuve è pur ripetuto nel li¬ 
bercolo dell’ Oelsner, p. 75 sg. A. Counson, nell’ articolo 
cit., Dante en France, p. 24, ricorda a sua volta come il Bru- 
netière metta pur lui « còte à còte Dante et Pascal ». 


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quella delicatissima, sensibilissima dell’ artista. In mezzo 
al criticismo più tenace e rigido è gittata la fiamma del- 
l’imaginazione più accesa. Il mondo logico è tutto in¬ 
volto nella vita del mondo fantastico. Quell’occhio che 
vede e distingue, colla precisione di Archimede, è pur 
l’occhio del poeta, che s’addentra sicuro ne’ labirinti 
dell’anima. Quella mano che stringe, forte e sicura, il 
compasso misuratore, disciplinando le matematiche dot¬ 
trine, trema convulsa ad ogni scoppio di passione, ad 
ogni gemito della frale natura dell’ uomo. 

Sul capo di questo solitario del pensiero che, con lo¬ 
gica fredda, discute le umane sorti, si scatenan le pro¬ 
celle, veementi, quanto sul capo di Dante. « Il faut 
tàcher de ne s’affliger de rien », dice ne’ « Pensieri », 
la sua Commedia divina e umana, a frammenti. Eppur 
si duole, eppur si strazia, e di tutto si affligge, e par 
voglia frangere il cuore ai misteri formidabili della vita, 
all’arcano delle cose, pensando ai limiti dell’intendimento 
umano, all’uomo stesso, lanciato qual atomo nel mar del- 
V infinito. « Je ne vois que des infìnités de toutes parts, 
qui m’engloutissent cornine un atome, et comme une 
ombre qui ne dure qu’un instant sans retour ». - 
« Qu’est-ce que l’homme dans la nature? Un néant 
à l’égard de l’infìni, un tout à l’égard du néant, un 
milieu entre rien et tout ». Quegli strali che immerge 
in seno ai miseri, brancolanti fra le tenebre, nell’ er¬ 
rore, nel dubbio e nel peccato, entro il cuor suo pur li 
spigne, e prova voluttà del suo martirio. L’estrema sua 
sensibilità è morbosa talvolta, come morbosa, inaudita 
era quella del Leopardi. Spunta, come in Dante, il sen¬ 
timento tenero e delicato, tra le asprezze, le spine, ed 
il rigor del pensiero *). Nulla è in Pascal la superfìcie. 
Tutto procede dall’ interiore ; tutto è intimità, colloquio 


1) Pure, anche i suoi ammiratori maggiori, il Sainte-Beuve 
tra altri, gli negan la « grazia ». Vedi E. Montégut, Libres 
opinione, Paris, 1888, p. 137. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


della coscienza. « Dieu ne regarde que l’intérieur », dice 
in una nota delle Provinctales *), « l’Église ne juge que par 
l’extérieur ». Nel santuario dell’ anima sua, ferita e gron¬ 
dante sangue, gitta le fondamenta al tempio che innalza 
alla glorificazione di quell’ unica tra le religioni eh’ è il cri¬ 
stianesimo. Chateaubriand lo gitterà in mezzo alle pompe 
e al fasto solenne della religione esteriore trionfante. 

Nelle espansioni di quella coscienza, operosa ed ap¬ 
passionata, vedi, come in Dante, scorrere a flutti la 
vita. Non una parola che appaia superflua; nulla che 
rompa l’unità dell’opera d’arte, eretta dalla fede in¬ 
crollabile, e dal sentimento; tutto è collegato da una 
forza spirituale, suprema. Hai l’idea di cose espresse e 
vere per gli eterni giri del tempo. La profondità non 
è ricercata ; è abito di natura. « Le monde se paye de 
paroles », dice il grand’ uomo nella seconda delle Pro- 
vinciates (1,29), « peu approfondissent les choses ». Quelle 
sottilissime e pazientissime sue analisi del pensiero rin¬ 
chiudono, non sai per quale arcana virtù, un vigor di 
sintesi, che è in Dante, in Shakespeare, e in pochissimi 
de’ poeti di Francia di quel secolo. In tanta padronanza 
di logica, e rigidezza di calcolo, e tripudio del buon 
senso, è pur tanto spazio alla vita dell’imaginazione ; 
la disputa cogli avversari, condotta con sagacità e dia¬ 
lettica maestria, non maggiori in Lessing, è riscaldata 
da sì frequenti e sì vive fiamme d’entusiasmo ; la ra¬ 
gione, nutrice e reggitrice del pensiero espresso, den¬ 
sissimo, limpidissimo sempre, è dichiarata sì frale di 
fronte alla fede che trascende ogni umano intelletto, è 
figurata sì umile, prosternata, battuta, schernita, dila¬ 
niata all’ altare di un Dio onnipossente ; all’ indagine 
fine e sottile di un Montaigne, tutta brio, tutta vita ed 
esperienza del mondo e degli uomini, va congiunto tanto 
e sì fervoroso zelo di un’ anima disposta al misticismo, 


l) Mi valgo dell’ edizione del Faugèrb, (Euvres de Blaise 
Pascal , Paris, 1895, II, 300. 


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tanto di cielo si trascina nella misera terra esplorata, 
che a malincuore non vedi il Pascal operare sulla ma¬ 
teria poetica, plasmata e vivificata da Dante. 

A lui solo, in Francia, convenivasi un poema della 
rigenerazione, del graduato purificarsi dell’ uomo, fino a 
raggiungere l’eterna pace e libertà, ed a posarsi in 
grembo a Dio. E noi, costretti a raggranellare in campo 
sterile le minime briciole di una conoscenza dell’altis¬ 
simo vate, ridotta troppe volte alla ripetizione del nome 
di Dante, vuoto d’ ogni significato, scordiamo come al- 
l’opera di Pascal, Dante sia estraneo adatto, e Dante 
non si alleghi fra le autorità citate negli scritti di po¬ 
lemica, che pure, in onta de’ Gesuiti, additano le tor¬ 
ture del Galilei ; scordiamo le disparità nell’opere, nelle 
dottrine teologiche e filosofiche, 1’ appoggiarsi di Dante 
alle colonne, salde, nel suo concetto, dell’ edilìzio della 
medievale scolastica e speculazione, la lotta combattuta 
dal Pascal, prode Giansenista, contro i Tomisti, il dif¬ 
ferente popolarsi dell’ Empireo di Dante e del Firmamento 
del Pascal, colpiti dal raggio della divinità che illumina 
la fronte dei due grandissimi, dal poter magico della 
poesia e dell’ arte, che affratella quell’italiano del ’200 
e quel Francese del’600, inarrivabili nel poter espressivo 
e suggestivo delle imagini, che assediano e incendiano 
la fantasia, nella rappresentazione del reale, immediata 
e viva, nel dare ad ogni parola un’anima, un atto, un 
gesto ; così chiaroveggenti in mezzo alle mistiche esalta¬ 
zioni, capaci di dar vita e concretezza anche all’astratto, 
uomini balzati fuori dal gregge comune, di centuplicati 
affetti e sentimenti. 

Poeta lui medesimo, e dei maggiori, benché non pie¬ 
gasse la lingua al verso, il Pascal trovò sempre poco 
svago e diletto nell’opere dell’ imaginazione, e men della 
sorella Jacqueline curava i poeti e gli artisti *). Le let- 


1) Vedi V. CousiN, Jacqueline Pascal; premières étades sur 
les femmes illustres et la sooiété du XVIP siècle , Paris, 1849, 


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Da Malherbe a Pieme Bayle 


tur© sue non son molte *); non era Tasta la sua erudi¬ 
zione ; gli amici 1’ aiutavano nello spoglio degli autori 
più acconci alle sue dispute. L’ opera sua usciva elabo¬ 
rata, compiuta dal suo interiore. E fu la natura il gran 
libro, da lui, come da Leonardo, più consultato. Poco 
intinto di italiano, non avrebbe inteso che a metà il 
verso di Dante. Sapeva il Pascal del genio, dei dolori 
e dei triboli del poeta dell’oltretomba? 

¥ 

Alla soglia di Port-Royal non s’arresta V ombra di 
Dante, che tragitta per gli occulti cammini dell’eternità. 
Gli eremiti là dentro, curvi sui libri di devozione, in¬ 
tenti a farsi la lor scala al cielo, non .hanno l’abito della 
poesia. Sono ragionatori; astraggono dalla vita mondana, 
senza ricrearsi di sogni e di imagini. La vita spirituale 
e contemplativa li assorbe. Il medio evo è per loro te¬ 
nebre ed errore. E un sogno ascetico medievale è, in 
sostanza, la gran visione di Dante. Negano i Giansenisti 
il libero arbitrio. Implicati in sottili questioni teologi¬ 
che, assestano fieri colpi alla scolastica. Sono dichiarati 
avversari de’Tomisti ; hanno in commiserazione tutti i 
commenti alla Somma, sacro vangelo per Dante. Saint- 


pp. 19 sgg., e le pagine su Jacqueline Pascal, aggiunte al 
genial saggio del Vinet, Études sur Blaise Pascal, Paris, 1848, 
pp. 273 sgg. Dalle lettere, pubblicate dal Cousin, non risulta 
che Jacqueline leggesse mai sillaba d’italiano. 

l) Non credo che il Pascal conoscesse le intime confessioni 
del Petrarca, come suppone R. Harmand, Les Pensées de Pa¬ 
scal et le De Contemptu mundi de Pétrarque, nella Rev. d’hist. 
littér. de la France, XI, 104 sgg.; ma ritengo esageri fuor di mi¬ 
sura 1’ « ignoranza », e la scarsità di letture del Pascal, V. Gi- 
raud, nelle frettolose Notes d’un cours su Pascal, Paris, 1899, 
pp. 17 sgg. (Singolare il prestito fatto ai frammento de’ Pensieri 
del Pascal, Contre Vindifférence des athées, nelle Lettere di Jacopo 
Ortis, avvertito da E. Brambilla, Foscoliana, Milano, 1903, 
p. 151). 


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Cyran avrebbe fatto getto della Commedia, vistovi la 
glorificazione della dottrina dell’ Aquinate x ). Nè forse 
maggior simpatia avrebbe mostrato per Dante il medico 
di Port-Royal, Jean Hamon, letterato di finissimo gu¬ 
sto, di vasta coltura, entusiasta de* classici antichi, buon 
conoscitore della favella d’Italia e di Spagna ; nè m’ac¬ 
corderei stavolta col Sainte-Beuve, che dice di lui (Port- 
Boyal, IV, 298): « Si Dante eùt été alors en usage, il 
aurait été droit à cette théologie symbolisée ». 

Un oscurissimo del cenacolo de’ solitari mette insieme, 
tutt’al più, un « Nuovo Metodo », per speditamente im¬ 
parare la favella d’Italia, e vi pone Dante nella rubrica 
de’ poeti italiani antichi. E il Baillet, che quel « Metodo » 
rammenta, in una misere voi rassegna della vita di Dante, 
esce poi a dire : « Effectivement Dante a été un des pre¬ 
miere qui, selon Messieurs du Port Royal, a eu la gioire 
d’entreprendre en ces derniers siècles de faire des Poé- 
mes héro'iques ; et il y a si bien réussi qu’il est encore 
aujourd’hui admiré des Savants pour ce sujet » 1 2 ). 


Boileau legislatore 
Le Iliadi novelle - Visioni e sogni 

Sapienti e dottori, avanzando il secolo, spinti sempre 
a dettar precetti alla poesia e all’arte, additeranno, con 
convincimento ognor maggiore, l’ambita perfezione, non 
nell’ immediata, ingenua e spontanea espressione del fan- 


1) Vedi Sainte-Beuve, Port-Royal, II, 35. Superfluo av¬ 
vertire quanto intimamente si congiunga il pensiero di Dante 
alle dottrine di San Tommaso. Non rammentasi in Italia, oh’ io 
sappia, una tesi, or antiquata, ma non cattiva, di 6. H. Bach, 
De l’état de Vdme deputo le jour de la mort jusqu J à celui du ju- 
gement demier d’après Dante et Saint Thomas, Rouen, 1835. 
Vi si trascura P antitomismo dei seguaci di Jansénius. 

2) Jugemens des Sgavants, IV, 267. Rimando a quanto scrissi 
su questa Nouvélle méthode, in un capitolo antecedente. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


tasma interiore, ma nella venustà e chiarezza, nella le¬ 
vigatezza e leggiadria della forma esteriore ; avranno per 
legislatore capo il Boileau, che, per voler di Dio e degli 
eletti della sua nazione, impugna lo scettro della cri¬ 
tica, e lo tiene fino al tramonto di quell’età che chia¬ 
miamo classica, dorata dal sol fulgente del gran monarca 
Luigi XIY. È un’età che vede spuntar su, d’ogni lato, 
perle, coralli e gemme della letteratura, l’età più ostile 
all’intendimento di quel gran barbaro creatore, di primo 
getto, di erculeo slancio, eh’ era Dante, poeta, che, nel- 
l’anima sua, riconosce l’unica legge all’artistica pro¬ 
duzione, e che nessun Boileau avrebbe saputo domare. 
Anche i più invasi da’ poetici furori baderanno a tem¬ 
prarsi, a moderarsi, a porre saldi, fuor d’essi, i limiti 
destinati a contenere le loro effusioni. È un ideale di 
bellezza, fisso in mente a tutti. E Dio, che accende di 
santo zelo i devoti, la Chiesa sua ancella, che ne esalta 
i trionfi e le glorie, ed estende in terra il suo dominio, 
non hanno poter maggiore di quest’ ideale. 

Vedete i ministri di Dio, vescovi e prelati, direttori 
e consiglieri spirituali, sermoneggiatori delle turbe, edu¬ 
catori de’ prenci, partecipi dello splendor letterario del 
secolo, smaniosi tutti d’apparir perfetti nel dire e nel- 
l’esprimersi. Come sono azzimati e puliti, qual cura 
pongono nella scelta delle parole e dei periodi, con qual 
maestosa pompa vestono i discorsi, le orazioni, come si 
accarezzan lor medesimi, prima che li accarezzino e co- 
pran d’applausi i mortali beati che li ascoltano ! Dalla 
Bibbia, precisamente come dalla Commedia, scoppiano 
imagini, come tuon da nube. Il Vangelo impartito da 
quei Monsignori è pacata e meditata esposizione di santi 
e morali precetti, depurati dalle scorie dell’ impropria 
dizione, sapientemente scelti e raggruppati, svolti in frasi 
fastose. La maestà di Dio è specchiata nella maestà del 
sermone. Il coro intonato è grave e solenne ; e sale, tra 
fumi d’incenso, alle volte più eccelse, coll’onde sonore 
del grand’organo che l’accompagna. La morte stessa non 


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La squallore, nè lugubre aspetto. È decorosa, pomposa 
anch’essa. L’illustre, che si spegne, ha vita nel funebre 
discorso. Scompare il cadavere entro i trionfi dell’arte 
oratoria. 

Par che il sentimento per la misura, la grazia e la 
bella armonia scorra nelle vene e ne’polsi, col sangue. 
La vita ideale condanna il basso, il volgare, l’orribile, 
l’eccessivo, la forza brutale, l’energia senza freno, il 
nudo, il crudo. Poniamo che gli eletti di Francia fos- 
ser chiamati a dar giudizio di quegli episodi della Com¬ 
media, che faranno, in età più avanzata, tutta la gloria 
di Dante, e de’ quali non sospetta vasi allora nemmanco 
l’esistenza. Come li avrebber conci, rigettati tra le cose 
più triviali e oscene ! Quell’ Ugolino che forbisce la 
bocca sul capo del traditor che maciulla in eterno, 
quella Francesca che si trascina nell’ infernal bufera il 
suo Paradiso, e il suo Paolo, e vi getta, in onta agli editti 
divini, il triplice possente grido : Amore, amore, amore ! 
Stranezze di dementi, aborti dell’ arte ! Potevasi recar 
ingiuria maggiore alla dignità e suprema giustizia di 
Dio? La vera saggezza è nella moderazione degli istinti. 
La gioventù è come soppressa. Si passa, d’ un tratto, 
alla calma dell’ età matura, dell’ età del senno, della 
prudenza, di ogni ragionevolezza. Le passioni si disci¬ 
plinano; escono dalle officine de’ drammaturgo non più 
depravate, non più fosche, non più struggenti e roventi; 
analizzate ad una ad una, con sottile scalpello, depurate, 
con sollecitudine, pari alla cura riposta nel mondar la 
lingua, animano le scene, scuola di decoro e di conve¬ 
nienza anch’esse. Shakespeare è già scomunicato in Fran¬ 
cia, prima che vi giungano i suoi drammi, ad impaurire 
le genti, che li fuggiranno, come per salvarsi da verti¬ 
ginose valanghe devastatrici. 

Sulla misera e travagliata terra s’inarca azzurro e 
tergido il cielo. Guardano a quel cielo i facitori di 
tragedie, gli espositori delle umane sciagure, che scri- 
von, declamando. Nè è meraviglia che sui destini del- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


l 7 uomo non s 7 addensino nubi accigliate, e la natura 
selvaggia si muti in natura civile. Al cuore è rispar¬ 
miato lo schianto. Muoion le disperate strida in lamenti 
elegiaci. Vedi la faccia di Laocoonte che si contorce di¬ 
gnitosa, senza un gemito, in tanto dolore. Odi ne 7 mo¬ 
renti le parole estreme, nòbili, ponderate, misurate, dolci 
pur esse. 


¥ 

Al regno di Boileau non poteva mancare nè felicità, 
nè tranquillità. Erano in Boileau de* germi di una prima 
natura, coraggiosa e audace, distrutti assai per tempo, 
con rigor di disciplina e di studio ; sicché vi appare mo¬ 
dello di quella accennata soppressione volontaria della 
scapestrata e scioperata, baldanzosa ed ingannevole età 
di passaggio dalla fanciullezza all’età matura di fatti 
e di consiglio, placido, in pieno equilibrio mentale, in 
possesso del più squisito e tenace buon senso. Intelletto 
regolatore e classificatore, se altro mai fu, tutto armo¬ 
nia, tutto limiti ed argini, tutto misura, Cartesio per i 
letterati e poeti. Tutti gli fanno onore. Anche i più 
grandi di lui, e più possenti, gli si sommettono. En¬ 
trano con lui i poeti nell’inespugnabil fortezza, da lui 
in gran parte agguerrita, dove imperano le regole, le 
norme dello scrivere, e posano gli stampi e le foggio, 
indispensabili alla fattura dei capilavori, in tutti i ge¬ 
neri imaginati e imaginabili. L 7 ispirazione, non frenata 
e domata, appare più di danno che d’utilità ai poeti. 
La fantasia, figlia del cielo, calata in terra, rassomiglia 
allora un po’ all 7 Italia, che nel canto di Sordello ci è 
dipinta « indomita e selvaggia »; e sarà la ragione che 
dovrà inforcarne gli arcioni. 

Esclusa ogni eccentricità ed esuberanza, ogni frenesia 
dell 7 imaginazione, ogni capriccioso ed audace volo, l’arte 
sarà corpo al verosimile. Il bello sarà tutt 7 una cosa col 
vero. Per il vero, che il Pascal, poeta cristiano, chia- 


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merà, nell© Provinciale8 (II, 247), « la plns grande des 
vérités chrétiennes », per il vero, « tomba dei vati », a 
giudizio del Monti (Sulla mitologia ), e che, nel dominio 
dell’ arte almeno, non rimarrà, nel giro de’ secoli, che 
inafferrabil larva, tutti ostentano grande e sviscerato 
amore. Pizzica il Boileau di poeta. Si crede un benia¬ 
mino delle grazie. Le Muse 1’ hanno baciato in fronte ; 
hanno tolto a lui pure le rughe deformi. V’ ostinate a 
chiamarlo un pedante, con gran parrucca, pien di prosa 
© di tedio ; ma lui vi dice quale orror gli infonda « un 
sublime ennuyeux et pesant » (Art poétique, III), come 
preferisca l’Ariosto a quegli autori, « toujours froids 
et mélancoliques, | qui dans leur sombre humeur se croi- 
raient faire affront, | si les gràces jamais leur déridaient 
le front ». E, in fatti, non è tutta freddezza e negazione 
della poesia quest’araldo della ragione e del buon senso. 
In quella pacatezza interiore entra, se non il calore, il 
tepóre dell’ arte. Quell’ alta e tranquilla intelligenza ha 
l’afflato del poeta 1 ). Non è ch’ei voglia uccidere la fan¬ 
tasia, sopprimere il primo getto dell’ ispirazione ; ma 
esige subordinazione illimitata, assoluta, alla ragione, la 
sua pretesa natura, o verità, o realtà, il suo Dio. La 
convinzione di agire, ammaestrando con precetti, per il 
bene e la salute de’ poeti, in tempi ormai avanzatissimi, 
gli dà la forza, la fermezza, quell’ aria di superiorità 
eh’è ne’ suoi scritti. L’ironia nelle satire è frutto an¬ 
eli’essa della calma e sicurezza interiore; è penetrata 
dai raggi del sublime buon senso; è fatta per convin¬ 
cere, per condurre i traviati sulla retta via. Ti trovi 
innanzi un saggio, a cui non sfuggon di bocca che 
memorande parole, e sentenze ; e comprendi qual po¬ 
tere dovessero esercitare, come tutti si desser briga per 


1) Nè è privo di slancio. Diceva di lui il Muralt, Lettres 
sur les Anglais et les Francois (1725), ed. O. v. Greyerz, Bem, 
1897, p. 233 : « Il lui arrive de s’èie ver ; mais il a de la peine 
à se soutenir; il a le voi court ». 


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Da 3fai herbe a Pierre Bayle 


raccoglierle, e farne tesoro. Espressione, o incarnazione 
se si vuole, delle tendenze di un secolo, delle attitudini 
ed aspirazioni di un popolo, in cui sembra che la Francia 
oggidì ancora si debba specchiare 1 ). 

Era nato il gusto, il buon gusto, 1 7 infallibile, unico 
buon gusto ; e s 7 era più addentro ne 7 misteri dell 7 arte 
che non fossero le generazioni de 7 tempi andati. La Fran¬ 
cia riconosce la superiorità sua sulle nazioni tutte. Dalla 
Francia ormai giungerà il verbo novello. I poeti e gran- 
d 7 uomini vi nascono come per miracolo. E Boileau con¬ 
duce la turba de 7 signori dell’altissimo canto, i discepoli 
che avanzano di più palmi il maestro. Ormai V Italia, 
dissanguata, e poco produttrice, andava perdendo oltre 
alpe il suo prestigio. A tutela delle sue glorie, passata 
la prima metà del secolo, uscito di gioventù il Racine, 
non trovi che il Ménage, sacerdote dell’erudizione e della 
pedanteria. Qual fortuna poteva aver Dante nella mo¬ 
narchia intellettuale del popol di Francia? 

L 7 arte poetica, l 7 opera tutta del Boileau, grida la 
proscrizione 3i Dante ; nè occorreva si facesse il nome 
del grand 7 esule. Dante è escluso dal Parnaso italiano 2 * * ), 
e non pare che sotto gli occhi scrutatori del Boileau 
cadesse mai, tra altre opere esotiche, la Commedia. Alla 
perfezione degli antichi, niuno in Italia era pervenuto ; 
ed è quella che i Francesi, rinvigoriti, ritemprati, ri- 
tuffati in Lete, si affannano a raggiungere. Messa la 
bottega di Barbin, nel Lutrin, a ruba e a sacco, n’escon, 


1) « Boileau n’en demeure pas moina, avec Voltaire, pour 
un long tempa enoore, le plua * national 7 de nos éorivains, 
et non pas cortes le plua grand, mais le plus reaaemblant de 
ceux en qui nous puiasions contempler une Mèle image de 
noua-mèmes ». Brunbtière, Vesthétique de Boileau, artio. ri¬ 
prodotto negli Études critiques sur Vhist. de la littér . franq., 
VI, Paris, 1899, p. 190. 

2) Non esagera gran fatto il Delaporte, asserendo ( Vart 

poétique de Boileau, II, 304) : « La Franco littéraire du dix- 

septième siècle savait à peine le nom de la Divine Comédie ». 


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agguantati come proiettili provvidenziali, con altra roba, 
de’ Guarini, de’ Tasso, in francese. Eran costoro, col 
Marino, i gran fornitori delle « pointes », de’ « faux bril¬ 
lante », generatori di un’« éclatante folie » *). Eppure, 
qualcosa aveva imparato da essi il Boileau. L ’Aminta 
V aveva deliziato un tempo ; ma conveniva, per sanare 
e purificare, che la critica badasse più ai difetti che ai 
pregi 2 ). Vuol risparmiare a Torquato Tasso « son pro- 
cès », ma è poi irresistibilmente mosso a farglielo; ed 
ha pietà del pio Buglione, « sage héros, toujours en 
oraison». Legge il Boccaccio; legge anche autori, allor 
moderni, di minor fama, come il Tassoni; ma piacer 
vero non prova che all’Ariosto. Nè importa che al « bon 
Messer Ludovico » detti la sua brava lezioncina morale 
sui precetti d’Orazio, e rinfacci parecchie assurdità. Toma 
ad imitare ed a variare l’episodio della Gioconda; mo¬ 
dernizzai’Ariosto, l’acconcia ai gusti di Francia; e i fiori 
ne trapianta, lisciandoli, colorendoli di nuovo 8 ). 

L’ oro è in Virgilio ; il Tasso v’ offre del « clinquant ». 
Ponete innanzi al Boileau, celebratore instancabile del 
vero e del naturale, la creazione possente di Dante, come 
esercizio di critica, e imaginatevi come avrebbe sorriso 
di questa sbalorditoria fantasmagoria, rimproverate le 


1) Il Belleau annota il Seeond livre des Amour8 del Ron- 
sard (« Marie levez-vous ecc. »), e soggiunge : « Ce ne sont 
que mignardises, lesquelles sont plus belles en leur simplicité 
que toutes les inventions alambiquées des Espagnols et de 
quelques Italiens, dont la monstrueuse eonception ne se peut 
oomprendre des Lecteurs, non plus que le baragouin d’un 
estrange iargon ». 

2) È questa via della negazione che la critica francese se¬ 
guirà con mirabil costanza. Des principaux défauts d’Homère 
- Deè principaux défauts de Firgile, sono due capitoli (X, XT) 
dell’opera di Jean Desmarets sieur de Saint-Sorlin, La 
Comparaison de la langue et de la poésie franqaise aree la grecque 
et la latine, Paris, 1670. 

8 ) Vedi la Dissertation sur la Joconde, in CEuvres , ed. Ch. 
Gidel, Paris, 1873, III, 145 sgg. 


6 — Farinelli, Voi. IT. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


audacie, le improprietà, la ragione, offesa in ogni modo, 
per ogni verso, le sacrileghe mescolanze del profano col 
cristiano, le imagini, le metafore, la lingua, tracciata la 
sua linea distruttiva sul poema intero 1 ). Non tutte le 


l) A chi, passata la scaldami de’ romantici, giudicava Dante 
co’ criteri estetici del Boileau, Charles Nodier rivolgeva 
queste franche e belle parole, che mi piace di qui ricordare, 
smesso ormai il pensiero di seguire, oltre il secolo di Voltaire, 
questa storia di fortune e sventure (Du fantastique en lit- 
térature, riprodotto nel Bullet, du biblioph., 1863, p. 401 sg.): 
€ On trouve souvent aujourd’hui des critiques pleins de goùt, 
qui déplorent Perreur de cette magnifique imagination, et la 
confusion apparente de cette fable poétique, oh le Virgile du 
Moyen Age prend pour introduoteur dans Penfer chrétien le 
Virgile du paganismo. Cette idée est cependant le pivot de sa 
composition, et c’est elle qui la rend sublime. Il fallait que 
Dante s’y précipitàt, sur le torrent des siècles, sans ménage- 
ment pour les formes circonscrites d’une timide épopée, et ce 
qu’il a conservé des idées universellement re$ues est au con¬ 
traire une oonoession très ingénieuse et très légitime au mys- 
tique de son époque, qui était de sa propre nature une des 
pièces essentielles de la Divine Comédie, mais qui ne pouvait 
en former Pàme exclusive dans cette conception de géant.... 
Cette création atrabiliaire ne doit pas ètre mesurée au compas 
de Partiste et aux unités du rhéteur. Sa grandeur est dans 
sa liberté sans frein, dans le droit conquis de faire jouer in- 
cessamment, sur le miroir à mille facettes de Pimagination, 
tous les aspects de la vie, tous les reflets de la pensée, tous 
les rayons de Pàme. Il ne faut lui chercher, je ne dis pas un 
modèle, mais un objet de comparaison que dans PApocalypse 
de Saint Jean; il faut moins lui chercher des imitateurs heu- 
reux dans les siècles qui Pont suivi, car c’est ici Poeuvre spé- 
ciale d’une époque, et Phomme de génie qui l’a oon^ue était 
à lui seul l’expression d’un siècle dont on ne peut séparer 
son individualité sans la mutiler. Ce qui a passé de lui dans 
des écrits modemes, comme le rève du parrioide dans les Vo- 
leurs, comme la prosopopèe désespérante de Jean-Paul, oh Jé- 
sus-Christ vient révéler le néant éternel aux àmes innooentes 
des limbes, comme la vision inoomparable du condamné dans 
le roman psychologique de Victor Hugo, c’est une émanation 
locale, partielle, inextensible, inoommunicable aujourd’hui, 
qui agit avec toute la puissance du principe dont elle est sor- 
tie, mais sur un point bomé, dans une circonstance rare, et 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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allegorie avrebbe ripudiate. L’ « Arte » sua raccomanda 
1’ allegoria qual espediente poetico. Nel gran naufragio 
del medio evo vede, non con torvo occhio, sopravvi¬ 
vere il Roman de la Rose , che Voltaire avrà poi in com¬ 
miserazione. Riconosce come dal ciel discenda « l’in- 
fluence secrète », come tutti i prodigi della tecnica, e 
le regole, e i precetti a nulla approdino senza la divina 
scintilla che accende 1’ estro del poeta ) e celebra, nella 
9 a satira, « ces violents transports | qui d’un esprit di- 
vin font mouvoir les ressorts ». Ma i « trasporti » di 
Dante, ben egli li condannerebbe come violenze di for¬ 
sennato. Nè miglior giudizio avrebbe recato degli sfo¬ 
ghi sublimi, delle espressioni subitanee del d’Aubigné, 
da lui ostinatamente taciuto x ). Anche certe pitture del 
laido e dell’ orribile, di mostri e serpenti, dice di tol¬ 
lerare, anzi di ammirare, purché fatte con pennello 
delicato, avvezzo all’ arte. Non desta meraviglia la pit¬ 
tura del mostro che uccide Ippolito, nella Phèdre Ra- 
ciniana? « Il n’est point de serpent, ni de monstre 
odieux, | qui, par l’Art imi té, ne puisse plaire aux yeux; 

| d’un pinceau délicat l’artifìce agréable, | du plus af- 
freux objet fait un objet aimable ». Qual arte, qual sot¬ 
tile e magico pennello avrebbe dato amabilità e bellezza 
alle brutture e sozzure infinite dell 1 Inferno dantesco - la 
sol cantica che sarà nota un dì in Francia - alle mostruo¬ 
sità accumulate, a quelle scene di orrore e di sgomento, 
giù nei gironi fatali? 

Si popola di divinità pagane 1’ Olimpo de’ poeti. Son 
desse le sole che convengano al canto, e docili si pie¬ 
ghino alle esigenze dell’arte. A quell’ Olimpo, facilmente 
s’accede. Di lassù, facil è la discesa in terra del mito- 


à travers un milieu insensible, ainsi que le feu d’un soleil qui 
s’éclipse, et qui enfiammo encore la poudre à travers une len- 
tille de giace ». 

1) « Le goùt sévère et monarchique du XVII e siècle se fùt 
eflrayé sans doute des hardiesses littéraires et politiques d’un 
gentilhomme » - Lenibnt, La Satyre en France, II, 44. 


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Da Malhevbe a Pierre Bayle 


logico coro, facil l’accordo colle Ninfe e le Grazie. Da 
un’ onda di paganesimo appaion volti e travolti i poeti 
e letterati del tempo. Prontuari di mitologiche favole *) 
vengon in ausilio alla memoria; e Bossuet medesimo 
insegnerà al delfino di Francia le belle favole della teo¬ 
logia pagana. Dove sen giva il reale, gridato dal Boi- 
leau, come unica condizione di vita all’ arte? Tenerissimo 
per la mitologia ed i simboli, eh’ ei riputava « eleganti », 
contraddicevasi talvolta, per necessità, l’Aristotil no¬ 
vello, costretto a dare uno strappo alla logica, una smen¬ 
tita alla ragione e al buon senso. 

Un’ epopea cristiana, per quanto ispirata, non gli sem¬ 
bra ammissibile. Non gli pare che si debban smuovere, 
dall’Empireo loro, squadre d’angeli, e squadre di demoni 
dagli infernali abissi. Che pensasse del Polyeucte corne- 
liano non saprei dire 1 2 3 * * ); ma certamente egli pretendeva 
mettere al sicuro d’ogni poetico attentato i misteri della 
fede di Cristo. E tuona nel verso : 

De la foi d’un chrétien les mystères terribles 
D’omements égayés ne sont point susceptibles ; 

L’É vangile à 1 7 esprit n’offre de tous cótés 
Que pénitence à faire, et tourments raórités ; 

Et de vos fiotions le mélange ooupable 
Méme à des vérités donne l’air de la fable 3). 


1) Il Pantheum mythicum di P. Pomey venne in luce nel 1658. 

2) Vedi G. Lanson, Boileau, in Les Grande Éorivains frano., 
Paris, 1892, p. 118. - Nella Bagion poetica (cap. IX) il Gravina 
scriveva : « perchè un martire è personaggio perfetto, e Cristo 
è la perfezione medesima, non si ha da rappresentare la tolle¬ 
ranza di un uomo divino..., e si ha da togliere agli occhi sì 
meraviglioso esempio di imitazione, ed un’ immagine di tanto 
profitto, per compiacere ai seguaci d’Aristotele che vogliono 
il protagonista di virtù mediocre? ». Vedi A. Galletti, Le 
teorie drammatiche e la tragedia in Italia nel secolo XVIII, Cre¬ 
mona, 1901, p. 154. 

3) La tirata è evidentemente diretta contro il Tasso e i suoi 

imitatori, non Contro Dante, e neppur contro il Milton, en¬ 

trambi sconosciuti al Boileau. Scrive, a legger cuore, il Bouvy, 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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Bella figura fanno i santi de’ nostri « auteurs de£us », 
sostituiti agli Dei dell’ Olimpo d’ Omero ; bella impresa 
« faire agir Dieu, ses saints et ses propliètes, | comme 
ces dieux éclos du cerveau des poétes » ; mettere « à 
ehaque pas le lecteur en enfer »; non offrire altro, « rien 
qu’Astarotli, Belzébuth, Lucifer » ! 

w 

Come funghi eran spuntate, in breve volger d’anni, 
sulla feraee terra di Francia, le Iliadi cristiane. Alla Frati- 
ciade del Ronsard si contrappongono le « Margaritiadi», le 
« Mariadi », le « Cristiadi », i canti eroici su San Luigi, 
San Paolo, San Paolino, Davide, Mosè, Saulle. Gli Omeri 
annunciavano l’opera loro con squilli di tromba; man¬ 
davano innanzi prefazioni, e discorsi, e epistole sull’ec¬ 
cellenza del poema epico, ormai raggiunta ; spiegavan 
l’intervento del cielo, l’errar fatale negli abissi d’inferno. 
Il Desmarets, autore del Clovis ou la France chrétienne 
(1657), spregiatissimo dal Boileau, aveva capovolta la 
teoria del rivale, chiarito, in lungo sermone, l’efficacia 
de’ misteri divini nell’ epopea, mostrato come facil fosse 
superare il meraviglioso di Omero e di Virgilio, di quanto 
i dogmi di Cristo vincessero i dogmi del paganesimo. 
Copriva il Boileau d’alto disdegno questo ed altri cantori 
cristianissimi i), e non badava alle risposte. Metter la 


nella Revue des lettr . frang. et étrang., I, 37: « C’est à l’au- 
teur du Paradis perdu qu’il songe ou à celui de la Jérusalem 
délivrée ». 

1) Al Desmarets s’ è invece ispirato il Caldana, vissuto qual¬ 
che tempo a Parigi ed alla corte, e delle cose di Francia 
assai esperto. Nel poema latino, Clodias, stampato a Venezia, 
nel 1687, pur dedicato, come il Clovis, a Luigi XIV, e di lodi al 
gran monarca intessuto (vedi B. Ziliotto, Marco Antonio Cal¬ 
dana da Pirano e il suo poema - Progr. del Ginn. sup. di Trieste - 
1905), il Caldana offre, in 12 canti che narran le lunghe 
guerre dei successori di Clodoveo e le vicende del principe 
Clodio, una continuazione del poema del Desmarets. Tra le 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


croce nelle mani degli Dei profani, conciliare, affratel¬ 
lare le due credenze, era follia, nel suo giudizio. Al 
biasimo antico sul mescolar insensato del sacro e dèi 
profano, pur dal Balzac ripetuto (« Si nos compositions 
sont Clirétiennes, elles le doivent estre aussi bien en la 
forme, qn’en la matière », Diss&rtation sur ime tragèdie 
intitulée Hérodes Infanticida ), aggiunge il biasimo suo. 
Egli non tollererà « en un sujet chrétien, | un auteur 
follement idolàtre et paien ». 

Una delle censure del Nisiely, mosse al divino poema, 
negli arruffatissimi Proginnasmi Poetici, dirigevasi ap¬ 
punto contro il connubio insensato del paganesimo e del 
cristianesimo, e sarà in Francia, nel secolo di Voltaire, la 
riprovazione maggiore toccata a Dante, letto con pietà, 
e infin vituperato dal figlio del grande Bacine. Frat¬ 
tanto, condannavansi dal sommo giudice in Francia le 
aberrazioni sorte in patria ; condannavasi il Tasso, il 


fonti della Clodias - ove, con Virgilio, Stazio, P Ariosto e il 
Tasso, appare Dante, imitato nella 3 a cantica, come P imi¬ 
tavano Tommaso Balli e Giulio Malmignati, ne’ poemi loro 
(pp. 33 sgg. dello studio dello Ziliotto, e P indagine anteriore 
dello Ziliotto medesimo : Un 1 imitazione del « Paradiso » di 
Dante nel Secento, in Pagine Istriane, Capodistria, 1904, II, 
309 sgg.)» - porrei risolutamente il Clovis ou La Franco chres - 
Henne, benché, ne 1 particolari e nel fantastico apparato, P imi¬ 
tazione sia leggerissima. Un , ascensione alP Empireo è ima¬ 
ginata nei due poemi. Nel Clovis (Liv. IV), la Vergine discende 
da’ cieli, e solleva poi alP alto (« dans nn nuage blanc Pem- 
porte par les airs ») Clotilde, vedova di Clodoveo, che, sbigot¬ 
tita, fissa negli astri le luci : « ses yeux sont frapez de lumie- 
res | qne ne peuvent porter ses mortelles paupieres ». Stretto 
alla visione paradisiaca di Dante, il Caldana offre nn misero 
calco de* cieli danteschi ; descrive P estasi di Clotilde : « Eunt 
immania flumina lucis, | Clothildamque beant. Quis regificos 
comitatus, | quis canet aethereis undantia serica gemmis », ecc. 
— Quali fiumi di scialba prosa versasse Monsignor Toldo Co¬ 
stantini sulla materia epica di Dante, straziata ne’ 18 canti del 
tediosissimo Giudicio estremo (1648-1651), ben rivela U. Cosmo, 
Un imitatore di Dante nel Secento, in Atti e Memor. d. R. Accad . 
di scienze, lettere ed arti di Padova, VII, 1891. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


Sannazzaro, citato d’un fiato dal vecchio Boileau, in 
una lettera al Brossette, co’Fernel ed i Muret *), e sfer¬ 
zato poi, con acredine, dal buon Rollin, uno de’ primi 
censori del Milton. E già trovi un preludio alle ram¬ 
pogne del Boileau, nel « Trattato sul poema epico » 
dell’abate de Marolles, ove si stupisce poter il Tasso, 
« comme Sannazare et quelques autres Italiens (che pen¬ 
sasse anche a Dante?) admettre dans la vórité de la 
créance et le Cerbère et la Chimère, et les Centaures, 
et les Grenouilles noires, dans le marais stygien, et une 
Barque qui serve à tant de milliers d’àmes pour traver- 
ser une rivière fatale » 1 2 ).. 

Nel tempio eretto alla gloria degli illustri antichi, e 
dove al sommo sventola il vessillo di Cristo, la nicchia 
d’onore è serbata a Virgilio. Virgilio è il modello di 
ogni perfezione, suprema guida ne’ peregrinaggi al so¬ 
vrannaturale. I sospirati Elisi, i Tartari imaginati a 
spavento de’ malvagi, raetton capo alla creazion sua, la 
« divine Enéide » 3 ). Virgilio è fonte d’ ispirazione, è 
l’anima dei cantori eroici, che, veramente, anima pro¬ 
pria non hanno. « Virgile est cause que le Tasse n’est 
pas le premier », dice il Dalibray, traduttore del Tor- 
rismondo . E il pedante Le Bossu, a sua volta : « Les 
Poémes d’Homère et de Virgile sont, du consentement 
de tous les siècles, les modèles les plus achevez qui 
aient jamais paru en ce geiire d’écrire » 4 ). Si molti- 


1) Lettera del 6 ottobre 1701, in (Euvres, IV, 453. 

2) Traité dù Poeme épique, pour Vintelligence de VEneide de 
Virgile, lequel doiet estre joint aux Remarques de la Traduction 
qui en a esté faite . Paris, 1662, p. 47 sg. Il de Marolles 
rammentava V Africa del Petrarca, la Cristiade del Vida, « les 
Rolands Amoureux et Furieux de Bojardo et de FArioste sur- 
nommé divin ». 

3) Così pur la celebra Antoine Halley, nel 1649. Vedi A. 
Mennung, Ber Sonettenstreit und seine Quellen, nella Zeitsch. 
/. franz. Spracke u. Bitter., 1902, p. 324. 

4 ) Traité du Poeme épique, Paris, 1675, p. 31. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


plicano i saggi di traduzioni dall 'Eneide *); e noi sappiamo 
come pur fosse stimata in Francia la versione italiana 
del Caro. Non s-imaginavan poemi, senza gran corteo 
d’allegorie. S’era avvezzi a veder nell ’Eneide allegoria 
dovunque. Nè il Petrarca appare più ardito nelle sue 
interpretazioni che noi fossero que’ bravi secentisti. 11 
Chapelain avvertiva i lettori della Pucelle doversi inten¬ 
dere il suo Carlo VII come figura della volontà umana, 
e Giovanna d’Arco come simbolo della grazia divina. 
All’autore dell’ Alaric, che provvedovasi di consiglio e 
di dottrina dal Castel vetro, dal Piccolomini, dal Vida, 
dal Robertelli, dal Riccoboni, dal Beni, da altri parec¬ 
chi, l’allegorica mania par sia giunta attraverso la Ge¬ 
rusalemme del Tasso, intesa a capriccio. Spremete i 
versi d’ogni epico poema, par voglia dire lo Scudéry, 
e n’otterrete, come sugo, allegorie. Naturalmente, non 
tutti gli occhi hanno la virtù di scovrirle, non tutti gli 
intelletti la capacità di comprenderle. Potevano capir 
tutti, per es., come sotto le spoglie d’Alarico covasse in¬ 
tera l’anima umana? S’ è poi fantasticato alquanto sugli 
effetti disastrosi e fatali del « virgilianismo », che avrebbe 
tolto alla Francia il beneficio d’ un’ epopea originale, e 
condotti gli spiriti d’una all’altra aberrazione 2 ). Ma a 


1) Li enumera R. Toinet, nel saggio, Quelques recherches 
autour des poèmes héro'iques-épiques frangati du XVII e siècle. 
Tulle, 1899, pp. 91 sgg., e Barbier, nelle Notes et Additions 
alla Notice raisonnée des éditions de Virgile , della bella edi¬ 
zione di Virgilio, curata da Heyne e Lemaire, VII, 549 sgg. 
Non un ricordo a Dante negli accenni alle varie figurazioni di 
Caronte, Cerbero, ecc., delle Remarques sur le sixième IAvre de 
Virgile , aggiunte alle CEuvres de Virgile traduites en vere fran¬ 
gati, di M. de Màrolles, Paris, 1673, pp. 601 sgg. 

2) « Der Virgilianismus musste naturgemass im weiteren 
Verlaufe zu den Verirrungen des Marinismus, Gongorismus 
und Euphuismus fiihren ». Cosi il Kòrting, Petrarca 1 s Lében 
und Werke, Leipzig, 1878, p. 486. Il Borinski, Das Epos der 
Renaissance, nella Vierteljahrschr, f. Kultur u, Litter . d. Re- 
natis., I (1886), vede nell’ uso obbligato del latino la fortuna 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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che incolpar Virgilio della vacuità del mondo interiore 
di tutti quei cantori di eroiche imprese? Che può darci 

V imitazione d’un qualsiasi modello - che posson Virgi¬ 
lio, Omero, Dante, Shakespeare, senza la virtù creativa 
ed assimilativa, che al di dentro risiede, ed è sola, unica 
condizione di vita? 

Il prurito dell’ epopea, del poema eroico cosiddetto, 
è in moltissimi, e irresistibile. Per frenarli e domarli 
tutti, il Boileau era nato un po’ tardi. In certe gittate, 
hai, ogni anno, il tuo bravo poema. E vengon su, accanto 
alle epopee particolarmente cristiane, una Pharsale, un 
Alaric, un Gharlemagne, un Childebrand. Già il Nostre- 
dame aveva prodotto un « Sogno di Scipione », una 
« Lotta degli angeli » ed uno sterminato « Goffredo », 

V Hyppiade. A quegli artificiosi meccanismi non giunge 
soffio dello spirito di Dante 1 ). Le visioni, i sogni, le « demi- 
Machines » come li chiama Le Bossu, sono comodi quadri 


meschina dell’ epopea del Rinascimento. Questi Diogeni non 
cercano, stavolta, nè V uomo, nè F anima. 

l) Vedi il cap. Du meì'veilleux infernàl dans les poèmes épi - 
ques, nell’ ottimo libro cit. del Delaporte, Du merveilleux 
dans la littér. frang., p. 263: « il serait bien superflu d’y cher- 
cher une ombre des graves visions de Dante et la sublime 
profondeur du 1 Lasciate ogni speranza ’ ». Vedi pure Duchesne, 
Bistoire des poèmes épiques frangati du XVII e siècle, Paris, 1870, 
pp. 66 sgg. — Rammento qui, a caso, il supplizio degli in¬ 
vidiosi, ne\VAlarie (I, 6) dello Scudéry: 

Les lasche» envieux de la gioire d’autruy, . 

En changeant de séjour, n’ont point changé d’ennuy; 

Car les démons subtils augmentent leurs supplice»; 

Eux qui, tombés du ciel, en savent les délices, 

Leur en font un tableau bien peint, bien entendu, 

Qni leur fait concevoir le bien qu’ils ont perdu. 

Più che dall 'Inferno di Dante, i Francesi saranno poi attratti 
dall’ Inferno di Milton, preferito al dantesco, sembra, anche 
dal Taine (Hist. de la littér. angl., II, 607): « L’enfer de Dante 
n’est qu’un atelier de tortures, où les ohambres superposées 
descendent par étages réguliers jusqu’au dernier puits. L’enfer 
de Milton est immense et vagae, donjon horrible, flamboyant 
comme une foumaise ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


e cornici, a cui si adattano le pedestri epiche fanta¬ 
smagorie. Talvolta han l’aria di satire, di burleschi tra¬ 
vestimenti. Più che lo smarrirsi in selve cupe e sel- 
vaggie, le selve dell’ errore e del peccato, è in voga il 
peregrinaggio nel regno di Plutone, e nel regno del cielo, 
con una provvidenziale scorta, che addita gli orrori e le 
meraviglie, e scioglie i dubbi mossi, e s’erge, all’uopo, 
a profeta dell’ avvenire. Alle paradisiache visioni, ai 
rapimenti all’ Empireo, son preferiti i diporti e le visite 
all* inferno. L* inferno è la gran macchina che rivolge 
e muove quei poemi, le goffe e stentate visioni. Le pa¬ 
rafrasi e variazioni al 6° libro deìV JSneide si moltipli¬ 
cano. Ne offriva anche 1’ autore del « Mosè salvato », 
Saint-Amant, spirito irrequieto e bizzarro, che errò buon 
tempo per le terre d’Italia *) ) ne offriva Cyrano de Ber- 
gerac, nelle fantastiche Lettres, non mai ispirate a Dante, 
come alcuni pur pretendono 2 ). 


1) Alle discese a’ regni di Plutone s’allude nel funebre so¬ 
gno (à Damon ), Les Visions, in (Euvres de Saint-Amant, Pa¬ 
ris, 1632, pp. 100 sgg.: 

J’y prend chaque basteau pour celuy de Caron, 

Et me croyant, par fois, n’estre plus rien qu’une Ombre 
Qui des Esprits sans corps ait augmenté le nombre, 

D’une voix langoureuse appelant ce Nocher, 

Je penso à tout moment qn’il me Vienne chercher. 

Un ? epistola di Saint-Amant a M? Des Noyer, che ha versi 
efficaci, ed una descrizione di un naufragio, bella e viva, è lo¬ 
data sovrammodo da P. Durand-Lapie, Un académioien du 
XVII e siècie . Saint-Amant. Paris, 1898, p. 356 : « Le tableau 
qu’il place sous les yeux de cet ‘ enfer de vivants 9 n’évoque- 
t-il pas le souvenir du ‘ Lasciate ogni speranza 9 de Dante Ali¬ 
ghieri ?» È alla scritta famosa sulla porta dell’ inferno che 
approdano, con meravigliosa insistenza, i ricordi più vivi della 
Commedia dantesca ne 7 dotti di Francia d’oggidì. 

2) Scrive, vaneggiando, P. A. Brun, Savinien de Cyrano 
Bergerac , Paris, 1893, p. 107: « Homère, Virgile, Dante, tous 
les auteurs classiques que notre auteur connalt si hien, se 
réunissent sous sa piume railleuse, pour composer un Enfer, 
digne de l’Odyssée, de l’Énéide, de la Divine Comédie, de 
tous les poèmes épiques...; comme Alighieri il a un guide, eoo. ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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Ne’ sogni, non mai sognati ad occhi aperti, come so¬ 
leva far Dante *), s’involgono dispute versificate sui 
costumi, effusioni satiriche sugli eventi politici del tempo. 
Qua e là vagando, pe’ pianeti in cielo, ci trasporta un 
anonimo Sony e, che ha colore e sapor di satira, e in cui, 
a torto, si vollero scovrir traccie di Dante 2 ). E il secolo 
de’ classici era ancora all’ esordire, le epopee terrestri e 
celesti non avevan fatto ancor cumulo, quando si sentì 


Al Brun pare voglia far eco H. Dubi, nel saggio, Cyrano de 
Beì’gerac ..., sein Lében und seine Werke , nell’ Arohiv dell’ Her- 
rig, CXIV, 130. - Al Campanella ( Civitas solis) s’ispira Cyrano 
de Bergerac, imaginando YHistoire comique contenant les Estate 
et Empires du Soleil ; afferma tuttavia H. Kòrting, Geschichte dee 
franz. Romans im XVII Jahrh., Oppeln, 1891, II, 199: « Eine 
Einwirkung Dante’s, den ja auch Clerville und Sorci im Tone 
der Persiflage nachgeahmt hatten, erscheint keineswegs aus- 
geschlossen ». Ritengo io fermamente che di Dante nulla mai 
conobbe il Cyrano. 

1) Nel 1619, stampavasi una prima volta la medievale 
« Storia della Normandia » di Orderic Vital, ove, come ap¬ 
prendo da un resoconto del Daunou alla traduzione francese 
del Dubois (Paris, 1825-1826), nel Journal des Savants, 1828, 
p. 157, narravasi, nell’ 8° libro, « le long récit d’une vision de 
Gauchelin, prètre du diocèse de Lisieux. En cheminant durant 
une nuit obscure, Gauchelin entendit un grand bruit, et vit en- 
suite passer des troupes nombreuses de fantassins, de cava- 
liers.... C’étoient l’enfer et le purgatoire qui défiloient devant 
Gauchelin: il fut témoin des tourmens qu’enduroit, mème pen¬ 
dant cette marche noctume, chacun des condamnés ». Questa 
visione « offre d’assez vives peintures, et quelquefois des détails 
comparables, de près ou de loin, à ceux qu’on admire dans le 
poeme du Dante ». 

2) Lo lessi nella raccolta, Poésies choisies , Paris, 1658 (chez 
Charles de Sercy), III, 28-56. Comincia: « Seigneur, depuis 
le noir et triste iour | que vous quittant et Philis et la cour, 

| j’abandonnay les delices du monde, ecc. », e termina con un 
capitombolo dal cielo sul letto del sognatore, « d’où me le- 
vant je vous écris mon songe ». Fu il Mennung, nel dotto 
libro, Jean-Francois Sarasin’s Leben, seine Zeit und Gesellschaftf 
I, Halle, 1902, p. 216, a scovrire, pur lui in sogno, che nel 
Songe anonimo, « das Somnium Scipionis und Dantes Divina 
Commedia deutliche Spuren hinterlassen haben ». 


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Da Mal herbe a Pierre Bayle 


il bisogno di mettere un po’ in canzonatura quelle di¬ 
scese tra i dannati, alla palude Stigia, e il tragittar della 
barca di Caronte, 1* ulular di Cerbero, il giudicar di Mi¬ 
nosse, il rifarsi e purificarsi nell’ acque di Lete, 1’ ag¬ 
grapparsi perenne a’ panni di una guida. Hai romanzi 
e novelle, buffonerie in prosa e in versi *), che prelu¬ 
diano alla gran mascherata dello Scarron, VÉnéide traves¬ 
ti e, specchio satirico della borghesia parigina del tempo 2 ), 
MeJoyeuses bouffonneries du Typhon , nWEnfer burlesque, 
attribuito, non so se a torto o a ragione, al Perrault 8 ). 

All’infernal parodia, più e più decenni prima che il 
Molière sferzasse le stravaganze e follie del tempo suo, 
il poligrafo Sorci, gran divoratore di libri, aggiungeva, 
ispirato al Banchetto degli Dei del Bracciolini 4 ), una sa¬ 
tira, scipita e volgaruccia alquanto, contro le mode poe- 


1) Vedi H. Heiss, Studien uber die burleske Modedichtung 
Frankreich8 im XVII Jahrh., nelle Roman. Forschungen, XXI, 
particolarmente il 2° cap., pp. 493 sgg.; e uno degli ultimi 
articoli del BrunEtière, La maladie du Burlesque, nella Revue 
des Deux Mondes, del 1° agosto 1906. 

2) Vedi V ediz. curata da Victor Fournel (Paris, 1858), 
che, nella prefazione (p. xxiv), avverte come P idea del tra¬ 
vestimento derivasse allo Scarron da\V Eneide travestita del 
Lalli (Roma, 1633, posseduta dal Bossuet ; vedi Journal des 
Savants, 1900, aprile, p. 201). « Pareva », diceva il Lalli, 
nell 'Eneide sua, « che si facesse torto a poema così eminente 
(l’epopea di Virgilio) di non tradurlo anche in dilettevole stile 
giocoso ». Ma il Cyrano lanciava un’ epistola allo Scarron, ac¬ 
cusandolo d’ aver profanato la sacra arte di Apollo. 

3) L’Enfer burlesque ou le sixième de VÉnéide travestie, et dé- 
diée à Mademoiselle de Chevreuse f le tout aocommodé à Vhistoire 
du temps, Paris, 1649. Vedi Rev. d’hist. littér . de la Franoe, 
Vili, 111. La Francia ebbe poi, com’ altri popoli, travesti- 
menti osceni, inferni di cortigiane (« l’Enfer de la mère Car¬ 
dine traitant de la cruelle et terrible bataille qui fut aux en- 
fers, entre les diables et les maquerelles de Paris, aux noces 
du portier Cerberus et de Cardine »), e simili trastulli. 

4 ) Vedi E. Roy, La vie et les oeuvi'es de Charles Sorel , sieur 
de Souvigny (1602-1674), Paris, 1891, pp. 113 sgg., e lo zi¬ 
baldone del Sorel, La Bibliothèque frangoise (2 a ediz., Pa- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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tiche, le sentimentalità e arcadiclierie romanzesche, ve¬ 
nute in voga dopo VAstrée, cullata tra fiori e tra fronde, 
e la Sylvanire, satira che intitola Le Berger extravagant, 
e ove è un’allusione al Tartaro e a’ Campi Elisi, da 
Virgilio, non da Dante suggerita 1 ). Amore è di scorta 
all’eroe che, pagato lo scotto al nocchier fatale, tragitta 
Acheronte, non soffre da Cerbero ingiuria, ed entra in 
pena, vedendo fuggire innanzi a sè schiere d’anime, 
« pource que i’eusse bien voulu les entretenir, et leur 
demander comment elles passoient le temps en ce lieu »; 
e riempie di luce improvvisa quel regno delle tenebre : 
« J’y avois tout d’un coup apporté tant de lumière que 
i’estonnois tous les habitans de cette basse region ». 
Tuffato in acque gelate, e purificato de’ vizi, passa ai 
campi Elisi, « avec un esprit qui me servoit de guide », 
non si sa ben quale, ed attraversa prati con infiniti fiori, 


ris, 1667). Tra le allegorie ivi citate (p. 168), trovi i Trionfi del 
Petrarca ed il Roman de la Rose . Curioso il capit. (pp. 42 sgg.), 
Dee traduction8 des livres grecs, latine, italiens et espagnols en 
frangole et de la manière de bien traduire. Dante è ignoto al 
Borei, che conosce il Petrarca, il Boccaccio, l’Ariosto, il Tasso, 
il Gnarini, il Marino, il Bracciolini. 

1) Male consigliato da H. Kòrting ( Gesch . d. frane . Ro¬ 
mane, U, 86 : « Hier giebt Sorel durch Narrenmund eine Pa¬ 
rodie der Divina Commedia, ebenso wie sein Nachahmer Clerville 
im Gasoon extravagant »), l’amico mio G. B. Marchesi, negli 
appunti, Della fortuna di Dante nel see. XVII, Bergamo, 1898, 
p. 23, scrive esser « parodiata la Divina Commedia » nel Berger 
extravagant del Sorel e nel Gascon extravagant del Clerville. 
Quest’ ultima novella, o « histoire comique », stampata a Pa¬ 
rigi, nel 1637 (io la lessi in un esemplare dell’Arsenal di Parigi, 
BL. 8°. 14276), è una variante alquanto goffa e insulsa della 
novella del Sorel, condita dell’ arguzie delle novelle « pica¬ 
resche » degli Spagnuoli, e delle Visioni del Quevedo. Piaceva 
tuttavia assai al Kòrting, che vi trovava, come s’è visto, 
1’ orme di Dante, e sentenziava (II, 99): « In der feinsinnli- 
chen Ausmalung erotischer Verbàltnisse ist der Dichter ge- 
radezu Meister.... Merkwiirdig ist der Roman noch durch die 
sehr lebendige Schilderung einer Seelenreise in das unterir- 
dische Reich ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


altri luoghi di delizie, dimora delle anime elette, che 
vi recitan versi, tra suoni di liuto e di chitarra. Segue 
poi una rassegna bizzarra di poeti, in cui gli Italiani 
non hanno poca parte 1 ). 


i 

Perplesso rimango, se veder l’orma di Dante, accanto 
a quella, visibilissima, di Virgilio, in due elegie sui tor¬ 
menti e i tormentati dell’ inferno, di un oscuro poeta della 
Brettagna, Francois Auffray, vissuto solitario, senza fumi 
di corte, non travolto dalle correnti letterarie, ronsardista 
in ritardo, ligio ancora alla tradizione della cinquecen- 


1) Le Berger extravagant, où partny dee fantaisies amoureu- 
8e8 on voit Ì68 impertinences des romane et de la poésie , 1627 
(Liv. XII, pp. 414 sg. )• - Lo lessi nell’edizione di Rouen, 1640. 
V’è pure beffeggiata già qui la mania mitologica. Si ripro¬ 
vano le similitudini troppo frequenti in Omero (Liv. XIII, p. 5): 
« Il ne spaurait parler du moindre combat.... sans en mettre 
quelqu’une ». Si biasima l’Ariosto (XIII, 12), « qui a fait un 
Roman remply d’inventions absurdes ». Al Tasso è applicata 
la critica di un Boileau anticipato : « Bien qu’il soit obligé 
de parler en crestien dans sa Hiérusalem assiégée, il ne laisse 
pas de parler aussi souvent en Payen, et de mettre en ieu 
les anciennes Divinitez ». Si condanna e s’assolve ad un tempo 
il Guarini. Il Sorel mostra conoscere assai bene il Peregrino 
en su patria di Lopk de Vega, il Filocolo del Boccaccio, ed 
alcuni componimenti dell’Aretino. In altri scritti del Sorel 
trovi altre fantasie sull’ inferno, visitato da’ poeti. Così, in Les 
Amours de Venus. Nel Nouveau Èeeueil des pièces les plus agréa- 
Ì>le8 de ce temps - En suite des jeux de Vinoonnu et de la Mai¬ 
son de Jeux , Paris, 1644, il Sorel tocca delle ambasce d’amore, 
e soggiunge (p. 129) : « Les Poétes qui ont feint un Enfer à 
leur mode, inventent des gesnes beaucoup plus agréables que 
celles que souffrent ceux qui sont affligez de ce genre de mar- 
tyre ». (Si pensò mai a un raffronto della Maison de Jeux del 
Sorel, derivata in parte dal noto Dialogo di Scipione Bar- 
gagli, con La casa del juego di Francisco de Navarrete y 
Ribera - notaio apostolico - di cui conosco un’ edizione ma¬ 
drilena del 1644 f). 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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tistica « Plèiade » 1 ). Volge 1 ’ Auffray pure in capo astra¬ 
zioni e figure allegoriche. Una sua Zoanthropie vorrebbe 
esser simbolo de’ destini della umana vita, che, dal mar 
de’ perigli e del peccato, esce penitente alle spiagge si¬ 
cure della grazia divina. Vestiva il poeta l’abito reli¬ 
gioso, e scioglieva inni e cantici a Dio. Più che il fervor 
divino, potevano talora su di lui le rime spirituali de’ fra¬ 
telli d’Italia. 

Al regno delle tenebre, del dolore e del pianto è ito, 
non come Virgilio, colla scorta di uomo od ombra, ma 
soccorso dalla « triste élégie ». L’inferno non ha con¬ 
torni, nè cerchi, nè bolge. È un succedersi di fosse, in 
cui s’apprestano orribili torture, con abbondanza di zolfo, 
di pece e di fiamme, « la veiie des bourreaux, des roiies, 
des chaudières », i supplizi dei tristi inferni medievali. « 0 
ciel », esclama l’Auffray all’entrarvi, « que de tour- 
mene, que de torrens de larmes, | que d’orages souf- 
freux, que de feux ailumez, | que de bourrellemens et 
de corps abimez, | et grillez dans ces feux et morts 
en ces vacarmes ! » Eterno è il martirio, e si rinnovella 
in eterno. Eterna vita hanno que’ morti. « Les mallieu- 
reux immortels raniment les damnez|.... Au moine, si 
ces travaux avoient un peu de tré ve, | un an, un mois, 
un iour, une heure, un seni moment, | afìn de leur don- 
ner un peu d’allegement ! | Mais non, ce chàtiment in- 


1) Tocca appena dell’Auffray S. Ropartz, Études sur quel - 
ques ouvrages rares et peu oonnus du XVII e sièole éorits par des 
bretons, Nantes, 1879, p. iv. Offre, in compenso, ampi estratti 
de’ versi suoi, e particolarmente delle elegie sull’ inferno, Oli¬ 
vier de Gourcuff, Gens de Bretagne. Histoire et Littérature. 
Prose et Poésie . Paris, Vannes, 1900, pp. 163 sgg., ohe chiama 
l’Auffray (p. 132) « le plus mal trai té des poètes », e fantastica 
alquanto sul vigor suo del pensiero e la profondità. L’Auffray 
assai avrebbe rilevato dall’Aliglieli ; p. 254 : « comme Brizeux 
il traduit Dante » ; p. 170 : « ces vers né pàlissent pas trop à 
cóté des fiers accents que la Némésis protestante a inspiré à 
l’auteur des Tragiques... ; comme celle de d’Aubigné, la muse 
d’Auffray semble sortir des tombeaux ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


cessament les grève ». Risuonan dolorose strida : « Ce 
De sont que clameurs, que cris, que pleurs, que larmes, 
| que peines, que douleurs, que grincemeus de dens, | 
que feu, que mort, que sang...; la dedaus | est Sodome 
engonffrée en une mer d’allarmes » 1 ). Ad un tratto, 
l’Auffray appar colpito dall’ imagi ne dantesca dell’in¬ 
ferma, « che non può trovar posa in su le piume, | ma 
con dar volta suo dolore scherma » - imagine rammen¬ 
tata poi dal Ménage, nelle Mescolanze 2 ) - e l’applica ai 
suoi dannati, che invano cercheranno lenimento ai dolori- 
togliendola, non già dai Purgatorio di Dante, ma, con ogni 
probabilità, già infiacchita e stemperata, dal poema del- 
l’Ariosto: « Un pauvre langoureux que la fièvre tour- 
mente, | avec impatience invoque l’oeil du jour, | car la 
nuict l’importune.... | Il se toume en son lict, il va de 
place en place, | il cherche le repos, et ne le peut trou- 
ver 3 ); | il semble que 1*Aurore, yssant pour le sauver, 

| allantisse ses maux, et seraine sa face. | Viens (dit-il) 
haste-toy, belle aube, ma lumière, | apporte moy le jour 
qui dorè l’univers, | àpporte le repos à mes travaux di- 
vers, | et redonne à mes yeux la clarté coustumière ». 


1) E simili pianti, sospiri ed alti lai risuonano piti innanzi 
(p. 168 sg.): 

La mort, les cris, les pleurs, la discorde, la rage, 

Les sanglots, la fureur, le meurtre et le baffroy, 

Mettent à qui mieux mieux ce peuple en desarroy, 

Et en font à tous coups un furieux carnage. 


Et partout mille morta font mourir les damnez 
Et revivre en la mort leurs ames eperduez. 

2) Mescolanze di Egidio Menagio, ediz. di Parigi, 1678, 
p. 354. Già Margherita di Navarra offriva una variante della 
comparazione dantesca dell’inferma. 

3) Si compari col Furioso, XXVIII, 90 : « Come l’infermo 
ohe dirotto e stanco | di febbre ardente va cangiando lato ; | 
o sia su V uno o sia su V altro fianco, | spera aver, se si volge, 
miglior stato ; | nè sul destro riposa, nè sul manco, | e per tutto 
ugualmente è travagliato ». Sfugge al Gourcuff (p. 165) donde 
derivi all’Auffray « l’ingénieuse comparaison jk 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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Imagin perduta entro squallide e poclie descrizioni di 
tormenti, e supplizi, e orror cupi, la macelleria d’inferno, 
le laidezze e crudeltà di demoni, « de fagons énormes ». 
« Quel carnage sanglant des esprits infernaux, | quel 
grand tìeuve de sang ondoye en ces canaux, | quels cris, 
quelles clameurs, quel sac, quelle tuerie ! ». Corpi mu¬ 
tili di qua, « delà testes fendues, | ici les ulcèrez, de là 
lés gaingrenez ». Yien voglia di coprirsi gli occhi e di 
turarsi il naso. Ma il poeta invoca pietà per gli infelici, 
brancolanti fra le tenebre, percossi nell’infornai bufera, 
« aveuglez à jamais de ces belles clartez | que le ciel 
ne denie aux plus abominables. | On leur poche les yeux 
aux umbres infernales, | battus, navrez, grillez, bruslez 
de mille ardeurs, | exposez aux démons, à la rage, aux 
fureurs, | sans trève ni repos » 1 ). Gran dolore pugna a 
lui stesso in cuore, vedendo i figli al cospetto del pa¬ 
dre, « ardre parmy les feux, geler dans les glagons », 
la madre assistere al supplizio de’ suoi « maudits en- 
fangons », vederli « remourir et revivre en si griefve 
misère ». In quel misero inferno penan pure i meschi- 
nelli che sommiser la ragione al talento, ma non soffron 
le torture inflitte a’ peccator carnali dell’ inferno dantesco. 
Non v’ è Francesca, e non v’ è Paolo. Ti trovi in mezzo 
a’ « crappaux, les vipères, | les sours, les basilics, | les 
aspies,'les dragons, | les couleuvreux rehors de mille 
hestrigons », che avvinghian i « misérables perdus, pour 
des heures briefves | passées en esbats ». La bellezza è 
fior che rapido trapassa. Non ha posa invece, e dura al- 
l’infinito, il castigo 2 ). 


1) Potrebbesi veder qui un riflesso del dantesco : « nulla 
speranza gli conforta mai | non che di posa, ma di minor 
pena ». 

2) Pochi estratti offre il Gourcuff della 2 a elegia, che, in 
terzine di alessandrini, pur descrive il muggito, il tremito e 
P orror dell’ inferno. I versi riferiti non permetton alcun giu¬ 
dizio, ma pare che il biografo suo avesse ferma fede in una 
derivazione dal poema di Dante (p. 173): « Le poète est à 


7 — Farinelli, Voi. IL 


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Da Malherbe a Piente Bayle 


I “ classici ” del gran secolo 

11 Cbamfort, amico del Voltaire e del Rivarol, narra 
di La Fontaine che dicesse un dì a chi gemeva sulle 
sorti de’ dannati tra le damme d’inferno : « Je me fratte, 
qu’ils s’y accoutument, et qu’à la fin, ila sont là comme 
le poisson dans l’eau » *). Nè inferni, nè paradisi, nè 
limbi, nè purgatori, nè epopea di lunga lena, sognò mai 
il poeta di Francia, che con Molière più seppe specchiare 
al vivo la società del tempo, e gli uomini di tutti i 
tempi. Fu fortuna grandissima che in poco conto tenesse 
le regole saggissime de’ precettori e de’ pedanti, e solo in¬ 
terrogasse l’anima sua, l’imaginazione sua capricciosa, 
mobile, lesta, sbrigliata, facile a distrarre, quanto pronta 
a concentrarsi, qua e là portata, con ali rapide, pel 
mondo e sulle scene della vita. La Commedia sua, pre¬ 
gna di vita vissuta, di osservazioni sagacissime, sminuz¬ 
zata in mille quadri, è completa in ogni quadro. Spedito 
e leggero, qual farfalla che vola di fiore in fiore, vero 
« papillon du Parnasse », lui medesimo « ailé, léger, sa¬ 
crò », penetra ove si posa ; penetra con quella percezione 


bout d’imagea; il rassure son esprit prèt à défaillir, comme 
celui du Dante, perdu dans la forét obscure ». — Non sembra 
che un soffio d’ispirazione dantesca sia passato sul forte canto 
Ann Infern, che il popol di Brettagna conosceva forse già nel’500, 
e raccolse poi il De La Villemarqué, Barzaz-Breiz, Chants popu- 
laires de la Bretagne, Paris, 1846, II, 457 sgg. Trascrivo qui due 
frammenti, nella traduzione in prosa: « L’enfer est un ablme 
profond, plein de ténèbres, où ne luit jamais la plus petite 
olarté ; les portes ont été fermées et verrouillées par Dieu, 
et il ne les ouvrira jamais; la clef en est perdue ». « Soyez 
maudite, femme perdue, qui nous avez mis au monde; so¬ 
yez maudit, homme insouciant, qui ètes la cause de notre 
damnation ». 

l) Caraeières et aneedotes, in (Euvree de Chamfort , Paris, 1796, 
IV, 291. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


99 


prontissima, ed il dono di divinazione eli’è nei sommi, 
ed era meravigliosissimo in Dante. 

Ratto si forma e si trasforma in lui il poetico fan¬ 
tasma. Ha l’aria d’ un disoccupato, che bada a trastul¬ 
larci per ingannar la vita, ed è pur affaccendato, non 
meno della sua formica; è in moto sempre, per racco¬ 
glier fatti ed * esperienze. E foggia atti e scene pei suoi 
piccoli drammi ; ha gli occhi aperti sempre sulle tra¬ 
gicomiche vicende di quaggiù. Minuto e profondo, in 
pari tempo, vede, colla superficie delle cose, facile a scor¬ 
gere, e facile a ritrarre, nelle secrete pieghe dell’ animo 
altresì; ritrae anche i moti fuggevoli. L’analisi della 
natura e dell’uomo è piena di intuizione, e quindi di 
poesia. Quanto il La Fontaine ritragga dal cosiddetto 
« esprit gaulois », che dovrebb’ esser 1’ opposto dello 
« spirito » di Dante, come s’incarni in lui il vero tipo 
dell’ « uomo d’arte » di Francia, non so dire ; ma ri¬ 
conosco ch’egli è dei pochi che lasci libertà di azione 
e di creazione all’ individualità sua possente, e aggiunga, 
alla grazia ingenita, la leggiadria voluta e studiata, ap¬ 
paia ordinato, misurato, pien d’armonia, di chiarezza 
e di luce, come il secolo imperiosamente esigeva. An¬ 
ticipato Voltaire, abbraccia il gran caleidoscopio della 
vita; percorre ogni calle, senza insanguinarsi mai il 
piede; scrive favole, invece di libelli, e compie il mi¬ 
racolo di far primeggiare la fantasia sulla ragione. Ep¬ 
pure è sì parco di metafore e di imagini, da sembrare 
averle tutte in disdegno. Lo stile suo è tutto cose. Nessun 
sovraccarico, nessun orpello; la spigliatezza non esclude 
la densità ; e t’imbatti in versi che esprimon quanto il 
verso concisissimo, scolpito, di Dante. 

Del gran libro della natura che ha innanzi nelle sue so¬ 
litudini, il poeta, che ha tutta la curiosità e la sensibilità 
dell’ uom modernissimo, non s’appaga. L’Esopo che at¬ 
tende a scrutar le sorti degli animali, de’ prati e delle 
foreste, ha alquanto della selvatichezza di quel gregge ; 
tende da lungi l’orecchio a quanto accade alla corte, 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


che pur fugge, quale ostello di tralignati. È al corrente 
di tutto ; sa d’ogni cicaleggio e pettegolezzo. È avido 
di istruirsi ; e se oggi conversa colle rane e co’ corvi, 
domani siede alla mensa della filosofica famiglia; e legge, 
con gravità, Platone. Legge di tutto. Le letture, dige¬ 
rite, assimilate, non gli fanno ingombro, non gli tolgon 
la naturale speditezza. L’artista è un mago che trasforma 
l’altrui, istantaneamente, in cosa propria ed originale 1 ). 
Vedete il La Fontaine, innamorato di Virgilio, e de’ clas¬ 
sici antichi, appassionarsi anche per i poeti, gli scrittori 
e favoleggiatori d’Italia. « J’en lis qui sont du Nord et 
qui sont du Midi » (Épitre a Huet, IX, 204). Non poteva 
interrogar Dante, sfinge per il suo secolo, poeta escluso 
dalle sacre dimore di Parnaso. Nelle lettere alla moglie è 
parola un dì di Michelangelo (1665) : « On dit qu’il ne se 
peut rien voir de plus excellent, et qu’en ces statues Mi- 
chel-Ange a surpassé non seulement les sculpteurs mo- 
dernes, mais aussi beaucoup de choses des anciens ». 

Non gli era concesso metter la vision sua in quel « si 
dice ». E chi può assicurarci che una statua di Michel¬ 
angelo, od un canto di Dante 1’ avrebber scosso, entu¬ 
siasmato? « Je cliéris l’Arioste ». È il cuor che parla, 
il cuore, che non mente. Nè occorre ch’io dica quanto 
dell’ umor finissimo, dell’ ironia piena di grazia e di soa¬ 
vità, quanto della malizia, della destrezza nel coglier il 
lato comico delle cose, che ammiriamo nell’Ariosto, pur si 
riscontri nel La Fontaine, qual provvida fonte di poe¬ 
sia novella fosse al La Fontaine V Orlando Furioso 2 ). 
« J’estime le Tasse : | Plein de Machiavel, entété de 
Boccace, | j’en parie si souvent qu’on en est étourdi ». 


1) Come trasformasse una novelletta del Brusoni, egregia¬ 
mente lo mostrò G. Paris, La source italienne de la Courtisane 
amoureu8e de La Fontaine , nella Raccolta di studi cnt. ded. ad 
A . D’Ancona, Firenze, 1901, pp. 375 sgg. 

2) È esiguo saggio quello di B. Cotronei, La Fontaine e 
l’Ariosto, nella Rass. d. letter . itah e stran Catania, 1890, 
pp. 58-89. 


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Da Malherbe a Bierre Bayle 


101 


Ne parla, ne mette a profitto il materiale narrativo che 
offrono que’ sommi, e de’ meno illustri italiani ancora, non 
sdegna motivi, imagini, scene e pensieri. Gli avviene di 
togliere dal gran patrimonio delle facezie antiche la sto¬ 
riella del pesce piccolo e del pesce grosso, Le rieur et 
le poisson, alla quale un tempo - almen nel Poggio - 
era legato il nome di Dante ; ma già glie l’ofifrivan, 
spoglia del gran nome, le Serées (Thrésor de récréation) 
di Guillaume Bouchet nè credo che il La Fontaine 
avesse un pensiero mai alle arguzie leggendarie del 
sommo poeta 2 ). 


¥ 


Il quale doveva pur essere perfettamente ignorato da 
quei grande plasmatore di caratteri, e osservatore delle 


1) Vedi Papanti, Dante secondo la tradizione e i novellatori . 
Livorno, 1873, pp. 158 sgg. 

2) A queste leggendarie arguzie, narrate nelle Facezie, pre¬ 
sta ancor fede, nella Spagna del ’600, Baltasar Graciàn, con-- 
temporaneo di Saavedra y Fajardo, che, nella Republica lite- 
rana, dava a Dante una lezioncina di estetica (« queriendo 
mostrarse cien tifico, no fué poeta, porque se le vanta sobre la 
inteligencia comun, sin alcanzar el fin de ensenar deleitando, 
que es propio de la poesia, ni el de imitar que es su forma » 
- dalla stampa del manoscritto originale della Reptibl. liter., 
nella Cultura espanola, IV, novembre, 1906, p. 1086, pare che 
il nome di Dante si sia sostituito in seguito a quello del 
Bembo). - Vedi Agudeza y Arte de Ingenio, in Obras^ Ma¬ 
drid, 1664, II, 235, Disc. XLI : « Haviase disfragado el fa¬ 
moso Dante y andaban por conocerle ». A chi gli chiede : « Quien 
sabe del bien? », Dante risponde : « quien sabe del mal ». — Una 
leggenda sugli amori di Dante par raccolga, in Germania, Thbo- 
bald Hook, nel Schoenes Blumenfeld, dato in luce nel 1601. 
Vedi la ristampa curata da M. Koch, in Neudrucke deutscher 
IAtteraturwerhe dee XVI und XVII Jahrh., Halle, 1899, pp. xliv, 
e 102 (cap. LXXIT): « Danten kan einer der Maiden im sehen 
sich nit massigen, es wer auch Epschen vnartig » — « Wenn 
dise braune Augen, | das Hertz im Leib nit hitzen, | mit liebes 
Fewr entzunden, e<?c. ». 


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102 


Da Malherbe a Pierre Bayle 


fralezze umane ch’era il Molière. Le commedie e tra¬ 
gedie in Francia non usavano attingere al dramma 
umano e divino di Dante. I modelli d’Italia, che si 
imitavano e trasfondevano, nulla traevano che di Dante 
avesse una lontana impronta. Il Molière, giovane, tra¬ 
sforma la commedia dell’arte italiana in commedia eterna ; 
di un canevaccio a linee rozze, fa un’opera d’arte a linee 
perfette. Nella sua mano, franca e ferma, ben gli stava 
la sferza, vibrata, senza pietà, sui corrotti costumi, le 
lascivie, le affettazioni, le ipocrisie e le depravazioni del 
tempo. Sulle scene, non languide mai, la vita si svolge, 
irradiata dal sole dell’arte. Era qualcosa dell’acerbità e 
del risentimento amaro di Dante nel creatore d’ Alceste. 
E forse, se la Commedia di Dante fosse stata nota a 
que’ dì, nell’ambiente intellettuale di Francia, il Molière 
non l’avrebbe sdegnata. Un’eco delle terzine dantesche, 
scagliate con titanesca ira e veemenza sui degeneri co¬ 
stumi, le Tartufferie, le coperte iniquità e le simulate 
virtù, eh’eran nell’Italia di Dante del ’200, divisa in 
fazioni, e sono di tutti i secoli, e d’ogni plaga di terra, 
avrebbe rinforzata la voce del grande e possente poeta 
di Francia. 

Or, ne’ suoi drammi, il critico che pretende decom¬ 
porli ne’ primi elementi, e vi scandaglia le fonti, trova 
derivar dall’Italia, unicamente, lembi di scene, e situa¬ 
zioni, e scherzi, e spiritosità, e buffonerie, abbozzi di 
satire, abbozzi di caratteri, parte minimissima della vita 
infusa dal Molière nell’originalissima opera sua. La pa¬ 
tria di Dante imponevasi al Molière, non come terra di 
poeti, ma come terra ferace d’artisti, di pittori e scul¬ 
tori, che allietavan e ingentilivan la vita, ed educavano 
al sentimento del bello gli artisti di Francia. Salutava 
Roma (La Gioire du Val-de-Gràce), donde usciva Mi- 
gnard, forte di studi, maturo all’ arte : « 0 Rome, qu’à 
tes soins noutì sommes redevables | de nous avoir rendu, 
fa^onné de ta main, | ce grand bomme, chez toi devenu 
tout Romain ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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La coltura, le lettere, le rime d’Italia, hanno non 
piccola parte nell’ educazione del giovane Bacine. La 
teneia pianta è accarezzata dall’aure soavi che spirano 
dal Mezzodì. Le letture favorite nella cerchia de’ Balzac 
e de’ Yoiture, si consiglian pure al futuro creatore di 
Phèdre e d 'Athalie, quando ancora il mentore Boileau 
non eragli al lato, cogli aurei precetti, e non gli offriva 
le gruccie sue al cammino dell’ eterna fama. Fruttavano 
allora le sagge parole del giansenista Hamon, suo mae¬ 
stro d’italiano e di spagnuolo. Ripete il Racine a sè e 
ad altri, i dolcissimi versi del Petrarca e del Tasso ; 
si ricrea alla lettura dell’Ariosto. Riempie, lardella e 
corona le epistole sue - non meno immoderato degli ita- 
lianeggianti più in vista - di versi de’ poeti prediletti. 
E pare ne facesse degli estratti, per usarli più spediti 
al bisogno *). 

L’amore per Virgilio, portato fino all* adorazione, non 
avvicinò mai il Racine al grande d’Italia che da Virgilio 
trasse il « belio stile ». Al Le Vasseùr ripete un dì (feb¬ 
braio del 1662) il verso del Tasso : « Amor che solo i cpr 
leggiadri invesce », e non sa (chi allora in Francia po¬ 
teva saperlo fj esser foggiato quel verso su quello immor¬ 
tale posto da Dante sulle voluttuose labbra della misera 
Francesca, che grida e getta amore negli abissi dell’odio 
e del dolore. Portato, dall’onda degli anni, innanzi nel- 
l’esperienza e nella vita, muta alquanto gli ideali di gio¬ 
ventù. Passa sulla lira sua il fremito della tragica Musa. 
I ricordi de’ poeti d’Italia dileguane via via. E sempre 
più sfolgoranti, in soglio altissimo, appaion gli idoli del- 
l’arte greca, purissima 1 2 ). Posano tra’ suoi libri, con altre 


1) « Je passe tout le temps aveo mon onde, avec saint Tho¬ 
mas et aveo Virgile; je fais force extraits deThéologie, et quel- 
ques uns de poésie ». Lettera a M r Vitart, del 24 gennaio 1662. 
Lettres de Bacine et Mémoires sur sa vie , riprodotte in Grands 
Écrivains de la Franoe, p. P. Mesnard, VI, 449-450. 

2) Come ogni mortale ed immortai poeta, il Racine imitava e 
s’appropriava talvolta le imagini balenate all’altrui fantasia. 


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Da Malherbe a Dierre Bayle 


reliquie, libri italiani di storia e di poesia: un Machia¬ 
velli, le opere di Fulvio Testi, le rime dei Petratta, 
l’opere del Sannazzaro nell’ edizione lionese del 1547. 
Vanno pure a posare, un decennio prima che il poeta si 
spegnesse, i tomi del Jugement dee Savants del Baillet, 
in cui figuravano quelle indotte e strafalarie notizie su 
Dante che noi ritroveremo, e sulle quali l’ocello di Ba¬ 
cine, probabilmente, non sarà caduto giammai. 

¥ 

La vita del secolo di Molière e di Racine è specchiata 
tutta nelle epistole, a cui s’affidan le effusioni, i desi- 
derii, le aspirazioni. Vi si riversano le conversazioni 
de’ crocchi galanti, non spontanee, ma pensate, studiate, 
piene di vezzi, di eleganze, di sottigliezze. E v’era, 
a que’ tempi, ben altro da discorrere che de’ misteri 
dell’anima, colla Commedia di Dante tra mani. Più 
spontaneità, più perizia quindi, nel dettar lettere, ri- 
velan le donne. Nessuno raggiunse mai la virtuosità di 
M me de Sévigné, artista nata, d’imaginazione pronta 
e vivace, fortificata nella sciagura, incapace di stempe¬ 
rare il sentimento in sentimentalità e languori. Agivan 
su di lei gli scritti del Pascal. Gli Essais de morale di 
Nicole le sembravano sviscerar 1’ uomo. Vissuta in altro 
secolo, compagna a Margherita di Navarra, avrebbe cer- 


Nè occorre scagliargli contro, acerbamente-, Come fa, in un 
libro suo E. Dreyfus-Brisac, Plagiate et réminiscenoes, ou 
le jardin de Bacine (Études littér. comparées ), Paris, 1905, ri¬ 
levare, scartabellando il Comeille, il Desportes, il Gamier, 
P Hardy, lo Scudéry, il Chapelain, pretesi plagi, in certe va¬ 
ghe somiglianze d’espressione, nella identità di parole e di 
sillabe. « De mots pris en cent lieux divers, | il sale, il sucre 
tous ses vers |.... Tout ce travail de mosaìque, | moderne aussi 
bien qu’archaìque, | occupe les divines maina | de cet enohan- 
teur des humains ». Così la Préface, p. 7. 

i) Vedi P. Bonnefon, La bibliothèque de Bacine , nella Bev . 
d f hi8t. littér . de la France, V, 178 sgg. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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cato in Dante svago e conforto. Doveva partecipare dei 
gusti e delle tendenze delle società elettissime, tra cui 
era cresciuta, preferire, in fatto di poesia straniera, gli 
autori più in voga e più letti. Ebbe come precettore 
il Ménage, ultimo degli italianeggianti in Francia. E il 
Ménage favellò a lei del Petrarca, del Boiardo, dell’Ario¬ 
sto, del Bemi, del Guarini, del Tassoni; le rese gradito 
anche il « clinquant » del Tasso, e non schiuse a lei 
certo i tesori nascosti della Commedia, da lui stesso te¬ 
nuta in poco pregio 1 ). 

Poco disposta all’ entusiasmo, M me de Sévigné non è, 
quanto M me de Coulanges (lettera del 30 ott. 1672) r ra¬ 
pita dall’Ariosto ; pur le piace chiamar l’amica M me d’Op- 
pède col nome d’Alcine (1689). Le Beatrici non avrebber 
avuto corpo e figura. Leggere, è per M me de Sévigné 
imperioso, irresistibil bisogno dello spirito. E di leggere 
e rileggere consiglia le amiche. Supplica M me de Grignan, 
sua figlia, si attenga più alla poesia che alla prosa (1698). 
Trionfava allora ancora il Pastor fido, elisir de’poemi, 
più fortunato, un tempo, dell ’Aminta stessa. Saputo che 
le de Bussy si davano allo studio dell’italiano, il Corbi- 
nelli scrive, sollecito, a Bussy-Rabutin (settembre 1672): 
« Je meurs d’envie de voir ce qu’elles s^avent dans le 
Pastor fido et dans l’Aminte, car je ne les crois pas en- 
core assez habiles pour entendre le Tasse » 2 ). Alla figlia 


1) Scrive, di sua fantasia, la Samfiresco, nella tesi su Mé¬ 
nage, Paris, 1902, p. 32, ricordando l’insegnamento impartito 
alla Sévigné : « Ménage lui avait enseigné l’espagnol, le latin 
et l’italien qu’elle arriva à connaltre suffisamment pour goù- 
ter le Dante et le Tasse dans l’originai ». Nella lettera della 
marchesa, riferita qui in nota, solo del Tasso si ragiona. - « Ne 
savés vous pas bien que je suis une écolière qui n’entens rien 
à la beauté des vers italiens », così, schermendosi, scriveva 
la marchesa al precettor suo Ménage, nel settembre del 1656 
(lettera riprodotta da V. Cousin, Madame de Sablé. Études sur les 
femmes Ulustres et la soeiété du XVII e siècle. Paris, 1854, p. 296). 

2) Lettres de Messire Roger de Ràbutin comte de Bussy , Am¬ 
sterdam, 1731, I, 138. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


della Sé vignò, pur scolara del Corbinelli, poco piacevano 
i dolciumi, e poco i versi. Al Tasso avrebbe preferito 
Tacito e il Machiavelli; ai poeti, i filosofi; agli antichi, 
i moderni ; e aveva come un’ innata antipatia per i poemi 
epici maggiori, che il Le Bossu esaltava. Diceva male 
di Virgilio, e peggio di Omero, sì da scandalizzare il 
buon marchese di Sévigné, che bonariamente le scri¬ 
veva: « Ne lisez point Virgile, jo ne vous pardonnerais 
pas les injures que vous pourriez lui dire. Cependant si 
vous pouviez vous faire expliquer le sixième livre et le 
neuvième, où est l’aventure de Nisus et d’Euryale, vous 
y trouveriez du plaisir » x ). 

Spregiare i classici, ne’ più bei dì del classicismo ri¬ 
nascente e rifiorente, buttar giù dal loro piedestallo al¬ 
tissimo Omero e Virgilio, patteggiare pei moderni, era 
audacia che confinava colla follia. I Montaigne del’600, 
moralisti di professione, che pel benessere delle genti 
dettan massime d’oro, in ogni contingenza della vita, 
non hanno di siffatte pazzie; vanno alle fonti dell’an¬ 
tica sapienza; e portan la perizia loro nello scandaglio 
del cuore umano, la sagacia nel giudicare de’ costumi 
della società e della corte. Sgorga dall’ antico la saggezza 
suprema. Saint-Evremond appar moderato ne’ suoi ap¬ 
prezzamenti, talvolta ostile persino al Dio Virgilio. Ma 
le « Riflessioni » sue, sur nos Traducteurs, vi fanno scom¬ 
parire il mondo moderno. Gli antichi son tutt’ armonia, 
tutta bellezza. « Vous n’y trouverez pas un terme à dési- 
rer pour la netteté du sens, rien à rejeter, rien de 
superflu, rien qui nous dégoute » 1 2 ). Piega, scapestrato 
com’ è, i gusti suoi alla moda che impera. In fondo, la 
poesia vera lo lascia freddo. Gli elogi a Sofocle ed a 
Euripide son di uomo, a cui nè Sofocle, nè Euripide 
toccaron mai il cuore. Ha il prurito della critica, e il 


1) Vedi P. Janet, Les lettres de Mute de Grignan, Paris, 1895, 
pp. 159 sgg. 

2) Oeuvres meslées, Paris, 1693, I, 164. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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fondo fragile di scarse letture. « Un choix délicat me 
réduit à peu de livres », confessa lui medesimo. È sì 
poco quanto l’Italia gli può offrire di bello e di piace¬ 
vole. È sì elementare la conoscenza sua della favella di 
Italia. Di Dante nulla avrebbe inteso. Confessa schiet¬ 
tamente, in un breve saggio, De la Comédie itali enne, 
che per convenevolmente giudicare VAminta del Tasso, 
« il faudroit connoistre mieux que je ne fais les gràces de 
la Langue Italienne ». Gli duole non poter così entrare 
« dans l’esprit du poète ». E qui, come altrove, in una 
epistola al maresciallo di Créquy, deplora, con rara fran¬ 
chezza, la sua scarsa perizia del verso italiano : « Je ne 
me connois pas assez aux vers Italiens pour en goùter 
la délicatesse óu en admirer la force et la beauté » *). 

Zeppa la mente di ricordi del sapere antico, s’ingi¬ 
nocchiano sacerdoti e prelati all’ aitar di Dio, predicano 
alle turbe, riempiono panegirici, discorsi, orazioni, teo¬ 
logici trattati. I campioni e gladiatori del sacro Verbo 
crescono tra gli oracoli invocati di Poma e di Grecia, 
e accordano poi, con candor mirabile, il vangelo dei 
classici col vangelo di Cristo. Dio misericordioso avrà, 
indubbiamente, redenti‘quei saggi pagani che avevan 
sì scossa la coscienza de’ suoi fedeli, e avrà concesso loro 
un. seggio tra i beati, i Padri Santi, i Profeti, gli Evan¬ 
gelisti. Le sacre carte hanno un profluvio di citazioni. In 
quegli ornati periodi, così sapientemente girati e costrutti, 
scintillano, alla viva luce del sole di Cristo, i nomi dei 
dottori venerati 1 2 ). 


1) (Euvres, II, 253; III, 15. 

2) Scrittori sacri e scrittori profani fanno a chi più cita 
nomi di illustri antichi. « Il y a bien des Auteurs qui appor- 
tent dans leurs Ouvrages des passages d’Homère, de Pindare, 
d’Aristote, de Ciceron, de Demosthenes, de Tite Live, quoi- 
qu’ils ne les ayent jamais làs ; rien n’est plus ordinaire que 


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Da Malli erbe a Piente Bayle 


Il gran Bossuet, che ha, al fondo dell’ anima, possente 
e sincera la fede sua, ha bisogno di quel luccichio, di 
quello sfarzo. Su tutta l’opera sua, prodigiosamente ricca 
e svariata, passa, com’onda invadente, la scienza de* pre¬ 
diletti autori dell’antichità. Quell’onda penetra; non 
giova ad inumidir soltanto ; s’amalgama, s’assimila al¬ 
l’onda di vita interiore. « Quello glorioso filosofo al quale 
la natura più aperse li suoi secreti » (Convivio III, 5), 
è pure per il Bossuet il « maestro di color che sanno ». 
Son di preludio al Vangelo, e alle memorande bibliche 
sentenze, le dottrine di Aristotile e di Platone (Politique 
tirée de VPeriture sainte ). Poco mite, e poco conciliativo 
nelle sue polemiche, d’implacabile, dantesca rudezza, 
nel combattere gli errori, veri o presunti, degli avver¬ 
sari, vorrebbe pure il Bossuet conciliare il mondo antico 
miscredente, col mondo retto dalla Chiesa di Cristo. Coi 
padri, Sant’Agostino, San Gregorio, San Basilio, San Cri¬ 
sostomo ; San Tommaso, militano Demostene e Cicerone, 
Omero e Virgilio, Socrate e Tito Livio. 

Talora gli scritti appaiono stracarichi di rinvìi eruditi, 
e il sant’ uomo, espositore di santissime dottrine, rive¬ 
latore de’ misteri divini, fa desiderare maggior sempli¬ 
cità e sobrietà, maggior naturalezza 1 ). A che attingere 


cette conduite dans la République des Lettres » - La Coterie 
des Anti-Fagonnier, Amsterdam, 1716, p. 143. Un profluvio di 
citazioni, di Demostene, Tacito, Cicerone, ecc., è nell’arringa 
dei vescovo Cohon, in favore di Mazarin : Lee senilmente cPun 
fidèle 8ujet du roi sur Varrét du Parlement au vingt-neuvième 
déeembre 1651, dov’ è pure una frecciata (delle prime in Fran¬ 
cia) contro Milton, « le plus artifìcieux apologiste du plus noir 
de tous le8 parricides ». Vedi F. Duine, Cohon , évéque de Ni- 
mes et de Dol f Rennes, 1902, p. 12. 

1) Si è troppe volte esagerata la pompa esteriore negli 
scritti ascetici del Bossuet ; nè è da credersi al Taine, che, 
nel suo La Fontaine ( 15 a ediz., Paris, 1901, p. 212), scrive: 
« Toutes les fois qu’on lit dans Bossuet les triomphes de Dieu, 
on pense à ceux du prince; le paradis qu’il décrit n’est pas 
fort différent de Versailles; l’assemblée des élus est une cour 


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Da Malherbe à Pierre Bayle 


in altrui, quanto l’anima propria vi concede, spontanea, 
con soffio ardente di vita? Pur lui, Bossuet, in altra 
sfera di Pascal, vi evoca, ne’ momenti di ispirazione 
maggiore, la grande, la poderosa manifestazione dello 
spirito dantesco. Le imagini assediano quella fantasia 
esuberante5 scoppian di vita; impregnan di vita il la¬ 
voro dell’intelletto, logico, tenace, vigoroso, vittorioso 
in tutte le dispute, trionfatore di Fénelòn, d’ogni ri¬ 
vale. Tutto è reso con idee ed imagini sensibili, affer¬ 
rabili. L’arida teologia, le questioni più spinose di me¬ 
tafisica e di morale, si mutano in pittura vivace, in 
dramma. Nel simbolo è messa la figura reale, persona 
con vena e con sangue. Non altrimenti agivano i detti 
biblici su Bossuet che su Dante, fecondatori di imagini, 
atti ad accrescere l’energia, ed il vigore della parola, 
a fortificare la tendenza al grave, al sublime, all’eroico 1 ). 
Tra gli oratori sacri, che crescevano allora sulle terre 
di Francia, fertili quanto, un secol prima, i teologi in 
terra di Spagna, solo al Bossuet poteva convenire la 
trilogia dantesca, qual fonte d’ispirazione. Ma al pane¬ 
girista di Santa Caterina, la visione di Dante non s’è 
rivelata 2 ). Della scienza de’ cieli, della demonologia di 
Dante, nulla potè trasparire nell’ opera devota del Bos¬ 
suet 3 ); e l’inno a San Bernardo s’estolle, nel meravi- 


oii l’on distribue beaucoup de cordona bleus, et l’orateur lui- 
mème, du haut de sa chaire, tonne par les maina de son grand 
Dieu, oomme l’ambassadeur en Hollande foudroyait lea pau- 
vres mynhera de la colère de son roi ». 

1) Non è più di una chiacchierata, lunga e tediosa, il libro 
del gesuita R. db la Broise, Bossuet et la Bible , Paris, 1891. 

2) Un nuovo e sconosciuto Panégyrique de Sainte Cathei'ine 
è ora a stampa per cura di E. Levesque, nella Berne Bossuet 
(1903), IV, 3 sgg. Vedi anche la comoda raccolta curata dal 
Rébelliau, Oraisons funèbres de Bossuet (4 a ed.), Paris, 1905. 

3) P. Perez, I sette cerchi del Purgatorio di Dante , Ve¬ 
rona, 1864, p. 60, trova certa analogia fra il pensiero di Dante 
ed un discorso del Bossuet alla Beata Vergine, dove è detto 
che mentre « i figliuoli sogliono dividere le loro simiglianze 


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I 


110 Da Malherbe a Pierre Bayle 


glioso panegirico, senza che al dotto vescovo giungesse 
fama della meravigliosissima glorificazione dell’asceta 
contemplatore, ultima guida a Dante, nel cammino della 
libertà e della salute, e da Goethe invocata, perchè ful- 
gesse nell’ Empireo dischiuso al suo Faust. 

Eppure l’Italia non era, nel concetto del Bossuet, 
terra vergine di poeti. Qualcosa sapeva il grand’uomo 
dei frutti dell’ imaginazione di laggiù. La biblioteca sua, 
che non accolse mai la Commedia di Dante, ospitava, 
coll’opere ascetiche, un Decameron, V Orlando furioso, 
VAdone, un Machiavelli, le Satire di Salvator Rosa, 
VEneide travestita del Lalli *). 

La gran volta di Paradiso, che Dante intravvede ne¬ 
gli estatici sogni, andava man mano, mercè l’opera degli 
eloquentissimi oratori, riaccostandosi alla terra. Dice il 
Sainte-Beuve del cielo, visto e descritto dal Bourdaloue, 
gesuita nell’ abito, ma non nel cuore : « son ciel est un 
peu surbaissé..., on le voit venir d’une lieue ». La mo¬ 
rale inculcata ne’ sermoni e ne’ quaresimali, le descrizioni 
della vita fugace, che in terra trascina, di quella eterna, 
dannata o beata nell’ oltretomba, le analisi sottili e mi¬ 
nute delle umane passioni, la distribuzione logica, mi- 


fra padre e madre, Cristo, che solo ritrasse dalle fattezze ma¬ 
terne, dovette alla madre somigliare più che altro figliuolo 
giammai ». Altri trovano germi del pensiero dantesco e della 
filosofia della storia, che l’Alighieri avrebbe iniziata, nel Dis- 
cours sur Vhistoire universelle . H. Oelsner, Dante and thè mo- 
dei'n thought, London, 1895, p. 36, ripete, con altri, esser Dante 
« thè forerunner of Bossuet ». G. Lanson, a cui dobbiamo 
uno degli studi migliori sul Bossuet (Paris, 1891), osserva, 
nell’ottimo manuale Hist. de la littér. frani}, (ed. Parigi, 1898, 
p. 575): « ce fort logicien de Navarre nous fait parfois penser 
à Dante ou à Milton ». 

l) Vedi Brunetière, La bibliothèque de Bossuet , dal Journal 
des Savants (aprile 1900, pp. 201 sgg.), riprodotto in Études 
oHtiques sur Vhistoire de la littér. frang ., 7 e sèrie, Paris, 1905. 
Al Bossuet il Montfaucon offriva, stampato appena, il Dia - 
Hum italioum , che registrava il codice estense della Commedia 
di Dante - Rev. Bossuet , IV, 21. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


111 


sarata, chiarissima, degli argomenti della perorazione, 
tutta la ginnastica e virtuosità oratoria insomma del 
secol di Bossuet, fa alle pugna coll’ arte di Dante. Lo 
sfarzo erudito occorre alle guide spirituali, per imporre 
rispetto ed agire sul pubblico, sulla corte massimamente, 
sempre avida di pompose orazioni. L’Olimpo pagano, 
disserrato ormai da tante chiavi, serve di scala all’ Olimpo 
cristiano. 

La coltura ellenica non ha sull’ animo del Bourdaloue 
quel potere che aveva sull’ animo del Bossuet A ) ; ed è 
ne’ suoi scritti minor affastellamento di gran nomi. In 
compenso, l’erudizione classica, graditissima anche al 
Mascaron, involge l’ opera tutta del Fléchier, che, con 
sapiente e paziente compasso, misurava la bella archi¬ 
tettura de’ suoi sermoni. Prediligeva il Fléchier i poeti 
latini 1 2 ), e, benché la mania de’ libri, grande in gioventù, 
non lo abbandonasse ancora negli anni maturi, benché toc¬ 
cassero a lui alcuni de’ tesori dispersi della biblioteca fa¬ 
mosa di Jean Grolier 3 ), in cui Dante figurava, poco o 
nessun fascino esercitava su di lui la letteratura d’Italia 5 
e lasciò la Commedia divina posare polverosa tra le an¬ 
ticaglie. 


Ultimi bagliori delle glorie d’Italia 
Avviamento alla critica del Bayle 
Precursori del Voltaire 

Posava pure la grand’ opera di Dante, senz’ ombra di 
vita, nelle collezioni de’ prenci e gran signori. L’ave¬ 
vano, inutil retaggio, i figli dai padri ; emigrava, con 


1) Vedi F. Castets, Bourdaloue . La vie et la prédication d } un 
religieux au XVfII e siècle, Paris, 1901, p. 37. 

2) Vedi il libro dell’ « abbé » A. Fàbre, Fléchier orateur f 
1672-1690 , Paris, 1886, cap. V, pp. 70 sgg. 

3) Leroux de Lincy, Becherches sur Jean Grolier, cit., p. 134. 


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112 


Da Malherbe a Pierre Bayle 


altre opere minori di Dante, manoscritte, o a stampa, 
ne’ vastissimi magazzini di libri de’ bibliografi più ric¬ 
chi. La versione italiana, anonima, del De valgavi eloquen- 
tia, posseduta, inedita, dal Corbinelli, aggiunta al testo 
del Convivio, passa, nel’600, alla biblioteca di Colbert. 
L’inventario, sterminato, registra quel « Dante maro- 
quin », manoscritto, e gli attribuisce il valore di « qua¬ 
ranta soldi » x ). In quell’ arca di Colbert passò pure una 
copia della Commedia 1 2 ), manoscritta, ed una a stampa. 
Passan altri codici danteschi nelle maggiori biblioteche 
parigine. Mabillon acquista in Italia, intorno al 1686, 
il commento di Benvenuto da Imola alVInferno, e, con 
altra carta scritta, lo manda in Francia, a rintanarsi 3 ). 
Fra i tesori del duca di Mantova, il Montfaucon scorge 
il codice estense della Commedia, « Dantis d’Aligeri, 
codex autori pene aequali, egregie descriptus» 4 )j e par 
ne comprenda il gran valore j ma lo registra poi asciut¬ 
tamente, nel Diario. Quand’ è a Firenze, non ha un pen¬ 
siero nè alla Commedia, nè al sacro poeta 5 ). Possiam tra¬ 
stullarci, esaminando i cataloghi e gli inventari del’ 600, e 
notare i nomi dei beati possessori di una Commedia, o di 
un Convivio, o di una qualsiasi Vita di Dante. Tranne 
il Loménie de Brienne, già ricordato, son ricchi dilet- 


1) Vedi L. Auvray, Lee manusorits de Dante, p. 152. 

2) Auvray, Lee manusor ., p. 28. Non è memoria di Dante 
nelle Recherches sur la biblioth. du grand Condé, di Le Roux de 
Lincy, nel Bullet . du biblioph ., 1860, pp. 1156 sgg. 

3) Auvray, Les manusor . p. 97. 

4 ) Diarium italicum sire Monumentum veterum, eco., Paris, 1702, 
p. 33, e la Bibliotheoa Bibliothecarum Manuseriptorum nova, del 
Montfaucon, Paris, 1739. 

5) Diarium, pp. 394 sgg. Per circa due mesi il Montfauoon 
si trattenne a Firenze. Vedi Mabillon et Montfauoon, Corres- 
pondanoe inèdite aveo V Italie, edita in 3 voi. dal Valéry, 
Paris, 1846. Anche le lettere scambiate con Johann Christoph 
Bartenstein, recentemente edite, in Studien u. Mittheil. des Be- 
ned. u. d. Osterò . Orden (1902), voi. XXIII, non hanno un ri¬ 
cordo a Dante. 


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tanti e magnati i più, che non avrebber messo divario 
fra un Dante e un Folengo, e non curavan certo di in¬ 
tendere il testo sibillino del sacro poema. Trovi un Dante, 
colla sposizione del Landino (Venezia, 1564), tra i libri 
del Foucquet *), amico della Sévigné, e del La Fontaine. 
L’edizione medesima è acquistata dal presidente Séguier, 
presunto modello al Tartuffe del Molière 2 ). Più « Danti » 
registra la Thevenotiana - uno, colla sposizione del Vel- 
lutello (Venezia, 1544), un secondo, edito a Firenze, 
nel 1595 ; e v’ eran aggiunte le Vite di Dante e del Pe¬ 
trarca di Leonardo Aretino 3 ). Un’edizione di Dante, 
del primissimo ’500, era messa negli scaffali - con un 
Decameron, le Lettere dell’Aretino, le‘Poesie del San- 
nazzaro, V Orlando del Boiardo, un Gancionero, un Bo- 
mancero, un Don Quijote - dal duca d’Estrées, maresciallo 
bibliomane, morto nel 1707 4 ). Un « Dante » è pur tra 
i libri rari di Anne de Bavière 5 ) ; ed altre copie del di¬ 
vino poema scovrirà chi ha più di me pazienza e voglia 
di scartabellar cataloghi. 


1) Inventane, Prisée, et Estimation des Livres trouvés à S t Man- 
dé appartenant ci devant à Momieur Fouquet. Ma. della nazion. 
di Parigi, fr. 9438 (Non vidi la Mémoire des Manuscrits de la 
biblioth. de mons. Fouquet , Paris, 1667, e, pur troppo, non lessi 
ancora il volume di V. Chatelain, Le Surintendant Nicolas 
Foucquet, proteoteur des lettres , des arts et des Sciences, Pa¬ 
ris, 1905). 

2) Bibliothecae Seguierianae Catalogus, Paris, 1685, p. 172. 

3) Bibliotheca Thevenotiana, Lutetiae Parisiorum, 1694, pa¬ 
gine 114 sg. 

4) G. Brunet, Un maréchal de France bibliomane , in Bui- 
let. du biblioph. (1895), LXII, 347. Per errore, l’edizione della 
Commedia è qui registrata colla data di Parigi, 1499. 

5) Lo ricorda, in nota, V Oelsner (dietro il Quentin Bau- 
chabt, Lesfemmes biblioph.), a p. 71 del suo libercolo. Erano 
in voga, nel 7 500, e per buona parte del 7 600, i lunghi elenchi 
versificati di libri. Io ne esaminai parecchi; vi trovai regi¬ 
strato il Roman de la Rose, il Boccaccio, PAriosto, l’Aretino, 
e non mai Dante. Vedi Quelques listes en vers de Livres rares, 
nel Bullet. du biblioph., 1862, pp. 900 sgg.; 972 sgg. 


8 — Farinelli, Voi. II. 


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Scordati i testi del Tournes, scordati i Rovilles. In 
tutto il gran secolo, non un’ edizione del poema esce alle 
stampe di Francia. Lione aveva cangiato un po’ d’aspetto 
e di coltura, e non smerciava allora i suoi libri, come 
li smerciava nel ’500. L’Italia stessa conta pochissime 
ediziobi secentistiche della Commedia - misere tutte, e, 
pressoché tutte, riproduzioni scorrette delle edizioni an¬ 
teriori. Sepolto il Grangier, e la laboriosa quanto prosaica 
e sciatta traduzione sua *), niuno ardirà vestir di nuovo 
di versi francesi il poema obliato. E sorgerà come per 
incanto, un Inferno, tradotto in prosa, per sommergersi, 
rivelatosi appena, e rimaner tuffato nell’onde di Lete. 
A illustrar scene ¥ e visioni dantesche non potevan pen¬ 
sare gli artisti, gli incisori e pittori di Francia, in mezzo 
alla regnante, generai negazione del poema. Nè più son 
ritratte le fattezze dell’uom fatale, che osò sfidar le ca¬ 
ligini del più buio inferno. 

Quelle incisioni che il Callot, ispirato dal grande dise¬ 
gno del Poccetti, manda in dono, nel maggio del 1612, 
al Granduca Cosimo I di Toscana 1 2 ), riproducono scene 
d’ orrore di un inferno, de’ molti che pullulavano nelle 
imaginazioni del tempo, e nulla rilevano della cantica 


1) Per un abbaglio, fu creduta dal Cancellieri, dal Gamba, 
da U. Cosmo {Lestampe della Comedia, eco., nei PHmisaggi, cit.) 
V edizione della Commedia tradotta dal Grangier del 1596, ri¬ 
petuta, nel 1696. « Vuol dire », scriveva il Cosmo, nel Bi- 
bliof., XI, 82, « che la vecchia stampa era esaurita, e v’era 
in Francia chi pur leggeva la Commedia. Cosa del resto che 
non deve punto meravigliare chi pensi che uno dei migliori 
elogi, una delle pagine forse piìi eloquenti e più sentite che 
si scrisse sull’ Alighieri nel Seicento è uscita di Francia ». 
Quali elogi abbia in mente il dotto e caro mio amico non 
riesco in verità ad indovinare. L’Italia stessa non conosce 
che tre ristampe della Commedia, nel ’600. Alle edizioni « illu¬ 
strate » non si porrà mano che nel 1757. 

2) Vedi Ed. Meaume, Becherches stir la vie et les ouvi'ages 
de J . Callot, Paris, 1866, I, 153 sgg. Sui bizzarri abbozzi del 
Callot vedi Thausing, Dos Skizzenbuch von J . Callot in der 
Albertina , in Wiener Kunstbriefe, Leipzig, 1884. 


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dantesca e della dantesca fantasia 1 ). Nè ebbe il Callot 
il suo poe$a che celebrasse l’inferno suo, in tempi in cui 
al Chiabrera piaceva esaltare « gli orridi verni del Tar¬ 
tareo vento |.... che rocchio sceme in turbi di funesti | 
tutta agitar la region profonda », dipinti da Cesare Corte, 
interprete del canto di Francesca 2 ). Ma tra i romantici, 
contemporanei dell’ Ingres, del Delacroix, di Ary Schef- 
fer, di Antoine Étex, e non tra essi soltanto, sarà chi, 
volgendo nella mente sogni bizzarri, e scene d’orrore, 
assocerà al nome di Callot quello di Dante. « Figurez-vous 
l’enfer de Dante | près de l’atelier de Callot », esclamerà 
il Morel 3 ). 

Ben avrebbe potuto darci il Rubens un’ interpretazione 
e figurazione della Commedia non indegna della crea¬ 
zione di Dante ; ma ad altro quel geniale artista atten¬ 
deva. L’ideale degli artisti di Francia del ’500 vagava 
in altre sfere. Imbevuti della coltura de’ classici, si di¬ 
lettano, si distraggono i maggiori, cogli autori più in 
voga. Rifuggono, con Salvator Rosa, da « certi modàcci 
alla dantesca ». Il Poussin leggeva il Pastor fido; tol¬ 
lerava e gustava il dolciume del verso ) ricordava (1647) 
la risposta che il Boccalini, ne’ Bagguagli, « fait faire 
par Apollon à ceux qui disoient que la tarte du Guarini, 


1) Anche il Volkmann, Toonogr., p. 87, esclude che il Cal¬ 
lot « sich selbst irgendwie mit Dante beschàftigt hat ». Vedi 
anche Kraus, Dante, p. 624. 

2) Il sonetto del Chiabrera, Per lo quinto canto di Dante 
dipinto da Cesare Corte (Opere di G. C. f Venezia, 1730, II, 231) 
è riprodotto nello zibaldone del Del Balzo, Poesie di mille 
auton, V, 431. 

3) Le Tempie du romantisme , Paris, 1825. — Già il La Harpe, 
discepolo ed adoratore del Voltaire, accostava le bizzarrie del 
Callot all* « assemblage de grotesques », « cette ridicule sub- 
division des cercles infemaux, cette interminable accumula- 
tion des supplioes bizarrement recherchés » dell’ Inferno dan¬ 
tesco. « On opposera Callot à Raphael et à Michel-Ange » 
(Sur une traduotion de la Divina Commedia du Dante , 1778. — 
Vedi i cap. di questa storia mia dedicati al Voltaire). 


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c’est à dire il Pastor fido leur sembloit trop sucrée ». 
Errava tra le rovine dell’ eterna Roma, col pensiero ri¬ 
volto a Virgilio. A Virgilio ritorna con frequenza, nelle 
espansioni sue. A Virgilio s’inchina; a Virgilio s’ispira. 
La poesia che esplode dal cuor di Dante, ulcerato, avrebbe 
offeso il suo delicato sentimento. I poeti migliori, soleva 
dire, « ont également usé d’une grande diligence et d’un 
merveilleux artifice, non seulement pour accommoder 
leur style aux sujets à traiter, mais encore pour rógler 
le choix des mots, et le rhythme des vers d’après la 
convenance des objets à peindre ». Non sapeva qual 
miracolo di evidènza fosse ne’ versi incisivi di Dante. 
Sapeva dell’ evidenza nelle pitture virgiliane. « Virgile 
surtout s’est montré, dans tous ses poèmes, grand ob- 
servateur de cette partie, et il y est tellement éminent, 
que souvent il semble, par le son seul des mots, mettre 
devant les yeux les choses qu’il décrit. S’il parie de 
l’amour, c’est avec des paroles si artificieusement clioi- 
sies, qu’il en résulte une harmonie douce, plaisante et 
gracieuse; tandisque lorsqu’ il chante un fait d’armes 
ou décrit une tempète, le rhythme précipité, les sons 
retentissans de ses vers, peignent admirablement une 
scène de fureur, de tumulte et d’épouvante » x ). 

i 

Or chiedetevi come in quel giro di tempo, tra quegli 
entusiasmi pe’ classici antichi, er quell’indifferenza per 
Dante e la Commedia, tomba del medio evo, potesse 
trovarsi in Francia un uom di senno, capace di distrarsi, 
traducendo la prima cantica della dantesca trilogia, e 
come quell’ uomo, originale senza dubbio, da’ fuggevoli 
indizi rimastici, dovrebbe identificarsi con un marchese, 


l) Lettera del Poussin a Mr de Chantelou, datata da Roma, 
24 novembre 1647 - Collection de Lettres de Nic . Poussin, Pa¬ 
ris, 1824, p. 278. 


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tenente capitano dell’armata di Sua Maestà, cugino della 
Sévigné, il belligero Philippe Auguste Le Hardy, di cui 
son noti i fatti d’arme nella Franche Comté, nel Poitou, 
nel Languedoc, nel Dauphiné, in Fiandra, nel Piemonte 1 ). 
Caduto il manoscritto della versione, dalle mani dell’au¬ 
tore suo, in quelle di amici e conoscenti, posseduto da 
Jean Francois de Labroue, barone di Yareilles-Sommiè- 
res 2 ), e dal Vareilles concesso in dono all’abate Francois 


1) Morì nel 1691. Una sua figlia andò sposa, nel 1864, ad Ame¬ 
deo Alfonso Dal Pozzo, marchese di Voghera (morto nel 1698). 
Sul Le Hardy, marchese de la Trousse, vedi L. Benoist, No- 
tiee historique et statistique sur le Marquisat de la Trousse et ses 
possessione, Meaux, 1888, pp. 19 egg., che enumera le imprese 
militari, senza dir verbo delle attitudini letterarie del mar¬ 
chese. Figura costui nel Dietionnaire de la Nòblesse di La Che- 
naye-Desbois, Paris, 1774 (2 a ediz.), VH, 669, e nell’Histoire 
généalog. et chronolog. de la Maison Boyale de France, ecc. dei 
PP. Anselme, Ange et Simplicien, continuata da Potier 
de Courcy, Paris, 1884-90, tomo IX, parte I, p. 301. — 
Un antenato del marchese, Sebastien Le Hardy, « sieur de la 
Trousse, grand prévót.de France», aveva confidato al Cha- 
pelain l’educazione de’ suoi tre figli. Al Chapelain scriveva 
il Balzao, nel 1644 ( Lettres de Jean-Louis Guez de Balzac ì ed. 
Tamizey de Larroque, Paris, 1873, p. 613): « J’ay tousjours 
infiniment estimé Monsieur de la Trousse, mais votre lettre 
vient de m’en rendre amoureux, et mon estime n’est plus que 
feu et que fiamme. C’est dono lui que nos preux et nos pa- 
ladins ont figuré: Ille decus nostrum, bello qui miscet amo- 
res, | qui vultus radios et dextra fulmina jungens | victor ubi- 
que animis dat jura volentibus, ecc. ». 

2) Nel manoscritto leggerebbesi La Braie, invece di Labroue 
(Vedi il Diotionn. de la Nòblesse, cit., Vili, 349), ma è evidente 
abbaglio, come m’avverte l’amico e collega di studi Ernesto 
Mérimée, alla cui cortesia ed amabilità squisita debbo le no¬ 
tizie più sicure sul Le Hardy e la versione manoscritta del- 
Vlnfei'no, conservata a Toulouse, ricordata dall’AuvRAY (Les 
manuscr., p. 136), dall’ Oelsner (Dante in Frankr ., pp. 31; 79), 
attribuita, per venial fretta al 18° secolo dal De job (Ètudes 
sur la tragèdie, p. 162). — Di Mademoiselle de la Trousse, cu¬ 
gina della Sévigné (zia del nostro marchese ?) discorre sovente 
e con stima Mme de Lafayette, nelle epistole sue del 1662 e 
del 1663. Vedi L. G. Pélissier, Quelques lettres des amies de 


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Philipp© de Laurent de Reyrac, « chanoine de la Clian- 
celade », scrittore fecondo, autore, fra altro, di un 'Épitre 
sul Frat bonheur de l’homme *), passò, non si sa bene 
per quale voler del cielo, ed in qual anno, fra i libri 
e le reliquie dell’ arcivescovo di Tolosa, de Loménie de 
Brienne, intinto, sembra, di poesia, e fondatore della bi¬ 
blioteca, dove or posa la versione, occulta e ignota a 
tutti i contemporanei 2 ). 

A giudicare da alcuni frammenti che mi furon tra¬ 
scritti, è povera e prosaica cosa, calco, fedele in appa¬ 
renza, d’ogni verso, d’ogni parola, non peggiore tuttavia 
di quella, pure in prosa, compiuta, un secol dopo, dai 
d’Estouteville 3 ). Giunto nel cerchio secondo, che « men 


Huet, nella miscellanea nuziale Cian-Sappa-Flandinet, Berga¬ 
mo, 1894, pp. 367 sgg. 

l) Al f. 3 del manoscr. della versione, nella bibliot. muni- 
cip. di Toulouse, N. 842 (in 4°; 305 f.). « De la bibliothèque 
du Chateau de Vareilles-Sommières, 1746, donné à M? l’abbé 
de Reyrac ». Nato il Reyrac nel 1734 ( Biogr . génér ., Michaud, 
XXXV, 515; Nouv, Biogr . génér,, Didot, XLII, 87; un elogio 
dell’ abate di Reyrac, opera di certo Bérenger, apparve a Pa¬ 
rigi, nel 1783), aveva 12 anni nel 1746, e non poteva essere, 
s’intende, nè abate, nè canonico. La data apposta al mano¬ 
scritto non può adunque riferirsi al dono fatto dal Vareilles. 
— In quel medesimo foglio appare la notizia, scritta di mano 
del Vareilles, unica a palesare il nome vero o presunto del 
traduttore : « Cette traductdon est de Mr philippe Le hardy, 
marquis de Latrousse ». — Un altro campione de’ militi di 
Francia, il Gassendi, tradurrà un frammento dell 1 1nferno, nel- 
P ultimo scorcio del ’700. 

. 2) Meravigliasi FOelsner, Dante in Frankr p. 31 che Mine de 
Sévigné non faccia mai cenno, nelle lettere sue, di questa ver¬ 
sione. Il Voltaire sa dirci della Sévigné eh’essa comparava 
i traduttori a’ servi, « qui vont faire un message de la part 
de leur maitre, et qui disent souvent le contraire de ce qu’on 
leur a ordonné. Us ont encore un autre défaut des domesti- 
ques, c’est de se croire aussi grands seigneurs que leur mai¬ 
tre, surtout quand leur maitre est fort ancien ». Vedi D’Olivet, 
Histoire de VAcadémte, Paris, 1743 (artic. Gilles Botleau ). 

3) È fatta sull’ edizione veneta della Commedia, « oolVespo | 
siiione di Christopho | ro Ladino » (1529), il cui frontispizio 


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loco cinghia » del primo, e « tanto più dolor », Dante 
vede nell’infernal bufera quei due che insieme vanno 
« e paion sì al vento esser leggieri » ; e così comincia, 
nella lingua di Francia, prestatagli dal traduttor novello 
(fol. 62): « Cependant, illustre poéte, lui dis je, je vou- 
drois bien parler a ces deux ames qui vont ensemble et 
me paroissent si legeres au vent j ne manques pas, me 
repondit il, lors qu’elles seront plus proches de nous, 
de les prier par ce meme amour qui les transporte de 
souffrir qu’on les accoste et le vent aussitot les pous- 
sera vera nous ; alors ellevant ma voix je leur criay : o 
ames fatigues et accablez d’afflixion, permettez nous de 
vous parler si rien ne vous en empeche ; aussitot sem- 
blables a des colombes appellées par le desir les ailes 
deployéez volent au milieu des airs vers leurs nids ou 
elles sont si doucement portées par leur volonté ; ainsi 
sortans de la troupe ou est Didon elles vinrent a nous 
tant ma priere leur fut obligeante. 0 animai gracieux 
et benin qui marche parmi l’air sombre et tenebreux, 
si nous autres, qui avons ensanglantéz le monde, etions 
dans les faveurs de no tre maitre qui gouverne ce vaste 
uni vers, nous ne cesserions de lui addresser des voeux 
pour qu’il te conservat en paix, parce que tu sembles 
t’interesser a nos disgraces, mais puisque tu souhaites 
d’estre instruit de nos mal’heurs, nous t’allons satisfaire 
pendant l’instant ou le vent est tranquile ». 

E in questo stile, che toglie a Dante, all’inferno suo r 
e alla misera Francesca, la vita dell’arte, narrasi il 
dramma d’amore e di morte, e si traduce, e travisa l’in¬ 
tera prima cantica *). Questo saggio di versione, per- 


è ricordato al f. 4, ove è pur riprodotta 1’ effigie di Dante. 
Ad una Vita di Dante, segue, al f. 41, assai ben trascritto: 
UEnfer ehant premier du premier cantique ou Comédie du divin 
poete florenthin Danthe Alighieri . 

l) Fol. 41. Chant premier. — Au milieu du cours de notro 
vie, je me retrouvay dans une forèt obscure, m’etant ecarté 
du droit chemin : et de dire quelle elle etoit, c’est une chose 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


dutp tra flutti, senza porto, nè spiaggia, è preceduto da 
un trastullo di egual valore, un saggio su La vie et les 
moeurs de Dante Alighieiy (fol. 5-40), che, al primo 
esame, si rivela semplice stemperatura e goffa amplifi¬ 
cazione della Vita, premessa dal Landino all’ edizione 
sua della Commedia, del 1481, e riprodotta nelle edizioni 
cinquecentistiche successive *). 

Scemato, a poco a poco, in Francia, nel secolo di 
Boileau, il prestigio della favella di Dante, durava tut¬ 
tavia nelle classi più nobili la mania delle lettere ita¬ 
liane. Non si sacrificavano ancora i poeti, i maestri 
di leggiadria, gli artefici di versi eleganti, dolcissimi, 
quali il Tasso e il Guarini. Scieglievansi i precettori 


bien diffidile. Cette forest sauvage etoit et si epaisse et si forte 
que le ressouvenir m’en rappelle une douleur si amere que la 
mort ne l’est gueres d’avantage. Mais a Fegard des Biens 
que j’y ay trouvé, je parleray des choses que je vaie de- 
couvrir. Je ne seaurois dire comme j’y entray, tant j’etois 
accablé de someil au moment que j’abbandonnay la veritable 
route. Arrivé au pied d’une coline terminée par cette vallèe 
ouj’avois eu le coeur si serré de peur, je regarday en haut 
et je vis que le somet etoit eclairé des rayons de la pianette 
qui fait découvri* le droit chemin, ecc. 

Fol. 50. Chant troisieme. — C’est par moy que l’on va 
dans la Citée dolente, c’est par moy que l’on va aux plain- 
tes eternelles, c’est par moy que Fon va parmy les gens per- 
dus. La Jnstice excita mon divin Créateur, la divine puissance 
me fit, la sagesse suprème et le premier Amour. Nul etre ne 
fut créé avant moy, sinon les eternels, et je subsiste eterne- 
lement. Perdez toutte esperense vous qui entrez icy. Je vis 
ces paroles ecrites de couleur obscure sur le frontispice d’ime 
porte. C’est pourquoy je dis : Maitre, le sens de cette inscrip- 
tion me paroit bien dure; mais luy comme une persone in¬ 
telligente et fine me repondit : il faut rejeter tout soubgon et 
etouffer toutte crainte basse et serville, ecc. 

l) Non se n’ avvide F Oelsnkr {Dante in Frankr., p. 31), che 
chiama La Vie « eine etwas schwache Leistung, die im Cha- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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delle nobil dame e damigelle, tra i più esperti, ed al 
corrente della coltura italiana, Corbinelli in ritardo, che 
puntellavano alla meglio quell’edificio di coltura, ormai 
screpolato e cadente. Il maggior d’essi è Gilles Ménage, 
maestro a Marie de Rabutin, futura marchesa di Sévi- 
gné, a Marie de La Vergne, futura contessa di Lafayette, 
il Ménage, che veramente è ancora della generazione del 
Chapelain, de’ Costar, Voiture, Conrart, Balzac, come 
l’era il sapiente autore delle « Epistole filologiche », 
Roland Desmarets 1 ). 


rakter eines Romana und in sehr schwiilstigem Stile geschrie- 
ben Ì8t », e n’ offre un brano, in nota (79), qual « charakteri- 
stisches Beispiel ». 


La Vie et les meurg de Dante 
Alighiery. « Dana les premières an- 
nées de sa jeonesse, il étoit d’nne 
humeur douce, égalle et bienfai- 
sante. Déjà il donnoit des témoi- 
gnages sensibles de sa probité qu’il 
caractérisa depuis par la générosité 
de ses sentiraens. On deinéloit au 
travers des foibles traits de son vi- 
sage l’élévation de son génie. Ses 
gestes, comme ses actions méme les 
plus badines, étoient nobles et gra- 
ves et très relatives à sa manière 
de penser. Enjoué, complaisant, af- 
fable et humain, il seut par ces heu- 
reux accorda d’un naturel aimable 
se concilier les coeurs et s’attirer 
les bonnes graces d’an chacan ». 


Landino, Vita e costumi del 
poeta , ed. Solerti, Le Vite, ecc., 
pp. 187 sgg. « Fu Dante inaino 
da’ primi anni d’ottima indole, e 
segni mostrò apertissimi della pro¬ 
bità sua futura e dello ingegno, et 
ancora nella puerile età si scorgea 
nel suo volto effigie d’ uomo acuto, 
et ogni suo gesto era con gravità ». 


Non manca nel Landino il tratto su Gemma Donati, che 
il Francese capricciosamente riproduce: 


« cette jeune dame douée d’un 
caractère aimable joignoit à la phy- 
losophie de Xantipe celle de So- 
crattes ». 


Landino : « ne gli altri costumi 
degna di laude, ma tanto morosa e 
ritrosa che vinse la socratica Xan- 
tippe ». 


1) Vedi su di lui il cap., La critique littéraire et pédagogique, 
del libro di P. Brun, Autour du dixseptième tiècle , Greno¬ 
ble, 1901, pp. 77 sgg. Nel 2° libro delle Epistolarum philolo- 
giearum , Roland Dbsmàrets sfoggia le sue « filologiche » dot¬ 
trine, e arrischia, di tratto in tratto, qualche giudizio sui più 
vantati poeti d’Italia; rammenta V Ariosto, il Tasso, che am¬ 
mira assai, perchè più vicino agli antichi, nel suo concetto; 
cita le Storie del Guicciardini ; descrive V incoronazione del 
Petrarca in Campidoglio (Lib. II, 661). Carmi supremi, perfetti 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


Ne’ salotti di M lle de Scudéry, il Ménage imparò a 
coprire l’innata, potente e prepotente pedanteria, il sa¬ 
per plumbeo, di una vernice di amabilità e di grazia, 
facile tuttavia a disciogliersi, alla prima leggera spaz¬ 
zatura *). Su quel corpo inverniciato, e su quell’anima, 
il Molière foggiò il suo Vadius, che ha più vita del mo¬ 
dello stesso. Il quale morì veramente nel 1692$ nè si 
destò mai alle risurrezioni tentate da’ critici. Fu nondi¬ 
meno, tra i Francesi, colui che, nel ’600, ripetè, negli 
scritti, il maggior numero di versi di Dante, e li tra¬ 
scinò, gravosi, esanimi, con altra roba ischeletrita, cavata 
dall’ ossario magno dell’ erudizione. 

Le relazioni del Ménage coll’ Italia eran molte ; pa¬ 
recchi gli amici d’Italia che gli scrivevano, l’incensa¬ 
vano, e cantavano l’elogio dell’ « eruditissimo abbate 
Menagio ». Trovi tra essi il Dati, il Redi, il Magliabe- 
chi, vantato dal Mabillon quale « rnusée ambulant », e 
« bibliothèque vivante » 2 ). Cruscante lui pure, il Mé- 
nage, passava al vaglio del più puro purismo le parole 
italiane, che usava nell’eloquio, e negli scritti, e pareva 
sfidare di abilità gli Italiani medesimi. Tanto sapeva, 
da non stentare menomamente a metter in luce i plagi 
sfrontati del Raincy. Solo i maligni pregiavan poco, e 
dicevano superficiale questa sua gran scienza italiana 3 ). 

sono per lui unicamente i carmi latini. Qualcosa nondimeno 
poteva tentare anche la favella volgare : « Nihilominus tamen 
etiam vernaculis, si sint tersa, et elaborata, non deest suus 
honos. Apud Italos siquidem Petrarcha, et Bocatius plus Ita- 
licis, quam Latinis gloriae oonsecuti sunt » - Rotondi Marmi 
Epistol. philolog., Liber primus, (Paris, 1650), Epist. XXX ad 
Joann. Frano. Saracenum, p. 95. 

1) Il buon Camerini, ne’ Nuovi Profili letter., Milano, 1874, 
I, 318, chiamava il Ménage « un pedante culto- e gentile ». 

2) Vedi una lettera del Mabillon scritta a Claude Bretagne, 
da Firenze, nel marzo del 1686, riferita da E. de Broglie, 
Mabillon et la société de V abbaye de Saint-Germain des Prés f 
Paris, 1888, II, 51. 

3) « Menage.... s’étant appliqué à la Langue Italienne, et 
ayant voulu dire beaucoup de choses touchant les moeurs et 


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Da Malherbe a Pierre BayU 


123 


Voleva figurare tra i poeti, e sciorinò versi, e vagheggiò 
l’entrata trionfante nel Parnaso de’ nuovi vati d’Ita¬ 
lia. Quelle sue rime italiane son cosa compassionevole, 
mosaico, in gran parte, di versi qua e là racimolati *). 
Il suo forte era la « filologica » scienza, il commento gram¬ 
maticale, l’agglomeramento, o affastellamento di versi, 
vocaboli e nomi, in forma di sposizioni erudite, che scin- 
devan l’opera d’ arte ne’ suoi pretesi elementi, dissec¬ 
candola, uccidendola, senza pietà. Presto avvezzo a far 
d’ogni erba fascio, a raccoglier dovunque l’erudito ma¬ 
teriale, dovette presto considerare il poeta, come uomo 
nato per esclusivo benefìcio de’ chiosatori cosa pensata 
ancora oggidì da parecchi che non metton distinzione 
fra la poesia viva, ispirata, e quella sudata e stillata 
morta, nelle rime. A sentirlo, avrebbe avuto nella me¬ 
moria tutti quei caotici suoi raffronti : « Je n’ai jamais 
fait de collections en lisant les Auteurs, quoique j’en 
aie cité un bon nombre dans mes ouvrages. Je n’ai été 
secouru que de ma mémoire » (Menagiana, II, 169). 

Stupisce veramente veder tanta pedanteria fruttare in 
tanto splendore di letteratura, in tanto ardore di per¬ 
fezione delle imaginate forme, tanto arruffio e garbuglio 
di dottrina. £ le lezioni, le « annotazioni » menagiane 
si raccoglievano, come tesori, in Miscellanee particolari, 
si ristampavano due, tre, anche cinque e più volte, e 


le langage dea Italiens, il auroit eu besoin de faire un voyage 
en Italie, et d’y séjoumer durant quelques années; car quelque 
habile qu’il ait voulu paroltre, ceux de la Nation voyent dans 
ses Ouvrages quelque chose qui sent Pétranger et Phomme 
mal informé ». Così il Vignkul-Marville ( Mélange* d’histoire 
et de littérature, Paris, 1701, III, 21), che sfoggia pur lui P ita¬ 
lico sapere, riempie le carte di nomi d’illustri italiani, e cita, 
ad ogni piè sospinto, or P Ariosto, ora il Tasso, ora il Caval¬ 
canti, ora il Ficino, il Poliziano, il Boccalini, il Galilei. 

1) Di altri versificatori francesi in lingua italiana, contem¬ 
poranei del Ménage: Casimir Fresohot, Jean Vigneron, Antoine 
de la Fosse, tocca il Picot, incidentalmente, in Les Frangati 
italiantiants au XVI e siècle, t. II, Paris, 1907, p. 352 sg. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


le edizioni si smerciavano in Francia, in Italia, altrove 
ancora. Gilles Ménage era, per il gruppo degli italia- 
neggianti, oracolo consultatissimo. 

Il gran cumulo di versi, allegati negli zibaldoni e nelle 
lessicografie menagiane, è attinto da altre analoghe rac¬ 
colte, sul genere delle Sposizioni di Celso Cittadini, note 
assai in Francia. Nè occorreva che il Ménage avesse un 
Dante tra’ suoi libri, per buttar cento versi del sommo 
poeta sulle sue carte. Lo vedi, uomo di strabiliante me¬ 
moria, curvo con strabiliante pazienza, sui libri dotti 
degli Italiani, le lezioni, i ragionamenti, i commenti, 
gli avvertimenti, i discorsi, i trattati, le raccolte (par¬ 
ticolarmente le Bime scelte di diversi autori, ediz. di Ve¬ 
nezia, 1565), leggere e spogliare i Dialoghi del Tasso, 
le Prose del Bembo, l’J Ercolano del Varchi, le Lezioni 
del Gelli, i commenti del « culte Ridolfi » - attivo in 
Francia, un secol prima del Ménage - i Dizionari del¬ 
l’Alunno, la Fabbrica, la Dichiarazione dei vocaboli più 
importanti usati dal poeta della Divina Commedia (nell’edi¬ 
zione del Dolce, Venezia, 1578), l’opere dell’«acutissimo» 
Castelvetro, massime la Sposizione dei XXIX canti, i 
Commenti ai Trionfi e alle Bime del Petrarca, le Con¬ 
siderazioni dell’ « ingegnoso » Tassoni, e non so quante 
altre raccolte, che servon d’impasto alle sue « Mesco¬ 
lanze ». 

Cita di Dante 1’ opera maggiore, infinite volte, e più 
volte anche il De Monarchia, che nulla, in verità, gli sug¬ 
geriva; cita tutte l’opere minori, la Vita Nuova, il Canzo¬ 
niere, il De vulgari eloquentia, nell’ edizione annotata dal 
Corbinelli 1 ). Cita la Vita di Dante del Boccaccio, cita i 


l) Vedi le Lezioni d J Egidio Menagio sopra il sonetto di Messer 
Francesco Petrarca : « La gola e il sonno », ristampate nelle Me¬ 
scolanze di E. M., Parigi, 1678, p. 362 ; le Observations sur la 
langue frangoise, che ricordano il mostruoso « honorificabili- 
tUdinitatibus » (già riferito nelle Magnae derivationes di Uguc- 
cione di Pisa, nel Catholicon di Giovanni da Genova, ricordato 
dal Tory, da Shakespeare, da altri) persuadono la Minckwitz 


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commenti del Landino e del Vellutello, e più agglomera in¬ 
ferenze a Dante, più attesta l’ignoranza sua perfettissima 
dello spirito e dell’ arte dantesca. Nella prima Miscellanea, 
che uscì a Parigi nel 1652, non figura Dante ancora ; e 
l’erudito, già castelvetrista, esalta il « nobile » Sannaz- 
zaro (p. 106), il « celebre » Vida, 1’ «illustre » Fracastoro. 
Ma l’edizione dell 'Aminta, uscita poco dopo, che già 
rivela il metodo del pesantissimo affastellatore, porta 
già il suo contributo di versi, tolti alla Commedia . V’è 
spiegato, fra altro, « quadretto » coll’ausilio del « qua- 
drel posa » del Paradiso l ). E nel Paradiso di Dante 
il Ménage entrerà, con occhi clnusi, e co’ piè di piombo, 
stretto ai panni de’ chiosatori, compilando altre note. 
Preludio alle ondate di epiteti sui poeti d’Italia che 
invadon la Prefazione delle Osservazioni sopra VAminta 
del « gran Tasso », « 1’ Omero ed il Virgilio dell’ Italica 
favella », trovi il cenno all’allettatrice « dottrina di 
Dante », che colpì il Costar. 

Miraeoi di sapienza, press’ a poco come il Ménage me¬ 
desimo, tale appariva Dante. Della virtù poetica nulla 
trapela. E, sicuramente, il Ménage, solito a trascrivere 
le parole di Dante, d’arcaico sapore, considerava quel 
dottore de’ vecchi tempi, che nel poema suo trasfondeva 
la vasta scienza, intinto alquanto della pece del suo bar¬ 
baro secolo, rude, scabro e selvatico nello stile. « Fran¬ 
cesco Petrarca fu il primo fra i Poeti Toscani antichi.... 
a ritirarsi e discostarsi dal Vulgo », così il Ménage, nelle 


(Zeitschrift f. neufranz. Sprache u. Liler., XIX, 182), che « Mé¬ 
nage gehort zu den Wenigen, die im 17 Jahrhundert Dante’ s 
Schriften grundlich kennen ». La Samfiresco, nella tesi ampia 
e prolissa, Ménage polémiste, philologue, poète, Paris, 1902, sor¬ 
vola, con leggerezza, sulle fonti degli zibaldoni menagi ani, e 
nulla insegna alla storia nostra. 

1) Aminia t favola boscarecoia di Torquato Tasso con le anno¬ 
tazioni ..., p. Egidio Menagio, Parigi, 1655, p. 296; 305. Il 
Ménage lasciò inedite altre Nuove osservazioni sopra V Aminta 
del Tasso . 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


note alle Mime di Monsignor Giovanni della Casa *). Di¬ 
guazza qui a piacere nel pelago degli esempi raccolti ; 
coll’ausilio di Dante, attesta l’uso di « poria », di « lodo», 
di « calle », di « ferza », di « impruna », di « additare 
col dito », e d’altri verbi e sostantivi; allega sonetti, 
canzoni, la prosa del Convivio, versi di tutte le tre can¬ 
tiche della Commedia. Odi ripetere i biblici versi della Vita 
Nuova : « 0 voi, che per la via d’Amor passate, | atten¬ 
dete, e guardate | s’egli è dolore alcun, quanto il mio 
grave » ; e di dolore ti senti stringere il cuore al veder 
preda di quel gelido grammatico e lessicografo, gli scoppi 
dell’anima del grande poeta. Nuove Mescolanze, uscite po¬ 
chi anni dopo, infliggono a Dante novella tortura. Turba 
l’eruditissimo abate il riposo dell’infelice Manfredi. Le 
ossa, dissepolte dalla grave mora, bagnate dalla pioggia, 
mosse dal vento, servono ora a costrurre il tumulo degli 
« annotati » poeti 1 2 ). 

È vero che il Ménage mostrò interesse per la Difesa 
di Jacopo Mazzoni, e l’ebbe tra’ suoi libri, e se ne giovò 
qualche volta 3 ) ; vero è pure che mostrava desiderio 
vivissimo di possederne la continuazione, se mai uscisse 
in luce. Al Magliabechi scriveva, V 8 aprile del 1661 : 
« Se la seconda parte della Difesa di Dante del Mazzoni 
non è punto inferiore alla prima, sarà curiosa assai, e 
la vedrò volentieri, che la prima è piena di molta e re¬ 
condita erudizione, e l’ho letta con gran piacere » 4 ). 


1) Ediz. di Parigi, 1657, p. 170 « Fra poco P Opere ita¬ 
liane del Casa con le mie annotazioni sono per uscire alla 
luce »; scriveva al Magliabechi, nel marzo del 1657 ; le Prose 
e Rime.... con le annotazioni di Egidio Menagio vennero in luce 
a Parigi, nel 1667. 

2) Mescolanze italiane di Egidio Menagio, ediz. di Parigi, 1678, 
p. 98. 

3) Mescolanze cit. p. 373. 

4) Mescolanze, p. 325, e L. G. Pélissier, Lettres de Ménage 
à Magliabechi et à Carlo Dati, nella Reme des langues roma¬ 
nce, ser. IV, tomo V, pp. 128 sgg. Altre curiose lettere del 
Ménage trovi ne’ Documents annotès, 1885-1895, dello zelan- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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Ma non è la strenue perorazione in favore di Dante, la 
risposta alle accuse mosse dagli oppositori, -che cagionan 
al Ménage quel « gran piacere »; è la messe copiosa di 
citazioni erudite eh’ ei vi può raccogliere. Di Dante po¬ 
teva fare assoluta astrazione, non già de’ critici e chio¬ 
satori, suoi difensori, od accusatori che fossero. È saputo 
come il Ménage, in un’elegia latina, diretta al Dati, scritta 
nel 1660, ed accolta poi ne’ Poemata, si sbizzarrisse alle 
spese de’ Romani, sprezzatoli delle poetiche glorie, e, 
prima di toccare del Boccaccio, dell’Ariosto, del Casa, 
del Malvezzi, dell’Achillini, gracchiasse in dispregio di 
Dante, aspro autore : « Grandia si vestri damnarent car¬ 
mina Dantis, | (ille quidem docto, sed canit ore rudi) | 
ferro lubens possem dominae fastidia Romae: | Pace mihi 
liceat dicere, Petre, tua: | Petre, cothurnatum qui tol- 
lis ad aethera Dantem, | et facile versas nocte dieque 
manu » *). E il Dati, che pur fu tra’ maggiori e più ze¬ 
lanti sostenitori della gloria di Dante, offuscata nel’600, 
autore della nota Difesa di Dante dalle accuse dategli 
da M. Della Casa nel suo Galateo, a ringraziar l’amico 
di questi suoi « elegantissimi versi », che gli facevano 


tissimo Pélissier, — Usciva la seconda parte della Difesa, per 
cura di Mauro Verdoni e Domenico Buccioli, sacerdoti di Ce¬ 
sena, nel 1688, poco prima che il Ménage morisse. Nell’ 89 
(non nell’ 87, come stampa ancora 1’ Oelsner, a p. 70 della sua 
rubrica), il Magliabechi scriveva al Mabillon: « La notizia 
....che si sia stampata la seconda parte della ‘ Difesa di Dante ’ 
del Mazzoni, certo che sarà sommamente grata all’ eruditis¬ 
simo Sig. Abate Menagio che riverisco » ( Correspond . inéd . de 
MabiUon, eco., ed. Valéry, II, 33). Vedi la ristampa dell’edi¬ 
zione Cesenate, del 1573, del Discorso di Jacopo Mazzoni in 
difesa della Commedia del divino Poeta Dante , a cura di M. 
Rossi, in Collez . di opusc. dant. ined. o rari, Firenze, 1898, 
Voi. LI-LII. 

1) Anche il Ra^hery, di buona memoria (V influente de 
VItalie sur les lettres frangaises, Paris, 1853, p. 180), ricordava 
questi versi del Ménage, e soggiungeva : « La littórature qu’on 
aimait et qu’on y cultivait (nella Francia del Ménage) n’était 
pas celle du Dante ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


« onore immortale », a testimoniargli la stima che l’Ita¬ 
lia tutta aveva di lui, « curiosa di leggere la sua ele¬ 
gia »! x ). Fu letta da molti, in fatti, nella patria del 
Dati, ed il D’Angelis, che, nell’ « ammirabile ed inge¬ 
gnosa » Commedia, deplorava 1’ asprezza e l’oscurità, 
gridata nel gran coro de’ pedanti, diceva trovar « ve¬ 
rissima la sentenza del Menagio, in quel verso : « Ille 
quidem docto, sed canit ore rudi »! 1 2 ). 

Continuò il Menagio, fìnch’ ebbe vita, a discuter dei 
pregi e delle virtù della lingua, a raggranellar parole e 
locuzioni. Le Origini della Volgar Toscana Favella di 
Celso Cittadini (1604) l’inducono a compilare un’ opera 
analoga, con analogo titolo, ed una dottrina, che or fa 
sorridere gli investigatori delle presunte prime scaturi¬ 
gini della lingua e della coltura. V’ aggiunge le sue stra- 
falarie etimologie ; infilza i suoi bravi esempi; torna a 
citar Dante, a diritto ed a rovescio, impugnando, or il 
Vellutello, or il Landino; accenna, col Bembo ed il 
Cittadini, alle «voci Provenzali, che Dante s’è dimo¬ 
strato molto vago di portare nella toscana favella ». 
Ben avrebbe potuto, folleggiando sui travasamenti di 
voci d’uno all’ altro poeta, ripetere colla Difesa del 
Mazzoni (Parte II, lib. VI), aver il Petrarca, nelle sue 
poesie volgari, « versato dei modi e dei concetti di Dante 
più col canestro che colle mani » 3 ). 


1) Lettera scritta da Firenze, il 15 luglio 1660, e stampata 
nelle Mescolanze, ediz. cit., p. 197. — Un quarto di secolo dopo, 
il Mabillon passa per Arezzo, e fa visita al dotto « et galant 
homme », « M. le doyen de la cathédrale, que nous trouvà- 
mes lisant les poésies de Ménage ». Lettera del 18 aprile 1686, 
riferita dal de Broglie, Mabillon et la sooiété de Vdbbaye de 
Saint-Germain des Prés t cit., II, 61. 

2) Opuscoli del Calogerà, Venezia, 1731, V, 44, Vedi Ber- 
tana, nel Giom. stor. d. letter. ital., XXXIII, 408. 

3) Vedi E. Menagio, Le Oi'igini della lingua italiana , Pa¬ 
rigi, 1669, p. 122 (6 fogli dell’opera erano già stampati nel 1666). 
Gli affastellamenti del Ménage crebber via via di mole nelle 
ristampe successive, e vi si misero poi cose non imaginate mai 


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Dura per tutto il secolo il prestigio del grande e pa¬ 
zientissimo affastellatore di parole. L’erudizione del Mé¬ 
nage è indicata, seguita, emulata da altri ingegni minori. 
Sbocconcella pure il Chevreau, nelle Miscellanee sue, i 
versi dei poeti d’Italia più in voga ; interroga critici e 
pedanti, Francesi e Italiani ; s’illumina alla dottrina del 
Castelvetro, dello Speroni, di Scipion Gentile, dell’Apro- 
sio, dello Stigliani; accozza i suoi commenti; ischeletrisce 
i versi; dissecca le parole oscure; e cita col Petrarca, 
l’Ariosto ed il Marino, più volte anche Dante. Ricorda 
l’«io venni in loco d’ogni luce muto », l’arzigogo¬ 
lare che su quel « muto » si faceva tra gli accademici 
d’Italia ; ed aggiunge il « sì come io scemo per lo fioco 
lume » 2 ). Nella sua Chevraeana è la spiegazione del piover 
degli occhi, del piover del pianto, del piover dei baci, 
che gli fa dar di cozzo con Dante, poeta a lui ignotis¬ 
simo. Le miscellanee e collezioni altrui gli offrono i versi 
della canzone dantesca: «Io mi son pargoletta », e quelli 
del sonetto : « Dagli occhi de la mia donna » : 

E da suoi raggi sopra ’l mio cor piove 

Tanta paura che mi fa tremare 2). 


dall’ autore stesso. Credo, p. es., dover mettere a carico dei 
rimaneggiatori, quanto è riferito nell’ edizione dei Mmagiana 
del 1715 (La prima ediz. comparve a Parigi nel 1693 ; un’ediz. 
recente : Menagiana, ou bone mots, rencontres agréàblee, pensées 
judioiemee et observations eurieuses, in 2 voi., a Parigi, 1894-95), 
voi. I, p. 353, e riprodotto in nota dall’ Oelsner (p. 84) : 
« On a repris avec raison Michel-Ange d’avoir en son Juge- 
ment final.... représenté l’Enfer d’une manière toute payenne. 
Charon y est peint aux bords d’un fleuve dans sa barque, at- 
tendant les àmes pour les passer. Dante, dont pour le justifier 
on dit qu’il avoit emprunté ces idées, et qui au chant 3 e de 
son Enfer a fait une semblable description, s’est rendu en 
cela fort ridicule ». 

1) CEuvres meelèee de Monsieur U. Chevreau, La Haye, 1697, 
due parti in un voi., pp. 318 sgg. 

2) Chevraeana, Paris, 1697-1700, II, 157 sg. 


9 — Fabinelli, Voi. n. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


« 

Rude ed ispido Dante, nel concetto dell’abate Ménage, 
languido, freddo, oscuro, triste e cupo, nella niente del 
padre René Rapin, interprete d’Aristotile, che del sommo 
poeta, sdegnando leggerlo, sentenziava, dietro l’imbeccata 
del Chapelain. Quando il Rapin, cinque anni prima del Mé¬ 
nage, venne a morte, Regnier-Desmarais, « nato e nu¬ 
trito », direbbesi, « nel cuore della Toscana », a giudizio 
del Redi, saluta immortale in un sonetto quel grande 
estinto: « superbe honneur de Pinde..., qui, vivant, sur- 
passa les Latins et les Grecs, | soit en profond s^avoir, 
ou douceur de langage » x ). Stentiamo oggidì a compren¬ 
dere tanta fama, e inchini sì profondi. Lette le Béflexions 
di quel padre, sull’ eloquenza, la poesia e la filosofia, ap- 
paion sprovviste di originalità, recite di massime e pre¬ 
cetti altrui, di precetti de’ saggi Italiani particolarmente. 
Ma quel fare grave e sentenzioso nell’esporre, quel trinciar 
giudizi su tutto e su tutti, con un’ aria di abbatter l’uni¬ 
verso, qualora mancasse alle regole e alle convenienze, 
quell’unzione d’uomo infallibile, che il Rapin si dava, e 
vi fa dire, prima di pensare: da costui viene il verbo 
della verità ; deve darci costui il vangelo della sapienza, 
ponevan subito il Rapin tra gli oracoli. « On dit », 
diceva il Desmarais, nel suo sonetto, « et je le crois, 
qu’Apollon fut jaloux | le voyant, comme un dieu, ré- 
véré parmi nous ». Chiamavaio anche il gran Lessing, 


l) Morto il Regnier-Desmarais, lo salutava in distici latini 
(editi a Firenze nel 1714) F abate « accademico » Fraguier: 

Et nisi jam Dante», ac notas amore Petrarcha, 

Et Casa, et Eoìs Torquato» buccina belli 
Delitias, et opes linguae, viresque probassent, 

Totum id Regnerii poterant ostendere chartae. 

Vedi Poesies frangoises de M. Vàbbé Regniei'-Desmarais, secrétaire 
perpetuel de VAcadémie frangoise, nouv. éd., La Haye, 1721, 
tomo I, p. xliji. 


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in certa discussionè sul Messias di Klopstock, « einen 
der grossten franzòsischen Kunstrichter » 1 2 ). 

Discende pure il Rapin dallo Scaligero e dal Castelve- 
tro, « il più sottile fra i commentatori »; acconcia Ari¬ 
stotile ai gusti suoi, eh’erano i gusti dell’epoca, e gli 
fa predicare il despotico regno della ragione, della logica, 
della misura, della chiarezza e trasparenza, della ve¬ 
rosimiglianza. Solo i classici antichi appaion perfetti; 
degenera miseramente chi non li segue. Or vedete il 
padre Rapin passar in rassegna la tribù dei moderni, e 
svergognarli tutti, qual più, qual meno, pei loro difetti. 
Le enormità maggiori si commettevano in danno del- 
l’epopea, gioiello dei generi. Unicamente il Tasso, che 
offre, nella Gmuealemme, « le dessin le plus accompli », 
si salva dalla generai condanna ; « il n’est rien sorty de 
plus achevé de l’Italie » 2 ). Di un campo fertilissimo, 
il santo padre fa una necropoli. Vi pone, s’intende, 
anche il Camòes, Virgilio de’ Portoghesi : « ses vers sont 
si obscurs, qu’ils pourroient passer pour des mysteres ». 
Vi pone, in altro canto, Lope de Vega, « qui s’aban- 
donne trop à son esprit et qui fourre des imaginations 
partout ». Che degli Italiani fosse primo il Trissino a 
non totalmente ignorare le leggi inviolabili dell’ arte 
poetica, il Rapin l’aveva appreso dal Chapelain; e dal 
Chapelain, vecchio e inasprito, passarono a lui i prin¬ 
cipi d’una critica demolitrice, che applicò poi con co- 


1) Lessings Wei'lce, ed. Lachmann, III, 313. Molta voga 
ebbe il Rapin in Germania, e molta in Inghilterra, dove le 
Réflexions usciron tradotte l’anno stesso in cui vennero in 
luce: Reflections on Aristotle’s treatise of Poesie, London, 1674. 
Allo sproloquio rapinesco su Dante rispose 1’ Orsi, nelle Con¬ 
siderazioni sopra la maniera di ben pensare ne ’ componimenti, 
dirette contro il Bouhours, Modena, 1735, I, 228 ; e rispon¬ 
derà ancora il Fontanini ; risponderanno altri. Vedi Bertana, 
nel Giorn. stor. d. letter . ital XXXIII, 408. 

2) Cito dall’edizione delle Réflexions sur la Poétique ..., in 
(Euvresy Amsterdam, 1709, II, 132. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


stanza, e tenacità meravigliosa. Se accorda ad un poeta 
una virtù qualsiasi, arbitrariamente scelta, o pescata nei 
giudizi altrui, è per distruggerla tosto, coll’aggiunta di 
una imaginata imperfezione. Il Boccaccio ha « l’esprit 
juste, mais sans étendue » ; Petrarca è puro nella lin¬ 
gua, ma egli « a l’air trop vaste » (!), per poter figu¬ 
rare fra i poeti eroici. Nell’Ariosto, c’è troppo fuoco. 

Imaginatevi come da questa officina di critica uscisse 
pesta la Commedia di Dante. Aveva il Bapin, per sentir 
l’arte, un cuor di ghiaccio, e trova tuttavia mancare in 
Dante quel fuoco che eccedeva nel Furioso . Un biasimo del 
Castel vetro è da lui variato, esagerato a piacere. La Com¬ 
media doveva essere oscura, profonda, nebulosa, come 
il primo infernal cerchio dantesco; ed era pur la chia¬ 
rezza dote precipua del genio. Non è poesia quanto si 
sottrae all’ intendimento. « Les pensées du Dante sont 
si profondes, qu’il y a de l’art à les pénétrer » x ). Vien 
voglia di ripetere a quel pedante il verso del sommo: 
« È lì, ma cela lui 1’ esser profondo ». Si affezioni chi 
vuole a quegli enigmi. Il poema, scritto da uomo che 
ha « l’air trop profond », si chiamò Commedia dagli Ita¬ 
liani di quel bel tempo ; ma il Castelvetro insegna che 
esso è del genere dell’epopea, epopea nient’affatto edi¬ 
ficante, « d’une ordonnance triste et morne », fantastica, 
inverosimile 1 2 ). Mezzo secol prima, il Beni aveva chiar- 
mata la Commedia « nè commedia, nè poema eroico, ma 
un miscuglio.... o capriccio senza regola, e senza forma 
di poetica azione ». Se Lope de Vega pecca, perchè sbri¬ 
gliato, e più fedele al suo genio che alla natura, Dante 


1) II, 147. Di pensieri così « profondi », ben poteva pre¬ 
tender Dante un posticino nelle Réflexions sur la Philosophie. 
Ma il Rapin non glie 1’ accorda. 

2) RéJlexion8 sur la Poèt., Oeuvres, II, 178. Si ricordino, nei 
Ragguagli del Boccalini, tradotti, le minaccio fierissime a 
Dante, perchè rivelasse « le vray titre de son poeme, à 8$a- 
voir si vrayement il l’appelloit Comedie, Tragicomedie, ou 
Poeme Heroyque ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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pecca per mancanza di modestia. Le ardite invocazioni 
dantesche urtavano i nervi sensibili de’ critici d’Italia, 
e già avevan colpito il Muret. Il Rapin è seccato simil¬ 
mente, perchè Dante invoca « son propre esprit pour 
sa di vini té.... comme Bocace, qui parie sans cesse de 
luy-mème » 1 ). 

Così giudicato, Dante non poteva aspirare a trovar 
posto tra gli spiriti magni, i Pindari, gli Orazi, che figu¬ 
rano nel trattato Du grand et du sublime, aggiunto alle 
rapinesche Réjlexions. Non lo troverà in altri trattati 
analoghi di quel tempo, di critica veramente « aisée », 
come voleva il Boileau. Trascorrerà mezzo secolo e più, 
e ci imbatteremo in Dante, nelle Quattro poetiche, aggiunte 
dal Batteux, riduttore delle arti ad un unico principio, 
in Dante, segnalato, dietro un commento latino che or 
mi sfugge, come colui al quale il Vida rinfacciava, nella 
Poetica, un agglomeramene di tutto, senza scelta, senza 
misura, la mescolanza insensata dell’antico e del mo¬ 
derno, del sacro e del profano. Il Vida, che precorre il 
neo-classicismo di Francia, che inneggia a Virgilio, ed 
imita Orazio, pensava al Sannazzaro, ma il chiosatore 
del verso: « Saepe etiam accumulatit antiqua exempla », 
pensa a Dante. « Dantem hic quidem Aligherium non 
poterunt non agnoscere, qui ejus poésin legerint, quae 
inscribitur la divina Comedia » 2 ). 


1) Dall’opera magna del Rapin estrasse già 1’ Oklsner 
(pp. 29 sg.), con diligenza, i giudizi su Dante. Vedi anche 
G. Saintsbury, A Ristory of Criticism and literary Toste in 
Europe, Edinburgh, London, II (1902), pp. 313 sgg. 

2) Batteux, Les quatre poetiques d’Aristote, Borace, de 
Vida, de Despréaux, avec les traduotions et des remarques, Pa¬ 
ris, 1771, II, 92 sgg. I versi del Vida ( Poet . Lib. II) : « Snnt 
qui ut se plnrima nosse | ostentent, pateatque suarum opu- 
lentia rernm, | quidquid opum congesserunt, sine more, sine 
arte | irrisi effundunt.... », sono qui liberamente tradotti: « Je 
ne vous parlerai point de l’usage et du goùt de quelques-uns 
de nos modernes, qui, pour étaler leur vaine Science, et faire 
montre de leurs riohesses, entassent dans leurs vers tout ce 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


In tanta profusione di scritti eruditi, e di pensieri 
manifestati sulla poesia, sul fiorire ed il decadere delle 
lettere, non offre l’enciclopedico Huet, vescovo d’Avran- 
che, un sol cenno a Dante *), Ne tace il nome anche il 
Bouhours, altro campione e luminare della critica, erede 
del gran buon senso di Boileau, solito a « cianciar di 
lingue senza saperle », diceva il Baretti, padre gesuita 
di non grata memoria agli Italiani, che polemizzaron 
acremente con lui, e per lunga fiata. Il Bouhours tro¬ 
vava illeggibile il Graciàn, « dont les ouvrages ne sem- 
blent faits que pour n’étre point entendus »; avrebbe 
trovato Dante tutto caos, tutto caligini e tenebre, se, 
in tanto scartabellar di libri italiani, antichi e moderni, 
in tanto scialacquio di critica, e sproloquio sull’ arte dei 
poeti d’Italia, fosse a lui giunta notizia della Commedia . 
Figurano ne’ suoi Doutes sur la langue fran^oise, che 
precedettero di tredici anni la celebre Manière de bien 


qu’ils savent, sans choix, sans mesure, et sur tout ce qui 
semhle caché, ou peu connu du vulgaire. Ce sera quelque 
trait d’Astronomie, quelque vue sur la nature incompréhen- 
sible des Dieux, sur l’origine impénétrable des àmes. Ils ac- 
cumulent les exemples de l’antiquité, ramassés de toutes parts, 
sans examiner si c’est le temps ou le lieu. Gardez-vous, en- 
fans, de prendre ces auteurs pour modèles ». La nota relativa 
a questo passo ( Annotations, p. 240) informa : « Notatur for- 
tassis Dantes Aligherius, cum divina sua Comedia ». Sull’arte 
poetica del Vida, le sue fonti, l’ammirazione grandissima per 
Virgilio che vi trapela, offre buone osservazioni V. Cicchi- 
telli, Sulle opere poetiche di Marco Gerolamo Vida , Napoli, 1904. 

1) Leggo nell’Huetiana ou pensées diverses de M. Huet, nouv. 
édit., 1723, p. 172: « On vit pourtant de ces épaisses ténè- 
bres, les Pétrarques, les Pics de la Mirandole, les Politiens, 
les Erasmes, ecc. »; nel cap., De Vorigine de la Rime, p. 191: 
« Les Italici]s reconnaissent que la rime leur vint des Pro- 
ven^aux. Mais elle leur vint enoore de France par la Sicile ». 
S’aspetterebbe qui un cenno ai « plagi » fatti da Dante ai 
Provenzali. — Anche le lettore dell’ Huet, che pubblicarono 
il Gasté, l’Henry, il Pélissier ed altri, non recan fronda o 
frutto alla storia nostra. 


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Da Mallierbe a Pierre Bayle 


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pender Hans les ouvrages de Vesprit: Ser Brunetto, il Pas¬ 
savano, il Boccaccio *), men letti, e men compresi del- 
PAriosto, del Tasso, dell’Achillini e d’altri maggiori 
e minori, frustati, quanto gli Spagnuoli, nell’opera capi¬ 
tale, per gli orpelli, i « faux brillante », le lambiccature. 
Eppure, in mezzo a tanto fracidume, e a sì presuntuoso 
sentenziare nel vacuo, qualche idea, non spregevole, 
v’ era gittata, di cui i lettori di Dante potevan trar 
profitto. Osserva, per es., il Bouhours, prima assai del 
Rivarol, non esservi cosa più contraria alla vera delica¬ 
tezza, che l’insistere nell’ espressione delle cose, ed esser 
secreto della grand’arte il non dir tutto in certi argo¬ 
menti, il sottintendere, l’esprimere con rapido e fuggevol 
tocco 1 2 ). 

Il silenzio del Bouhours, riguardo a Dante, è oro an¬ 
cora, rimpetto all’ ingiuria che al sommo poeta moveva 
un altro padre gesuita, 1’ Hardouin, alquanti anni dopo 
la rivelazione della Manière de bien penser . La fantasma- 


1) Altri illustri d’Italia son menzionati in Pensées ingénieu- 
ses dee anoiens et des modernes, La Haye, 1721, dove è parola 
dei furti perpetrati dal Tasso in danno del Petrarca. — Pe¬ 
netrano i poeti d’Italia, a frotte, nelle schiere de’ « moderni », 
militanti contro gli « antichi », nelle guerricciuole combattutesi 
negli ultimi decenni del secolo, ma Dante è lasciato nelle sue 
solitudini silenziose. Non conosce Dante il Perrault, nel Pa¬ 
rallèle des anoiens et des modernes (1688-1697), non il de Cal- 
uères, nell’ Histoire poètique de la guci're nouvellement déclarée 
entre les anoiens et les modernes, Paris, 1688, (p. 68 : « Pendant 
que Comeille faisait ces reflexions, les Poètes modernes Ita- 
liens qui estoient à la gauche des Francis sur la mème croupe 
de la montagne travailloient de leur cóté à l’élection de leurs 
ehefs; après quelques contestations entr’eux en faveur du Tasse, 
de l’Arioste, et du Cavalier Marin, le Tasse fut élù leur général 
à la pluralité des voix »). 

2) Manière de bien penser., nell’ediz. di Parigi, 1691, p. 534. 
Esiste, come è noto, una traduzione italiana di quest’ opera, 
fatta dal ferrarese G. A. Barotti. Per le dispute a cui diè 
origine, vedi le Ricerche letterarie del Foffano, Livorno, 1897 ; 
A. Boeri, Una contesa letteraria franco-italiana, Palermo, 1900. 


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Da Malli erbe a Pierre Bayle 


goria di costui, Doutes proposés sur l’àge de Dante *), 
più che ingiuria a Dante, è negazione di Dante, preludio 
alle future negazioni di Shakespeare. Già ne’ primissimi 
del ’700, Dante aveva trovato il suo Bacone. La Commedia 
non data che dal ’400, ed uscì dalla setta di Wiclif chi 
la scrisse. Donde uscisse il cervello balzano dell’ Har- 
douin, nessun sa dire. Era presto invaso dalla mania di 
veder falsificazioni dovunque 2 ), e si figurava che il’300 


1) Parve al Kraus, Dante, Berlin, 1897, p. 752, che la prima 
stampa dei famigerati Doutes avvenisse nell’ opera : Joannis 
Harduini Soc. Jesu Presbytei'i Chronologiae ex nummis antiquis 
restitutae specimen primum: Numismata saeculi Constantiniani, 
Parisiis, Apud Joannem Boudot, 1697, che, veramente, non le 
contengono. Dalle Mémoires pour Vhistoire des Sciences et des 
beaux arts , di Trévoux, 1727, art. LXXVI, pp. 1516-34, i Doutes 
passarono nelle Mémoires d’une société célèbre del Grosier, 
Paris, 1792, I, 289-305, e furon poi nuovamente e inutilmente 
rimessi in luce nel secolo scorso : Doutes proposés sur Vàge de 
Dante par le P. H. J ., Aveo Notes par C(harles) L(yell). Pa¬ 
ris, chez Benjamin Duprat, 1847, 12° pp. 46, « avec préface 
et notes en anglais ». Anche il Carducci, scrivendo, da par 
suo, sul Veggente in solitudine di Dante Gabriel Rossetti {Opere, 
X, 228), rammenta la follia dell’ Hardouin : « Già dai primi 
anni del secolo XVIII il gesuita Hardouin aveva fiutato l’ere¬ 
sia nella Divina Commedia, ecc. ». Le risposte fatte dagli Ita¬ 
liani all’ Hardouin sono registrate nella Bibliogr. del de Ba- 
TINES, I, 461. 

2) La vanità del padre Gesuita, le « prétentions scientifi- 
ques mal justifìées », il gramo carattere si deplorano nelle 
lettere del Nicaise al cardinale Noris (1690), date in luce da 
L. G. Pélissier, in Le Bibliographe moderne, 1903, p. 197. A 
Gisbert Cuypert pur sembravano i libri dell’ Hardouin ricolmi 
di stramberie, « tot paradoxis et a veritate alienis explicatio- 
nibus.... replevit » (Lettera a Benedetto Bacchini di Modena, 
11 luglio 1699, riferita da L. G. Pélissier, Lettres inédites 
de Gisbert Cuypert (Cupèrt) à P. Daniel Huet et à divers corres - 
pondants [1683-1716], Caen, 1905, p. 193). Nel 1710 scriveva 
all’ Huet : « Ex Germania mihi nuntiatur, Joh. Harduinum, 
multae lectionis, sed paradoxae doctrinae virum, editurum 
Lucretium, et judicare eum esse scriptorem saeculi XIII, lin- 
guae latinae imperitum.... Nescio profecto, quae intemperiae 
agant virum egregium; parum mihi memor videtur esse re- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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avesse fabbricata di capriccio tutta l’antichità classica, 
messa ad adorare sugli altari dai grandi uomini di Fran¬ 
cia !). Ad eliminar Dante aveva buon giuoco il padre 
nella patria sua, allor sì ignara dell’ opera e delle vi¬ 
cissitudini tristi del povero esule. 


Che realmente fosse vissuto, lo assicuravano però quelle 
notiziuole biografiche, tradizionalmente tramandate, ed a 
torbide fonti attinte, le mozze, strafalarie vite, che i 
compilatori di erudite miscellanee e di memorie di uomini 
illustri de’ tempi andati, offrivano, per caso, o per ec¬ 
cezione. Variano, in parte, l’elogio, compilato un secol 
prima dal Masson 5 lo mettono a brani; e, dov’era fa¬ 
vola, aggiungon altro lavorio dell’imaginazione, qualche 
particolare somministrato dalle scritture degli Italiani, 
non vagliate mai. Se eccettui la Vita offerta dal Bullart, 
la lode all’ ingegno del poeta è asciutta, fredda, perchè 
non radicata nella convinzione e nella conoscenza diretta 


vocationis a sua sententia ; et certe illi credo convenire : i Na¬ 
turanti expellas furca tamen usque recurret ’ ». E un anno dopo, 
nel 1711: « Mihique videtur Harduinus, quem magni faoio, si 
paradoxa excipias, propter ingenium acre et subtile nec non 
multam atque diligentem leotionem, in eodem valetudinario 
cubare, et oum non liceat ipsi uno flatu tot auctores dejicere, 
partes carperò et propterea semper id agere, eco. » ( Lettres 
inédites , pp. 109; 113). 

l) Leggo alcune considerazioni sull’ Hardouinisme, nelle Que- 
relles littéraires ou Mémoires pour servir à Vhistoire des révolu- 
tion8 de la république des lettres, dell’ « abbé » Irailh, Paris, 1761, 
III, 19 sgg. — « Sgavez-vous bien.... quels écrits a brùlés le P. 
Hardouin? Ce sont ceux qui étoient bons et qu’il faisoit avant 
d’avoir l’esprit gàté ; à présent qu’il a pris le travers, les col- 
lections qu’il avoit faites en habile homme et suivant le che- 
min des habiles gens, lui ont déplu, et il les a brùlées ». Notice 
biograph . sur B. de Montfauoon par un contemporain (intorno 
al 1709), aggiunta alle Lettres des Bénédictins de la Congrégation 
de SU-Maur, pubi. p. E. Gigas, Copenhagen-Paris, 1893, p. 259. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


dell’ opera dantesca ; è quasi affogata entro il biasimo 
all’ uom fatale, che disse male della Francia, e recò in¬ 
giuria alla stirpe gloriosa de’ Capetingi. Musa ispiratrice 
di Dante altro non poteva essere che la vendetta. 

L’afferma, tra altri, 1’ anno stesso in cui venivano in 
luce le Béflexion8 del Rapin, il Moréri, nel breve articolo 
consacrato a Dante nel Grand Dictionnaire, in cui parec¬ 
chio è tolto di pianta dalla noticina su Dante nell’ Abrégé 
chronologique del Mézeray. Parlasi qui del viaggio di Dante 
a Parigi come di cosa certa, indiscutibile ; ma si muovon 
dubbi sul preteso insegnamento impartito a Dante da 
Brunetto Latini. Se mai, fu a Firenze, non nella capi¬ 
tale di Francia, che Dante ebbe a maestro quell’ « habile 
homme ». Ad un apprezzamento qualsiasi della Comme¬ 
dia, tradotta dal Grangier in versi francesi, « avec des 
notes savantes », è sostituita la censura all’ uomo che 
diè liberissimo sfogo all’ira accesa nel cuor suo contro 
i nemici, ira contro la casa di Yalois, e contro la Santa 
Sede. Loda il Petrarca « son langage comme délicat et 
admirable », « mais ses moeurs ne correspondoient à cet 
art de bien dire ». Nelle edizioni che via via si fecero 
del Dizionano - non poche, in verità - il cenno a Dante è 
ripetuto, e qua e là variato, ampliato. Una, del primo ’700, 
che accoglie qualche suggerimento dal Fontanini, rinforza 
il deboi encomio, e, dell’espressione : « il ne manquoit pas 
de génie », fa arditamente : « il avoit beaucoup de génie ». 

Alla nota su Dante, perduta nel mar magno del Di¬ 
zionario del Moréri, pochi badavano. Leggevasi invece, 
e ripetevasi, di quando in quando, la Vita di Dante (Dante 
d’Aligere) del Bullart, aggiunta al 2° tomo delVAcadémie 
des Sciences et des Arts contenant les vies et les éloges his- 
toriques des Hommes illustres (Bruxelles, 1682, tom. II, 
305-310; riprodotta a Bruxelles, nel 1695), ornata d’un 
fantastico e deboi ritratto di Dante, di Esme de Boulo- 
nois, e di sei altre incisioni nel testo, o « figures em- 
blématiques », che dovrebbero raffigurare Virgilio e Sta¬ 
zio, « Beatrix Portinaria », l’inferno, il purgatorio, il 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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paradiso, le sfere dei cieli. Il Bayle, nel Dizionario fa¬ 
moso, accoglie quasi intera questa « Vita » ; la consulta 
il figlio del grande Bacine, in pieno ’700 $ vi pesca qual¬ 
che biografica notizia anche il Voltaire. 

Le sciagure nella vita di Dante, le torture in patria 
(« il se vid comme un autre Hyppolite contraint de ceder 
à la fureur de Phèdre »), l’esilio, l’andar ramingo di 
terra in terra (« il choisit sa première re trai te à Bologne ; 
puis il passa à Paris pour y apprendre la Pliilosophie, 
et les principes de la Theologie »), il poema de’ tre regni, 
e l’opera intera (« il avoit composé avaht son exil quel- 
que Traitté touchant l’Amour: il en donna après au 
public vingt Cantiques en Langue Toscane, qui firent 
connoistre la beauté de son esprit. Il écrivit aussi trois 
lettres élégantesj l’une à la Republique de Florence, pour 
luy representer l’injustice de son bannissement: l’autre 
à l’empereur Henry, lorsqu’ il assiegeoit la ville de 
Eresse : la troisième après la mort du pape Clement V. 
aux Cardinaux Italiens.... Il composa encore deux livres 
de l’Eloquence vulgaire $ un autre intitulé la Monarchie, 
où il s’efforce de prouver que le Pape n’est point au 
dessus de l’Empereur, et n’a aucun droit sur l’Empire, 
directement contre la Clementine Pastorale -, qui pretend 
l’un et l’autre: aussi ce livre est condamnépar plusieurs, 
particulièrement par Barthole ») - tutto vorrebbe spie¬ 
gare il Ballart, che dal Volaterrano, dalle Ricerche del 
Pasquier, dal Masson, e dal Boccaccio attinge, dall’indole 
violenta del Fiorentino, dalla satira mordace che erompe 
in lui, immoderata sempre, e senza freno. Veramente, non 
nega al sommo, cresciuto in un secolo ignorante, « et 
suppleant par la vivacité de son esprit à l’insuffisance de 
ses Maistres », virtù di vero poeta ; gli accorda i mag¬ 
giori favori delle Muse \ ma osserva che alla dolcezza del 
canto, Dante doveva pur troppo aggiungere il grido del- 
1 ’ uom sdegnoso e furente. 

« Estant retourné en Italie autant riche de.... Scien¬ 
ces, qu’appauvry par l’inhumanité de ses ennemis, il 


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Da Malherbe a Dierre Bayle 


medita de prendre des autheurs de son exil cette ven- 
geance signalée, que l’on voit éclater dans son triple 
Poéme du Paradis, du Purgatoire et de l’Enfer. Il de- 
trempa sa piume dans le fiel de sa colóre, autant que 
dans les sources vives de l’Hèlicon : il joignit l’aigreur 
de son ame à la douceur de sa Poesie : il fut animé en 
un mesme temps de sa docte Muse, et de son ressen- 
timent ». Al suo « admirable Poéme », Virgilio e Stazio 
hanno somministrato molte idee e l’argomento. E ben 
fece Dante a seguirli ; « ils étoient également dignes de 
son choix et de son dessein »; ben fece ad ispirarsi anche 
a Platone. La grand’ opera sua è « remplie de tant d’or- 
nemens ; elle est si éclatante des lumieres de la doctrine 
de Platon, que, comme a tres-bien dit Paul Jove, elle 
a rendu son autheur plus grand, et plus illustre dans son 
exil, que s’il eust esté Je Prince des lieux d’où on l’avoit 
exilé ». In fondo però, il triplice poema è scaturito da un 
desiderio sfrenato di vendetta, ed è di acerbità, d’odio e 
di rancore ricolmo. « Les partialitez des Grands, avec la 
corruption des moeurs fournissans à son esprit toute la 
matiere qu’il pouvoit desirer pour un semblable sujet; 
il déploya aux yeux de toute l’Italie cette Satyre mer- 
veilleuse; qui portant ses traits jusqu’aux throsnes des 
Souverains Pontifes, des Empereurs, et des Roys de la 
terre, découvre leurs actions privées avec une licence 
qui semble ue redouter, ny leur puissance, ny leur in- 
dignation. Il noircit particulierement la reputation du 
Pape Boniface Vili, parce qu’il avoit appuyé le party 
de ses persecuteurs. Il deshonore par ses Vers la mémoire 
et la race de Charles de Valois, le principal instrument 
de son exil; disant que Hugues Capet estoit fils d’un 
Boucher ». 

Acerbamente sdegnoso contro i papi, non risparmia 
il poeta la patria sua ; flagella Firenze. Il Bullart mette 
nella sua « Vita » un ricordo alla fiera invettiva del 
canto di Sordello. « Dante pousse encore dans ce Poéme 
son indignation contre la ville de Florence; la éompa- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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rant à une retraitte de brigands, et à ime fìlle prosti- 
tnée ; en ce qu’elle mèttoit toutes les Charges publiques 
en vente, et changeoit continuellement de Magistrats, 
de Monnoye, et de Coutumes, pour supporter avec moina 
de peines les incommoditez de son gouvernement ». Ac¬ 
coglie, a chius’occhi, come verità assoluta, le dicerie e le 
leggende, divulgate nelle Vite anteriori. Cangrande onora 
il poeta « quelque temps de sa bienveillance : mais sa 
fa£on de parler satyrique et piquante luy ayant dépleu, 
il l’obligea à chercher un autre refuge ». « Le desir de 
revoir sa Patrie donna souvent de l’exercice à sa piume 
pour la deffense de sa cause...: mesme il mena l’Em- 
pereur Henri VII devant les murailles de Florence ». 
« Ce grand Poéte estoit d’un temperament melancholi- 
que : il parloit peu à l’exemple des anciens Philosophes ; 
mais ses discours faisoient des puissantes impressiona 
sur les esprits ». Aveva « la taille mediocre, la face 
longue, le nez aquilin, la levre d’en bas grosse, et pous- 
sant en dehors, les cheveux noirs et crespus ». « On 
remarque qu’il eut deux Maistresses, en son jeune àge, 
Fune Gentucca,... V autre Beatrix Portinaria.... Comme 
cette amour se méloit souvent parmy les sublimes con- 
ceptions de son esprit, il la voulut eterniser par ses Vers, 
en voilant la Theologie sous le beau nom de Beatrix » *). 

Miserevolissima abborracciatura è la biografìa di Dante 
- «Dante Alighieri, ou Algliieri, Florentin, que nos au- 
teurs appellent quelquefois d’Audiguier » 1 2 ) - in uno dei 


1) All’ articolo su Dante , succede, nella rassegna Bullartiana 
degli illustri, quello sul Petrarca, che accoglie le fiabe divul¬ 
gate da « Gabriel Simeon Florentin.... dans les observations 
de ses voyages », e fa del cantor di Laura (« la sbavante Laure ») 
un imitatore di Dante, più fortunato, e più grande, s’intende, 
del suo modello : « La renommée de Dante remplissoit en ce 
temps-là toute FItalie. Petrarque n’eut pas plutost leu ses 
Vers qu’il fut épris du desir de Fimi ter; mesme de luy dis- 
puter le prix de FEloquence, et de la Poesie». 

2) S ; usavano in Italia, indifferentemente, le forme : Adigeri, 
Aldighieri, Adhegerii, Aldegerio, Adecherio, ed altre analoghe. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


tomi dei Jugements des Savants del Baillet (1686), scia¬ 
gurato impasto di notizie, cavate da vari autori, che alla 
rinfusa, col Masson, il Landino, il Villani ed il Castel- 
vetror, si rammentano. Vi trovi un rinvio alla Difesa del 
Mazzoni, un ricordo all’Orazione del cavalier Salviati *), 
l’approvazione delle censure del Bellarmino, fatte « avec 
beaucoup d’exactitude dans ses Opuscules, qui servent 
d’additions à ses Controverses », ripetute le scempiag¬ 
gini del Rapin sull’ « ordonnance triste et morne » del 
poema, l’« air trop profond », l’impenetrabilità del senso, 
l’audacia nell’invocare « son propre esprit pour sa Divi- 
nité ». Non è miracolo, osserva il Baillet, che Dante si 
sia fatto un nome, ed abbia preso posto tra gli illustri ; 
la fama sua, « comme il y avoit peu de gens qui eus- 
sent écrit avant lui..., n’a pas du lui couter beaucoup». 
La Commedia famosa è scritta per dar prova del sapere 
teologico, acquistato a Parigi, « dans les écoles de la 
rue au Foarre ». Altre opere furon da Dante compiute, 


Vedi M. Scherillo, Alcuni capitoli della biografia di Dante, 
Milano, 1896, pp. 67 sg.; A. G. Spinelli, Gli Aldighiei'i dan¬ 
teschi del Modenese, nelle Memorie d. B. Acc.... Modenese, Sez. Ili, 
Voi. IV, Modena, 1902. Non è tuttavia improbabile che il 
Baillet, ignaro dell ’Audigiei' antico (Barbazan, Fabliaux et 
Contes, IV, 217-233), rimembrasse, traducendo il nome « Ali¬ 
ghieri » in « d’Audiguier », il noto poligrafo Vital d’Audiguier, 
traduttore delle novelle del Cervantes e dell’ Espinel, assas¬ 
sinato nel 1624, di cui è una breve notizia nel Dènombrement 
où se trouvent les Noms de ceux qui m’ont donné leurs livree, 
aggiunto alle Mémoires de Michel de Marolles Abbé de Villeloin f 
ed. di Amsterdam, 1755, III, 266. 

l) Nell’ edizione de’ Jugements, curata da La Monnoye (edi¬ 
tore anche del Ménage), Paris, IV, 267. Ripete il Baillet un 
giudizio su Dante, maestro nel poema eroico, ed aggiunge : 
« De sorte qu’il ne s’est encore trouvé personne, dit le che- 
valier Salviati, qui l’ait pù passer en ce genre ». Non gli era 
forse ignota l’ Orazione nella quale si dimostra la fiorentina fa¬ 
vella e i fiorentini autori essere a tutte le altre lingue, così an¬ 
tiche come moderne, e a tutti gli altri scrittori di qualsivoglia 
lingua, di gran lunga superiori. 


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Da Mallierbe a Pierre Bayle 


143 


prima e durante 1’ esilio ; e nessuno, in verità, sapeva enu¬ 
merarle in Francia, coll’esattezza e la scrupolosità delBail- 
let. La Vita Nuova è sdoppiata. « Avant son exil il fit 
son premier Traité sur l’amour ; durant son exil il fit 
un autre ouvrage, sur le méme sujet, en 20 chants ». 
Similmente, del trattato politico si fanno due distinti 
trattati : la « Monarchie que nous avons en latin », e 
« son livre de l’Office et des devoirs du Pape et de l’Em- 
pereur ». E si moltiplicano gli imaginati scritti di scienze 
naturali. La Quaestio, risuscitata in Francia un secolo 
innanzi, ma subito sepolta, partorisce « quelques Traités 
de Physique ». 

Chi ha la benedettina pazienza di tollerare, per scopi 
« scientifici », la lettura di altre caotiche biografìe del 
Baillet, s’imbatterà in altri accenni a Dante. Dedica, per 
es., il Baillet alcune sue pagine al Petrarca (IV, 276), 
e vi compara lo stile del cantor di Laura a quello di 
Dante. « S’il n’a pas été si exact que Dante dans la pro- 
priété des mots, il l’a passé de beaucoup par les expres- 
sions relevées et hardies dont il a enriclii ses ouvra- 
ges ». L’opera intera, di tali scimunitaggini riempita, 
trastullo di un uomo, che della poesia e dell’arte aveva, 
in fondo ai cuore, sacro orrore, ed osava chiamare un 
dì i poeti « des ignorans, des gens sans adresse, sans 
industrie, qui n’avoient pas de sens commun, des vrays 
paysans, des bouches mouvantes, en un mot des bètes 
qui passoient pour des hommes » *), gridata ai quattro 
venti 1 2 ), benché dal Ménage combattuta, ebbe smercio, 
e favore. N’usciva una terza edizione ad Amsterdam, 
nel 1725. 


1) Brano della rubrica de’ Jugements sul Marino, riferito da 
U. Cosmo, nell’edizione delle Osservazioni alla Divina Com¬ 
media di Dante Alighieri di Niccola Villani ( Collez . di opusc. 
dant. ined . o rari), Città di Castello, 1894, p. 9. 

2) Ammira il Sàintsbuky, History of Critidsme and literary 
Taste, eco., II, 317, « thè extraordinary industry with which 
Baillet executed his task ». — Nelle Vite secentistiche fran- 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


È noto il suggerimento clie il Magalotti dava a George 
Douglas, ospite a Roma dal Falconieri, nel 1690, avido 
di coltura, bisognoso di guida nel labirinto delle lettere 
italiane : « Il Sig. Paolo (Falconieri) La consiglierà in 
primo luogo, non dico a leggere, ma a studiare Dante, 
per mettersi nella mente un seme, non solamente frut¬ 
tifero..., ma creatore universale, in ogni genere di pen¬ 
sieri e d’idee grandi, adattabili ad ogni genio di nazione 
e di lingua. Non Le dirò già che Ella si tuffi nel mare 
de’ suoi commentatori, perchè niuno di essi essendo 
perfetto, non torna conto il leggere gli errori di tutti : 
ma La loderà l’avere il Buti come il più utile all’ in¬ 
telligenza storica, e poi per i luoghi difficili il Vellutello 
e il Daniello, riserbando il Landino a qualche diluci¬ 
dazione di quei rancidumi della Scolastica, ch’era la 
moda di quei tempi» x ). Il Magalotti fu buon tempo in 
Francia; e non è improbabile che all’uno, o all’altro 
degli amici suoi di'lassù, abbia dato - ammiratore fer¬ 
vente com’ era di quell’ « universal genio e di idee sì 
grandi », « mare di tutto il senno », così apparivagli 
Dante - un consiglio analogo. Ma chi gli badava? La ri¬ 
surrezione di un morto, obliato tra le rovine dei secoli, 
come poteva avvenire ? 


cesi d’altri poeti d’Italia non vedi insinuarsi mai una parola, 
un cenno, un deboi ricordo a Dante. S’ inchina il de Chaus- 
set, nella Vie du Tasse, desunta dal Manso, Paris, 1690, alla 
dottrina del « s$avant Ménage », e nel coro de’ poeti antichi 
e moderni (p. 28) vede emergere : « Ovide, Petrarque, l'Ario- 
ste et quelques autres ». 

l) Lettere famigliavi (2 maggio 1690), cit. da G. B. Mar¬ 
chesi, Della fortuna di Dante nel secolo XVII, p. 17 sg. Vedi 
inoltre la monografìa di S. Fermi, Lorenzo Magalotti scienziato 
e letterato, Piacenza, 1903, p. 202 ; e le note sul Commento ai 
primi cinque canti délV Inferno di Dante (lavoro giovanile del 
Magalotti), pp. 200 sgg. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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I solitari, capaci di astrarre dalle correnti che trasci¬ 
nano il grosso della nazione, di immergersi nel mondo 
degli asceti, de’ mistici e visionari di un’ età universal¬ 
mente ritenuta barbara, sono allora rarissimi in Francia, 
e quei pochi, quelle fenici non s’accorgevano che Dante 
aveva dato vita a quel mondo. Se qualcosa trapela di 
una simpatia od indulgenza per il divino poeta, negli 
scritti de’ sapientissimi accademici di Francia che passan 
l’Alpi, i lettori francesi appena l’osservano, e, macchi¬ 
nalmente, ripeton parole, a cui l’anima mancava. Si ha 
paura di quel secol d’ orrore e d’ignavia, in cui Dante 
era vissuto, lontan lontano dalle sorgive dell’arte vera, 
paura di quel goticume mostruoso, senz’ armonia, senza 
forme, senza luce. « Je les vois venir, ces siècles déte- 
stés, | ces siècles malheureux, d’ignorance empestés, | où 
la Cour bégayant une langue en enfance, | n’avoit qu’ Alain 
Chartier pour patron d’éloquence », esclamava, atterrito, 
il Sénecé, in una satira (Les Auteurs)) e moveva le mani, 
armate di penna, per tenerli lungi, e più non si rica¬ 
desse in quegli squallori di morte. 

Antoine de Bauderon de Sénecé, che ignorava, sup¬ 
pongo, le satire in terza rima del suo contemporaneo Sol- 
dani, fervido studioso ed ammiratore della Commedia *), 
aveva tradotto dall’Ariosto (1 ’Arioste rajeuny, 1683) j s’era 
imbevuto di lettere italiane ; aveva criticato il Tasso e 
il Marino, per quegli orpelli che al maestro Boileau da- 
van ai nervi (« Le Tasse et le Marin font rougir l’Italie » 
- Les Travaux d ì Apollon) ; e in certe sue «Osservazioni 
storiche sulle Memorie del Cardinal di Retz », dà segno 
d’aver inteso di Dante, e del poema suo, tutto stranezze, 
tutto tenebre. « A mesure », die’ egli, « que la barbarie 
des G-oths et des Lombards s’éloigna de nous, l’impos- 
ture recommenga de gagner du terrain. Ce fut en Italie 
que repullula ce désordre par les visions obscures et 


1) Vedi C. Casari, Jacopo Soldani (Un Satirico del Seicento ), 
Lo vere, 1904. 


10 — Farinelli, Voi. II. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


extravagantes du Dante ». S’aggiunsero a coteste visioni 
le novelle del Boccaccio, i versi del Petrarca. Tutta roba 
vantata fuor di misura, e di novità discutibile. Alla 
triade fiorentina non avevan servito i poeti di Provenza 
di lume e guida? L’ aveva notato, di quegli anni, il Me- 
nestrier, nelle ricerche sulle Beprésentations en musique, 
ove ripetesi l’antico giudizio, dover « Dante, Pétrarque 
et les autres poètes italiens » ai « trouverres » di Pro¬ 
venza « la plupart de leurs inventions » 1 ). Il Sénecé 
ripiglia: « Ce n’est pas que nos Proven$aux ne leur 
aient disputò cette prétendue gioire, et ils soutiennent 
encore aujourd’liui que c’est à leurs trouvères, que l’Ita- 
lie doit ses plus ingénieuses inventions. Je ne prétends 
pas juger ce procès » 2 ). 


Su queste questioni gravi di precedenza, senza legger 
sillaba in Dante, senza pur conoscere ombra delle rime 
de’ Provenzali antichi, letterati e pedanti riversan fiumi 
di parole 3 ). Si ripetono, con stucchevole frequenza, gli 
elogi agli ignoti Provenzali, che misero il faro loro di 
coltura a rischiarare le tenebre del medio evo, ingen¬ 
tilirono i costumi, diedero alla poesia un’anima, e pre- 
staron mano agli Italiani, per uscir dal buio e dal 
torbido. Poco meno che centenne, il Fontenelle, discor- 


1) Repi'ésentations en musique anoiennes et modemes, Pa¬ 
ris, 1681, p. 300. 

2) Remarquès historiques suivies de quelques observations eri- 
tiques sur un livre intitulé Mémoires de M. Le Cardinal De Beta, 
nelle Oeuvres choisies de Sénecé, nouv. édit., p. E. Chaslks et 
P. A. Cap, Paris, 1855, p. 342 sg. 

3) E più ne spandono, in fin del secolo, per rintracciare la 
topografia del Paradiso terrestre, il corso dei quattro fiumi 
leggendari, senza evocar mai la memoria della fantastica de¬ 
scrizione di Dante. Vedi le Lettres inédites di G. Cuypert8 f ed. 
dal Pélissier, cit., pp. 11 sgg.; 34 sg.; 64 sgg. 


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Da Mallierbe a Pierre Bayle 


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rendo, placidamente, di Romeo di Provenza, si lascia sfug¬ 
gire il nome di Dante, e quel gran nome sottintendeva, 
un quarto di secolo prima, rispondendo, dal suo aito 
scanno dell’accademia degli immortali, ad un discorso 
di Clialamont de la Visclede. Accennava allora pur lui 
ai remoti tempi, avvolti nella notte della barbarie e del- 
1’ ignoranza. Brillarono sulle privilegiate terre di Pro¬ 
venza i primi raggi della poesia francese, e la natura, 
benefica, produsse, d’ un tratto, gran turba di poeti. « Ces 
auteurs, qui n’avaient que de l’esprit sans culture, dont 
les noms sont à peine connus aujourd’lmi de quelques 
uns d’entre les savants les plus curieux, sont ceux ce- 
pendant dont les Italiens ont pris le premier goùt de 
la poésie 5 ce sont ceux que les anciens poètes de cette 
natioh si spirituale, et le grand Petrarque lui-mème, 
ont regardés comme leurs maìtres, ou du moins cornine 
des prédécesseurs respectables » *). 

Cartesiano come il Perrault, uom saggio, e pieno di 
discrezione, mente equilibrata, lucida e duttile, il Fon- 
tenelle, anticipato Voltaire, senz’aver lo spirito e il genio 
indiavolato del filosofo di Ferney, abbraccia lo scibile 
umano, e nulla sviscera, nulla approfondisce. Sorregge, 
con leggerezza impavida, la calotta del suo mondo. Legge, 
come il Pascal, le opere e gli opuscoli di scienza del 
Galilei, ignaro affatto dell’ amore che quell’ uom gran¬ 
dissimo portava a Dante, e delle lezioni tenute all’Ac¬ 
cademia fiorentina. A sentirlo, parrebbe tener le chiavi 
d’ ogni tesoro della scienza, e dell’ arte. Discorre d’arte 


1) Béponse de Fontenélle .... au discours de M. de Chalamont, 
19 septembre 1726, in GEuvres complètes, Paris, 1818, I, 542. 
Perchè « inspirò par une provengale », pensava, con altri, il Fon- 
tenelle, la gloria del Petrarca « pent encore appartenir plus 
particnlièreinent à la Provence ». È pure del 1726 un’epistola 
del Fontenelle a Mirabaud, traduttore del Tasso, in cui si sen¬ 
tenzia (CEuvres I, 543): « La renommée n’a encore depuis trois 
mille ans consacré que trois noms dans le genre du poème 
épique, et le nom du Tasse est le troisième ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


con presunzione infinita, colla certezza infallibile di un 
oracolo. Sprovvisto di fantasia, non sa del poter magico 
che la poesia, dal cielo in terra discesa, ha sul cuor 
dell’ uomo ; e non a torto diceva di lui il Sainte-Beuve, 
che, senza aiti ideali, e senza sentimento vero, parlava 
di poesia ad ogni occasione, come avrebbe fatto l’amico 
suo de la Motte, come un cieco cioè parla di colori !). 
Che poteva significare per il Fontenelle « il gran Pe¬ 
trarca », emergente sui poeti d’Italia de’ remoti tempi? 
Ti senti il ghiaccio all’ anima, quand’ odi i suoi morti 
favellare con arguzie sottili, e aneli alla vita che Dante 
poneva ne’ suoi trapassati 1 2 ). 

Non senza senno, il Fontenelle ribellavasi al culto 
esclusivo pei Greci ed i Romani ; favoriva i moderni, e 
rimproverava ai Francesi il tufiarsi e ri tuffarsi ostinato 
nell’onde del paganesimo. Anche in questo s’accordava 
con lui Houdar de la Motte, poeta Senza poesia, filosofo 
senza sistema di filosofìa, ma uomo di altissime pretese, 


1) Causerie* du Luridi, III, 331. Avrebbe riso il Sainte-Beuve 
degli ampollosi ditirambi che Laborde-Milaà prodiga al suo 
Fontenelle (Grands éoriv. franq.), Paris, 1905. Benissimo invece 
investiga L’influence de Fontenelle, estesa al Voltaire, al Mon¬ 
tesquieu, al Marivau\, e ad altri móltissimi, L. Maigron, nella 
Rev. d’kist. littér. de la Franee, XIII, 199 sgg. (frammento del 
volume, Fontenelle, Vhomme, V oeuvre, Vinfluenoe , Paris, 1906); 
non la riterrei tuttavia superiore a quella esercitata dal Bayle 

(p. 222). 

2) Un critico, che annunciava, malamente, nelle Novelle della 
repubblica letteraria, di Venezia (1741), un’ edizione, uscita al¬ 
lora, del De Monarchia dantesco (Colonia, 1740), combatte « le 
tesi e le induzioni » di Dante, con un ricordo al Fontenelle 
(p. 396): « La pluralità de’ principi del mondo non toglie quel- 
P armonia e felicità ne’ sudditi. E se fu effetto -di bizzarra, o 
vogliam dir poetica fantasia, rispetto al moderno Scrittor Fran¬ 
cese, P introdurre nel suo libro Pluralità di mondi, molto più 
strano e inusitato effetto provvenirebbe dall’ idea di formar 
[come intende l’Autore] in tutto il mondo un solo Monarca, 
da cui a somiglianza dell’ unità di Natura dipender dovesse 
ogni gente e nazione, come in un corpo tutti li membri dal 
solo capo, o cerebro, nelle loro azioni dipendono ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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di critica vivace e zelante, quanto superficiale. Non disse 
il de la Motte di Dante, nè bene, nè male ; non s’ispirò 
a Dante menomamente nell’ ode Descei\te aux Bufere, 
fiacca e scipita *). S’aggrappò pur lui, in tempi di ome¬ 
rica febbre 2 ), sul gran corpo del cantor dell’ Odissea, 
che trovava golfo alquanto, e alquanto irsuto (« tout 
n’est pas précieux » - B Ombre d'Homère). Poco dopo 
la Dacier, tradusse, o travestì, VIliade, senza saper di 
greco, più che ne sapesse il Monti. La fede se n’era ita 
al cielo, e aveva sollevata e stretta a sè la poesia, povera 
e derelitta, delusa e spregiata dalle genti, sature di ra¬ 
gione e di buon senso. 

Il Fénelon stesso, che ellenizzò si può dire tutta la 
vita, e figura qual strenue propugnatore delle idee e 
dell’ arte antica, amoreggia coi moderni, o piuttosto dà 
all’ antico moderna figura. La poetica che ha in capo gli 
rivela il vangelo della ragione, maestra e duce della fan- 


1) La leggo nella raccolta, Odes t uvee un discours sur la poésie 
en général, et sur Vode en partieulier, seconde édition, aug- 
mentée de moitié, Paris, 1709. — Passati in rassegna i tor¬ 
menti di Issione, di Sisifo, di Tantalo, il poeta esclama: 

Mon oeil à ces objects i'attaché, 

Cnrieux malgrò son effroi; 

Mais de Minos qui m’en arra che, 

SubÌ88ons l’équitable loi. 

Lftisse dea tourmens trop célèbres, 

Dit-il ; à tra vere ces ténèbres 
Jette un plus utile regard; 

Et dans nos prisons soùterraines 
VoÌ8 avec fruit de quelles peines 
On punit l’abus de ton art. 

Vede quindi il poeta, disceso nel « triste empire », i vili au¬ 
tori, i corruttori, i plagiari ; poi, d’un. tratto, l’inferno gli si 
dilegua, « comme un songe ». 

2) Una spiritosa satira del Rivière-Dufresny contro gli ome- 
riggianti di quel tempo ( GEuvres, 1747, pp. 243 sgg.) è rife¬ 
rita da P. Dupont, Un poète philosophe au commencement du 
18 e siècle. Rondar de la Motte , Paris, 1898, pp. 125 sg.: « Us 
font d’Hoiuère | un dromadaire, | s’imaginent que sur son dos 
montés | haut élevés, grimpés, juchés, guindés, | ila prendront 
place | au coupeau de Parnasse |.... Ils l’étemisent, | le divi- 
nisent, | puis, par droit de société, | partagent sa divinità ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


tasia ; esige il naturale, il semplice, il patetico ed il te¬ 
nero, preferibile sempre al tragico. Il gotico ripugna a 
quel sacerdote, come ripugnerà al Voltaire. Vuol inon¬ 
dato il suo tempio di luce; e appiana, leviga, alleggiadrisce 
ogni forma, apparentemente ruvida e scabra. La natura 
appare a lui, come a Leonardo, madre sollecita e benigna, 
e il poeta, seguendola, ritraendola, non farà cosa fallace 
giammai. « Un poète est un peintre, qui doit peindre 
d'après nature et observer tous les caractères » x ). Gli 
Italiani, a suo avviso, avevan guasta, con troppe sot¬ 
tigliezze, la poesia, e fuorviati in parte gli scrittori di 
Francia. Non conobbe Dante il Fénelon. Non si diè briga 
di risalire fino al poeta altissimo, benché solito a guiz¬ 
zare, agile e pronto, e legger sempre, in ogni manife¬ 
stazione dello spirito. Colla goffaggine e le astrusità 
mostruose d’un’ arte, rozza e barbara, nel concetto di 
quei tempi avanzatissimi, ci avrebbe trovato quell’ardor 
mistico 1 2 ), quella gravità biblica, che soleva scuoterlo ed 
accenderlo', come scote va ed accendeva il rivale Bossuet ; 
e, in mezzo alle violentissime procelle, alle lotte crude, 
agli odi furenti, rovesciati nel verso, un sospirar pro¬ 
fondo al sedarsi d’ogni tumulto, a quella pace universale, 
che vagheggiava nella mente, e predicava ognora, placido 
anche tra il fremito e il ruggito delle tempeste - utopia 
solenne, entrata pur ne’ sogni dell’abate di Saint-Pierre 
(Projet de paix perpetuelle ). 

Non Dante, ma Virgilio suggerisce al Fénelon, la sua 
discesa agli abissi d’inferno. Il Tartaro, raffigurato nel 


1) Sur la dispute dee anciens et des modernes , in CEuvi'es, ed. 
Paris, 1850, VI, 653. 

2 ) Incomparabilmente pià vivo e sincero in Dante che nel 
Fénelon; ed è pura fantasia quanto la sig.ra Blknnbrhassett 
osserva, in una sua recente e breve monografìa su Chateau- 
biiand, Mainz, 1903, p. 64 (Romantik und die Restaurations- 
epoche in Frankreich ): « Fénelon war ein tiefsinniger, mystisch 
veranlagter Metaphysiker, der, wie Dante, das Paradies im 
Licht der Theologie vergeistigte ». 


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Da Malherbe a Bierre Bayle 


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Télémaque, è, come 1’ inferno del de la Motte, un calco 
del Tartaro virgiliano *) ; ma alla tradizione pagana, la 
sola veramente vitale nel Fénelon, s’è aggiunta, in stretto 
connubio, la morale cristiana. Il Dio de’ Cristiani non 
isdegna amministrar giustizia nella valle del dolore e 
del pianto ; rispetta il sistema penale, imaginato da Vir¬ 
gilio, e vi aggiunge qualche modificazion lieve, già da 
Dante ideata, come il punire l’intenzione intima, quanto 
1 ’ atto stesso del peccato, il torturare i malvagi coll’ ima- 
gin continua della propria colpa. 

% 

Comparve il Télémaque nel 1699. Due anni prima, dava 
già un addio al secol cadente, e salutava a Rotterdam 
l’alba de’ nuovi tempi il Dictionnaire Mstorique et critique 
del Bayle, 1’ « immortel Bayle », « honneur de la nature 
humaine », come lo chiamava il Voltaire, inchinato an¬ 
che dal Rousseau, rispettato dal Lessing, e da infiniti 
ingegni minori consultato e copiato. Di un articolo su 
Ugo Capeto fregiavasi la prima edizione di quell’opera 
magna; la seconda, uscita nel 1702, metteva, tra le ru¬ 
briche, un articolo su Dante, ricettacolo di molta materia 
erudita, torbidissima, spinta giù per la china di due secoli. 

Titolo maggiore al ricordo dei posteri era anche per 
Dante, s’intende, la dottrina. La poesia è dono superfluo, 
che Dio avrebbe dovuto togliere agli uomini, perchè cor¬ 
ressero più spediti, meglio illuminati, più felici quindi, 
nel cammin grave della vita. Il Bayle ha il senso estetico 


l) Dice Orazio a Virgilio, ne’ Dialogues des morts del Fé¬ 
nelon ( QLuvres VI, 298) : « On ne pent pas mème vous óter 
la louange d’avoir fait la descente d’Enée aux enfers plus 
belle que n’est Pévocation des àmes qui est dans l’Odyssée ». 
Lr. Boulvé, a sua volta, De Vhellénisme chez Fénelon, Pa¬ 
ris, 1897, pp. 178 sgg., trova che nella descrizione del Tar¬ 
taro e dei Campi Elisi, « Fénelon laisse loin derrière lui Ho- 
mère et Virgile ». 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


di un de la Motte e di un Fontenelle. L’ opera d’arte non 
ha per lui valore ; è l’opera di scienza che lo riscalda, 
che accende le sue piccole vampe d’entusiasmo 1 ). Di 
scienza, qua e là racimolata, con indefesso studio, infarci¬ 
sce ogni suo scritto. Raccolto nelle pareti del suo studio, 
chino il capo sulle sue carte, gli par di percorrere il 
mondo intero. Divora lo spazio, e divora il tempo. Nè 
ha bisogno di popolare di ammiratori e seguaci le sue 
solitudini, come farà il Voltaire sempre, ne’ piccoli suoi 
centri. Il pensiero, perpetuamente desto, esercitato sulle 
più svariate cose, duttile e forte, riesce ad animar tal¬ 
volta la pedanderia più fastidiosa, più plumbea e più 
squallida. Il « Dizionario » del Bayle, « ce terrible vo¬ 
lume, cette montagne d’entre les livres », come diceva 
il Murat 2 ), è un repertorio vastissimo della vita intel¬ 
lettuale de’ popoli, gran magazzino di erudita merce, 
accatastata, che s’apre e s’espone al pubblico. Piaceva al 
Bayle la fastosa dottrina, e trae vasi seco, a documentare 
i fatti raccolti, un gran corteggio di citazioni. Allegava 
prove, e controprove. Inquadrava i suoi articoli di una 
cornice di note ampiissima. Quelli che interessano la 
nostra storia, sono fra i più miseri della vasta con¬ 
gerie. Non rivelano nessuna delle ricerche originali, alle 
quali il Bayle si sobbarcava talvolta, con amore. Accoz¬ 
zamento, nè meditato, nè vagliato, di rancidi giudizi 
altrui, non meriterebbero più di una menzione fugacis¬ 
sima, se non avessero offerto comoda materia ad altre 
rubriche ed articoli « danteschi », in Francia e fuori di 
Francia, ai lessicografi tedeschi in particolar modo, e 


!) Anche il defunto mio amico L. Betz, nello studio, Pierre 
Bayle und die«Nouvelles de laRépublique desLettres » (1684-1687), 
Ztirich, 1896, pp. 82 sgg., rilevava la mancanza di sentimento 
estetico in quell’ enciclopedico cervello, tanto esaltato da L. 
Feuerbach (P. Bayle . Ein Beitrag zur Geschichte der Philosophie 
der Memchheit, ediz. novella di W. Bolin, biografo recentis¬ 
simo del Bayle, Stuttgart, 1905). 

2) Lettres sur les Anglais et les Frangati, ed. cit., p. 236. 


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Da Malherbe a Pierre Bayle 


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servito a tumular bene, con muratura solida, la memoria 
del sommo Fiorentino. 

Questa sua Commedia, dice il Bayle, volle Dante co¬ 
minciarla in latino, ma la compì poi in versi italiani, 
e ben fece « de se tourner vers sa langue maternelle ». 
Ma che poteva importar mai la materna lingua di Dante 
all’ autore del gran Dizionario ? Che altro di Dante lesse 
egli mai, se non quei frantumi di versi, addotti da altri 
critici, citati nella traduzione del Grangier, e che rive¬ 
lavano contener la Commedia « certaines choses qui ne 
plaisent point aux amis des papes, et qui semblent si- 
gnifier, que Rome est le siège de l’Antéchrist »? 1 ). L’in¬ 
giuria fatta alla stirpe Capetingia, discesa dal « beccaio », 
pareva al Bayle meritevole di esemplare rampogna. Non 
giova difendere il poeta, come fecer parecchi, poiché è 
visibile in Dante il mal volere alla casa di Francia. Come 
tutte 1’ altre, questa « menzogna di Dante » si fe’ strada, 
passò di libro in libro, si trasmise di secolo in secolo. Fol¬ 
lia sarebbe raddrizzare i giudizi mendaci sfuggiti a Dante : 
« Ce seroit abuser de son loisir et de la patience des lec- 
teurs que de refuter cet homme» (p. 791). Ma, al lettore, 
pazientissimo, non esita però il Bayle di offrire, in un labi¬ 
rinto di note, le notizie più strafalarie su Dante, raccolte 
dagli scrittori di Francia che lo precedettero, dal Pasquier 
in poi ; l’informa di tutte le dispute uggiose, a cui diè vita 
la Commedia, interpretata sempre senza pietà e senza senno. 
Non una parola d’encomio alla virtù poetica di Dante. Nes¬ 
suna distrazione, od emozione nel critico gelidissimo, in¬ 
tento a schierare in parata le turbe delle sue citazioni. 

Non fu tuttavia del tutto inutile il poema di Dante, 
pensa il Bayle. A qualcosa ha pur giovato. « Il a servi 


!) I versi della Commedia, sempre indirettamente citati, nel- 
V articolo Dante del Dietionnaire del Bayle, furono poi ritra¬ 
dotti in inglese da un Francese emigrato, Pierre Desmaizeaux, 
che, nel 1735, voltò la grand’ opera nella favella britannica. 
Vedi P. Toynbee, English translations of Dante in thè eighteenth 
century, in Modern Language Review, I, 11 (ottobre, 1905). 


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Da Malherbe a Bierre Bayle 


de texte à quelques commentateurs, et il a fourni une 
matière de guerre à plusieurs critiques » *). 

Naufragata la fede, disciolto il mondo poetico, il mondo 
de’ sogni, delle imagini e delle chimere, abborrito, ina¬ 
bissato il medio eyo, sepolto Dante, mummificato sotto 
il cumulo delle note del Bayle, nessun allettamento po¬ 
teva offrire alle genti di Francia la dantesca visione 
oltremondana. La creazione fantastica era delirio, folle 
e ozioso trastullo. Un poema che svolge i misteri del- 
l’anima, e vaga e divaga nelle regioni che trascendono 
l’umano intelletto, e canta la purificazione, la redenzione 
e sublimazione successiva dell’ uomo, fino al consegui¬ 
mento della pace suprema, assoluta, in grembo a Dio, 
muove ai sorriso. Stringente è ora il bisogno di rivolger 

10 spirito alla scoperta delle verità del mondo tangibile 
e riconoscibile. Nuove officine si aprono al lavoro della 
mente indagatrice. L’arte, dannata dai critici e ragiona¬ 
tori, si acconcia ai bisogni dell’ età novella, ed avrà eapor 
di terra, non più sapor di cielo. La Francia, rinvigorita 
dalle idee dei pensatori britannici, accolte, chiarite, vol¬ 
garizzate, nei primi decenni del ’700, è esempio e mo¬ 
dello di coltura all’Europa intera. 

Occorreva un uomo, di rapida percezione, di volontà 
tenace, di agile spirito, che tenesse desta sempre e attiva 
sempre la mente della nazione. Occorreva un monarca per 

11 dominio della folla. Pose la natura lo scettro nelle mani 
del Voltaire, e disse a lui sollecita: Reggi e impera. 


1) Crede E. Gigas, Choix de la coirespondance inèdite de Pierre 
Bayle, Copenhague, Paris, 1890, I, 676, annotando il passo: 
« Assurément, Monsieur, vous vous estes trompé.... Vous n’avez 
pas compris vostre Docteur », che il Bayle rammenti qui Dante : 
« C’est ainsi que Dante appello Virgile ». Ma il critico non 
aveva sicuramente un pensiero al « dottore » e duce di Dante. - 
Le Nouvellea Lettree, La Haye, 1739, I, 130, accolgono una 
confessione del Bayle : « Pour les Poetes, Virgile est sans doute 
le meilleur ». 


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VOLTAIRE E IL SUO SECOLO 


Esordi della critica dantesca del Voltaire 

Resse e imperò il Voltaire sul popol suo, per voler 
di Dio, gran tempo. Mobilissimo e vivacissimo di spi¬ 
rito, da invincibil curiosità spinto ad esplorare tutti i 
rami dello scibile, lasciò dovunque 1’ impronta del suo 
genio, facile quanto superficiale. Criticò pur Dante e la 
Commedia divina, letta da pochissimi in Francia, a’ suoi 
tempi; e i giudizi suoi, espressi in poche frasi, nette, 
recise, limpide, facili ad imprimersi ne 7 cervelli de’ forti 
e de’ deboli, si sono ripetuti e variati, via via, all’infi¬ 
nito. Si gridò e si grida tuttora all’ imperdonabil leg¬ 
gerezza del censor fatale, alla profanazione della memoria 
del sommo poeta, senza considerar punto che gli apprez¬ 
zamenti e le condanne, spietate in apparenza, da quella 
fonte medesima sgorgano, da cui scaturiscon le lodi 
perpetue alla ragion pura, al buon senso sublime, e al 
gusto infallibile; e la natura stessa del Voltaire riflettono, 
tutto istinto e spensieratezza, incapace di rivivere la vita 
del passato, di astrarre dal mondo delle idee acquisite, 
per immergersi, dimentico di sè medesimo, nel mondo 
di Dante. 

A quello spirito, prodigiosamente flessibile, è negata 
la profondità, negata l’intimità e l’intensità del senti¬ 
mento. Le emozioni grandi e vive passano, e non lascian 
solco. Ogni meditazione pacata è fuggita. Solo libando 
leggermente di tutto, e tutto sfiorando, con rapido volo, 


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Voltaire e il suo secolo 


si toccano, per ogni lato, i campi vastissimi del pensiero, 
dell’arte e della vita; si è, o si appare, universali, en¬ 
ciclopedici. Un lucido intelletto che anela al continuo e 
incontrastato dominio, e teme il minimo urto, la con¬ 
traddizione più leggera, affronta impavido ogni rivale, 
si piega a tutte le esigenze, vigila a tutto, si spande 
ad ogni vento, attinge ad ogni fonte, assimila ogni sorta 
d’informazioni, lavora, improvvisa senza posa. Quell’at¬ 
tività febbrile vi dà l’idea dell’onniscenza e dell’ onni¬ 
potenza. 

Volle la natura benigna dotare il suo favorito di una 
percezion rapida, fulminea; gli accordò, sovra tutto, il 
privilegio di cogliere e fissar vivi, nel rapido lor pas¬ 
saggio, i sentimenti fuggitivi. Ma alla soglia de’ primi 
istinti lo trattenne. Al paziente e faticoso lavoro l’agil 
spirito si ribella. Gli ostacoli al libero volo non si sor¬ 
montano e non si affrontano. Si evitano. Liberi spazi 
occorrono al batter dell’ali. A che tentare di compren¬ 
dere ciò che a prima vista appare incomprensibile? Qual 
diletto arrecano ai miseri mortali i geni oscuri, avvolti 
nelle tenebre, i grandi visionari e sognatori? V’inoltre¬ 
rete per calli di rovi e di spine, quando innanzi a voi 
s’apre un cammin libero che pianamente e diritti vi 
conduce alla meta prefissa ? *). Il grand’ uomo, che ab¬ 
bagliò e dominò il pubblico per un secolo, era tiranneg¬ 
giato lui medesimo dall’ opinione della folla. Il « gusto » 
del secolo era, in fondo, il « gusto » suo. Audace e ri¬ 
voluzionario, quando tratta vasi di abbattere i pregiudizi 
stolti degli uomini, di svelare i torti e le iniquità della 
giustizia, volgarizzatore indefesso, pronto ad accogliere 
ogni germe d’idea, spuntata su ogni lembo di terra, pur- 


l) « Un éorivain satirique a observé que nous autres Fran¬ 
cis nous voulons tout comprendre de prime-abord, et que ce 
que nous ne saurions saisir de cette fa^on cavalière, nous le 
déclarons, sansplus, indigno d’ètre oompris » - Daniel Stern 
(contessa d’AGOULT), Dante et Goethe . Dialogues, Paris, 1866, 
p. 14. , 


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Voltaire e il suo secolo 


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chè fruttasse alla Francia sua, e servisse al trionfo della 
ragione, - immedesimata sempre colla logica del suo cer¬ 
vello - alle tradizioni del passato egli è pur, ne’ più dei 
casi, avvinto. Nè.in poesia, nè in critica osa bandire alle 
genti un vangelo novello. 

Il mondan rumore, 1’ esaltazione del suo gran nome, 
i fragorosi applausi x ) soffocano in lui le voci interiori. 
Facilmente impressionabile, accessibile ad ogni passion- 
cella, non penetra negli intimi recessi dell’ anima. Non 
conosce le estasi, le visioni, che rapide e luminose si ac¬ 
cendono, le scosse della coscienza all’urto delle eterne 
idee. Il silenzio degli spazi infiniti, sì caro al Pascal, 
non commuove quest’ anima, sì poco solitaria, non tocca 
dal soffio vivificatore della natura, non mai velata di 
tristezza e malinconia, non affranta mai dai gravi e for¬ 
midabili misteri dell’ universo. 

Che altro oppone il Voltaire, nelle osservazioni sue ai 
Pensieri del Pascal, al rapimento, alla commozione, al 
dolore del grande solitario - che, vedendo l’uomo « sans 
lumière.... et comme égaré dans ce recoin de l’uni- 
vers, sans savoir qui l’y a mis, ce qu’il est venu y faire, 
ce qu’il deviendra en mourant », sgomenta vasi, « comme 
un homme qu’on aurait emporté endormi dans une ile 
déserte et effroyable » - se non il sorriso dell’ uom sag¬ 
gio, in perfetto equilibrio delle sue forze, meravigliato 
che si possa disperare, « parce qu’on ne connait que quel- 
ques attributs de la matière, et que Dieu n’a pas révélé 
ses secrets »? Ci dorremo stoltamente « de n’avoir pas 
quatre pieds et deux ailes »? 1 2 ). L’umanità, priva de’ suoi 
misteri, spoglia della fede, con un Dio fittizio, ridotta a 


1) « Pascal a très grande raison de dire que ce qui distin¬ 
gue l’homme des animaux, c’est qu’il recherche l’approbation 
de ses semblables, et c’est cette passion qui est la mère des 
talents et des vertus » - Voltaire, (Euvres (édiz. Beuchot), 
XXXVII, 75. 

2) Alludo alle prime Remarques sulle Pensées del Pascal 
(1728). 


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Voltaire e il suo secolo 


un gioco macchinale della ragion pura, perde l’attrat¬ 
tiva sua maggiore. Gli ingenui sogni de’ poveri visio¬ 
nari e gran fanciulli della natura, de’ poeti primitivi, 
de’ barbari incolti sfuggono al Voltaire, miraeoi vero di 
penetrazione, guida delle coscienze, difensore de’ diritti 
dell’ uomo, pronto sempre a minare, nelle fondamenta 
loro, le creazioni umane gigantesche, che, al suo scroscio 
di riso, crollano e precipitano. 

Più assai dello Shakespeare, Dante si sottrae agli sguardi 
della folla e de’ tribuni clamorosi. Le profondità dell’arte 
di Dante* appaiono accessibili unicamente agli eletti, ca¬ 
paci di penetrare, con amorosa intelligenza, nel mondo 
dantesco di idee e di sentimenti. Ci affanniamo, a’ dì 
nostri, ricolmi di luce, persuasi di possedere i secreti 
de’ poeti di tutti i tempi e di tutte le nazioni, per dif¬ 
fondere, in ogni sfera dell’aiuola misera che ci sorregge, 
i canti della trilogia immortale. E moltiplichiamo le let¬ 
ture e i commenti. Ma la nostra gran scienza, con lieve 
o gran fatica acquistata, l’eleganza e l’eloquenza del- 
l’esposizione non daranno al gran pubblico mai più di 
un’ idea pallidissima e fugace della creazione intima del 
genio più possente, e di vita più fremente, dell’Età Media. 
Giammai popolarizzeremo il mondo dantesco. Non ren¬ 
deremo visibile mai ai profani quella terra che il poeta 
trasse seco nel suo cielo, quel cielo eh’ egli volle mesco¬ 
lare alla sua terra. Similmente, potrà supporsi che la folla, 
avida di distrazioni passeggiere, comprenda e penetri i 
misteri che s’ agitano sotto la fronte pensosa del Geremia 
di Michelangelo, assorto nell’eremo suo della Sistina? 

* 

È indubitabile che il Voltaire avrebbe rivelato maggior 
rispetto per il massimo poeta, se nello studio di Dante 
l’avesse preceduto il gran secolo de’ classici, il secolo di 
ogni vera perfezione. Ma la Commedia era relegata allora 
tra gli in folio di alcuni pochi eruditi, grammatici e poli- 


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Voltaire e il suo secolo 


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grafi. Al Baretti, che diceva esser stato Dante, in Fran¬ 
cia, per tre secoli, non più conosciuto di Confucio, non 
potevasi contraddire, in coscienza. Mancava alla Francia, 
all’epoca de’ primi saggi del Voltaire, ogni tradizione per 
lo studio e l’apprezzamento di Dante. E se pure dal cuore 
del Voltaire, da insanabil curiosità mosso ad esplorare il 
terreno ancor vergine della poesia dantesca, fosse ram¬ 
pollata la lode all’ oscuro poeta, di certo l’avrebbe trat¬ 
tenuta, e soffocata il grand’uomo, per non contrastare 
sensibilmente coll’opinione ed i gusti invalsi, e fuggir 
l’accusa di temerità e di stravaganza. 

Come potevansi conciliare, in fatti, le violenze ed ir¬ 
ruenze del poeta d’Italia veementissimo, col buon gusto, 
l’impeccabil gusto, dominante in Francia, la letteratura 
perfetta, a cui il Boileau fissava le leggi inviolabili, la 
poesia sì sobria, sì grave, sì elegante, sì fina, saggiamente 
misurata ne’ suoi slanci verso il sublime, non eccedente 
mai nella pittura delle passioni, nemica d’ogni asprezza, 
intollerante d’ogni ruvidezza e scabrosità? Si osa ben 
più, è vero, nel secolo di Voltaire, che nel secolo di 
Bacine. È nata la voga per le letterature straniere. Ma 
si ha cura di non allontanarsi troppo dalle tradizioni 
antiche, sì profondamente radicate nell’ anima, da non 
sapersene staccare i romantici stessi più audaci dell’epoca 
posteriore. Si restava ancor tenacemente avvinti alle re¬ 
gole. Si stringevan i freni dorati, che guidavan nel cam- 
min suo la poesia, caduta dal cielo sulla terra mal fida. 
Ogni forza doveva esser ritenuta fra’ limiti stabiliti. 
Preferì vasi l’Albani al Rembrandt. L’ umana tragedia, 
che il Voltaire svolge sulla scena, pur si sommette alle 
convenienze d’uso. Fugge i voli arditi ; evita il rombo 
stridente, lo scatenar di fiere procelle, il cozzo aspro 
delle passioni tumultuose ; e commuove col patetico de’ di¬ 
scorsi; intenerisce con scene compassionevoli. Ritrovi 
ovunque il ragionamento, lo spirito arguto ; ovunque 
senno, prudenza e misura. Era convenuto, d’ altronde, 
benché si togliessero a prestito idee e imagini da’ pen- 


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Voltaire e il suo secolo 


satori e poeti stranieri, che bello è solo quanto è, o appare 
« francese ». Indispensabil quindi un accomodamento, o 
meglio, un adattamento al gusto di Francia di tutto quanto 
giunge dal di fuori. La natura stessa non ha fascino, 
non piace, che sottoposta alle leggi degli uomini. Per 
gustarla, le detterete le norme vostre. Se nuda v’ap¬ 
pare, le presterete il vostro abito di convenienza ; se 
informe e rozza, le imporrete i costumi d’una società 
civile ed elegante. 

Per quanto pregevole, un capolavoro dell’arte del me¬ 
dio evo, sempre vedevasi intinto della barbarie de’ torbidi 
tempi. Il poema di Dante aveva in sè qualcosa di dif¬ 
forme e di mostruoso. Rassomigliava alle statue nicchiate 
tra le finestre e le ogive dèlie cattedrali gotiche, che ri¬ 
produce van la natura tal quale, senza punto abbellirla. 
Al primo aspetto destan meraviglia, per non so che di 
semplice e di naturale che è in loro ; ma 1’ occhio su¬ 
bito le abbandona, ed ha pietà di que’ mostri grotteschi, 
senza proporzione, senza armonia. Lo Shakespeare ap¬ 
pare al Diderot simile al San Cristoforo di Notre-Dame, 
« colosse informe, grossièrement sculpté, mais entre les 
jambes duquel nous passerions tous » *). 

Non meravigliamoci adunque che il Voltaire abbia 
chiamata la Commedia, via via, un poema bizzarro, di 
occulta divinità, buono per gli scrutatori d’oracoli, un 
« salmigondis », miscuglio e agglomeramento strano di 
cristianesimo e di paganesimo, ricolmo di imaginazioni 
stravaganti, assurde, barbare persino. Stupiremmo se 
altrimenti l’avesse giudicata. Non ostentarono il Monti 
e il Leopardi, non maturi ancora negli anni, certo di¬ 
spregio per il poeta sublime 1 ? «Fu stagione», confessa 
il poeta della JBassvilliana, « che, io medesimo, ingom- 


1) « Le génie a enfanté des ceuvres informes, quand ce ne 
serait que l’ouvrage du Dante, production informe d’un grand 
génie » - Vicomte de Saint-Chamans, VAnti-romantique, ou 
Examen de quelques ouvrages nouveaux, Paris, 1816, p. 133. 


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brato la mente di questo error popolare, reputai barbaro 
il vostro Dante e gli ammiratori ne derisi e i devoti ». 
E il Leopardi, che nel lirico slancio talvolta vi rimem¬ 
bra Dante : « Io da principio aveva pieno il capo delle 
massime moderne..., disprezzava Omero, Dante, tutti i 
classici; non volea leggerli,.diguazzava nella lettura che 
ora detesto » *). Non era avvezzo il Voltaire a ripassare 
e vagliare i giudizi trascritti dalla rapida penna. Le espe¬ 
rienze di una lunga, laboriosissima vita non mutaron 
punto i primi suoi gusti e le prime tendenze. Tale gli 
era apparso Dante, la prima volta eh’ egli aperse il sacro 
poema, e tale gli apparrà, malgrado l’amarezza, l’acre¬ 
dine, l’ironia e la fri volita degli ultimi giudizi r pochi 
anni prima di spegnersi, allor che dell’ « énorme ouvra- 
ge », com’ ei chiamava il poema, solo un pallido e deboi 
ricordo serbava. 

Poco curava, d’altronde, l’Italia stessa il suo poeta, 
nel secolo che il Voltaire reggeva col suo spirito. Ad 
altri idoli profondeva l’incenso. I Bettinelli che ululano 
contro Dante sono legione. Rare son le fenici che, come il 
Bianchini, il Salvini, il Becelli, il Lorenzini, il Lastri, il 
Torelli, il Rubbi, Antonio Conti, Luigi Lanzi osano pro¬ 
clamare, a voce alta e determinata, prima del Parini e del- 
l’Alfieri, la forte poesia di Dante superiore ad ogni altra, 
degna dell’eccelsa poesia di Omero. Miracolo se ragiona 
taluno col buon senso del Gravina, e, nelle risposte lan¬ 
ciate agli stolti, che tacciavan sdegnosamente il poema 
di rozzezza e barbarie, mette una deboi vampa d’entu- 


1) Leopardi, Epistol., I, 56; Barbi, nel Bullet . d . soc. dant., 
IX, 17. Si pensi al capriccioso giudizio del Manzoni, nel 
Trionfo della libertà, secondo il quale il Monti avrebbe supe¬ 
rato Dante: « Tu il gran cantor di Beatrice aggiungi, | e 
l’avanzi talor ». Vedi P. Bellezza, Quale stima il Manzoni fa¬ 
cesse di Dante, nel Giorn. stor. d. lett. ital.: XXXIX, 349 sgg. — 
Annunzia Aronne Torre uno studio, Sul culto dell 7 Alighieri 
nel Settecento, più serio, senza dubbio, del saggio di G. Zac- 
chetti, La fama di Dante in Italia nel sec. XVIII, Roma, 1900. 


Il — Farinelli, Voi II. 


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Voltaire e il suo secolo 


siasmo. Dante aveva a Verona, suo primo rifugio nel- 
l’esilio, più partigiani che nella natia Firenze. Ma alla 
fama sua noceva l’imperizia degli imitatori, facilmente 
scherniti d^gli avversari; nocevano i miseri e stentati 
versi de’ danteggiane. La Difesa del Gozzi famosa non 
venne all’ Italia che dopo una serie ben lunga di giudizi 
strampalati e d’accuse puerili. Nè mancarono ad essa le 
risposte e gli attacchi. Le tenerezze per Dante de’ dotti 
italiani più in voga eran pur note oltr’ alpe. Ben presto 
fu tradotta in Francia la Perfetta Poesia del Muratori. 
E il Muratori, malgrado le poche lodi, timide ed esitanti, 
rivelò egli forse amor vero e sincero per Dante? Non 
biasimò egli pure nella Commedia la mescolanza bizzarra 
del sacro e del profano ; non deplorò l’oscurità della lin¬ 
gua del sommo? Altri valenti, i Baretti, gli Algarotti, 
i Cesarotti ondeggiano ne’ loro giudizi. Accusano, scu¬ 
sano, lodano, biasimano, non retti da forte e salda co¬ 
scienza mai, schiavi del facile umore che ad ora ad ora 
li trascina. Spesso si contraddicono. Più sovente ancora 
sommettono la critica alle simpatie od antipatie perso¬ 
nali. E l’amor proprio è il Dio che più ascoltano, la voce 
più possente che s’agita in loro. 

Nella nostra onniscenza in fatto di studi danteschi, co- 
modissimamente acquistata, condanniamo solleciti, come 
puerile e malevolo, tutto quanto al Voltaire piacque scri¬ 
vere su Dante in vari tempi. Inorriditi, dichiariam fallace 
e malvagia tutta la critica letteraria del filosofo di Fer¬ 
ney. Le scimunitaggini sue apparivan, tuttavia, piene di 
senno, a’ suoi tempi e alla società sua. Nel motteggiar 
suo, nessuna violenza poteva far mai il Voltaire alle sue 
inclinazioni ed a’ suoi gusti. L’ amore che a Dante por¬ 
tiamo ci fa scordare i semi di idee gittati dal Voltaire in 
ogni terra, i problemi sollevati, lo stimolo offerto alle 
intelligenze migliori, colla perspicacia e la vivacità dello 
spirito inaudite. Quando il Voltaire trova il vero, dice 
Alessandro Vinet, « nul n’y tombe plus perpendiculaire- 
ment ». Il sorriso, il brio, la burla del Voltaire sono na- 


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Voltaire e il suo secolo 


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tara. S’impone il facil filosofo a’ suoi avversari, che, pur 
mordendolo, lo rispettano, e sbalorditi rimangono dinanzi 
a quella gran pioggia di scintille, caduta da’ suoi scritti, 
prodigiosamente vivi e svariati. « Uomo sempre stupen¬ 
do », tale apparve il Voltaire al nemico suo Baretti 1 ). 

« 

La forza, il vigore delle imagini, lo slancio della fan¬ 
tasia creatrice possente del poeta della Commedia divina 
trovano viva espressione nella lingua, che non è, come 


l) Frusta (Vili) : « Io trasecolo quando mi reco dinanzi 
que’ tanti e tanti volumi scritti da Voltaire con tanto impe¬ 
tuosa e maestrevol penna, vuoi in ogni genere di poesia, o 
vuoi in assolutissima padronanza di parole e di frasi tutte 
proprie ed elegantissime, tre volte superlativamente ». — Nè 
è da stupire che nell’ Italia stessa, il Voltaire, abbia riscosso 
grandi applausi quale maestro di virtù e di morale. Vedi il 
Ragionamento sopra il Maometto, premesso dal Cesarotti alla 
sua traduzione del dramma voltairiano, Venezia, 1762, p. 196 ; 
e Bull. d. soc. dant. f VI, 298. Nella prefazione dell’ Anti- 
Maohiavel, l’editore diceva del Voltaire (Amsterdam, 1741, 
IV ediz.) : « L’illustre auteur de cette réfutation est une de 
ces grandes àmes que le ciel forme rarement pour ramener 
le genre humain à la vertu par leurs préceptes et par leurs 
exemples ». — Scriveva, tuttavia, il Tanucci all’abate Galiani 
{Critica di B. Croce, I, 397) : « Voltaire? Oh non avesse stam¬ 
pato! Allora potrebbe sospettarsi in lui qualche merito. Non 
lingue, non scienza, non antichi sono a lui noti, e senza ros¬ 
sore ha sempre dalla penna qualche sproposito, o è in peri¬ 
colo prossimo di dirlo. Il di lui merito non è altro che la 
sfacciataggine di parlar di tutto contro la coscienza, cioè sa¬ 
pendo di non poterne fondatamente parlare ; questo è quanto 
alla scienza. Poi viene la poesia senza immagini, - cioè senza 
poesia ; istoria senza esattezza ; stile, nel quale, non essendo 
mai la sublimità, sono spesso punte alle quali si sacrifica la 
verità e il sillogismo ». L’Alfieri, com’ è saputo, applicava al 
Voltaire una sua variante dell’ invettiva dantesca alla dona¬ 
zione costantiniana: «Ahi, Volterin, di quanti rei fu padre | 
il testamento tuo che fu il Digesto | donde hanno il Santo 
or le senili squadre! » 


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Voltaire e il suo secolo 


ancora si suol ripetere oggidì, un abito esteriore, bene 
o male applicato al corpo dell 7 arte, ma l’anima stessa 
del poeta e dell’ artista. Cotesta lingua, di concetto sì 
densa, di energia sì aspra, violenta nelle sue esplosioni, 
capace tuttavia di estrema morbidezza, e dolcezza, e 
tenerezza, sì piena di luce e di mistero, poteva com¬ 
prenderla il Voltaire, per quanto imbevuto si ritenesse 
dello spirito italiano? Louis Bacine, figlio del grande 
Bacine, assiduo lettore di Dante, trovava difficilissima 
a intendersi la lingua arcaica della Commedia . « On se 
trouve arrété presque à chaque pas », diceva. Vanta vasi 
il Voltaire di capire l’italiano a meraviglia. Le sue di¬ 
vagazioni italiane lasciaron traccia, non sempre fugge¬ 
vole, nella vita sua, sì mobile, sì affaccendata, e in ef¬ 
fervescenza perpetua. Cadente negli anni, rilegge i libri 
italiani che allietavan la sua giovinezza. L’Ariosto l’ac¬ 
compagna ne’ suoi viaggi ; cammina e riposa con lui. 
L’Ariosto è citato e consultato ad ogni momento. Per 
mezzo secolo il Voltaire si diletta di letture italiane. La 
sua curiosità, sempre desta, l’amore pel nuovo l’indu¬ 
cono a cercare ogni sorta di volumi, quelli pure che ap¬ 
pena poteva intendere, e troverà poi illeggibili. Dovunque 
ha relazioni, amici e corrispondenti. Un segretario italiano 
è per anni ed anni al suo servizio. Primo indubbiamente 
degli italianeggianti di Francia del suo tempo, rimane 
tutta la vita in rapporti cordiali con letterati e dotti 
d’Italia. Sollecita gli onori delle accademie. Grli piovon 
da ogni parte sul capo le lodi, i favori, l’incenso. Ac¬ 
corrono parecchi dall’ Italia per vederlo, per ammirarlo 
nelle solitudini, ch’ei popola, a piacere. Sognò lui me¬ 
desimo, più volte, il viaggio in Italia, per incantare e 
sedurre gli amici, ed accrescere la sua gloria *). 


!) « Io volevo fare il viaggio di Bologna, e dire un giorno 
ai miei cittadini : ho veduto la signora Bassi ; ma privato di 
quest’ onore, mi sia lecito almeno di mettere ai suoi piedi 
questo filosofico omaggio », eoe. (Lettera a Laura Bassi, scritta 


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Voltaire e il suo secolo 


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Era facil giuoco per il Voltaire accozzare tre o più 
frasi italiane per i corrispondenti d’oltralpe. Tutto sem¬ 
brava riuscire alla duttilità stupefacente del suo spirito. 
Le lettere sue trottavano. Nel carteggio immenso, il ca¬ 
polavoro suo vero, trovi parecchie missive italiane, che 
avidamente si leggevano, senza che nessuno ardisse rin¬ 
facciare al Voltaire le offese fatte alla grammatica, il 
giro delle frasi prettamente francese 1 ). Loda un acca¬ 
demico cruscante, nel 1746, «il bel genio» che il Vol¬ 
taire dimostrava «per l’idioma toscano»,* ben si ve¬ 
dranno, per virtù sua, «rinnovellati i pregi dei Menagj 
e dei Desmarais ». Largo di elogi al bel volgare d’Italia, 
più scultorio, nel suo concetto, più poetico del volgar di 
Francia, fluente e fiorente con libertà assoluta, il Vol¬ 
taire invidiava all’ Italia lo strumento sì docile al pen¬ 
siero che sembrava mancare alla Francia. Vanta, senza 
posa, la superiorità, reale o imaginaria, della lingua 
de’vicini il grand’uomo, che tutto, colla rapidità del 
lampo, limpidissimamente, soleva esprimere, ed a nes¬ 
suna schiavitù soggiaceva, e, liberissimo, versava il pen¬ 
siero nella lingua sua, sì tersa, sì agile, sì suggestiva. 
Al Cesarotti, che gli offriva la versione di due tragedie 
sue, faceva questo complimento: « Je vois en vous lisant 


da Parigi il 23 novembre 1744). Vedi E. Masi, L. Bassi ed 
il Voltaire, nella Ross . settiman ., 19 maggio 1878, p. 373, ar¬ 
ticolo riprodotto in Studi e ritratti , Bologna, 1881. — « Il n’est 
plus question de mon voyage d’Italie ; je vous ai sacrifìé sans 
remords le Saint-Père et la ville souterraine » - Corresp., ed. 
Beuchot, V, 493 ; VI, 112 : « il est vrai que mon extrème 
curiosité, que je n’ai jamais satisfai te sur P Italie », eco. Si 
rammenti anche la lettera del Voltaire al Modini, uno dei 
traduttori italiani della « Henriade » ( CEuvres LXIII, 13) ; e 
Fiammazzo, Il Voltaire e Vaiate Giovanni Marenzi primo tra¬ 
duttore italiano della Henriade , Bergamo, 1894. 

1) Buone osservazioni sul carteggio italiano del Voltaire 
offrono i Saggi critici biografici di F. Tribolati (Pisa, 1891). 
Altre lettere italiane del Voltaire vennero in luce dopo quel 
saggio, scritto nel 1875. Vedi Ross, bill. d. lett. ital V, 165. 


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Voltaire e il suo secolo 


la supériorité que la langue italienne a sur la notre; 
elle dit tout ce qu’elle veut, et la langue francai se ne 
dit que ce qu’elle peut ». Trent’anni prima, da’ poetici 
furori allor più invaso, aveva scritto a Louis Bacine: 
« C’est cette malheureuse contrainte qui fait dire à toute 
l’Europe que nous n’avons point de poètes, car le langage 
du théàtre, où les Francis ont excellé, n’est point la véri- 
table poésie, et les épìtres de Boileau sont de la raison 
rimée sans imagination et sans beaucoup d’esprit et de 
grace. Quelle profusion d’images chez les Anglais et chez 
les Italiens ! Mais ils sont libres, ils font de leur langue 
tout ce qu’ils veulent. O liberté, il n’y a point de biens 
sans toi en aucun sens » 1 ). Questa libertà, così benefica, 
che dà ali, e illimitato potere alla lingua, il Voltaire tor¬ 
nerà a vantarla al Bettinelli 2 ). Non esiterà, scrivendo un 
dì a Flaminio Scarselli, di proclamare l’italiano superiore 
al francese, nell’« ispiegare la bellezza e i trionphi della 
poesia» 3 ). Come il re di Prussia che, in una lettera alla 


1) Lettres inédites de Voltaire à Louis Bacine, pubi. p. Ph. 
Tamizey de Larroque, Paris, 1893, p. 27 - p. 25 : « n’ayant 
pas dans notre langue pauvre et contrainte les mèmes avan- 
tages que les Italiens et les Anglais, nous ne pouvons prendre 
les mèmes libertés.... Nous sommes des esclaves qui voulons 
danser aveo nos chaines (imagi ne ohe il Voltaire ripete con 
frequenza). C’est cette malheureuse contrainte qui fait dire 
à toute l’Europe que nous n’avons point de poètes ». 

2) Non accorderà allora all’ Italia che una « mezza libertà». 
« Gl’ Inglesi 1’ han tutta. Là bisogna legger gli autori per im¬ 
parare, perchè là dicesi quel che si pensa, e là solo ho impa¬ 
rato » - Bass . bibl. d. lett. Hai., VI, 299. 

3) Boss, bibl., VI, 294. Nei Pensieri di bella letter., VI, 76, 
il Leopardi ricorda il lamento mosso dal Voltaire al principe 
reale di Prussia, perchè incapace di rendere convenientemente 
l’espressione d’ Orazio nell’ ode tradotta, Bectius vives Lioini : 
« Ces espressione sont bien plus nobles en frangais ; elles ne 
peignent pas comme le latin, et c’est là le grand malheur de 
notre langue, qui n’est pas assez accoutumée aux détails » (Cor- 
resp., IV, 75 ; 6 aprile 1740). Si legga il Discours sur la Tra¬ 
gèdie (a M. Bolingbroke) : « Ce qui m’èffraya le plus en ren- 
trant dans cette carrière, ce fut la sévérité de notre poésie 


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marchesa di Oliatele!, del 1758, chiamava, in buona fede, 
l’italiano, «langue molle et dépourvue de force », capace 
di assumere « un air male et de l’énergie », unicamente 
«lorsqu’elle était maniée par le Tasse», il Voltaire ri¬ 
teneva giustissima l’opinione espressa da Deodati de’To- 
vàzzi, in una «Dissertazione », stampata e letta in Francia, 
che del Tasso faceva un riformatore ardito del linguaggio : 
« Il a raison de dire que la langue italienne est pieine 
de force et de majesté dans le Tasse ». 

Non trovava questo vigore e questa forza in Dante? 0 
supponeva languido, veramente, e molle l’italiano de’primi 
secoli, inutil strumento, di cui la nazione dovrà disfarsi, 
all’ uscire d’un’ epoca barbara e incolta ? *). Non converrà 
dar gran peso a questi apprezzamenti linguistici avven- 


et l’esclavage de la rime.... Un poète, disais-je, est un homme 
libre qui asservit sa langue à son génie; le Francate est un 
esclave de la rime ». Similmente, in una lettera a Deodati 
de’ Tovazzi, del 24 gennaio 1761 ( Corresp ., IX, 273): « Vous 
possédez.... des avantages bien plus réels, celui des inver- 
sions, celui de faire plus facilement cent bons vers en italien, 
que nous n’en pouvons faire. dix en frangais.... Vous dansez 
en liberté, et nous dansons avec nos chaines ». In altra let¬ 
tera, al conte Medini, complimentandolo d’ avere « ótemisé en 
vers italiens un poème fraudais (la Henriade ), qui n’est fondé 
que sur la raison » (9 dicembre 1774 ; Corresp XIX, 129): « Je 
voudrais que ma langue francarne pùt avoir cette flexibilité 
et cette fécondité.... Il vous est permis de raocourcir ou d’al- 
longer les mots selon le besoin ; les inversione sont chez vous 
d’un grand usage. Votre poésie est une danse libre dans la- 
quelle toutes les attitudes sont agréables, et nous dansons 
avec des fers aux pieds et aux mains ». 

1) È noto il disprezzo del Voltaire per il volgare di Francia 
dei secoli barbari e plebei, difeso dal Rabelais validamente 
contro gli attacchi dei pedanti ( Gargantua, Liv. V): « Par 
arguments non impertinens, et raisons non refusables, je prou- 
verai en barbe de je ne sgay quels centonifìques botteleurs 
de matières cent et cent fois grabelécs, rappetasseurs de vieil- 
les ferrailles latines, revendeurs de vieux mots latine moisis 
et incertains, que nostre langue vulgaire n’est tant vile, tant 
inepte, tant indigente et à mespriser qu’ils Festiraent ». 


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tati. Incapace di risalire il corso de’ secoli, per scoprirvi» 
palpitante di vita, 1’ anima dei popoli, il Voltaire non 
avrebbe saputo approfondir mai le conoscenze sue man¬ 
chevoli della lingua italiana. Finché visse, restò semplice 
dilettante. Intenderà, o fraintenderà,i passi difficili de’suoi 
autori italiani preferiti. Pregherà, ancora nel 1778, il se¬ 
gretario Wagnière di aggiungere ai libri italiani desiderati 
« un petit livre.... intitulé il Vocabulario », e, coll’aureo 
libercolo, la « grammaire italienne de Buonmattei », 
« excellent ouvrage », diceva, « dont j’ai besoin » i). È 
noto com’ egli errasse nell’ accentuare i versi italiani. 
Evidentemente, mancavagli il senso dell’armonia e del 
ritmo, che uno straniero difficilmente acquista. Imagi¬ 
nate vi le furie di questo lettor focoso, che tutto avrebbe 
voluto intendere, senza sforzo d’imaginazione, le male¬ 
dizioni lanciate all’ imbattersi in parole e costrutti oscuri 
e sibillini, che l’arrestavan di colpo nella lettura. Nè i 
traduttori potè van soccorrerlo. Sembra eh’ egli non co¬ 
noscesse punto il Grangier, di che nessuno si dorrà, in 
coscienza. Commentatore egli medesimo, prolisso assai, 
e assai arrogante del Corneille, sprezzava, d’abitudine, 
il paziente lavoro degli eruditi che entro note soffoca van 
il testo de’ poeti 1 2 ). A che sprecar tempo leggendo i Lan¬ 
dino, i Vellutello, i Venturi 7 Dante « a des commenta- 
teurs », dirà in un’epistola, « c’est peut-ètre une raison 
de plus pour n’étre pas compris ». Come comprendesse 
Dante lui medesimo, rivelano i suoi saggi di traduzione 
del poema, travestimenti veri, ove pur noti errori gra- 


1) P. Bonnefon, Une correspondance inèdite de Grimm avec 
Wagnière, nella Bev. d’hist. litt. de la Fr. f III, 488. Un’edizione 
dell’opera del Buonmattei, Bella lingua toscana. Aggiunte di 
regole e osservazioni intorno alla lingua toscana , veniva in luce, 
di quegli anni, a Verona, nel 1744. 

2) Si rammenti la « nuée de commentateurs » che il Vol¬ 
taire incontra nel Tempie du Gotit ((Euvres, XII, 327), « qui 
restituaient des passages, et qui compilaient de gros volumes 
à propos d’un mot qu’ils n’entendaient pas ». 


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vissimi di interpretazione, inevitabili nelPuomo che-sì im¬ 
perfettamente conosceva la lingua dell’originale. L’accu¬ 
serà il Lamennais, nell’ introduzione al suo « Inferno », di 
saper d’italiano quanto di greco, d’aver giudicato Dante, 
come Omero, « sans les entendre et sans les conualtre ». 

Per intendere e conoscer Dante occorre, anche al più 
sagace e accorto de’ critici, un lungo e paziente lavoro 
di ricostruzione, che ripugnava alla natura del genio di 
Voltaire, e al suo modo di concepir la storia. Passare dal- 
P età moderna all’ età media significa passare dalla luce 
alle tenebre. E l’arte non può fiorire che fuori del caos, 
fuori della barbarie. Restiam sorpresi, risalendo in su 
le correnti de’ secoli, di trovare, in tempi ancor tene¬ 
brosi, il Petrarca, d’un’eleganza, d’una freschezza che 
i moderni invidierebbero. Il Petrarca è un anacronismo, 
senza dubbio. Non aveva, tuttavia, il Voltaire gran te¬ 
nerezza per il poeta, « purificateur du langage », che 
struggevasi in eterni sospiri per Laura, benché gli ac¬ 
cordasse certa grazia, certa forza e dolcezza; e chiamava 
i suoi versi « bagatelles élégamment écrites », « am use - 
mente qu’on devait estimer dans son temps, parce qu’ils 
étaient très rares » *). 

Quando il Voltaire giudica gli uomini de’ tempi an¬ 
dati, sempre ha lo sguardo fisso sugli uomini della Fran¬ 
cia contemporanea, fisso su lui medesimo particolarmente, 
presente ovunque. Allo studio dell’ arte e degli artisti, 
fuori della nazione sua, applica 1’ unica, infallibil teoria 
sul bello, « le beau de tous les temps et de tous les 
lieux » 1 2 ). Sì esperto nel distrigare dall’arruffio loro i fatti 
politici, abilissimo nel raffigurarli nel loro progressivo 
svolgimento, l’autore deìVJEssai sur les mceurs, che pur 


1) Vedi E. Bouvy, Voltaire et VItalie . Paris, 1898, p. 48. 

2) Il Voltaire aveva sicuramente letto il Rollin, che, nel 
Traité des études (ed. di Parigi, 1872, I, 262), esposte le regole 
per la composizione d’ un perfetto poema epico, esclamava : 
« Voilà les beautés de tous les temps et de toutes les reli- 
gions ». 


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Voltaire e il suo secolo 


consigliava lo studio dell’ambiente sociale, indispensabile 
alla conoscenza sicura de’ costumi de’ popoli diversi, 
traeva, senz’ avvedersene, da un solo stampo tutte le 
opere d’arte di tutti i popoli. Ben diceva a sè mede¬ 
simo, nell 1 Essai : « Irai-je refuser le nom de comédies 
aux pièces de Congreve ou à celles de Calderon, parce 
qu’elles ne sont plus dans nos moeurst » In realtà, da 
buon discepolo del Boileau, pur lui si perde in cavilli 
e lambicchi sul titolo e la forma esteriore delle opere, 
che non rispondevan punto ai canoni estetici fissati nel 
suo cervello. Congeda, senza un rimpianto, la teoria sua, 
sì saggia, e i principi di una sana critica, per seguire, 
liberamente, le inclinazioni sue di natura. Sdegna chia¬ 
rire i tratti veramente individuali de’ poeti che studia ; 
e la sua vista, sì acuta, sì netta, avvezza al volo rapido 
e sicuro, s’arresta alla superficie, non giunge a scovrir 
l’anima. Gran smania è in lui di offrire un’ idea, « assez 
fidèle », dello stile di Dante. Traduce quindi alcuni versi 
del poema immortale, che prontamente veste alla francese ; 
allinea i suoi bravi decasillabi, che demoliscono la severa 
struttura della terzina ; e presta a Dante il suo spirito, 
il suo capriccio, il suo riso, la sua ironia. 

Per rimetter Dante in luce, nascosto com’era entro 
1’ ombre cupe e misteriose del suo tacito tempio, occorre, 
ben diceva il Brizeux, « cette faculté compréhensive des 
autres époques que notre siècle allie si bien à l’audace 
d’inno ver ». A’ tempi del Voltaire non s’ era maturi 
ancora per comprendere quanto esigeva un distacco per¬ 
fetto dall’ ambiente in cui vivevasi ; e spetta ad Herder, 
in gran parte, 1’ onore di una critica nuova, più equa 
e serena, che osserva i tratti individuali delle differenti 
nazioni, nelle diverse età, che scruta l’anima poetica, 
vivente ancora sotto gli strati delle civiltà, dileguanti 
ne’ secoli*). Si smarrivano gli avi nostri, ci smarriamo pur 


1) « Unsero Kunstfichter sollten sioh eine geschickte Hand 
erwerben, den Schleyer den die Verschiedenheit des danti- 


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noi, tuttodì, entro le spire della gran commedia dantesca, 
umana e divina, che formicola d’allusioni a fatti e ad 
uomini, intimamente legati alla vita tumultuosa e pro¬ 
cellosa del poeta, sospirante ovunque la pace, senza tro¬ 
varla mai. « Tout y est allusion à des faits ignorés », 
è il primo giudizio sulla Commedia, sfuggito al Voltaire, 
la prima sua sorpresa. Scoraggiato e deluso, cercherà 
distrazione altrove. Il Littré medesimo riterrà, a’ suoi 
dì, il poema, « sombre, difficile, hérissé d’allusions aux 
choses et aux hommes de son temps, tout enchevètré de 
théologie ». Dopo infiniti tentennamenti, ne’ lunghi se¬ 
coli, le rare intuizioni felici, i commenti, le dispute degli 
eruditi, vedete sorgere e schierarsi, in epoca recente, 
l’esercito formidabile degli interpreti di Dante. Per gui¬ 
darvi, nel labirinto intricato, vi si gravan le mani di fili 
conduttori. Non resta a voi che scegliere e camminare. 
Tutto vi si spiega a vostro talento e senza fatica. Eppure, 
quanti dubbi rimangono da sciogliere ancora! Quante 
allusioni, di cui l’intimo senso ancor ci sfugge ! Molti 
lettori e ammiratori di Dante non comprendono il sommo 
vate che a metà. Altri restan sbalorditi da questo no¬ 
stro culto universale, e ritengon il poema gigantesco non 
vivo che nelle parti più chiare e facilmente intelligibili; 
il resto pare a loro pietrificato. Se ne posson togliere, 
con studio e ponderazione, alcuni brani, per abbellire i 
musei *). 


schen und unseres Weltalters iiber seine Poesie gezogen hat, 
wegzuziehen ». È V opinione d’ un critico tedesco del poema 
di Dante (che s* è voluto, forse a torto, identificare col Bod- 
mer), esposta nelle Freymiitige Nachrivhten, del 1763. Vedi Jo¬ 
hann Jdkob Bodmer . Denkschrift zum CC, Geòurtstag, Zurich, 1900, 
p. 285. 

1) In nn articolo, assai presuntuoso, di R. M. Meyer, nella 
Deutsche Rundschau, agosto 1900, Die Wéltlitei’atur und die 
Gegenwart, leggo questo giudizio su Dante, p. 284 : « Es ist 
uns zu viel Geographie in Dante. Ihm fehlt zu sehr, was Par- 
oival und Saladin und Faust besitzen: die erschiitternde Fii- 
higkeit, mit Lust zur Wahrheit jàminerlich zu irren. Das 


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Voltaire e il suo secolo 


t 

Diffieil determinare a qual epoca il volume della Com¬ 
media cadesse una prima volta nelle mani del Voltaire. 
Ritengo tuttavia indubitabile che non un sol verso di 
Dante leggesse il grand’ uomo prima del viaggio in In¬ 
ghilterra. « Je n’ai lu vos divins poètes», confessa agli 
accademici della Crusca, nel giugno del 1746, « qu’après 
avoir fatigué les muses frangaises de mes productions »» 
In pieno vigore dell’ età, maturo di senno e di spirito, 
la poetica forza venivagli già sensibilmente a mancare ; 
cresceva, in compenso, il prestigio della ragione. Non si 
nutrirà il Voltaire di belle imagini, nel paese de’ Britanni, 
ma vi ricercherà pensieri nuovi, germi d’idee, filosofia, 
libere concezioni, buon senso. Nè potevan gli Inglesi ad¬ 
ditar Dante come soggetto novello di studi. Morto il 
Milton, Dante è rarissiinamente letto oltre Manica. Si 
aspetteranno le opere del Voltaire, sì attraenti, e vive, 
e spiritose, per vaneggiare sul cattivo gusto, l’oscurità 
e la bizzarria del poema de’ tre regni, frutto di un’età 
barbara e incolta 1 ). Vede il Voltaire rovesciarsi sulla 
scena l’uragano dei drammi dello Shakespeare, e non 
nasconde il suo stupore. Shakespeare gli appare genio 
stranissimo, che, in onta al pubblico, spregiato e offeso, 


Riesenwerk bleibt uns ein staunenswerthes Petrcfact, aber 
lebendig ist uns darin nur die gewaltige Figur des Dichters, 
und dann noch ein paar menschlich irrende Gestalten, Paolo 
und Francesca ira Liebeswahnsinn, Ugolino in der Tollheit 
des Hasses, und am Schluss vielleicht Franciscus in seiner 
gottlichen Verziickung ». 

i) Avrebbe dovuto osservarlo O. Kuhns, nello scarno suo 
studio, Dante and thè english poets from Chaucer to Tennyson, 
New York, 1904 (cap. V, pp. 105-116), che Paget Toynbee 
si propone di rifare. L’Année littéraire, del 1776, IV, 329, che 
annunciava ai lettori un Choix des Lettres de Milord Chester- 
field à sonfils, diceva del Lord inglese, con santa ragione: « Il 
méprisoit le Dante, parce qu’il n’avait jaraais pu l’entendre ». 


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173 


crea i suoi fantasmi, senza « la moindre étincelle de bon 
goùt », sdegnoso d’ogni regola, intento a lanciare sulla 
scena i drammi suoi, simili a valanghe, precipitate giù 
e giù per la china. Genio barbaro, ma genio possente, e 
di grande fecondità. Qual perfezione avrebbe raggiunta, 
se moderato si fosse negli erculei slanci, se rispettato 
avesse le convenienze d’upa società civile, delicata ne’gu¬ 
sti, fuggite le parole oscene che deturpano la sua lingua! 
Benché francese, viziato dalla bella e maestosa lettera¬ 
tura del gran secolo, di cui si farà lo storico, cresciuto 
alla scuola « de ces génies, qui seront les délices et l’in- 
struction des siècles à venir » (Siècle de Louis XIV, 
cap. XXXII), il Voltaire riconosceva la forza primitiva, 
V ispirazione impetuosa, istantanea, fulminea, che carat¬ 
terizza il genio vero, e che trova nello Shakespeare, come 
la troverà in Dante. Ma avrebbe voluto educare, diroz¬ 
zare, moderare quella prima natura, renderla graziosa, 
piacevole, sommettendola alle leggi del buon senso e 
della ragione onnipossente. 

Una critica al VHudibras del Butler, nelle Lettres sur les 
Anglais (XXII), rivela il primo giudizio del Voltaire su 
Dante: « On ne lit plus Dante dans l’Europe ». Lo si 
oblia necessariamente, perchè irto, quanto il Butler, di 
allusioni a fatti ignoti. « Il faudrait à tout moment un 
commentaire ». Non curava allora il Voltaire gli enigmi 
della Commedia, e riproduceva, nello stile proprio, il giu¬ 
dizio altrui. L 'Essai sur la poésie épique x ) ci attesta 


l) Più fortunato di me, Emilio Tbza ha potuto avere al¬ 
cuni estratti delP edizione inglese del V Essai, che il British 
Museum conserva : An | Essai \ upon thè civil wars of France | 
extraoted from curious manuscripts . And also upon thè | epick 
poetry | of thè | European Nations | from Momer down to Milton 11 
By Mr de Voltaire, London, 1727. Vedi Giudizi del Baretti e 
del Voltaire sopra alcuni versi dei Lusicbdas, nella miscellanea 
bibliografica di A. de Portugal de Faria, Portugal e Italia, 
Livorno, 1900, pp. 211 sgg. « Nel Saggio, quale lo leggiamo 
adesso », osserva il Teza, « il critico racconcia i suoi giudizi 


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Voltaire e il suo secolo 


l’ignoranza sua completa del poema dantesco. Non vi 
trovi che lo scarno gran nomo di Dante, accanto a quello 
del Petrarca (cap. V ; QZuvres, X, 440). Ai due poeti 
d’Italia è riconosciuto il merito d’aver scritto in versi, 
in tempi « oh l’on n’avait pas encore un ouvrage de 
prose supportable » *). Riteneva adunque il Voltaire la 
poesia, poggiata sulla prosa, progredita e perfetta? La 
poesia altro non è, infatti, se non un bell’edificio, co¬ 
strutto sulle fondamenta solide e incrollabili della lo¬ 
gica 2 ). Non s’affrettavan forse troppo Dante e il Pe¬ 
trarca a comporre versi, in un secolo che appena appena 
balbettava la sua lingua? 3 ), 


e dà e toglie ai pensieri ed alle parole. Dei paragoni coi 
poeti inglesi non c’ è pih ombra ». Credo tuttavia che Vin¬ 
cenzo Martinelli confondesse la critica del Voltaire, nel- 
YE88ai, con quella dell’ articolo su Dante, posteriore d’ una 
trentina d’ anni, quando aggiungeva alla Istoria critica della 
vita civile (Napoli, 1764, I, 162, citata nel Bull. d. soc. dant., 
VII, 291) questa nota : « Monsieur Voltaire nel suo Trattato 
sopra il Poema Epico, stampato in Londra in lingua inglese, 
parla con sommo disprezzo di questo Poema di Dante, e ne 
traduce un passo burlescamente ; ma Y autore di questa Storia, 
in due sue lettere al co. di Oxford pettina ferreamente il giu¬ 
dizio temerario di Monsieur Voltaire su questo autore, e di¬ 
mostra la sua ignoranza fino del titolo del Poema di Dante ; 
avendo preso quella sua Comedia come implicante soggetto 
di buffoneria ». 

1) Ripete la stessa cosa in una lettera a Mr ** Professore 
di storia ( (Euvres, XXXIX, 549): « Les vers de Dante faisaient 
déjà la gioire de Y Italie, quand il n’y avait aucun bon auteur 
prosaìque chez nos nations modernes ». 

2) « Je n’estime la poésie qu’autant qu’elle est l’omement de 
la raison ». Lettera a Desforges-Maillard, 1735 ( Corresp., II, 37). 

3) Stupisce che P. Rolli, neìY Examen de VEssai de M. de 
Voltaire sur la Poésie épique (traduit de VAnglais par M. L. A., 
Paris, 1729), non rinfacci al Voltaire la dimenticanza completa 
del poema di Dante. L’ Examen cita talvolta Dante, ma di 
passaggio (pp. 56; 58; 59). L’abate Antonini, che lo tradusse, 
pubblicò a Parigi, presso il Prault, nel 1744, una Raccolta di 
rime italiane (T. I), destinata a diffondere i sonetti italiani in 
Francia. Dante non è fra gli eletti. 


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Rientrato in Francia, il Voltaire divien prestissimo 
l’oracolo che tutti consultano. Cerca i piccoli centri, iso¬ 
lati in apparenza, ove può spiegare liberamente la sua at¬ 
tività, senza limiti. Irradia da que’ centri, di trionfai luce, 
il pubblico, come fulgido sole. Ha 1’ anima, la curiosità, 
l’indomabil e incontentabil foga di un Faust, che vorrebbe 
tutto svelare, e tutto comprendere, e praticar tutto. La 
scienza e la poesia dell’ universo vorrebbe porre nel suo 
cervello. Tutti i soggetti l’interessano. Affronta il lavoro 
d’un’intera accademia delle scienze e delle lettere. Nulla 
lo spaventa. E in ogni cosa sembra riuscire a meraviglia. 

L’amica del suo cuore, a Cirey, è la compagna sua 
prediletta di studi. Madama di Chàtelet è innalzata al 
grado di Minerva di Francia. Divide essa, intelligen¬ 
tissima, i gusti del Voltaire ; legge col Voltaire gli an¬ 
tichi, e legge i moderni; ha famigliari il Newton, il 
Locke, l’Ariosto, il Tasso; ama, dice di lei il Voltaire, 
« les vers, les diamants, le biribi, l’optique, | l’algèbre, 
les soupers, le latin, les jupons, | l’opéra, les procès, le 
bai et la physique ». « Nous lisons tous les jours de 
l’Ariosto», scrive la marchesa, il 7 gennaio del 1736, al- 
l’Algarotti. Alla lettura attraentissima del Fumoso, do¬ 
veva, a quest’ epoca, o poco dopo, seguire quella, meno 
edificante assai, della Divina Commedia l ). Il libro chiuso 
e profondamente dimenticato s’apre alfine. La sfinge, 
interrogata invano, in altri tempi, comincia a parlare. 


1) Scrive la marchesa all’Algarotti, il 20 maggio 1736: « J’ap- 
prends l’italicn, non seulement pour l’entendre, mais peut- 
ètre ponr le tradnire un jour ». Vedi Lettre» de la Marquise du 
Chàtelet, ediz. E. Asse, p. 90, dove le frasi italiane ricorrono con 
frequenza. Non rivelan queste ed altre lettere che la marchesa 
leggesse mai Dante col Voltaire. M“e de Graffi gny, Vieprivée 
de Voltaire et de Madame du Chàtelet, ou six mois de séjour à Cirey , 
Paris, 1820, nota : « Horace et Virgile ne lui étaient pas moins 
familiers que Milton, le Tasse et l’Arioste ». G. Desnoires- 
terres, Voltaire à Cirey (voi. II dell’ opera, Voltaire et la so - 
oiété frangaise au XVIIl e siècle, Paris, 1871), non parla delle 
letture dantesche fatte a Cirey. 


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Voltaire e il suo secolo 


Compie il Voltaire il miracolo di perseverare nell’inter¬ 
pretazione del poema, e di affrontarne coraggiosamente le 
difficoltà, sforzandosi di comprenderne alcuni frammenti, 
che traduce a capriccio. 

In una missiva, del 1753, diretta ad un « professore 
di storia », ristampata in testa agli Annales de VEmpire 
depuis Charlemagne ((Euvres, XXXIX, 549), leggiamo : 
« J’avais traduit plus de vingt passages assez longs du 
Dante, de Pétrarque et de l’Arioste ; et comparant tou- 
jours l’esprit d’une nation inventrice et celui des na- 
tions imitatrices, je mettais en parallèle plusieurs mor- 
ceaux de Spenser que j’avais tàché de rendre avec 
beaucoup d’exactitude. C’est ainsi que je suivais les 
arts dans leurs carrières ». Pur rammentano i Mélanges 
historiques (Fragments sur Vhistoire, art. XXVili) que¬ 
sti saggi di traduzione : « Quand nous vìmes tous les 
arts renaitre en Europe, par le génie des Toscana, et 
que nous lumes leurs ouvrages, nous fumes aussi en- 
chantés que nous l’étions quand nous lisions les beaux 
morceaux de Milton, d’Addison, de Dryden et de Pope. 
Je fis, autant que je le pus, des traductipns exactes en 
vers des meilleurs endroits des poètes des nations sa- 
vantes. Je tàchai d’en conserver l’esprit » x ). Non sap¬ 
piamo se que’ primi saggi, smarriti o distrutti col volger 
degli anni 1 2 ), minor ingiuria abbian recata alla memoria 


1) Ripete in una lettera al Formey, redattore della Biblio- 
thèque impartiate (Potsdam, 5 giugno 1752; Corresp., VI, 405): 
« J’avais traduit en vers avee soin de grands passages du poète 
persan Sady, du Dante, de Pétrarque, et j’avais fait beaucoup 
de recherches assez curieuses, dont je regrette beaucoup la 
perte. Vous me direz : Est-ce que vous entendez le - persan 
pour traduire Sady? Je vous jure, monsieur, que je n’entends 
pas un mot de persan; mais j’ai traduit Sady, comme La Motte 
avait traduit Homère ». 

2) Vedi « Mélanges », cit.: « Tous ces matériaux concemant 
les arts ayant été perdus après la mort de cotte personne si 
respectable..., ne m’ont permis de recommencer ce travail pé¬ 
ntole : il se trouve heureusement exécuté par des mains plus 


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Voltaire e il suo secolo 


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di Dante de’ saggi posteriori. Similmente, ignoriamo, se 
nelle conversazioni brillanti, in cui liberissimo soleva ef¬ 
fondersi lo spirito del Voltaire, pur di Dante talora si 
favellasse, e si comparasse il sommo con l’Ariosto, il 
Milton, lo Spenser, o con altri. Al libero scambio delie 
idee giovavano allora, più della stampa stessa, i salotti, 
in cui la donna aveva il posto d’ onore. La donna, nel 
secolo del Voltaire, è il principio che governa, la ragione 
che dirige, la voce che comanda ; è la causa universale 
e fatale, l’origine degli eventi, la fonte delle cose 1 ). 
Prima d’esser scritta, ogni cosa dovrà esser esaminata, 
discussa, vagliata ne’ salotti. « C’est sur les conversa- 
tions brillantes et enjouées de ces sociétés que se forment 
les livres du temps », diceva il Muralt, nelle Lettres sur 
les Anglais et les Frangais 2 ). È in tutti gran smania 
di piacere alle donne, regine della poesia del tempo, so¬ 
vrani giudici delle lettere e delle arti. Lo spirito, mercè 
loro, acquista in destrezza, quanto perde in profondità. 


habilés, établi avec profondeur et rédigé aveo ordre dans Pim- 
mortel ouvrage de l’Encyclopédie. Je ne peux regretter que 
les traductions en vera des meilleurs morceaux de tous les 
grands poètes depuis le Dante, car on ne les connait point 
du tout dans les traductions en prose ». 

1) Vedi il libro, pieno di spirito e di brio, benché esa¬ 
gerato talora, di Edmond e Jules de Goncourt, La Femme 
au dix-huitième sièele , Paris, 1878, 371 ; p. 382 : « Sa force et 
sa pénétration d J esprit, sa finesse d’observation, sa vivacité 
d’idées et de compréhension, éclatait à tout instant.... dans 
le jet instantané de la parole ». 

2) Ed. Greykrz, Bern, 1897, p. 139. « Tout est du res- 
sort et de la compétence de cette oonversation de la femme ; 
qu’un propos grave, qu’une question sérieuse se fasse jour, 
Pétourderie délicieuse fait place, chez elle, à la profondeur 
du sens; elle étonne par ce qu’elle montre soudainement de 
connaissances et de réflexions imprévues ». «Tout ce que le 
dix-huitième sièele écrit ne semble-t-il pas en effet écrit à ses ge- 
noux?... La pensée n’aura pas une manifestation, Pintelligence 
ne revètira pas une forme, Pesprit n’imaginera pas un ton.... 
qui ne soit un hommage à cette maitresse toute puissante » - 
de Goncourt, La Femme au dix-huitième sièele , pp. 394; 400. 


12 — Farinelli, Voi. II. 


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Voltaire e il suo secolo 


Tutto è leggerissimamente sfiorato, e audacemente giu¬ 
dicato. Coll’ invidiabil talento della conversazion facile, 
non posseduto dal Montesquieu e dal Rousseau, il Voltaire 
si cattiva gli animi, si crea partigiani novelli, dà ali rapide 
alle sue idee. La gravità è di tedio. Ad ogni costo si vuol 
essere od apparire uomini di spirito. Gran precetto è 
quello di saper divertire. Più giova lo scherzo che la 
gravità e la serietà del pensiero e della parola. Nel¬ 
l’espressione pronta e vivace, nel brio, nell’ ironia fina 
e leggera è riposta la cura dei migliori. L’investigazione 
calma, paziente, riflessa, nella solitudine vera, non con¬ 
viene a’ grand’uomini di quei tempi. Chiusi e chini nel 
santuario dell’ anima vostra, spento ogni rumor mondano 
attorno a voi, più facilmente vi avverrà di intendere i 
misteri della poesia di Dante, i rapimenti subitanei, le 
estasi profonde, le scosse interiori, che distratti dai pia¬ 
ceri, dalle strida, da’ tumulti, da’ deliri del gran mondo. 

I principi estetici, applicati allora nel giudizio delle 
opere d’arte, erano i medesimi che bandivano ai popoli 
civili le poetiche del buon tempo del Rinascimento. I le¬ 
gislatori del buon gusto, gli eredi del Boileau: i Bouliours, 
i Rapin, i Le Bossu, i Dubos t), aristotelici convinti, rico¬ 
noscono ancora l’autorità incontestabile del Castelvetro. 
Ancor si discute sulla preferenza da accordare agli antichi 
o ai moderni. Grandi questioni agitano gli spiriti novelli. 
Occorrevan nette distinzioni ai generi letterari, limiti 
fissi, determinati, inviolabili. Si oserà mescolare nella 


1) Rispetta il Voltaire l’autorità del Dubos. Dalle Réflexions 
toglie più volte ispirazione. Del giudizio del Dubos ancor ri¬ 
sente il Siècle de Louis XIV . « Je ne vous répéterai point 
ici », scrive il Voltaire al Dubos, il 30 ottobre 1738 ( Corresp 
Ili, 304), « que vos livres doivent ètre le bréviaire des gens 
de lettres, que vous ètes l’écrivain le plus utile et le plus 
judicieux que je connaisse ». Vedi P. Peteut, Jean-Baptiste 
Dubos (Dissert. di Berna), Tramelan, 1902, p. 73 ; et M. Braun- 
schwig, L’abbé Du Bos, rénovateur de la critique au XVIII e siècle, 
Paris, 1904. 


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Voltaire e il suo secolo 


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commedia quello che è di esclusivo dominio della tra¬ 
gedia? Potrà tollerarsi la confusion folle della poesia lirica 
colla poesia epica? Sul titolo del poema dantesco, uni¬ 
camente, quante dispute dibattute, quanto inchiostro 
versato! Irragionevole era stato, fuor di dubbio, il bat¬ 
tesimo della Divina Commedia . Ma come rimediarci? Per 
taluni, delicatissimi, il solo titolo, inopportuno e falso, 
bastava per distogliere dalla lettura del poema. Si ri¬ 
petevano ancora, a’ tempi del Voltaire, gli argomenti 
vecchi, triti e ritriti, coi quali soleva combattere la Com - 
media insensata. Imbevuto delle dottrine del Castel vetro, 
Juvenil de Carlencas azzarda, in un suo Essai sur l’hi- 
stoire des belles lettres, des Sciences et des arte, edito due 
volte nella prima metà del secolo 2 ), due misere parole 
sulla Commedia di Dante. L’ « air mystérieux », dice, 
« fait qu’on a bien de la peine à en pénétrer le sens ». 
E vaneggia lui pure sul titolo stravagante. « Avant le 
Tasse, le Dante intitula son Poème, Comédie, et ce titre 
a fait naitre de grandes disputes parmi les critiques. Enfin, 
après plusieurs débats, on s’est aper^u que les Écrivains 
de ce temps-là appelaient Comédies les ouvrages dont le 
style était médiocre; et le Dante ne croyait pas que son 
poème fùt du style sublime, parce qu’il était écrit en lan- 
gue vulgaire ». Il titolo Commedia, diceva a sua volta 


l) Non conosco che la seconda edizione accresciuta, com¬ 
parsa a Lione, nel 1749, voi. I, 134. Il Maffei {Verona illustrata ), 
e il Castelvetro sono spesso citati. Si assegna (I, 97) a Lelio 
Capilupi un posto onorevole fra i poeti epici; poi si ricorda 
Dante: « Le Dante avait ouvert la carrière deux cents ans 
auparavant; son Poème, qu’on regarda d’abord comme une 
Comédie, passa ensuite pour un Poème Epique: Fair mysté¬ 
rieux qui y règne, fait qu’on a bien de la peine à en pé¬ 
nétrer le sens. Il fut suivi du Boiardo et du Pulci ». — 
Confessava il Gravina, nella Ragion poetica , non ignorare « le 
dispute e contese, delle quali son pieni i volumi interi degli 
eruditi nostrali sopra il titolo di Commedia ». Vedi F. Bal- 
sano, La Divina Commedia giudicata da G . V. Gravina ( Collez . 
di opusc . dant. ined . o rari), Città di Castello, 1897, p. 61. 


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Voltaire e il suo secolo 


l’autore della Bibliothèque frangoise, l’abate Goujet x ), « ne 
lui convient qu’en ce que le Poète amène sur la scène un 
grand nombre de personnes de tout état. C’est en effet 
une espèce d’histoire des siècles passés, et de celui où 
vivait l’auteur». La Harpe, schietto alunno del Voltaire, 
ne’ suoi giudizi, dirà similmente : « On appelle Comédie 
un ouvrage qui n’a rien de commun avec le genre dra- 
matique ». Sottilizzava il maestro suo Voltaire, a sazietà, 
sulle distinzioni de’ generi, follia che ottenebra le menti 
ancora, tiranneggiate da’ pregiudizi antichi, incapaci di 
svincolare la creazione artistica, libera e individuale 
dalle classificazioni nostre, esteriori e arbitrarie. Purché 
1’ opera d’arte riesca, e s’incarni nella sua forma in¬ 
nata, poco importa ritenerla di questa o di quest’ altra 
categoria. Sembra adirarsi il Voltaire cogli infelici che 
chiamavano poema epico V Orlando furioso. Non accorda 
il nome di tragedia alle farse mostruose dello Shakespeare, 
in cui pur trovava scene bellissime, squarci di poesia, 
« si grands et si terribles ». Quanto al poema di Dante, il 
Voltaire troppo bene lascia intendere di biasimarne il titolo 
insensato. Mescolanza di tutti i generi, nessun titolo poteva 
convenirgli, quello di poema epico meno d’ ogni altro. 
L’articolo su Dante, accolto, senza modificazione alcuna, 
nel Dictìonnaire pili losop hi que, traduce, in stile burlesco, 
il principio dell’ Inferno, per conchiudere, evidentemente 
sedotto dal giudizio espresso da Louis Bacine - che, nelle 
note alla traduzione del Milton, diceva non essere il poema 
dantesco « certainement ni épique, ni héroique, mais sou- 
vent, en sujets très sérieux, fort comique» «Tout cela 
est-il dans le style comique? Non. Tout est-il dans le 
genre héroique? Non. Dans quel goùt est donc ce poème? 
Dans un goùt bizarre ». 

Se prescindi dalle futilissime contese sulla denomina- 


l) Bibliothèque frangole, VII, 284 sgg. (Paris, 1744). H. Oel- 
sner cita il Goujet, nell’ ultima parte della rubrica sua, Dante 
in Frankreich, p. 40 sgg. 


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zion© del poema, è miracolo se in Francia, all’ epoca 
de’ primi trionfi del Voltaire, degni porre alcuno tra le 
anticaglie più remote l’antico poema. L’articolo del 
Bayle bastava ai bisogni degli eruditi e dei letterati. 
Lesse quell’articolo il Voltaire, ammiratore ardente e sin¬ 
cero del Bayle, a cui tolse lo scettro della critica, e vi 
fu chi malignamente sostenne non aver consultato il 
grand’uomo, per ciò che concerne Dante, che il IHction- 
naire del suo predecessore. 

Il primo volume della Bibliothèque italique (Gine¬ 
vra, 1728), destinata a diffondere in Francia la cono¬ 
scenza e il gusto delle lettere d’Italia, aggiungeva alla 
traduzione di un discorso di Scipione Maffei sulla storia 
e il genio de’ maggiori poeti d’Italia, una nota, elemen¬ 
tarissima, sul « divin Dante » x ), « né à Florence, où il 
Occupa les premiere emplois», « chassé avee le parti des 
Blancs, par celui des Noirs », devoto poi al partito del¬ 
l’imperatore Arrigo e de’Ghibellini. Rammenta vasi, tra 
1’ opere di Dante, la Vita Nuova, il Convivio, « mèlés 
de prose et de poésie », e la Commedia, s’intende, « que 
Grangier, aumònier du Boi de France, traduisit en fran¬ 
cate et imprima en 1597 en 3 volumes », poema curio¬ 
sissimo, « commencé en vere latins et fini en vere ita- 
liens, cette dernière langue secondant mieux la vivacité 
de son imagination » 1 2 ). Scopo politico della « Comédie », 
« était de sapper la puissance des Guelphes. Sa diction 
emprunte non seulement des Grecs et des Latins, mais 


1) Bibliothèque italique ou histoire littéraire de V Italie f Ge¬ 
nove, 1728 (I, gennaio-aprile, p. 234). Il Leopardi ricorderà 
questa Bibl., nei Pensimi, f VII, 168. Il Dejob ne loda i primi 
volumi, in Études sur la Tragèdie , p. 171. 

2) Ai dì nostri ancora, G. Ciuffo ( La visione ultima della 
Vita Nuova, Palermo, 1899) pretende aver Dante scritto in 
volgare il suo poema, perchè non « molto pratico della lingua 
latina ». — Dietro il Maffei, si indicava ai lettori della Bibl. 
l’antica traduzione francese dell’ Inferno, sepolta in un ma¬ 
noscritto di Torino. 


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Voltaire e il suo secolo 


mème des Hébreux. M. Gravina y trouve les passages 
les plus sublimes des Prophètes » *). 

Il Gravina era allora grande autorità per la Francia. 
Annunciava, nel 1717, il Journal littéraire, con grandi 
elogi, la Bagion poetica; ricordava la critica del poema 
divino, miracolo della scienza umana, ricco di « phrases 
sublimes ». A Dante attribuì vasi il sapere di Salomone. 
« Son but.... n’est que de plaire aux Savants, inférieur en 
cela à Homère, qui par le sens cacbé de ses vers et par 
le sens extérieur a réuni en sa faveur les suffrages du 
peuple et des gens éclairés» 2 ). Verso la metà del se¬ 
colo (1755), la Baison, ou Idée de la Poésie era tradotta, 
a sollievo e confortò de’ critici; e il Journal étranger 
(agosto 1755), diretto allora dall’abate Prévost, applaude 
all’ opera compiuta. Al pubblico è novellamente ricordata 
la « comédie immortelle de Dante », scritta in una lin¬ 
gua « vive et sublime» 3 ). L’entusiasmo del Gravina per 


1) Si nomina ancora Dante, « principe satirico », nel VII voi. 
(1730), p. 130, della Bibl., ma per citare l’opinione del Bian¬ 
chini, e il biasimo inflitto alla « liberté excessive de quelques 
chapitres de la Comédie, où il nomine ouvertement ceux qu’il 
satyrise de la fa$on la plus forte ». 

2) Journal littéraire (1717), IX, n, 269 : « Le divin Poème 
de Dante est le premier qui parut dans les rangs. Cet auteur 
a ramené la Poésie à sa première source, dans laquelle elle 
servoit à exprimer noblement des vérités de la Religion, et 
d’autres sujets de la plus grande importance ». P. 273 : « Comme 
les anciens Poètes ont trouvé dans Homère toutes sortes de 
stiles, les modemes ont pu trouver dans le Poème de Dante 
les sources et les modèles de tous les diflérents genres d’écrire, 
entre lesquels l’Épique occupe le premier rang ». — Questa 
critica dell’ opera del Gravina è riprodotta nel VII volume 
(pp. 768 sgg.) della Neue Bibliothek odei • NachiHcht und Urtheile 
von neuen Biióhei'n und allei'hand zur Gelehrsamkeit dienenden 
Sachen (Francoforte, Lipsia, 1718). 

3) Il Journal étranger (1755, agosto, pp. 213 sgg.) è tutto 
elogi per 1’ autore del nuovo Esprit de la Poésie . Particolar¬ 
mente la critica dantesca (studiata da F. Balsano, La Divina 
Commedia giudicata da G. F. Gravina . Voi. 42-43 della Collez . 
d . opusc . dant . ined. o rari , Città di Castello, 1897) pare inte- 


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Dante moveva a sdegno Louis Bacine, che, in altri poeti, 
nel Milton, in Jean Bacine, suo padre, vedeva la perfe- 
zion vem della poesia; e, pur mordendo il filosofo, poco 
saggio, accoglieva più d’una riflessione graviniana, nelle 
note che inquadrano le sue traduzioni. Il Gravina è auto¬ 
rità per il Montesquieu, per il poeta del Bélisaire, per 
molti altri ancora 1 ). 

Interrogate l’autore dottissimo della Bibliothèque frani- 
Qoise } nutrito dell’ erudizione del Bullart, del Baillet, 
del Bayle,- del Fontanini. Misero appare ogni giudizio 
su Dante e l’opera sua, prima che il Voltaire lanciasse 
alla Francia VEssai sur les mceurs. Dante compì gli studi 
a Parigi, e gran meraviglia destò nella Francia, ov’era 
considerato « comme un des plus beaux génies de son 
8iècle ». Il suo poema (suppongo che il Goujet qualche 
frammento ne leggesse nel Grangier) risente del cattivo 
gusto del tempo. Ma ( Bibl VII, 1755, p. 294) « ne 
doit-on pas s’étonner.... que des hommes nés au milieu 
d’une barbarie presque universelle, ayent pu, guidés par 
leur seul génie, se frayer la route du beau, et composer 
des ouvrages que les siècles les plus éclairés ne feront 
point difficulté de mettre au nombre des ehefs-d’ceuvres?» 
Perchè pone vasi adunque il mostruoso poema tra i capi • 
lavori? Evita l’abate di muovere a sè ed a’ lettori suoi 


ressi il critico del Journal, J. B. Bequier, il medesimo che 
tradusse la prima parte dell’ opera graviniana, Maison ou idée 
de la Poésie. 

l) All’autorità del Gravina s’inchinerà anche A. W. Schlegel. 
Vedi E. Sulger-Gkbing, August Wilhelm Schlegel und Dante 
( Germanist . Ahhandl. H. Paul .... dargébr.), Strassburg, 1902, 
pp. 122 sgg. — Lesse il Voltaire l’opera graviniana? Una 
lettera sua al d’Alembert (settembre 1753; Corresp VI, 353), 
ci indurrebbe a supporlo : « Gravina m’a paru écrire sur la 
tragèdie comme Dacier, et il a fait en conséquence des tra- 
gédies comme Dacier, aidé de sa femme, les aurait faites ». 
Vedi anche CEuw., XLI, 483 (art. sulla Merope del Maffei, nella 
Gazette littéraire, 1764): «Gravina écrivit.... sur les principes 
de l’art, en homme de génie, et fit des tragédies pitoyables ». 


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Voltaire e il suo secolo 


questa domanda. Gran numero di persone d’ogni stato 
pone Dante in scena ; e il poeta « dispense à son gré la 
louange et le blàme, peut-étre plus souvent selon ses pré- 
ventions que selon la vérité » (p. 298). È più storia che 
poesia la Commedia sua. Giudice capriccioso del suo tempo, 
Dante aborre particolarmente i Guelfi, messi da lui «pres- 
que tous dans l’Enfer avec leurs parti san s » x ). Troppo 
sovente ripete le lodi del suo Virgilio; ha gran stima 
de’ poeti provenzali : dimostra una conoscenza de’ poeti 
della Grecia, mirabile, veramente, a’ suoi tempi. La Sacra 
Scrittura gli è famigliare; « cependant il s’égare quel- 
quefois lorsqu’il veut faire le Théologien: par exemple, 
lorsqu’il accorde une exemption de souffrances, après la 
mort, aux sages du Paganisme, et aux enfants morts 
sans baptéme » (p. 300-301). 

È probabile che il Voltaire non conoscesse punto questi 
insignificantissimi frammenti di critica dantesca, sepolti 
negli scritti della prima metà del secolo. D’abitudine, 
era lui che pronunciava la parola d’ordine; e i giudizi sui 
poeti antichi e moderni riflettevan la sua opinione. Al 
« sieur Arouet de Voltaire », e alle sue «prétendues lettres 
philosophiques » il Goujet stesso rimanda i suoi lettori, 
quando discute, nel supplemento al gran « Dizionario » 
del Moréri, « les idóes bizarres et gigantesques » dello 
Shakespeare. S’ aprono al Voltaire le porte dell’Accade¬ 
mia, nel 1746; e il grand’uomo, assiso tra gli immortali, 
aggiunge al suo discorso un ricordo delle letture dan¬ 
tesche fatte a Cirey. Colpito dalla mirabile virtù di Dante 
di tutto esprimere, liberamente ed efficacemente, addita 


1) Un brano di questa critica dimostra che il Goujet aveva 
ben lètto la nota su Dante della Biblioth. ital.: « Cette hi- 
stoire a un but politique, de sapper la puissance des Guelfes ». 
Altrove, nella sua Biblioth., il Goujet parla incidentemente di 
Dante. Così, nel IX voi. ( Additions et corrections aux tomes III 
et IV, p. 53), ove ricorda la Consolation del db La Touchk 
(ridicola parafrasi d’una parte del Convivio ); nel X voi. (p. 19), 
a proposito del giudizio del Tory su Cretin. 


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il poeta audace ai Francesi, che s’eran interdetti «presque 
tous les objets que d’autres nations ont osé peindre », 
immiserendo così la lingua propria, per zelo soverchio, 
e per amore delle convenienze. « Il n’est rien que le 
Dante n’exprimàt, à l’exemple des anciens : il accoutuma 
les Italiens à tout dire » x ). 

Una lettera anonima su Dante, inserita nelle Nouvelles 
littéraires de France et d’Angleterre di Pierre Clément, del 
80 novembre 1?52 (lettera XX), sfuggita a tutti i critici 2 ), 
credo fosse pur dal Voltaire ignorata. Scritta da uno de’ di¬ 
fensori del gran buon gusto, in risposta, sembra, all’arti¬ 
colo Dante, dell’istoria critica della Vita civile, « raccolta 
di luoghi comuni del signor Vincenzo Martinelli » 3 ), non 
dissente gran fatto, nelle lodi e nel biasimo, dal giudizio 
che il Voltaire medesimo porterà, pochi anni dopo, sul 
grande poeta. A Dante, « auteur célèbre, si peu connu 
en France, si vanté des Italiens », il critico s’inchina. 


1) (Euvres, XXXVIII, 549 : « Homère exprime tout ce qui 
frappe les yeux: les Francis qui n’ont guère commencé à 
perfectionner la grande poésie qu’au théàtre, n’ont pu et n’ont 
dù exprimer alors que ce qui peut toucher l’àme.... Le lan- 
gage du cceur et le style du théàtre ont entièrement prévalu : 
ils ont embelli la langue fran$aise ; mais ils en ont resserré 
les agréments dans des bornes uh peu trop étroites ». — Il 
brano su Dante del discorso del Voltaire è riprodotto nel Neuer 
Biicher8oal del Gottsched (IV, 1747, p. 131). 

2) Fu riprodotta, tuttavia, in parte, nel Journal étrangei', del 
1755, luglio (pp. 164 sgg.), e aggiunta ad alcune Reoheì'ches 
histoi'iques sur la Poésie Toscane (Guittone d’Arezzo, Guido Caval¬ 
canti, Dante, Cino da Pistoia), che A. W. Schlegel degnò uti¬ 
lizzare (vedi Sulger-Gebing, A. W . Schlegel und Dante, p. 122). 
Queste Recherches offrono altre note sui commentatori e tradut¬ 
tori di Dante, e un saggio di traduzione, cattivo assai, del- 
P episodio del conte Ugolino. 

3) Una nota avverte che « M. Martinelli paraìt avoir fait 
une étude particulière de ce Poète (Dante); il en parie avec 
moins de préjugé que bien d’autres, et avec une sorte de goùt, 
mais toujours en compatriote, et en foible critique ». « Il y a 
du temps », scrive ancora P autore anonimo di questa lettera, 
« que j’avois à m’expliquer avec vous sur ce célèbre Poète ». 


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Voltaire e il suo secolo 


Dichiara aver letto, « d’un bout à l’autre », i « troia 
Actes » del dramma audace. « Si je ne me flatte point 
d’avoir tout entendu, je crois étre entré au moina dans 
le dessein du poète, dans ses vues principales, dans l’or- 
donnance de sa fable, et dans toute sa fiction ». Convien 
tener conto al poeta « de la giace qu’il a rompue », 
considerarlo in rapporto a’ suoi tempi. « La barbarie 
du siècle où il a écrit, l’état de la Philosophie de son 
temps, de la religion, de la langue couvrent une mul- 
titude de péchés ». Ben si possono ammirare « avec trans- 
port certaines pensées, aussi justes que profondes, une 
quanti té d’images fortes, de peintures charmantes, d’ex- 
pressions de génie, de traits d’une Poésie aussi pathétique 
que brillante »; e si verrà meno, « de plaisir et de douleur, 
comme le Poète lui-mème, au récit de la trop malheureuse 
Francesca d’Arimino.... et de la cruelle mort du comte 
Ugolino et de ses enfants ». Ma quanti errori, quante biz¬ 
zarrie nel vasto e caotico poema, che accozza stranamente 
le più disparate cose ! Qual mortai noia arreca la lettura 
delle ultime due cantiche ! « Le cadre étoit grand, com¬ 
mode; il n’y avoit sorte de figure qui n’y pùt entrer; 
mais elles y sont entassées avec si peu de choix, tant 
de bigarrure, et si peu de variété d’attitudes! L’inven- 
tion de détail est si bizarre, ou si pauvre! C’est presque 
toujours un Damné, un Echaudé, ou un Bienheureux, 
qui vous conte son histoire, vous prédit quelque avanture 
passée, ou vous résout obscurément quelque mauvais 
doute. Imaginez-vous le sixième livre de l’Enéide, al- 
longé en 14000 vers ; quinze fois plus de récits, et pas 
plus d’action ; une dégradation d’intérét et de chaleur 
observée de partie en partie. D’abord l’Enfer; c’est ce 
qu’il y a de plus fort et de plus piquant; le Purga¬ 
tole, après l’Enfer, ne pouvoit étre que tiède; mais 
son Paradis est d’une fadeur, d’une éternité d’ennui.... 
Essayez de le traduire en frantois et de le dédier au 
Boi de Prusse: si vous voiés de quels contemplateurs, 
cafards, et pucelles on vous entrelarde ces élus. Mais il 


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faut le pardonner au Poéte en faveur de deux honnétes 
Payens, Riphée et Trajan, qu’il béatifìe de son autorité ; 
et les ennemis de Rome pourront lui faire gràce par 
baine pour quelques Papes, dont il orne les apparte- 
ments de son Purgatoire et de son Enfer ». 


Dall’ “ Essai sur les moeurs ” 
al “ Dictionnaire philosophique ” 

Quanto al Voltaire piacque scriver su Dante, nella let¬ 
tera « ad un professore di storia », posteriore di alcuni 
anni al discorso dell’Accademia *), passò, con alcune leg¬ 
gere varianti, nell’-Essai sur les moeurs, che offre un com¬ 
pendio di tutta la critica dantesca voltairiana. A que’ giu¬ 
dizi, altri più puerili, insignificanti e spiritosi, aggiunge 
più tardi il Voltaire, a sfogo dell’ umor suo passeggierò. 
Accentua, sensibilmente, come fa per lo Shakespeare, il 
lato sfavorevole della sua critica, man mano che l’età 
avanza, e i ricordi del poema si affievoliscono. 

Chiama il Voltaire, nell’ Essai, la Commedia uno de’ « mo¬ 
numenta de l’esprit humain » 1 2 ), che « délassent de la 
longue attention aux malheurs qui ont troublé la terre ». 
Trascura ora l’inciso, assurdo in verità, sul persiano Sadi, 
poeta che la lettera precedente faceva, con meraviglia 
somma d’alcuni Italiani, contemporaneo di Dante 3 ). 


1) CEuvres (ed. Beuchot) XXXIX, 549. 

2) Espressione frequente nel Voltaire, che assicura {Siècle de 
Louis XIV, cap. XXXII) essersi sempre considerato il Telemaco 
« comme un des beaux monuments d’un siècle florissant ». 
« La Mérope de Maffei et les ouvrages dramatiques de Meta¬ 
stasi », dice altrove (cap. XXXIV), « sont de beaux monu¬ 
ments du siècle ». 

3) Il Padre A. Zaccaria, che aveva lette le poche frasi 
su Dante, negli Annales de VEmpire depuis Charlemagne (Basi¬ 
lea, 1753), rimprovera al Voltaire la sua leggerezza. Vedi le 
Memorie peì m servire alla istoria letteraria, Venezia 1754, rammen¬ 
tate dal Bertana, nel Giom. stor. d. letter. ital., XXXIII, 409. 


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Voltaire e il suo secolo 


Che il poema di Dante sia sorto nell’ infanzia ancora delle 
nazioni moderne, ne’ « vilains siècles d’ignorance », come 
avrebbe detto il presidente de Brosses, allor che il mezzodì 
della Francia ancor conservava il suo gergo provenzale, 
appai* credibile appena $ ed è meraviglia che la lingua to¬ 
scana acquistasse d’un tratto tanta forza e tanto vigore 1 ). 
Più che all’arte, 1’ anima vera d’ ogni poesia, il Voltaire, 
come tutti i contemporanei che di Dante fecer parola, 
bada alla lingua, considera la forma esteriore. Sfugge a 
lui, necessariamente, l’unità meravigliosa della concezione 
dantesca, l’architettura arditissima e solenne de’ tre re¬ 
gni, la forza delle imagini, la rappresentazione e figu¬ 
razione viva e possente del fantasma interiore, che assedia 
ed incendia il poeta. Da questa « commedia », che svi¬ 
luppa un soggetto « de mauvais gout », alcuni brani for¬ 
tunatamente si staccano, che ammirerà il mondo in ogni 
tempo, que’ frammenti, senza dubbio, che il Voltaire, nelle 
solitudini di Cirey, provavasi a tradurre. Brillano vere 
« beautés naturelles » nel poema « bizarre » 2 ), « rernpli 
de morceaux écrits aussi purement que s’ils étaient du 
temps de l’Arioste et du Tasse ». Nè ingiusto si rivela 
il Voltaire, quando considera il poema come l’effusione 


1) Vedi inoltre il cap. LXXXII àeìV Essai sur les mesurs. 
« On fut redevable de toutes ces belles nouveautés aux Tos¬ 
cana. Ils firent tout renaitre par leur seul génie, avant que le 
peu de Science qui était resté à Constantinople refluàt en Italie 
avec la langue grecque, par les conquètes dea Ottomana. Flo¬ 
rence était alors une non velie Athènes.... Il pent paraltre 
étonnant que tant de grands génies se soient élevés dans 
l’Italie, sans protection comme sana modèle, au milieu des 
dissensions et des guerres ». 

2) È probabilissimo che a Dante pensasse il Voltaire quando 
afferma, nell’ articolo sul Goiit, del Dictionnaire pkilosophique : 
« Si toute une nation s’est réunie, dans les premierà temps de 
la culture des beaux-arts, à aimer des auteurs pleins de dé- 
fauts, et méprisés avec le temps, c’est que ces auteurs avaient 
des beautés naturelles que tout le monde sentait, et qu’on 
n’était pas encore à portée de démèler leurs imperfections ». 


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dell’anima di Dante, l’espressione del suo dolore. « On 
ne doit pas s’étonner », aggiunge, « que l’auteur, l’un 
des principaux de la faction gibeline, persécuté par Bo- 
niface Vili et par Charles de Valois, ait dans son poème 
exhalé sa douleur sur les querelles de l’empire et du 
sacerdoce ». 

Questa critica, non malevola certamente, e non originale, 
si chiude con un deboi saggio di traduzione (« faible » 
lo chiama il Voltaire stesso) di due terzine del Pur¬ 
gatorio (XVI), e riproduce l’invettiva di Marco Lom¬ 
bardo ai pontefici, che un dominio illecito usurpano, 
la spada giungendo col temporale. Simili tentativi di ver¬ 
sione trovi nelle critiche sullo Shakespeare e sul Milton 
del Voltaire, incapace sempre di rendere il pensiero del 
poeta nella sua forza ed evidenza. Trascura i tratti più 
espressivi e profondi ; stempera i densi versi dell’ origi¬ 
nale 5 trasforma ed altera a capriccio, perchè più naturale, 
più chiaro e più intelligibile riesca il verso riprodotto x ). 
Non è più Dante che tuona con voce poetica possente. È 


1) Par derivi dal Voltaire il detto del Rivarol: « uue 
traduction franyaise est toujours une explieation ». « Je suis 
très convaincu », dice, nell’articolo Scoliaste, del Diction- 
naire , « qu’on ne les lira pas (les traducteurs des anciens), 
s’ils ne changent, s’ils n’adoucissent, s’ils n’élaguent presque 
tout». « Je suis de plus en plus persuadé que notre langue 
est impuissante à rendre 1’ harmonieuse énergie des vers latins 
comme des vers grecs » (Prefazione del Catilina). — Ne’ Mé- 
moires pour la vie de F. Pétrarque (Parigi, 1764, voi. I, p. ex), 
l’abate de Sade, sedotto e tiranneggiato, per molti anni, dal 
Voltaire, ripete, col Journal étrangei' (aprile, 1761): « que notre 
langue est la moins poétique de toutes, et qu’elle commande 
toujours des sacrifices, surtout lorsqu’il s’agit de traduire les 
Auteurs Italiens ». Traduttore impenitente del Petrarca pur 
lui, dichiarasi disposto a considerare la sua versione « comme 
une faible copie qui ne peut donner qu’une idée très légère de 
l’originai. C’est ainsi que s’exprimait M. de Voltaire lui-mème, 
en traduisant une Ode de Pétrarque ». Usava, tuttavia, il de 
Sade, clandestinamente, « quelquefois de la Jibertó qu’un de nos 
grands philosophes (d’Alembert) donne aux Traducteurs, de cor¬ 
ri ger les traits défectueux de l’originai » ( Mémoires , I, CVIII). 


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il Voltaire che sermoneggia e s’effonde con gesti ora¬ 
tori studiati 1 ). Involontariamente ripeti il verso della 
pretesa sua traduzione : 

Ce temps n’est plus, et nos cieux ont changé ! 

Altrove, come corona all’ articolo troppo celebre su 
Dante, il Voltaire aggiungerà, non più una libera ver¬ 
sione, ma un travestimento, una parodia di alcuni versi 
dell’ Inferno, nello stile della Pucelle, come diceva il Ri- 
varol, « trufaldinesca », a giudizio del Baretti - Dante 
« habillé en polichinelle ». Dubito che il Voltaire cono¬ 
scesse la traduzione della Commedia, stentatamente com¬ 
piuta dal d’Estouteville, nipote del Colbert, trascritta 
in parecchie copie, note appena prima che apparisse 
Y Essai sur Us mceurs 2 ), e dal Montesquieu ricordata, 


1) Si giudichi da questo frammento, spesso citato: 

Jadis on vit dans ime paix profonde 

l)e deux soleils les flambeaux luire au monde, 

Qui sana se nuire éclairant les humains, 

Du vrai devoir enseignaient les chemins, 

Et nous montraient de l’aigle impériale, 

Et de l’agneau les droits et l’intervalle. 

Ce temps n’est plus, et nos cieux ont changé. 

L’un des soleils, de vapenrs surchargé, 

En écliappant de sa sainte carrière, 

Voulut de l’autre absorber la lumière. 

La règie alors devint confusion.... 

2) Alludeva sicuramente al d’Estouteville ìI.Moutonnet de 
Clatrfons, in una lettera, inserita nell’ Année littéraire, del 1776 
(V, 105): « Je possède une traduction manuscrite du Poème 
entier de Dante...; elle est ancienne et bien antérieure (alla 
traduzione del Watelet dell’ episodio del conte Ugolino); il en 
existe plusieurs copies ». Vedi anche la Vie (VAlighieri, che 
precede VInferno di Dante, tradotto da M. de Clairfons, Fi¬ 
renze, Parigi, 1776, p. 32: « Je ne connois aucune Traduction 
Franyoise imprimée en Prose. J’en possède une manuscrite; 
elle ne m’a été pour ainsi dire d’aucune utilité; elle fourmille 
de contre-sens, et les morceaux les plus difficiles ne sont pres- 
que jamais traduits.... J’ai cru devoir en faire ici la critique: 
plusieurs personnes en ont des copies, et comme peut-ètre elles 
ne connoissent pas l’originai, elles prendraient une idée dés- 
avantageuse du Poème d’après cotte Traduction piate, et in- 
fidèle. Si elle eùt été bonne, je l’aurois fait imprimer ». In 


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con evidente dispregio, in un’epistola all’abate Gua¬ 
sco (1749) 1 ). Le volgarità e sciatterie infinite del 
d’Estouteville maggior offesa recavano a Dante dei 
saggi capricciosi di travestimento voltairiani. Era per¬ 
suasissimo d’ altronde il Voltaire che per tradurre Dante 
occorrevan forze d’ atleta prodigiose. « Vous changerez 
trois fois de peau avant de vous tirer des pattes de ce 
diable-là », dirà al Rivarol, quando l’amico s’accinge a 
tradurre VInferno 2 .) Ben si guarda il grand’ uomo dal 


una nota si ricorda il Montesquieu, che « dans ses Lettres 
posthumes, parie d’uno manière peu avantageuse de cette tra- 
duction et de son Auteur.... La préface, courte, burlesque et 
bouffonne, qui se trouve à la tè te, annonce une toumure d’esprit 
singulière et baroque ». Malgrado il biasimo inflitto, e l’affluire 
delle traduzioni parziali del poema la versione del d’Estouteville 
fu stampata a Parigi, nel 1796, dal Sallior {La Divine Comédie 
de D. A., contenant la Description de VEnfer, du Purgatoire et da 
Paradi8. — Bibl. nation., Réserve, Yd 1380-82), preceduta da 
una Vie de Dante (quella stessa che il Bullart aveva pubblicata 
nell’Académie des Sciences), di un’analisi del poema (compendio di 
quella pubblicata dal Prévost d’Exmes, a Parigi, nel 1781), mu¬ 
nita d’una prefazione, che affetta un gran disprezzo per 1’ antico 
traduttore Grangier, e chiama il d’Estouteville, arditamente, 
« le premier traducteur de Dante », la cui « gioire, certainement 
méritée » sarà « assurée ». Per fortuna, non sempre sragiona 
la misera prefazione : « Ce qui rend une traduction de Dante 
plus difficile que celle d’un autre poète..., c’est véritablement 
paroe qu’à l’exemple d’Homère et des autres poètes, qui ont.... 
créé le génie de leurs langues et de leur poésie, il exprimait 
tout ce qui peut frapper les sens. Il peignait les objets sen- 
sibles de toute la nature: au lieu que les Francis, comme 
l’a remarqué Voltaire, ont malheureusement attaché une idée 
de bassesse aux objets de détail, qui donnent aux tableaux des 
anciens poètes une couleur vraie que nous ne saurions imiter 
aujourd’hui ». 

1) Lettres familièves du Président de Montesquieu baron de la 
Prède à divers amis d’Italie, Paris, 1767, p. 122 ; Oelsner, p. 44. 
Di altre lettere al Guasco dà notizia J. Mees, L ’Abbé de Guasco 
et les Lettres familières de Montesquieu, nella Rev. d. Biblioth. et 
Archive8 de Belgique (1905, marzo, aprile), III, 115 sgg. 

2) Non si saprebbe tradurre Dante « sans se mordre les 
ongles plus d’une fois » (Grangier, Épitre dédicat., aggiunta 


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mutar la pelle sua, che a meraviglia l’avvolgeva e lo deco¬ 
rava 5 e se talora osa misurarsi con Dante, il capriccio 
lo vince, la diabolica « verve » lo trascina. Facilmente gli 
si perdona la leggerezza sua, quando consideriamo le 
ingiurie inflitte a Dante da altri valentuomini che pre- 
tendevan tradurlo - « Race humaine, ne dis tes Pourquoi, 
qu’avec prudence », tradnceva, p. es., il figlio del gran 
Bacine lo « state contenti, umana gente, al quia » del 
Purgatorio dantesco x ). 

V?Essai sur les mceurs (DePie de la Mirandole, cap. CIX) 
pone Dante e il Petrarca tra coloro che, nati « avec un 
vrai gèni e, culti vé par la lecture de bons auteurs romains, 
avaient écliappé aux ténèbres de cette érudition ». Al¬ 


alia traduzione del 1596). — Del visconte di Melville, eroe della 
novella Le Voyageur di Mme de Genlis, dicevasi, per van¬ 
tarne le inaudite prodezze, che aveva fama d’aver « traduit en 
francata un passage de Dante ». Vedi A. Le Breton, Rivarol, 
sa vie, %e% idées, son taleni, Paris, 1895, p. 114. 

l) (Eìivree di Louis Racine, Paris, 1808, III, 498 (Note 
sul VI libro del « Paradiso Perduto » del Milton). Il discorso 
di papa Niccolò III ( Inferno , XIX) è così travisato ( CEuvres, 
IV, 414): « J’ai été couvert du grand manteau ; et pour avoir 
mis là-haut tant de bien dans ma bourse, je suis moi-mème 
ici mis eu bourse. Sous moi, sont ceux qui m’ont précédé, 
grands simoniaques comme moi. Ils sont tombés plus bas, 
quand j’ai pris leur place, et je tomberai ausai quand ma 
place sera prise par Boniface, qui n’y resterà pas si long-temps 
que moi: sa place sera bientót prise par un autre Jason (Clé- 
ment V), dont Philippe-le-Bel favorisera Pélection, comme 
Antiochus favorisa celle de Jason ». Dante dice al dannato: 
« Reste dono ici, tu mérites d’y ètre, et garde cet argent qui 
te donna la hardiesse de vouloir faire épouser ta nièce à 
Charles I er . Ah ! Constantin, si ta conversion a été favorable à 
l’Eglise, combien lui a été funeste cette donation qui a rendu 
un pape riche ». Ed ecco il principio dell’ episodio d’Ugolino 
(CEuvres, IV, 573): « En contemplant », dice Dante, « les mal- 
heureux plongés dans Pótang glacé, j’en vis deux placés l’un 
sur P autre, de faQon que celui qui étoit au-dessus tenoit la 
tète de P autre, et mangeoit sa cervelle avec la mème ardeur 
qu’un homme affamé mange du pain. Ah! m’écriai-je, que t’a 
dono fait celui que tu dévores ainsi? » 


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trove (De Savonarola, cap. CXIII), il Voltaire ricorda, 
tra i figli più illustri di Firenze - « le peuple le plus in- 
génieux de la terre » - « Pétrarque, Dante, Ariosto et 
Machiavel». Lo stesso Essai offre un’allusione a Dante, 
suggerita senza dubbio dalla Dissertation upon thè Ita- 
lian Poetry del Baretti, apparsa nel 1753, che non oc¬ 
cultava l’acre risentimento per l’autore dell’Deeoi sur la 
poésie épique, e accordava a Dante il dono della divina¬ 
zione, luminosamente attestato dai versi del primo canto 
del Purgatorio : « Io mi volsi a man destra, e posi mente | 
all’ altro polo, e vidi quattro stelle | non viste mai fuor 
che alla prima gente » 1 ). Rifulgon le quattro stelle, nelle 
note del Voltaire sulle scoperte dei Portoghesi (cap. CXL: 
« C’était une singularité bien surprenante que le fameux 
Dante eùt parlé plus de cent ans auparavant de ces 
quatre étoiles»), a cui s’aggiunge una traduzione, non 
infedele stavolta, della terzina dantesca. Che rinchiuda 
una vera profezia, non l’ammette il Voltaire; ma l’argo¬ 
mentazione sua è debole e inconcludente. Di predizioni sif¬ 
fatte gran copia ne offrono i libri. E se al fondo si andasse, 
si convincerebbe ognuno « que la connaissance de l’avenir 
n’appartient qu’à Dieu ». Ed ecco come il Voltaire in¬ 
daga « il fondo » della predizione dantesca : « Ce n’est 
que par un hasard assez bizarre que le póle austral et 
ces quatre étoiles se trouvent annoncés dans le Dante. 
Il ne parlait que dans un sens figuré : son poème n’est 
qu’une allégorie perpétuelle. Ce pòle chez lui est le pa- 
radis terrestre ; ces quatre étoiles, qui n’étaient connues 
que des premiere hommes, sont les quatre vertus car- 
dinales, qui ont disparu avec le temps de l’innocence ». 
Torna alla mente del Voltaire la profezia dantesca quando 
discute la predizione della scoperta d’un nuovo mondo, 
da Seneca accennata nella Medea (« venient annis secula 
seris »). E pur ritrovi i versi famosi nell’articolo Virus 


1) L. Piccioni, Studi e ricerche intorno a G. Baretti , Li¬ 
vorno, 1899, p. 212 sg.; Barbi, nel Bull . d. soo. dant., VII, 291. 


13 — Farinelli, Voi. II. 


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del Dictionnaire philosophique ((Euvres, XXVIII, 287), 
nelle Bemarques sur Médée de’ Commentaires sur Cor- 
neille (CEuvres, XXXV, 36) i). 

Più si legge il Voltaire e più si penetra nell’ intimità 
del suo essere, più si è disposti ad ammirare la curio¬ 
sità sua senza limiti, il muoversi suo perpetuo, rapido ed 
istantaneo, attraverso le idee e la vita, e meno si esige 
dalla sua critica, che, in fondo, come tutto in lui, altro 
non poteva essere che una distrazione. Per discendere 
nelle profondità vere dell’ uomo, per cogliere il lato ca¬ 
ratteristico dell’ individuo, e sviscerare l’anima, occorre 
un distacco dal mondo nostro che ci involge, a cui il Vol¬ 
taire non si sarebbe rassegnato mai, occorre un’attività 
sviluppata, lungi, ben lungi, dall’ambiente sociale che 
formava i suoi gusti, che dirigeva tutta la sua vita. 
Negli anni di gioventù, sopra tutto, il Voltaire era ben¬ 
voluto dalle Muse. Era nato poeta. E poeta rimase, mal¬ 
grado le umiliazioni inflitte alla libera fantasia dal gran 
buon senso e dalla ragione luminosa. Secondano i suoi 
versi, la natura sua, mobile e capricciosa. Vezzosi e leggia¬ 
dri, riproducono i suoi gusti, la sua sensibilità, e quanto 
lo commuove, lo allieta, l’adira e l’esalta. Maestro inar¬ 
rivabile nel campo della poesia fuggitiva, come poteva 
esser giudice equo e sereno della poesia eterna, com¬ 
prender le cose divine, allor che le terrene a sè l’av¬ 
vincevano, con fascino continuo, irresistibile 7 Una poesia 
che ha sapor di terra, intimamente congiunta alla prosa, 


1) Le Prévost d’Exmes, nel misero sunto che offre della 
Commedia ( Viedes écrivains étrangeì'8, Parigi, 1787, p. 130), cita 
il passo sulle quattro stelle del polo antartico del Commentaire 
sulla Médée del Comeille e suppone i versi danteschi tolti 
non al Purgatorio , ma al primo canto del Paradiso . Dubito 
che il Voltaire abbia conosciuto del Purgatorio più de’ pochi 
versi indicati dal Baretti. Non avrebbe sicuramente tralasciato 
di citare Dante altrove, nell’ Essai, parlando, p. es., del re 
Manfredi (capit. LXI), di Filippo il Bello re di Francia (ca- 
pit. LXV) ; « l’empire alors », dice, rammentando un verso 
famoso del Petrarca, « n’était qu’un vain nom ». 


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non vagante mai nell’alte regioni dell’ideale, fugge il 
linguaggio figurato e metaforico. Quanto è fuor del natu¬ 
rale appar ridicolo, escluso dal dominio dell’ arte. Louis 
Bacine, discepolo del Voltaire, legge Dante, ad età inol¬ 
trata, per meglio intender Milton. Le imagini dantesche 
gli sembrano fastidioso vaniloquio, aberrazioni deplore¬ 
voli. « Dante est si peu naturel dans ses métaphores qu’il 
dit qu’il est vieux parce que l’arc de ses années commence 
à se courber ». Chiama il poeta la nostra pelle « le four- 
reau de nos membres », l’acqua « le miroir de Narcisse », 
la vista « le char de ses regards», i miracoli «des oeu- 
vres que la nature n’a pas forgées sur son enclume ». 
Vuol consigliare di non troppo affrettarci nelle nostre 
decisioni, e dice « il faut se mettre du plomb aux pieds 
pour aller lentement du oui au non ». Dice, quando il 
timor l’assale, che « la crainte remplit le lac de son 
cceur » x ). 

Non ci stanchiamo di rinfacciare al Voltaire l’ignoranza 
dei fatti letterari che il grand’ uomo pretendeva chiarire. 
Dotti, come siam tutti facilmente oggidì, condanniamo, 
con asprezza, i giudizi disparati che osò pronunciare sullo 
Shakespeare, sul Milton, il Camóes, il Tasso, il Rabelais, 
il Corneille, il La Fontaine, il Montesquieu, J.-J. Rousseau 
e tanti altri 1 2 ). Io stesso rilevo, in queste pagine, le im- 


1) « Più volte ho meco medesimo considerato, perchè abbia 
Dante assomigliato il cuore ad un lago.l.. e finalménte non 
ne ho saputo trovar la cagione ». Così, Niccola Villani, nelle 
Osservazioni alla Divina Commedia, stamp. da U. Cosmo, nella 
Collez. di opmc. dant. ined . o rari, Città di Castello, 1894, p. 59. 
« On peut dans une allégorie ne point employer les figures, 
les métaphores, dire avec simplicité ce qu’on a inventé avee 
l’imagination » - Articolo Figure, del Dictionn. philosoph. « La 
métaphore, quand elle est naturelle, appartient à la passion ; 
les comparaisons n’ appartiennent qu’à F esprit » - Remarques 
sur le& Horaces du Comment. de Corneille, I, 165. 

2) È vero che al Voltaire, destrissimo nel versare da una 
mano medesima ora il ridicolo, or la lode sperticata, sem¬ 
brava poter rimediare al biasimo indirizzato ai grandi poeti, 


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Voltaire e il suo secolo 


prontitudini e divagazioni sue su Dante. È saputo che 
il Voltaire, dissertando sulla tragedia antica e moderna, 
trovava che i Greci erano rimasti nell’infanzia dell’arte, 
che Euripide e Sofocle avrebbero potuto imparare dal 
Corneille e dal Racine. Perchè ad un poeta od artista 
portasse affetto e amore, occorreva che il Voltaire sco¬ 
prisse in lui le qualità predominanti nello spirito suo 
proprio, la vivacità, la mobilità, la chiarezza particolar¬ 
mente. La sua adorazione per l’Ariosto è sincera quanto 
l’indifferenza per la grandezza e sublimità della poesia 
di Dante. Incapace d’estasi, confessa tuttavia allo Cliam- 
fort d’essersi estasiato davanti a messer Lodovico. Su¬ 
perano gli elogi suoi quelli prodigati dal presidente 
de Brosses, al suo poeta prediletto, « peintre insupéra- 


temperare i superbi disegni, con delicatezze singolari e lodi 
esagerate, concesse agli scrittori inferiori. Se da una parte, 
nel Tempie du godt, disprezza il Rabelais, è benevolo dall’ al¬ 
tra coi minimi, La Fare, per es., e Chaulieu. Loda perpe¬ 
tuamente il Quinault, e chiama gran poeta, genio vero, il 
duca di Rochester. Della critica, parzialissima talora, del Vol¬ 
taire, offre un buon giudizio il Saintsbury, A history of cri- 
ticism and literary toste in Europe, Edinburgh, London, 1902, 
li, 515 sgg. Stupisce che al Carducci, nell’ ottimo commento 
delle Mime del Petrarca (Firenze, 1899, p. 83), occorra l’ap¬ 
poggio del Voltaire per spiegare ai lettori la bellezza eccezio¬ 
nale della canzone Spirto gentil : « a noi piace eh’ e’ la tenesse 
per la più bella tra le canzoni del Petrarca ». (F. Fiorentino, 
similmente, La Filosofia di F. Petrarca , Napoli, 1875, p. 47 : 
« Così questa canzone, che a giudizio del Voltaire, è la più 
bella poesia del Petrarca »). Altrove, Prose, Bologna, 1907, 
p. 903, il Carducci b’ inchina ad un’esageratissima lode che 
il Voltaire tributava al monologo « Siam soli » della Clemenza 
di Tito del Metastasio. — Converrà forse giudicare il Gamerra 
dagli elogi che gli prodigava il Voltaire (lettera del 20 ago¬ 
sto, 1773)? E quel Vannucchi, così oscuro, così insignificante, 
non levavaio forse al cielo il gran Patriarca (lettera del 25 
aprile, 1752)? « J’assurerai sans flatterie que vos pièces littó- 
raires seront autant de précieux monumenta pour les siècles à 
venir » (vedi A. D’Ancona, Federico il Grande e gli Italiani, 
nella Nuova Antologia, 16 novembre 1901 ; Voltaire, CEuvres, 
Corresp ., VI, 82). 


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ble », a cui doveva le « déliees perpétuelles », e non più 
abbandonato dal dì in cui si vide « en état de l’enten- 
dre » 1 ). L’Ariosto è per il Voltaire il poeta per eccel¬ 
lenza, « le premier des poètes italiens et peut-étre du 
monde entier », l’« égal d’Homère », « la plus féconde 
imagination, dont la nature ait jamais fait présent à 
aucun homme ». L’ Orlando furioso, è VIliade, VOdissea, 
il Don Chisciotte ad un tempo. La poesia dell’Ariosto 
scorre copiosa, per rivi continui, nella poesia del Vol¬ 
taire. L’imitazione dell’ Orlando furioso è spesso cercata 
e voluta, spesso appare incosciente 2 3 * * * * ). 

V’ è tra’ critici chi, in buona fede ancora, ammette 
un’ ispirazione dantesca nelle epopee cosiddette del Vol¬ 
taire. È pura illusione. Giammai l’autore della Henriade 
e della Pucelle pensò trarre motivi, scene, episodi, simili¬ 
tudini e imagini dal poema d’oltretomba, mostruoso nel 
genere, e al quale rifiutava il nobil titolo di epopea 8 ). 
La composizione intera della Henriade e la concezione 
della Pucelle sicuramente hanno preceduta la prima e 
forse unica lettura della Commedia. Non conobbe Dante 
il Voltaire che dopo la grande escursione nel paese 


1) VItaXie il y a cent ans, ou Lettres écrites d’Italie à quelques 
amis, Paris, 1836, li, 262. 

2) Vedi il III cap. del libro di E. Bouvy, Voltaire et VIta¬ 
ne, p. 97 sgg. Sull’ imitazione dell’Ariosto nella Henriade vedi 
P. Tomo, Sulla fortuna deWAriosto in Francia (Estr. dagli 
Studi romanzi, pubbl. dalla Soo. diFilol. Rom.), Perugia, 1903, 
pp. 15 sgg. 

3) Miracolo davvero se in Francia, a quest’epoca, ponevasi la 

Divina Commedia fra i poemi epici. L’ abate Ikàilh, che spesso 
ricorre all’autorità del « célèbre poète Beni », osa farlo tutta¬ 
via, nelle Querélles littéraires, ou Mémoires pour servir à Vhistoire 

des Révolutions de la République des Lettres, depuis Homère jusqu’à 

nos jours, Paris, 1761, II, 320. « Chaque nation », dice « a, 
pour son poète épique, une admiration exclusive. L’Anglais 
vante Milton ; l’Italien le Tasse, l’Arioste ou le Dante ». Al¬ 

trove (I, 95), dice di Jean de Menn : « On comparait ce poète au 
Dante. Quelques uns raéme veulent qu’il l’emporte sur le poète 

Italien pour le choix des sentences et la beauté de la diction ». 


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Voltaire e il suo secolo 


de’ Britanni, e la prima stampa della Henriade reca la 
data del 1723. Nulla infatti in questo lungo cicaleggio 
storico in rima, senza unità poetica, senza gravità, senza 
entusiasmo, nulla nelle imaginate finzioni, « tont pui- 
sées dans le système du merveilleux », nulla nelle al¬ 
legorie stentate e rigide, che lontanamente ricordi l’arte, 
l’imaginazione e l’invenzione di Dante, e riveli un pre¬ 
stito solo, simile ai moltissimi e liberissimi che il Voltaire 
soleva fare al gran barbaro Shakespeare. Trovi profuse 
le reminiscenze virgiliane, profusi i ricordi del Tasso, 
dell’Ariosto e d’altri poeti men celebri. Complimentava 
Jean-Baptiste Rousseau il Voltaire per la riuscita di quel 
capolavoro. « Quelque heureux que soit le sujet, il fallait 
une imagination aussi heureuse que la vòtre pour y trou- 
ver, sans le secours des divinités paiennes, tout le mer¬ 
veilleux que vous y avez su jeter. Virgile s’est servi des 
Dieux d’Homère, qu’il a trouvés tout créés, au lieu que 
vous avez été obligé d’en créer de vous-méme sans vous 
écarter du système de notre religion, la moins suscep- 
tible qui ait jamais été de toutes les fictions et de tous 
les ornements de la poésie. » La Henriade emergeva 
« par l’imitation des anciens et surtout de Virgile, que 
vous faites revivre pour ainsi dire, habillé à votre ma¬ 
nière et converti à notre foi » 1 ). 

A quell’epoca non esisteva ancor Dante, nè per il 
versificatore tediosissimo del poema La Religion, nè per 
il poeta della Henriade, E imaginarie affatto sono le imita¬ 
zioni dantesche rintracciate da taluni ne’ primi saggi del 
Voltaire, derivate tutte da’ versi d’ altri poeti studiosi di 
Dante, da’ versi del Tasso particolarmente. Tale la sirni- 


l) P. Bonnkfon, Une inimitié littéraireau XVIlI e siècle. Vol¬ 
taire et Jean-Baptiste Rousseau, nella Rev. d’hist . littéi\ de la Fr. f 
1902, p. 555 sg. — Non credo che Jean-Baptiste Honssean 
leggesse mai un verso di Dante, quantunque affermi, in una 
lettera al Riccoboni (Lettres de Rousseau sur différents sujets, 
Ginevra, 1749, II, 74) : « J’admire votre Arioste, et les bona 
Poètes de votre langue que j’ai lus ». 


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litudine del terzo canto della Henriade, ripresa e variata 
nella Pucelle: « Telle une tendre fleur, qu’un matin voit 
éclore | des baisers du zéphyr et des pleurs de l’aurore », 
che rimembra l’imagine di Dante : « Quale i fioretti dal 
notturno gelo | chinati e chiusi.... », riprodotta dal Po¬ 
liziano e dal Tasso. Tale la scena del settimo canto 
delia Henriade, in cui Antonio di Navarra è riconosciuto 
da suo figlio : « tombé aux pieds de son pére, | troie fois 
il tend les bras à cette ombre si eh ère, | troie fois son 
pére échappe à ses embrassements », e che, pur ricor¬ 
dando i vani sforzi che Dante fa per abbracciare Casella, 
risale a una nota scena del poema di Virgilio, imitata 
in una visione della Gerusalemme del Tasso, resa fami¬ 
gliare ai Francesi dal Télémaque. Il giovane principe 
vorrebbe abbracciare Arcésius; V ode, lo vede, gli parla, 
e solo un’ ombra abbraccia x ). Imaginaria, similmente, 
è la pretesa imitazione di Dante ne’ peregrinaggi oltre¬ 
mondani, il rapimento al cielo, la discesa agli inferni 
dell’eroe della Henriade, scortato da San Luigi. Ricorda 
il Voltaire Virgilio, che i Francesi in coro ritenevano 
unico, insuperabile modello nella pittura dei regni d’ol¬ 
tretomba. Gli infernali fragori che inorridiscon Dante, 
i gemiti, i pianti, le grida strazianti di dolore, che cupe 
risuonan nell’aér senza stelle, non arrivano all’orecchio 
del Voltaire, quando descrive l’entrata sgomentevole del 
suo inferno, « de l’antique chaos abominable image » : 

Quelles clameurs, ó Dieu! quels cris épouvantables ! 

Quels torrente de fumèe ! et quels feux effroyables ! 


Quels gouffres enflammés s’entr’ouvrent sous mes pas ! 


1) Ben notava il Delillk, ammiratore svisceratissimo del 
Voltaire, donde scaturisse questa scena della Henriade. Vedi 
VÉnéide traduite, Paris, 1804, II, 393, Remar ques sur le livre VI: 
« De tous les imitateurs du poète latin, Voltaire a été sane 
donte le plus heureux ; il a eu Pavantage de peindre Pépoque 
la plus mémorable de l’esprit humain, et son style a souvent 
tout Péclat do la cour de Louis XIV ». 


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Voltaire e il suo secolo 


E neppure troveremo traccie di Dante nella Pucelle, 
abbozzata nel 1730, stiracchiata per oltre un quarto di 
secolo, dal Yinet ritenuta vero « crime qui dura trente 
ans ». L’ ironia indiavolata, apparentemente ingenua, 
che d’ogni cosa più grave e più sacra si fa beffe, ac¬ 
coglie turpitudini indegne de’ pensieri fini, ridenti e ma¬ 
liziosi, tolti dal Voltaire all’Ariosto *). 

Nulla di vivo adunque passò dall’ opera di Dante mag¬ 
giore all’ opere del Voltaire, nulla nelle epopee rimate 
e ne’ drammi. Il Diderot almeno, che aveva letto VEnfer 
del Rivarol, e poco ammirava la trilogia dantesca, « sin- 
gulier sujet de comédie », ove s’ occultavano « de belles 
choses», specialmente in quella parte delPiw/erwo, in cui 
Dante « enferme les hérésiarques dans des tombeaux de 
feu, dont la fiamme s’échappe et porte le ravage au loinj 
les ingrate dans des niches où ils verseut des larmes qui 
se glacent sur leurs visages ; et les paresseux dans d’au- 
tres niclies », il Diderot ritenne un’ imagine di Dante, 
delle più singolari, ripetuta poi, via via, dai romantici, 
e posta ad abbellire il Jacques le fataliste . « Je me re- 


1) È pure follia voler derivare dalla similitudine dantesca, 
poco poetica, in verità, che apre il quarto canto del Paradiso , 
i debolissimi versi della Pucelle (canto XII, 16-25), scherzo ri¬ 
mato « dans le goùt do FArioste et non de Chapelain », come 
il Voltaire medesimo diceva, e ohe il Monti si divertì a tra¬ 
durre nelle sue ottave italiane. - Le imitazioni scoperte dal 
Prato, Tre passi della D. C. nell 7 Henriade e nella Pucelle 
d 3 Orléans del Voltaire ( Giorni . dant. t I, 566 sgg.), sono poca 
cosa in confronto delle scoperte di L. Capelli, rivelate in un 
articolo, Dante e Voltaire ( Giorn . dant., Vili, 430 sgg.), non 
definitivo, poiché (p. 438) « altri e non pochi punti di con¬ 
tatto potremmo facilmente stabilire tra la Divina Commedia e 
la HenHade ». Già il Tribolati fantasticava, nei Saggi critici 
e biografici, Pisa, 1891, p. 17: « Se il cortigiano della Pom- 
padour non aveva intesa la terribile rima del ghibellino fug¬ 
giasco, ne aveva imparato bensì il magnanimo ardimento. Sì, 
Voltaire non avrebbe forse dipinto P inferno dell’ ironia nella 
Pulcella (canto V), se non avesse studiato innanzi quello del- 
P ira nella Divina Commedia ». 


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201 


garde », dice qui Le Maitre, « cornine en chrysalide $ 
et j’aime à me persuader que le papillon, ou mon àme, 
venant un jour à percer sa coque, s’envolera à la ju- 
stice divine (variante dei versi famosi del Purgatoire: 
Non v’accorgete voi, che noi siam vermi j nati a for¬ 
mar l’angelica farfalla, | che vola alla giustizia senza 
schermi?) » *). 


1 

Nel sottil filo della critica dantesca del Voltaire, pene¬ 
tra, cogli anni, il torbido piccol rivo della critica dante¬ 
sca di Louis Bacine. Scriveva il figlio del grande tragico 
le Péflexions sur la poesie, il Discou/rs sur le Boème épi- 
que, il Discours sur le Paradis perdu de Milton, le note 
aggiunte alla prosaica versione di questo « Paradiso » 
(1744-1754), immediatamente prima che il Voltaire ab¬ 
bozzasse l’articolo su Dante, accolto poi nel Dictionnaire 
philosophique . E non è punto probabile che il patriarca 
delle lettere,^ che vantavasi un dì aver introdotto il 
Milton e lo Shakespeare nella Francia sua, non curasse 
le divagazioni erudite del poeta, traduttore della grande 
epopea inglese, il « bon versifìcateur Bacine », a cui egli 
medesimo molte riflessioni sensate e leggere sommini¬ 
strava 1 2 ). Ora, il Bacine, discepolo docilissimo del Boi- 


1) Probabile, tuttavia, che il Diderot abbia conosciuta l’ima- 
gine dantesca solo dal ricordo che ne offriva il figlio del Bacine, 
Louis Bacine, (Euvres, I, Paris, 1808, p. 228-229: «L’auteur du 
Spectacle de la Nature appello les papillons les ressuscités du 
peuple chenille.... Ovide n’étoit pas bien instruit des merveilles 
de cotte résurreotion, lorsqu’il s’est contenté de dire: Agre- 
stes tineae, res observata colonis, | ferali mutant cum papilione 
fìguram. Ce qui fait dire au Dante, que nous sommes des vers 
nés pour ètre changés en anges. Noi siam vermi | nati a for¬ 
mar P angelica farfalla ». 

2) Nel minutissimo Commentaire sur Corneille, il Voltaire cita 
con frequenza le opere di Louis Bacine : la Vie e le elucubrazioni 
critiche sulle tragedie di Jean Bacine (pur citate nel Siècle de 


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leau e del Rollin, nelle ultime sue opere, tutte ingem¬ 
mate di note *), offre una requisitoria vera contro la 
Commedia di Dante, condotta con tale risentimento, tale 
violenza e furor sacro, da meravigliar chiunque cono¬ 
sca il carattere suo, sì tenero, sì molle e sì dolce 2 ). 


Louis XIV), il Traité de la poésie dramatique (vedi anche Le Dis- 
oours en ver8 sur la vraie vertu, in CEumes, XII, 110, i versi a Ra- 
cine, CEuvres, XIV, 324). Visse il Voltaire un tempo in intimità 
col « file de l’admirable Jean Racine »; lo complimentò in pa¬ 
recchie lettere (pubblicate dal Tamizey de Larroque, Parigi, 
1893), ove professa « toute son admiration » per i suoi « grande 
talenta », e la « vertu ». Dalla bocca sua udì declamare alcuni 
frammenti del poema sulla Religione (« Si votre poème de la reli- 
gion est comme le morceau que vous me fìtes Phonneur de me 
lire..., soyez sùr que vous serez placé à cóté de Pauteur d’Athalie. 
Je me meta depuis longtemps au rang de vos plus grands parti- 
sans »). Avrebbe voluto fare il viaggio di Soissons, per vedere e 
per intendere « Pauteur de ce beau poème, à qui je aerai attaché 
toute ma vie avec une estime infime ». Benché, di tendenze 
e di spirito, diametralmente opposto al Racine, il Voltaire dirà 
tuttavia: « Nous qui sommes faits pour nous entendre », ecc. 
Questa corrispondenza, piena di vezzi e di lusinghe, fu poi, non 
si sa bene come avvenne, bruscamente interrotta; e «Pauteur 
judicieux », « le digne frère d’Athalie », « le digne fils de 
no tre grand Racine » diventò : « le froid et petit Racine », 
« le petit fils d 7 un grand pére », « Phóritier non penseur d’un 
pére qui avait cent foie plus de goùt que de philosophie » 
(articolo sul Bayle, nel Dictionn. philos.). Il Voltaire sdegna- 
vasi col giansenista, che scatenava la « rage de sa faction », e 
mancava di rispetto al suo Bayle. « Janséniste comme son pére, 
il ne fit des vers que pour le jansénisme » ( Éorivains dw Siècle 
de Louis XIV). Ebbe, tuttavia, sempre moltissimi riguardi per 
lui ; gli risparmiò la sua sferza, i rigori co’ quali opprimeva 
i nemici ed i rivali letterari ; e non si capisce come P abate 
Chaudon, evidentemente ispirato dalP abate Desfontaines, 
abbia creduto dover porre Louis Racine fra Les grands hommes 
vengés (. Examen des jugements portés par M. deV[oltaire'].... sur 
plusieurs hommes célèbres, Amsterdam, Lyon, 1769,1, 257 sgg.). 

1) Cito alla rinfusa i giudizi di Louis Racine, nelP edizione 
delle CEuvres, Parigi, 1806-1808. 

2) Le prime critiche, le note ai due poemi, le Bemarques 
sur les Tragédies de Jean Bacine, le Béflexions générales sur la 
poésie épique, trascurano Dante completamente ; e quando una 


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Dice una volta, per distrazione certamente, che la Com¬ 
media « renferme de grandes beautés », ma le grandi 
bellezze studiosamente occulta, o non vede 1 ). È ne¬ 
gato a lui seguire il poeta ne’ suoi slanci, nelle ascen¬ 
sioni progressive di pianeta in pianeta, di cielo in cielo. 
Confessa, in tono beffardo, d’averlo presto perduto di 
vista, « sans doute », perchè era « in piceioletta barca» 2 ). 
In piccolissima barca, navigava egli infatti. 


volta il Bacine cita il sommo, nel Traité de la Poésie drama- 
tique, a proposito della rima ( CEuvres , VI, 475: « Dante assurait 
que jamais la rime ne lui avait fait dire ce qu’il n’avait pas 
voulu dire »), non fa certo, che ripetere il suggerimento altrui. 
Gli studi sul Milton l’obbligano ad aprire il volume enigmatico, 
inintelligibile fino allora. Meglio forse sarebbe stato se non 
l’avesse aperto mai. - Le Lettres inédites de Jean Bacine et de 
Louis Bacine, pubblicate dall’ abate Ad. db La Roque, Pa¬ 
rigi, 1862, ci segnalano le letture sue predilette. Dante non 
vi è nominato mai. Vedi anche la Corresp. littér. inéd. de Louis 
Bacine avec Bené Chevaye, Nantes, 1858, p. 71: « J’ai les ouvra- 
ges de l’abbé Metastasio en italien, et j e ne les estime pas 
assez pour lire ses traductions ». 

1) Ammira il Bacine quanto non biasima ? I sunti dei Pa¬ 
radiso, aggiunti alle note al libro III del Paradiso Perduto del 
Milton ci convincono che di Dante non era punto entusiasta. 
Una volta, nelle Béflexions (CEuvres, II, 256), dice, per inav¬ 
vertenza: « Quoique la langue italienne ne semble faite que 
pour la douceur, le Dante sait lui donner une force convenable 
aux grande sujets ». 

2) Spetta tuttavia a Louis Bacine il merito di aver parlato 
tra’ primi in Francia, del Paradiso di Dante, sepolto nell’oblio 
più profondo, e sempre interamente ignorato dal Voltaire. 
« Il est honorable à ce chantre de la Beligion », diceva il 
Sainte-Bkuve {Nouveaux Lundis , III, 68), « purement raison- 
neur et sans invention, à ce traducteur en vers des Pensées 
de Pascal, de s’ètre enquis des autres poèmes religieux, con- 
struits par de vraiment grands architectes et poètes.... et 
d’avoir essayé d’y mordre ». Ecco come il Bacine descrive - 
traducendo spesso, e spesso svisando nella prosa sua - il Pa¬ 
radiso di Dante, (capitolo, Du del des poètes, IV, 583 sgg.): 
« Si de l’Olympe d’Homère nous passons au Paradis du Dante, 
nous trouverons des descriptions qui auront souvent aussi peu 
de vraisemblance. Le Dante, sortant de son bizarre Purga- 


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Voltaire e il suo secolo 


Da letterato coscienzioso, consulta i precettisti d’Ita¬ 
lia ; conosce perfettamente la Perfetta Poesia del Mura¬ 
tori, pur letta dal Voltaire; interroga il Vellutello, il 
Della Casa, il Menzini, il Gravina, il Maffei, il Crescim- 
beni, il Fontanini, il Quadrio, ed altri ed altri ancora; 
legge le Considerazioni del Tassoni. I ditirambi muovono 
il suo sdegno. Dove è adunque quella « force inépuisable 
de poésie », tanto vantata nel « divin Dante »? Si con¬ 
ceda lode invece al Milton, « d’avoir résisté aux exem- 
ples de ces poètes anciens de l’Italie, qui ont re$u dans 
leur pays tant d’éloges que nous n’avons que trop sou- 


toire, où Virgile, guide qui ne peut aller plus loin, Fa quitté, 
attaché ses regards sur sa chère Béatrix; et en la regardant 
il lui arrivo ce qui arriva à Glaucus en mangeant une herbe, 
il est déifié.... (Racine cita sovente i versi di Dante nell’ori¬ 
ginale italiano). Enlevé avec elle vere la lime, il lui demando 
pourquoi son corps, malgré sa pesanteur, monte en haut comme 
les corps légers. Béatrix le regardant avec oet oeil de pitié, 
dont une mère regarde son enfant, dont elle plaint la simpli- 
cité, lui fait entendre par un discours philosophique, que les 
créatures étant faites pour retourner à leur créateur, il leur 
est aussi naturel de monter, qu’aux ruisseaux de tomber des 
montagnes. Le Dante, enlevé dans les planètes, avertit ceux 
qui ne sont pas sa vanta de ne pas le lire.... Dans Satume, où 
sont les solitaires contemplatifs, le Dante trouve Pierre Da- 
mien, qui après lui avoir raconté comment il fut tirò de sa 
solitude, pour recevoir ce chapeau qui, en s’agrandissant, va 
toujours de mal en pis..., se plaint de ce que les suocesseurs 
des apòtres, qui n’avoient ni pain, ni souliers, sont richement 
hahillés, et mettent sur leurs chevaux des housses superbes, 
en sorte que la mème peau sert à deux bètes.... Saint Benolt 
se plaint de ce que sa règie ne sert plus qu’à perdre du pa¬ 
pier.... Le Dante, après avoir rendu compte de sa doctrine, 
et avoir été interrogé sur la Foi, par Saint Pierre; sur l’Espé- 
rance, par Saint Jacques ; sur la Charité, par Saint Jean l’Evan- 
géliste, est enlevé dans le neuvième Ciel, qui est le premier 
mobile, où il voit les neuf cbceurs des Anges. Enfin il est 
enlevé jusqu’à l’Empyrée, où est le vrai Paradis en forme de 
rose; les Saintes et les Saints, rangés suivant leur degré de 
béatitude, en sont les feuilles. Au-dessus de la rose, est le 
tróne de Dieu. Les Anges vont et viennent de ce tróne à la 


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vent répétés ». Se il Bacine si volge, di tratto in tratto, 
a Dante, gli è, dice egli altrove, « parce que je suis irrité 
contre les éloges pompeux qu’il a re^us, je ne dis pas 
seulement des anciens Italiens, qui l’ont appelé le divin 
poète et mème le très divin théologien, mais des Ita- 
liens modernes, qui doivent étre de meilleurs juges ». 
Questa irritazione P accieca ; e P insensato disprezzo per 
Dante trapela ovunque nella sua critica. Ne’ confronti 
suoi col Milton *) e con altri vati, accorda la preferenza 
ognora al poeta britanno, « le plus sublime depuis Ho- 
mère », « le seul Poète Épique depuis Homère 2 ), qui ait 


rose. Une lumière, qui s’étend^n forme circulaire, seroit pour 
le soleil une ceinture trop large; et cette lumière environne 
la rose, où sont les Saints d’un cóté, les Saintes de l’autre. 
‘ A còté de Marie, est celle qui causa la plaie quo Marie a 
refermée \ A cóté d’Ève est Rachel, que suit Béatrix, qui de 
loin fait un sourire à son cher Dante, son ancien amant, et 
fait en sorte par son crédit, qu’elle obtient pour lui la per- 
mission de contempler le tròno de la lumière. Il lève les yeux 
en haut, et voit qu’au fond de cette lumière est lié avec un 
lien d’amour tout ce qui est dans Funivers ; c’est-à-dire, que 
la perfection de tous les ètres créés est éminemment en Diea. 
Il y voit les formes et les accidents ; et compare son étonne- 
ment (étonnante cbmparaison!) à celui de Neptune, quand il 
vit sur les eaux F ombre du vaisseau des Argonautes. Il voit 
la Trinité, c’est-à-dire, un Arc-en-ciel de troie couleurs. Il 
voit Fhumanité unie à la divini té. Il voudroit décrire ce qu’il 
a vu ; mais ici le pouvoir manque à une si grande entreprise. 
Dieu le veut. Il se conforme à sa volonté, et finit son poéme, 
qui certainement n’est ni épique, ni héroique, mais souvent, 
en sujets très sérieux, fort comique ». 

1) Troppo facilmente potrei dimostrare come per la sua tra¬ 
duzione del Milton Louis Racine si fosse liberamente e abbon¬ 
dantemente servito della traduzione italiana del Rolli. Con¬ 
fessava, d’altronde, il Racine medesimo i prestiti suoi {Disc. sur 
Milton, III, p. lxviii) : « La traduction de Rolli, très littérale, 
m’a été utile ». Utile gli fu pure la traduzione latina del Dobson. 

2) Sul culto d’Omero in Francia, all’epoca di Louis Racine, 
vedi la tesi di L. Bertrand, La fin du classicismo et le retour 
à Vantique dans la seconde moitié du XVIII e siècle, Paris, 1897, 
pp. 73 sgg. 


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su intéresser à son sujet », superiore a Dante nella con¬ 
cezione poetica !), superiore nella scelta delle imagini, 

1) Il Bacine (III, 498 sgg.) paragona la concezione dell* In¬ 
ferno del Milton a quella dell* Inforno dantesco : « Les poètes 
racontent les mèines ckoses différeminent. Ila en ont la liberti : 
mais aucun poète n’a raconté celle-ci d*une manière plus su¬ 
blime (è al Milton che pensa il Bacine). Suivant le Dante, la 
terre étoit créée, quand ils (les anges) tombèrent, non pas sur 
notre émispbère, mais sur Phémisphère opposé, qu’on ne soup- 
$onnoit pas, dans le temps que le Dante écrivoit, ètre babité. 
Cet endroit de PAmérique s* entri ouvrit de frayeur ; il se fit 
une large fosse: car PEnfer du Dante a la forme d*un en- 
tonnoir, dont le bout entre dans le centre de la terre. Lucifer, 
qui tomba le dernier de sa troupe, resta étendu dans le bout 
de cet entonnoir, et y étoit encore lorsque le Dante arriva. 
Il n’y est pas dans un feu centrai ; il est au contraire enfermé 
dans la giace.... S*il a été ausai beau, dit le Dante, qu*il est 
laid maintenant, il a été d*une extrème beauté.... Il a trois tétes : 
lune vermeille, couleur de la colère ; Pautre d’une couleur 
livide, celle de l’envie ; la troisième est noire, couleur de la 
tristesse. Ces trois tètes se réunissent à une grande créte, 
symbole de Porgueil. Ses six ailes, qui sont proportionnées 
à la grandeur d’un si monstrueux oiseau * a taijto uccello*, 
sont comme des ailes de chat-huant. Dans chacune de ses 
gueules, il tient un trai tre qu’il broie avec ses dents, comme 
on broie le chanvre. Le plus coupable de ces traltres a la téte 
en dedans ; ses pieds pendent dehors : c’est Judas. Les deux 
autres ont la téte dehors, et sont Brutus et Cassius, meur- 
triers de César. Brutus, en stoìcien, qui ne croit pas la douleur 
un mai, tord ses membres, et ne dit mot ». Altrove (IV, 573), 
il Bacine trova ridicola la concezione della « Città dolente »: 
« L’admiration a engagé ses commentateurs à mesurer avec une 
exactitude extrème la capacité de cet antro.... et les diamètres 
de chacun des sept cercles oh sont punis les différents péchés. 
Ils ont mesuré avec le mème soin la largeur et la profondeur 
de ce puits, oh Satan, toujours immobile, s’occupe tranquil- 
lement à manger les trois traltres » (Moutonnet de Clair- 
fons ripeterà quasi testualmente questa critica nella Vie de 
Dante - La Divine Comédie de D. A. L’Enfer, Paris, 1776, p. 36 : 
« Les Commentateurs.... ont eu la patience, ou plutòt la folie, 
d’en mesurer les différens cercles, d*en calculer le diamètre, 
la circonférence, la hauteur », eco.) - Quanto al Paradiso ter¬ 
restre, il Bacine non si decide, nè in favore del Milton, nè in 
favore di Dante (IV, 365): « Milton prétend que la montagne 


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nella proprietà del linguaggio, superiore in tutto *). Se 
accade al Milton, per sventura, di imitar Dante, « en 
se jetant dans les questions théologiques et philosophi- 
ques », evita le aberrazioni deplorabili in cui cadde il 
suo precursore, e tratta i soggetti sacri « avec bien plus 
de ménagement » che il gran poeta di Firenze. 

Nella sacra trilogia, Louis Bacine vede qua e là dissemi¬ 
nate le « fictions extravagantes ». Persino la scena, piena 
di soavità e di tenerezza, dell’ incontro di Dante con Ca¬ 
sella, al lido dell’isola d’espiazione, pare a lui ridicola. 
Il riassunto che ne offre è schietta caricatura. « Dante, 
en arrivant, trouve le musicien Casella, et le prie de 
chanter quelque chanson amoureuse, pour consoler son 
àme très fatiguée d’avoir fait un pareil voyage avec son 
corps. Casella cliante une chanson galante que Dante 
avait composée dans sa jeunesse. Quel plaisir pour lui 
d’entendre chanter ses vers dans le Purgatoire ! » 

Follia voler onorar Dante, l’« Omero degli Italiani », 
col nome di poeta « divino ». Lungi dal distrarsi, pro¬ 
digando le « descriptions de tendresse », come il Petrarca 
faceva, Dante colpisce, o ferisce i nemici, con una sa¬ 
tira continua. « Il se livre tout entier à sa vengeance ». 


du Paradis terrestre a pris racine au fond de la mer, et le 
Dante prétend que quand il fut tout au haut de la montagne 
du Purgatoire, qu’il place sur l’hémisphère qui depuis lui fut 
nommé l’Amérique, il y trouva le Paradis terrestre et l’arbre 
de vie. Les Poètes mettent ce Paradis où ils veulent ». 

1) In tono di burla, similmente, il Racine discorre di Adamo, 
visto da Dante nel Paradiso (IV, 266): « Le Dante le trouva, 
aussi.bien qu’Ève, dans le Paradis, et après l’avoir ainsi ap- 
pelé : ‘ O pére antique, dont toute femme est la fille et la 
bru ’, il lui demanda quelle langue il parloit dans le Paradis 
terrestre, et combien de temps il y resta. Adam lui répondit, 
que la langue qu’il parloit étoit déjà morte quand les hommes 
élevèrent la tour de Babel ; qu’il ne resta que six heures dans 
le Paradis terrestre, et qu’il en fut chassé, non pour avoir 
mangé d’un fruit, mais pour avoir vòulu s’élever au-dessus 
de ce qu’il étoit ». — Come A. W. Schlegel, il Racine con¬ 
sulta di preferenza il commento del Venturi. 


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Voltaire e il suo secolo 


Scrive, « avec une piume trempée dans le fiel le plus 
amer » 1 ). La religione eh’ ei canta esige il perdono delle 
ingiurie. Trae Dante invece con sè nel cielo suo i suoi 
odi e le passioni furenti. I suoi Santi non si contentano 
della mestizia, particolare agli angeli del Milton ; « ils se 
livrent à une véritable colère »; « leurs discours sont se- 
més de traits satyriques, fort peu charitables». Conver¬ 
ranno al regno de’ beati questi « discours si peu décents », 
e « d’une colère si emportée?» E il buon Bacine ringrazia 
Iddio che T esempio di Dante non sia stato gran fatto con¬ 
tagioso per il poeta del « Paradiso perduto » 2 ). 


1) Reminiscenza evidente della Vie de Dante del Bullart 
( Aoadémie des Sciences - Vedi i cap. anteriori dell’opera mia, 
voi. II, p. 139 sg.): «Il détrempa sa piume dans le fiel de sa 
colère autant que dans les sources vives de l’Hélicon ». Al poeta 
vendicativo ben avrebbe augurato il Raoine una punizione esem¬ 
plare - Réjlexions sur la poésie (De la fortune des Poètes ), p. 484 : 
« Le plaisir de la vengeance et l’envie de déchirer son ennemi 
par un trait satirique en a perdu plusieurs. Le Dante, dont on 
pilla les biens, et qui fut exilé de sa patrie, mérita ses mal- 
heurs pour n’avoir point épargné dans ses vers la faction 
contraire à la sienne, et pour avoir pris parti dans les trou- 
bles do Florence ». Altrove, nelle note sul « Paradiso perduto » 
(CEuvres, IV, 31), dice del poeta dello Lusiades: «Le Camóes 
ne méritoit peut-ètre pas ses malheurs, et sa plainte nous touche 
peu; celle de Milton qui mèrito les siens, nous touche ». 

2) Mordeva pefò il Voltaire, nella Puoélle (Canto XI), il 
Milton : 

N’a-t-on pas vu chez cet Anglais Milton, 

D’anges ailés toute nne légion 
Rougir de sang les célestes campagnes, 

Jeter au nez quatre on cinq cents montagnes, 

Et qui pis est, avoir du gros canon? 

Si rimembrino i versi dell 1 ÉpUre sur la Colorante, indirizzata 
a M me Du Chàtelet, inserita nelle Honnétetés littéraires ( CEu - 
vres, XIII, 96) : 

On entre en guerre en entrant dans le monde. 

Montez au ciel: trois déesses rivales 
Y vont porter leur baine et leurs scandales; 

Et le beau ciel de nous autres ebrétiens, 

Tout comme l’autre, eut aussi ses vauriens. 

Ne voit-on pas, ebez cet atrabilaire, 

Qui d’Olivier fut un temps secrétaire, 


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Voltaire e il suo secolo 


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Anima profondamente religiosa, educata alla scuola 
de’ Giansenisti, il Bacine non perdona a Dante l’infie¬ 
rire sdegnoso contro i papi e i ministri della Chiesa. 
Bonifazio gli appare come una vittima infelice, che il 
poeta insulta. Ammira il Milton che, non stretto alla 
corte di Roma « par les liens qui y devaient attacher le 
Dante », trattiene, nel poema, gli insulti e le condanne. 
« Ceux qu’offensent avec raison les railleries sur la Cour 
Romaine, ont moins à se plaindre des Poètes Anglais, 
que des Poètes de l’Italie. Qu’ils condamnent surtout 
Dante! » Quale miserevole spettacolo offrono i simoniaci 
dell'Inferno dantesco, « enfoncés la tète en bas dans des 
trous.... les pieds.... en l’air, s’agitant continuellement, 
se tordant comme on tortille des cordes ! ». E meravi¬ 
gliasi il Bacine che il Vellutello osasse dedicare a un 
papa il poema ch’egli commentava 1 ). Non contento di 
assaporare egli stesso la sua vendetta, questo poeta cri¬ 
stiano, questo « théologien divin », la fa prelibare agli 
altri. Ed ecco come il Racine abbassa e denigra l’epi¬ 
sodio di Ugolino, dopo aver sorriso del Satana dantesco, 
che « s’occupe tranquillement à manger les trois trai- 
tres » : « Satan n’est pas le seul qui se nourrisse d’un 


Ange contre Ange, Uriel et Nisroc, 

Contro Arioc, Asmodée et Moloc, 

Couvrant de sang les célestes campagnes, 

Langant dea rocs, ébranlant des montagnes, 

De pura esprits qu’un fendant coupé en deux, 

Et du canon tiré de près sur eux; 

Et le Messie allant dans une armoire 
Prendre sa lance, instrument de sa gioire? 

Vous voyez bien que la guerre est partout. 

1) Ai due versi del prologo dell’Esther di Jean Racine: 

Et l’Enfer, couvrant tout de ses vapeurs funèbres, 

Sur les yeux les plus saints a jeté ses ténèbres - 

Racine figlio aggiunge questa nota ( CEuvres, VI, 219) : « La 
cour de Franco étant alors brouillée avec la cour de Rome, 
on fit une application de ces deux vers, contraire aux inten- 
tions de l’auteur, qui n’étoit point capable de penser que l’Enfer 
eùt jeté ses ténèbres sur les yeux d’un pape aussi respectable 
qu’Innocent XI ». 


14 — Farinelli, Voi. II. 


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mets agréable à sa fureur. Un des damnés en trouve un 
encore plus agréable pour lui dans la cervello d’un Ar¬ 
che véque, et quoique condamné cornine lui à un supplice 
éternel, goùte, en mangeant éterneHement sa téte, le 
plaisir d’une éternelle vengeance; il semble méme que 
ce ne soit que pour gouter ce plaisir qu’il soit en enfer ». 
Pare, a certo punto, che il Racine si commuova al rac¬ 
conto, « si animé », che Ugolino fa a Dante delle sue 
sciagure ; ci aspettiamo che, senza ingiuria ed ironia, 
riproduca i versi stessi di Dante ; ma preferisce ricor¬ 
dare quelli, « encore plus beaux que ceux de Dante », 
pescati nella traduzione latina dell’episodio dantesco, del 
« célèbre M r Le Beau », e che innesta ad altri brani, 
tradotti nella sua prosa. 

La sublimità del poema gli sfugge. Biasima ogni ar¬ 
dimento nell’arte x ). « Quelque bardi qu’ait été Michel- 
Ange dans son bizarre tableau, Dante avant lui l’avait 
été bien davantage ». Che altro è mai la « città do¬ 
lente », se non un seguito di « fictions burlesques »? 1 2 ). 
Unicamente « pour nous am user », Dante si scapricciò 
a descriverla. Qual figura il Virgilio di Dante, « Paién et 


1) J. J. Jusserand, nel saggio Shakespeare en France sous 
Vancien régime, Paris, 1898, p. 176, è ben lungi dal ricordare 
tutto il male che Louis Racine disse del « selvaggio » inglese. 
Notevolissimo un giudizio qui riferito, attinto alle Remarques sur 
la poésie de Jean Racine: « On vit sur le théàtre des Anglais.... 
des apparitions, des fantómes, des meurtres, des tètes coupées, 
des enterrements, des sièges de villes, des saccagements de 
couvents, des maris égorgeant leurs femmes, des patients ac- 
compagnés par leurs confesseurs, conduits à Péchafaud.... Les 
Anglais, constante à admirer les étincelles qui sortent quel- 
quefois des brouillards de leur Shakespeare, ne nous envièrent 
point nos richesses dramatiques ». 

2) Uno dei poeti francesi migliori del Canadà contempora¬ 
neo, Octave Crémazie, sognava, nella Promenade des trois 
morte, incompiuta, per sventura, trovarsi chinato « sur les hótes 
plaintifs de la cité dolente | qu’en un réve sublime entrevit 
le vieux Dante ». Vedi V. Rossel, nella Rev. d’hist, littér. 
de la Fr.y I, 473. 


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Chrétien tout ensemble » ! 1 ). E chi soggiogherà Beatrice, 
moralizzante « d’une manière fort obscure », « fìlle d’un 
Florentin », amata dal poeta in gioventù, e alla quale 
si dà « tant de crédit dans le Paradis et le Purgatoire »? 
« Comment excuser le Dante, qui établit comme gardien 
du Purgatoire Caton d’Utique »? « Que le Dante nous 
fasse voir des Anges, qui n’ont été ni rebelles, ni fidè- 
les, mais tièdes, et qui pour cela sont dans un limbe 
des Enfers, où Pon ne soufire point; qu’il mette dans 
ce mème limbe tous les poètes et les philosophes de 
1’ antiqui té, et mème César, quoiqu’un des grands dam- 
nés; qu’il mette dans le Paradis Stace et Trajan; il est 
encore plus excusable que quand il met dans le Purgar- 
toire le héros de ceux qui ont été homicides d’eux-mémes, 
et qu’il nous fait entendre qu’au jour du jugement, Ca- 


1) Non diversamente dal Rollin, Louis Racine, e tanti altri 
con lui, condannano 1’ uso delle favole pagane in un soggetto 
cristiano. I ragionamenti del Traité des études (Paris, 1730, 
ho sott’occhi l’edizione riveduta da Letronne, Paris, 1872), si 
travasano, senz’ altro, nelle Béflexions, e nelle Notes raciniane. 
Il Traité giudica severamente del Milton (I, 260). L’au¬ 
tore del Paradiso Perduto fu trascinato « par le torrent de la 
coutume, et par le mauvais goùt, qui a saisi presque tous les 
poètes, d’employer dans leurs pièces les fictions ridicules de 
la fable, et de faire revivre les divinités paiennes au milieu 
du christianisme, malgré le ridicule qui se trouve dans un 
assortiment si bizarre, et qui ne blesse pas moins le sens com- 
mun que la religion ». Altrove, il Rollin biasima l’autore del 
De partu Firginis, come lo biasimava il db Marolles, nel 
Traité du Poème épique (1662, cap. VI, p. 47), e come lo bia¬ 
simerà ancora il fedele suo discepolo Racine (I, 259): « Con- 
vient-il, en parlant des enfers..., d’en laisser encore l’empire 
à Pluton, et de lui associer les Furies, les Harpies, le Cerbère, 
les Centaures, les Gorgones, et d’autres pareils monstres? » 
Il Voltaire, a sua volta, {Essai sur le poème epique) t condan¬ 
nava nel Camoes 1’ alleanza mostruosa del sacro e del profano 
(ediz. ingl. del 1727, citata da E. Teza): « There is another kind 
of Machinery continued throughout all thè Poem, which no- 
thing can excuse, in any country whatewer; ’tis an injudi- 
cious Mixture of thè Heathen Gods with our Religion ». 


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ton reprendra ce corps dont il a été le meurtrier, et qui 
deviendra brillant de gioire ». E i commentatori osano 
considerare Dante « comme un admirable théologien ! » 
Sdegnasi il Bacine delle invocazioni stravaganti, e « très 
payennes » x ), sdegnasi del soggetto, spoglio d’ogni vera 
maestà, del titolo, delle imagini, delle metafore e para¬ 
frasi 1 2 ) sconvenientissime ; s’adira delle elisioni violente 
della lingua $ e ripete le critiche, già infinite volte ripe¬ 
tute : « Non content d’employer des mote Hébreux, Grecs, 
Latine et de la basse Latinité, il en fait de bizarres, 
comme celui de criicch, pour imiter le bruit que fait la 
giace qui se fend » 3 ). Ogni espressione dantesca (« impa¬ 
radisa», p. es.), accolta dal Milton, dispiace a questo pu¬ 
rista. Anche la forìna metrica della Commedia è condan¬ 
nata. Il cattivo gusto di Dante, dice il Bacine, «parait par 
cette forme de vere en rime tierce, qui n’est pas noble 
pour un grand sujet, et dont il n’est pas l’inventeur. 
Il l’avait apprise de Brunetto Latini, qui fut le maitre 


1) La voce del Bollin, che debolmente tuonava contro il San- 
nazzaro, è di nuovo ascoltata dal Bacine ( Traité, I, 259): 
« Peut-on souffrir qu’après avoir invoqué le vrai Dieu, ou du 
moina les esprits célestes et les bienheureux, ce poète pour 
parler dignement de la naissance que Jésus-Christ a tirée 
d’une vierge, imploro le secours des Muses, ces prétendues 
vierges du paganismo, comme devant s’intéresser à Phonneur 
de Marie, vierge aussi bien qu’elles? » — Il Marmontel se¬ 
guirà Louis Bacine, nella Poétique frang. (I, 188) : « Quoi que 
le Dante ait voulu figurer par l’Hélicon, par Uranio et par 
le Chceur des Muses, ce n’est point dans un sujet comme 
celui du Purgatone, qu’il est décent de les invoquer ». 

2) L’Aurora personificata dal Boileau, nel Lutrin, è preferi¬ 
bile, secondo il Bacine, a « cette Aurore fabuleuse qui est 
ridiculement nommée par le Dante, la concubina di Titone 
antico » ( CEuvres , II, 167). 

3) Vedi gli estratti dalla Ragion poetica del Gravina, nel 
Journal littéraire del 1717, p. 240 : « La diction de Dante est 
distinguée du style poétique des autres italiens, par les phra- 
ses qu’il a tirées, non seulement des Latina et des Grecs, mais 
encore par oelles qu’il a empruntées aux Hébreux.... ». Bipe- 
tesi la stessa cosa nel Journal étranger, del 1755 (agosto), p. 226. 


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de ses ótudes » !). Meschina è la scienza del poeta; « elle 
né consiste que dans la dialectique des écoles, les sub- 
tilités péripatéticiennes et dans un Platonismo mal en- 
tendu ». Non inventa Dante, ma copia, d’ abitudine, le 
invenzioni altrui ; attinge la sua teologia « dans Pierre 
Lombard » 1 2 ). E se lagnavasi il Bacine della « subtilité mé- 
taphysique», particolare al Petrarca, che rendeva il poeta 
- « ce poète honnéte homme » - « presque inintelligible », 
pensate come dovesse condannare le sottigliezze del poema 
d’oltretomba, il caos che ovunque vi regna, denso, impe¬ 
netrabile. Che utilità ritrarrete, occupando vene? « Pour- 
quoi donc perdre son temps à approfondir ses allégories 
mystiques ? Que nous importe de savoir s’il faut entendre 
la gràce prévenante par sa Lucie, et l’efficiente par cette 
Béatrice, qui quitte la rose dans laquelle elle était dans 
le Paradis près de la Sainte Yierge, pour aller conduire 
partout son cher Dante, jadis son amant sur la terre? » 3 ). 

Questa critica ha più amarezza e crudezza in sè d’ogni 
più amaro e crudo giudizio del Voltaire su Dante. E 
converrà pur rendere questa giustizia al filosofo di Fer- 


1) Reminiscenza dell ’Ercolano del Varchi, letto da parecchi 
in Francia, anche'nel’700 (ed. di Padova, 1744, p. 161): « Ser Bru¬ 
netto Latini, maestro di Dante, lasciò scritta un’ operetta in 
terza rima, la quale egli intitolò Pataffio, divisa in dieci ca¬ 
pitoli ». 

2) Si vegga un saggio di P. Michele da Carbonara, 
Dante e Pier Lombardo, Città di Castello, 1877. 

3) Lord Chesterfield scriveva a suo figlio, l’8 ottobre 1750: 
« Though I formely knew Italian well, I could not understand 
Dante, for which reason I bave done with him, fully convin- 
ced that he was not worth thè pains necessary to understand 
him ». — « If I could admire Dante, which.... I do not », 
scrive Walpole al duca di Strafford (7 settembre, 1784 - The 
Lettre» of H. Walpole, ed. by P. Cunningham, London, 1880), 
« I would have written an olio of Jews and Pagane, and sent 
Ceres to reproach Master Noah with breaking his promise of 
thè world ne ver being drowned again ». Per un altro giudizio 
del Walpole su Dante, vedi H. H. Beers, A history of english 
Romanticism in thè eighteenth century, New York, 1899, p. 235. 


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Voltaire e il suo secolo 


ney, di non essersi lasciato trascinar mai sì lungi nel 
suo biasimo e nelle sue burle, d’ aver pure apprezzato 
alcuni frammenti di quella povera Commedia, vituperata 
dall’ ottimo Bacine, sì placido d’abitudine, e sì irritato, 
sì violento, non appena il discorso cadeva su Dante. Si 
rifletta alla data vera dell’articolo del Voltaire Sur le 
Dante, che figura nel Dictionnaire philosophique , già ac¬ 
colto ne’ Mélanges de littérature et de philosophie x ), prima 
che il Bettinelli visitasse il Voltaire alle Délices, e sarà 
palese ad ognuno che l’autore delle Virgiliane per nulla 
può entrare nel tono irriverente della critica dantesca 
del Voltaire, posteriore nW Essai sur les mceurs. Se fuvvi 
alcuno, capace di determinare il Voltaire a cambiar tono, 
ed a gettar sull’ ignoto poema 1’ ombra del riso, nessun 
altri certamente poteva essere che Louis Bacine, sì ri¬ 
spettoso verso il Voltaire, che spesso esalta nelle sue 
note, nei discorsi, nell’ifoaat sur le Boème épique 2 ). 


1) I Mélanges si raccolsero e stamparono a Ginevra, dal Cra- 
mer, nel 1756. Vi trovi indicato l’articolo (n.° 27): Sur le Dante, 
espressamente come « morceau neuf ». Vedi G. Bengbsco, 
Voltaire. Bibliogr . de ses ceuvres, Paris, 1890, IV, 54, 57. Questo 
medesimo articolo si tradusse prestissimo in italiano, e si ri¬ 
produsse nelle Opere scélte del signor di Voltaire appartenenti alla 
Storia, alla Letteratura e alla Filosofia, aggiuntovi un discorso 
del signor Barbeyrac, Londra (dove viveva il Martinelli), 1760, 
IH, 107-113. 

2) Nelle « Opere » di Louis Bacine trovi copiosissime allu¬ 
sioni al Voltaire (III, 134, 346, 493 ; IV, 270 ; VI, 467, 473, 
485, ecc.), ed è miracolo se il Bacine osa opporsi ai giudizi 
del grand’uomo, rispettati come oracoli. Solo in materia di 
religione il giansenista Bacine osa disapprovare il Voltaire; 
ma qui pure, come delicatamente e co’ guanti sempre lo 
tratta, come teme d’ offenderlo, di irritarlo ! (Vedi le Note al 
poema La Beligion, in CEuvres, I, 257, 294, 337). — Sainte- 
Beuve ( Nouveaux Lundis, III, 69),' Desnoiresterres (Vol¬ 
tale, II, 86), Tamizey de Larroque ( Lettres, citate), altri 
ancora, riferiscono l’aneddoto d’una.visita di Louis Bacine 
al Voltaire, che 1’ abate de Voisenon ha forse malignamente 
inventato. « Je me trouvai un jouj avec lui chez M. de Vol¬ 
taire *, dice l’abate, «qui nous lisait sa tragèdie d’Alzire. 


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Non s’appropria forse il Voltaire il giudizio di Louis 
Racine, quando, nel Siede de Louis XIV (cap. 34), dice 
del Milton : « on le compare à Homère, dont les défauts 
sont aussi grands ; et on le met au-dessus du Dante, 
dont les imaginations sont encore plus bizarres »? x ). 

Tranne qualche particolare storico, insignificante, nulla 
nel famoso articolo Sur le Dante, che non sia stato già 
prima rilevato dal traduttore del Milton, nulla ancora che 
aggiunga qualcosa di sostanzialmente nuovo alle diva¬ 
gazioni su Dante anteriori. Ritrovi il dileggio sulla pre¬ 
tesa divinità del poeta : « Les Italiens l’appellent divin $ 
mais c’ est une divinité cachée ». S* è visto come al 
Racine spiacesse l’adorazione insensata che gli Italiani 
pretendevano imporre alla Francia. V’erano tuttavia nel- 
l’Italia stessa de’ critici che trovavano assurda quella di¬ 
vinizzazione. Il Muratori scriveva, nel 1710, ad Apostolo 
Zeno che, per essere stati uomini e scrittori Omero e Dante, 
non taceva il dubbio che a loro non convenisse il nome 
di divini 2 ). L 'Année littéraire annunciava con stupore 


Racine crut y reconnaltre un de ses vers, et répétait toujours 
entre ses dents: 1 Ce vers-là est àmoi’. Cela ni’impati enta ; 
je m’approchai à M. de Voltaire, en lui di sant: Rendez-lui 
son vers et qu’il s’en aille ». — La gloria ognor crescente del 
Voltaire inquietava il Racine, ma non moveva punto F indi¬ 
gnazione sua. «Voltaire est toujours admiré », scrive, nel 1744 
(M. D UGast-Matifeux , Correspondance littéraire inèdite de Louis 
Bacine uveo René Chevaye.... de 1743 à 1757, Nantes, 1858, 
p. 19) ; « il faut que Voltaire se montre et, à cette vue, les 
applaudissements du public redoublent. Voilà une gioire, si qua 
est ea gloria , dont Comeille ni mon pére n’ont jamais joui ». 

1) Baretti, Disoours sur Shakespeare et sur Monsieur de Vol¬ 
taire, Londra, Parigi, 1777, p. 139, dopo aver duramente fla¬ 
gellato il Deodati, « pédant très frigide », dice, rivolgendosi al 
Voltaire : « Je parie que ce fut Algarotti de fade mémoire, 
de qui vous apprites à mépriser Dante ». 

2) Vedi Bull. d. soo. dant., IX, 8, e la risposta del Com¬ 
pagnoni all’Albergati, che segnala lo stesso Bull. (IX, 17) : 
« era assurdo e folle in addietro il chiamare Dante divino, e 
divino il Petrarca, e divini tanti altri, che veramente non so 
cosa avessero di divino ». 


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Voltaire e il suo secolo 


al pubblico, nel 1759, la traduzione francese delle Lettres 
critiques aux Arcades de Rome, ritenuta opera dell’Al¬ 
garotti : « De quel coenr les adorateurs du grand poète 
d’Italie verront-ils, non un étranger, mais un Italien, 
renverser leurs idoles..., traduire ces bommes divinisés 
au tribunal de la critique, et dévoiler leurs défauts.... 
Le premier que Algarotti attaque, celui contro lequel il 
parait étre le plus animé est le Divin Dante..., il blàme 
son titre de Divine Comédie..., il se récrie contro l’ob- 
scurité de ce livre, devenu in-folio par les commentaires 
qu’on a été obligé d’y joindre, il rend justice aux épi- 
sodes de Francis d’Ariméni, du comte Ugolin, et à 
quelques autres passages de cette nature; ensuite il se 
décbaìne de nouveau contre ce Poème ridicule et l’exa- 
mine avec la plus grande rigueur d’un bout à l’autre » 1 ). 

L’oscurità misteriosa della Commedia è agli occhi del 
Voltaire imperdonabil difetto. « Peu de gens entendent 
ses oracles » 2 ). Lanciata la burla sui commentatori, il 
Voltaire aggiunge : La fama di Dante « s’affermira tou- 
jours parco qu’on ne le lit guère » 3 ). E dichiara ba¬ 
stare a lui la lettura di quei venti passi, « qu’on sait 
par coeur », per « s’épargner la peine d’examiner le 
reste ». Non si darà la briga superflua di correggere gii 
errori che formicolano ne’ pochi suoi cenni biografici sul 
poeta, « né en 1260 à ce que disent ses compatriotes », 
e non cinque anni dopo, come pretende il Bayle, « qui 
écrivait à Rotterdam, currente calamo ». Ma che impor- 


1) Année littéraire, 1759, II, 73 sgg. 

2) « L’obsour Platon..., sublime parce qu’on ne l’entendait 
guère » - Dieu et les hommes, cap. XXXVIII {CEuvres, XLVI, 243). 

3) Il Voltaire, che in una lettera notissima, manda al dia¬ 
volo lo sciagurato Marrini, e afferma poter Dante « entrer 
dans les bibliothèques des curieux, mais il ne sera jamais lu », 
pensa evidentemente ad un giudizio espresso da Louis Racine, 
nel Discours sur le Paradis Perdu ( CEuvres, III, lvii) : « Milton 
qui avait lu ces fameux poètes (Dante vi era compreso), ainsi 
que ces anciens romans, que nos riches curieux achètent si cher 
et ne lisent jamais .... ». 


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tan coteste miserie? « La grande affaire est de ne se 
tromper ni en fait de gout, ni en fait de raisonnements ». 
Fiero e forte del suo gusto e della ragione sua, infallibile, 
il Voltaire si diverte a prodigare le arguzie. Ride della 
miseria di questo « divin Dante », che non fu sicuramente 
« divin de son temps », e ancor meno «prophète chez lui », 
benché fosse priore, « non pas prieur de moines, mais 
prieur de Florence ». « Pieine d’esprit, de grandeur, de 
légèreté, d’inconstance et de factions », Firenze, a’ tempi 
di Bonifazio, è messa a soqquadro all’ arrivo di Carlo di 
Valois. Fu Dante allora « chassé des premiers, et sa mai¬ 
son rasée. On peut juger de là s’il fut le reste de sa vie 
affectionné à la maison de France et aux papes; on 
prétend pourtant qu’il alla faire un voyage à Paris, et 
que pour se désennuyer il se fit théologien, et disputa 
vigoureusement dans les écoles ». Più innocenti appa¬ 
iono altri particolari sul « Gran Kan » di Verona, sulla 
fazione de’ Bianchi, che toglieva il suo nome dalla « Si¬ 
gnora Bianca ». Ma il Voltaire si sbizzarrisce liberamente 
quando riassume, nelle sue frasi brevi e taglienti, il con¬ 
tenuto di quel « salmigondis » *), che alcuni ancor con¬ 
siderano « comme un beau poème épique ». Le tre fiere 
simboliche, che Dante incontra nell’ inferno, sono lesta¬ 
mente ridotte a due, « le lion et la louve ». Nulla di più 
strano che, presentandosi Virgilio al poeta smarrito, gli 
dica esser « né Lombard »$ « c’est précisément comme 
si Homère disait qu’il est né Ture » 1 2 ). Ad un cenno 


1) Poco dopo aver improvvisato l’articolo su Dante, il Vol¬ 
taire usava la parola stessa, in una lettera al d’Argentai 
(2 die., 1757, Con'esp., VII, 389): « Vous ne m’avez jamais 
parlé de Mme de Montferrat ; c’est pourtant un joli salmigon¬ 
dis de dévotion et de coquetterie ». In una lettera al Bros- 
sette (26 marzo 1718), J.-B. Rousseau chiamava le Mémoires 
del cardinale di Retz « un salmigondis de bonnes et de mau- 
vaises choses » (Lettres de Rousseau sur différents sujets, U, 
Genève, 1749, p. 241). 

2) Quel Virgilio « lombardo », già rimproverato a Dante dal 
Della Casa, nel Galateo, farà sorridere anche il Rivarol. Lo 


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Voltaire e il suo secolo 


sul limbo dantesco e le « demeures très agréables » 
de’ poeti e de’ filosofi, seguon altre note, pur su¬ 
perficialissime, sull’ inferno vero. « Le voyageur y re- 
connait quelques cardinaux, quelques papes, et beaucoup 
de Florentins ». Un inferno, sì bene e sì conveniente¬ 
mente popolato, doveva soddisfare i gusti del Voltaire, 
e stupisce che il filosofo non abbia anticipate le scoverte 
dell’Aroux. « Un poème.... où l’on met des papes en 
enfer, réveille beaucoup l’attention $ et les commentateurs 
épuisent toute la sagaci té de leur esprit à déterminer 
au juste qui sont ceux que le Dante a damnés, et à ne 
pas se tromper dans une matière si grave ». « Pour 
expliquer cet auteur classique », aggiunge il Voltaire, 
« on a fondé une chaire, une lecture ». Ciò che in Francia 
sarebbe apparso insopportabile, non trova ostacoli altrove j 
« l’inquisìtion entend raillerie en Italie ». 

Non giurerei che la critica ponderata e malevola di 
Louis Bacine meno offendesse la memoria di Dante della 
critica leggermente canzonatrice e facilmente arguta del 
Voltaire, condita di riso e di sorriso. A nessuno, tuttavia, 
passò per la mente mai di confutare le accuse del Bacine, 
sepolte tra le oscure note, ignorate dal gran pubblico. 
Gran rumore destò invece l’articolo del Voltaire, divul¬ 
gato appena, impugnato, per approvare da un lato l’ar¬ 
guzia del critico, e per difendere dall’ altro l’onore del 
poeta vilipeso. Vincenzo Martinelli, che lesse a Londra 


scherzo del Voltaire fu poi ripetuto dallo Chabanon, dal Le Pré- 
vost d’Exmes e da altri. Scandalizzerà il buon Torelli, che con¬ 
futò, coni’è noto, con molta indulgenza e benignità, l’articolo 
su Dante, nella Lettera sopra Dante Alighieri contro il signor di 
Voltaire (Op., II, 40 sgg.). — « Surely », osserva E. Moore, 
a proposito della trovata spiritosa del Voltaire sul Virgilio 
lombardo ( Studies on Dante, II, 3), « we may fairly apply to 
such a writer thè scomful protest of Tennyson » : 

Vex not thou thè poet’s mind 
With thy shallow wit. 

Vex not thou thè poet’s mind 
Fort thou canst not fathom it. 


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Voltaire e il suo secolo 


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le empietà del Voltaire, e lanciò contro il profanatore 
audace due delle sue Lettere famigliavi, annunciate al 
pubblico di Francia, in due luoghi articoli delle Mémoi - 
res de Trévoux x ), fu tra i difensori di Dante più osti¬ 
nati } ed è saputo come il Voltaire tornasse alcuni anni 
dopo sulle insolenze di quel « pauvre liomme nominò 
Martinelli », e, in un infiammato libello, gettasse su di 
lui il ridicolo a piene mani. 

Dal naufragio generale, a cui sembrava esser condan¬ 
nata la Commedia, il Voltaire, generoso, toglieva, e ser¬ 
bava a vita stentata, alcuni pochi frammenti. Un ricordo 
delle sue letture ancor gli restava. Loderà ancora libe¬ 
ramente, nell’articolo, eh’ egli oppone alla dotta rubrica 
del Bayle, i brani del poema, già lodati nell’lassai sur les 
mceurs . Tra le bizzarrie e assurdità infinite riconosce 
trovarsi de’ versi superbi, che ci scuotono nel fondo del- 
T anima, e non si dimenticano, « des vers si heureux 
et si naifs qu’ils n’ont point vieilli depuis quatre cents 
ans, et qui ne vieilliront jamais ». Fra questi non com¬ 
prendeva certamente l’episodio di Guido da Montefeltro*, 


1) Luglio 1758, voi. II, pp. 1777 sgg.; dicembre 1758, 
pp. 2251 sgg. Sorridesi qui delle prodezze del Martinelli, che, 
da buon patriotta, osava aggredire un uomo universalmente 
stimato come il Voltaire. « Cet Aristarque impitoyable a osé 
préférer le Tasse à PArioste.... Il a eu la témérité de s’égayer 
sur la Divinité cachée du Dante, la gioire des Florentins, et 
d’avanoer que ce Poète tant vanté devoit sa réputation à une 
vingtaine de traits, qui ont échappé au naufrago universel 
de 14000 vers. Enfin il a traduit un des endroits les plus 
remarquables en style marotique.... Ce qui aura engagé 
notre Poète Francois à rendre en style comique le morceau 
qu’il a choisi par prédilection, c’est la singularité des idées, 
et l’air de Satyre indécente qui y règne.... On peut opposer 
à M. Martinelli que panni les écrivains de sa Nation, plu- 
sieurs, bien loin de reconnoltre le Dante pour poète épique, 
se sont expliqués sur lui, à peu près comme l’Auteur Fran¬ 
cate ». Il critico medesimo, che disapprova lo zelo patriottico 
del Martinelli, e difende ed esalta il Voltaire, annuncerà più 
tardi, nelle Mémoires, le Lettere troppo famose del Bettinelli. 


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Voltaire e il suo secolo 


trascelto nel suo articolo come modello delle « plaisan- 
teries » dantesche, e sul quale esercita il suo brio, il suo 
talento, prodigiosamente facile a volgere in burla le cose 
più serie, ed improvvisa la sua « petite traduction », 
ch’egli chiama « très libre ». Questa malignità voltai- 
riana è nota ormai a sazietà *). L’onta che ricadeva sul 
capo della Chiesa, odioso e abominevole sollecitatore 
della frode di Guido, rendeva questa scena particolar¬ 
mente interessante per il Voltaire, moveva nel cuor suo 
l’ironia, l’innato disprezzo del grave e del sacro. Di 
«Guido cordigliero», il Voltaire fa un «Guidon poltron», 
seguace di San Francesco d’Assisi. Al ricordo del cri¬ 
mine del « gran prete », in preda alla « superba febbre », 
che ricondusse l’infelice a’ suoi primi peccati, Guido 
scoppia, e lancia la gran parola « principe de’ nuovi 
farisei », che il Voltaire non afferra punto, pago di chia¬ 
mar Bonifazio il « bon saint-père ». Insiste però sulle 
virtù della tunica, che Guido riveste. « Conseille-moi », 
fa dire al papa, « cherche sous ton capuce | quelque 
beau tour, quelque gentille astuce ». Spietatamente e 
inesorabilmente distrugge la concisione e fierezza del 
verso dantesco. « Monsieur d’Assise», il «bon Saint Fran¬ 
cois », il « bon homme d’Assise » s’ oppone invano a 
Belzebù, « grand diable d’enfer », che gli abbandona la 
buon’anima del consigliere del Santo Padre. Questi, nella 
parafrasi del Voltaire, ha 1’ aria di ribellarsi : « Je lui 
criai : monsieur de Lucifer [ je suis un saint, voyez ma 
robe grise ; | je fus absous par le chef de l’Église ». Ma 
Lucifero, che sapeva di logica, ed aveva studiato in Ita- 


l) È pur riprodotta, con una data erronea, nella collezione 
di C. del Balzo, Poesie di mille autoH intorno a Dante, Ro¬ 
ma, 1901, VII, 35 sgg. La rammenta il D’ Ovidio, nello studio 
sull’ episodio di Guido (Studi sulla Divina Commedia, Paler¬ 
mo, 1901, p. 27): « lo stesso Voltaire, quel prodigio di talento 
e di leggerezza, gli fece F onore di eccettuarlo dal suo comico 
disdegno, dandone una traduzionaccia delle solite: vituperata 
dal Baretti, compatita dal Foscolo ». 


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Voltaire e il suo secolo 


221 


lia, lo tratta senza complimenti : « gràce à l 7 Italie, | le 
diable sait de la théologie ». Stupisce che il Voltaire 
non riproduca, a modo suo, il gesto furioso di Minosse, 
che torce otto volte la coda intorno al corpo del pec¬ 
catore, per indicare il cerchio che gli si destina, e ter¬ 
mini in farsa la scena, cominciata in tono di commedia. 
Il diavolo afferra la sua vittima, « d’un bras roide et 
ferme | il appliqua sur mon triste épiderme | vingt coups 
de fouet, dont bien fort il me cuit : | que Dieu le rende 
à Boniface huit ». 

H poema, così tradotto, diceva Chabanon, autore d’una 
Vie de Dante ben nota, e di sapore voltairiano, « aurait 
plus de lecteurs, qu’il n’en trouve aujourd’hui » x ). Che 
in Italia si sia gridato allo scandalo e alla profanazione, 
che il Baretti abbia accusato il Voltaire di ripetere una 
scena di Dante al modo stesso con cui gli Arlecchini delle 
commedie d 7 Italia ripetevano in bergamasco le parole 


l) « E noi gliel crediamo, se parla della Francia. Ma agli 
Italiani amatori delle vere bellezze poetiche non piace Dante 
che quale egli è ; e una tal traduzione non farebbe che il pa¬ 
scolo de 7 begli spiriti alla moda ». Così, un critico del Nuovo 
Giornale dei letteìati d 1 Italia (X, 1776, p. 18) - senza dubbio il 
Tiraboschi - rispondeva allo Chabanon, « scrittore Francese, che 
viene a istruire noi Italiani ». — I frammenti di traduzione che 
illustrano quella Vie de Dante facevano fremere A. W. Schle¬ 
gel ( Sàmtliche Werke t III, 253 sgg.), che, a proposito dell 7 epi¬ 
sodio di Francesca tradotto in questo modo : 

Un jour de Lancelot l’amoureuae aventure 
Occnpait nos loisirs, charmoit notre lecture; 

En lisant le récit de ses heureux destina 
Plns d’une foia le livre échappa de nos maina,... 

esclama: « Wer erkennt hierin wohl noch das Originai? Man 
kann nicht gut ein milderes Urtheil iiber diese Parodie fal- 
len, als dass eie gewiss ohne die Absicht lacherlicb zu machen, 
und in dem vollen Glauben des Verfassers, er liefre eine poe¬ 
tiche Uebersetzung geschrieben ist ». Una condanna medesima 
trovi nel saggio dantesco dell’ABEKEN, che riproduce un fram¬ 
mento della versione « zur Gemtithsergòtzung unserer Leser » - 
Beitrdgefiir das Studium dei • gòttlichen Komòdie des D. A., Ber¬ 
lin, Stettin, 1826, p. 220. 


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Voi taire e il suo secolo 


de’ loro signori, è cosa ben naturale. Volle sbizzarrirsi il 
Voltaire, chiedevasi ancora il Terrasson, uno de’tradut¬ 
tori dell’in/erno del secolo passato (Parigi, 1811) ? « A-t-il 
pris le naturel de Dante pour de la trivialità, et donné à 
son langage sublime et naif une interprétation ironique?» 

Entro il tenebroso caos della Commedia di Dante, un 
pugno di perle v’era gettato. Fulgevano alcuni versi 
immortali, « deux ou trois morceaux » di energica poesia 
in stridente contrasto col resto dell’ opera, « de la plus 
ennuyeuse monotonie», come dirà La Harpe, ispirato dal 
gran maestro Voltaire, de’brani, facili a staccarsi dalla 
gran massa inerte *) ; ed è miracolo che non siasi pen¬ 
sato in Francia, nel secolo del Voltaire, ad una scelta di 
versi, « lieureux et naifs », degli episodi danteschi più 
noti, simile a quella concepita da Antony Deschamps, in 
pieno vigore di romanticismo 1 2 ). L’autore tedesco d’un 
sensatissimo articolo Ueber das dreyfache Gedichtdes Dante, 
apparso, nel 1763, nelle Freymuiige Nmhrichten, inspirato, 


1) Ancor dobbiamo esser grati al Voltaire, di non aver 
chiamato la Commedia un « fumier », come chiamò l’opera 
dello Shakespeare e del Calderón. « C’est moi qui le premier 
montrai aux Francois quelques perles que j’avais trouvées dans 
son énorme fumier » (dello Shakespeare - Lettera al D’Argen¬ 
tai, 19 luglio 1776). « Je fus le premier qui tirai un peu d’or 
de la fange, où le génie de Shakespeare avait été plongé par 
son siècle » {Lettre à VAcadémie frangale), « Il est bien na¬ 
turel que Corneille ait tirò un peu d’or du fumier de Calde- 
ron » ( DÌ88ertation sur VHéraclius espagnol ). 

2) Una scelta, Choix des plus beaux morceaux du Paradis Pet'du 
de Milton, traduits en vers par Louis Radine et Nivernois , alle¬ 
stita da G. M. Bontemps, comparve a Parigi, nel 1803. È noto 
come il Voltaire, nel Tempie du GoUt , imaginasse ridotta l’opera 
del Rabelais (CEuvres, XII, 353): « Presque tous les livres y sont 
corrigés et retranchés de la main des muses. On y voit entro 
autres l’ouvrage de Rabelais, réduit tout au plus à un demi- 
quart » (« Un bon conte de deux pages est acheté par des 
volumes de sottises» - Lettres philos.). Rinchiude questo Tem¬ 
pie « tout l’esprit de Bayle.... dans un seul tome ». Quanti 
tomi occorrerebbero per condensare lo spirito del Voltaire, 
disperso in centinaia di volumi? 


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Voltaire e il suo secolo 


223 


ma non scritto, cred’io, dal Bodmer i), apologia intelli¬ 
gente, e non meno preziosa, a parer mio, della celebre Di¬ 
fesa del Gozzi, allude al progetto di smembramento della 
Commedia, consigliato dal Bettinelli 1 2 ), per conchiudere : 
« L’idea di purificare la Commedia, d’estrarne i brani più 
belli, per farne un’opera a parte di tre o quattro canti, non 
potrebbe dare che uno scheletro, simile all 1 1liade mozzata 
dal de La Motte, o al Paradiso perduto tagliuzzato dalle 
forbici di M me Du Bocage ». Questo critico medesimo, 
coraggioso e giudizioso, salva ancor Dante dagli artigli 
de’pedanti, che giudicavano la Commedia cogli occhi fìssi 
sempre sul tempo loro, e la chiamavano oscura, irritante, 
ripiena di fastidiosa erudizione. « Se tale può parer Dante, 
tempo verrà in cui si rinfacceranno ai poeti dell’ età no¬ 
stra d’essere troppo artificiali, troppo leggeri, troppo 
vuoti » 3 ). 

Non era la Francia allora più progredita della Ger¬ 
mania nell’intendimento della Commedia divina. Nes¬ 
sun poeta aveva che ardentemente, come il Klopstock, 
desiderasse leggere « questo gran poeta Dante » 4 ). Gran 


1) Vedi L. Donati, J. J. Bodmer und die italienische Literatur, 
in J. J. Bodmer. Denksohrift zum CC. Geburtstage, Ziirich, 1900, 
p. 284, e la recensione di E. Sulger-Gebing, negli Studien z. 
vergi . Literaturgesch., II, 116. 

2) « Bella pensata, diceva Aristofane ridendo ( Difesa di 
G. Gozzi), che si debba cavare un bellissimo occhio fuor del- 
1* occhiaia, perchè abbia lume in sè che non ne hanno gli orecchi 
e il naso. Non sarebbe buon consiglio il gittare a terra un palagio 
fatto con tutta la maestria dell’ architettura, per mettere in 
serbo una colonna di porfido, o un pezzo di verde antico ». 

3) E neppur voleva si involgessero in una sola condanna 
le dottrine scolastiche, rispettate e riflesse nel poema di Dante 
(p. 287) « Wer auoh das sanfte Licht, den stillen, sittsamen, 
doch sinnhohen und starken Ausdruck nicht entdeckt, der mit- 
ten in der scholastischen Gelehrsamkeit aus einer poetischen 
Ader fliesst.... ». 

4 ) Klopstock scrive al Bodmer, il 7 giugno 1749 : « Icb 
habe schon lange ein grosses Verlangen gehabt diesen Poe- 
ten Dante zu lesen » ( Denksohrift citata, p. 282). 


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Voltaire e il suo secolo 


tempo ancora dureranno le invettive contro il poema 
enigmatico, stravagante, mostruoso, che La Harpe diffa¬ 
merà, e condannerà come « longue amplifìcation de 
Rhétorique, digne d’un moine du 13 e siècle ». E si ri¬ 
pudierà crudamente e risolutamente - come si ripudia¬ 
vano le discussioni teologiche tutte x ) - la parte mistica 
del peregrinaggio dantesco, di sì grande attrattiva per i 
romantici tedeschi, e dall’ Ozanam studiata poi con sacro 
raccoglimento. I critici, possessori di tutti i secreti del 
buon gusto e delle leggi infallibili della bellezza, giudi¬ 
cano, Minossi novelli 2 ), con disdegno e disprezzo del¬ 
l’Età Media, incolta, barbara, triste culla di Dante 3 ). 


1) Il « teologus » Dante faceva paura a qualche bravo Ita¬ 
liano del secolo XVIII. « Il Dante, eh’ era un gran teologo.... 
parlò d’ alcuni segreti di quella divina scienza sì duramente, 
che mosse nausea colla barbarie della forzata espressione ». 
Così, il Rezzonico, in un Ragionamento sulle Opere poetiche 
del Frugoni . Vedi Bull, d. soc. dant., IX, 7. 

2) Qual memoranda lezione di gusto e d’ eleganza offre il 
Commentane voltairiano sul Corneille , così minuto e così pre¬ 
suntuoso! Quante volte rimprovera il Voltaire al vate glorioso 
le « impropriétés », « cet amas de phrases louches, irrégulières, 
incohérentes, obscures », i « barbarismes », le « duretés », la 
« bassesse », la « vulgarité », 1’ « horrible galimatias ! » Ed 
osava pur chiamare « impartial » questo suo esame il Voltaire; 
e ripeteva non pretendere in nessun modo « dépriser Corneille », 
sol pago di mostrare (Comm., I, 488) « que les beautés ne nous 
aveuglent pas sur les défauts; que no tre nation est j uste en ad- 
mirant et en désapprouvant ». « Les jeunes auteurs, en voyant 
ces chutes déplorables et si fréquentes, en seront plus sur 
leurs gardes ». 

3) Soleva il Voltaire prolungare 1’ età barbara oltre il se¬ 
colo di Dante, e 1’ età che noi chiamiamo media. Vedi l’arti¬ 
colo sull’uri dramatique del Dici, phil.: « Dès l’an 1480, quand 
toutes les autres nations de l’Europe croupissaient dans l’igno- 
rance absolue de tous les arts aimables, quand tout était bar¬ 
bare ».... Nel Siècle de Louis XIV (Cap. XXV): « On était bar¬ 
bare dans le temps de Ronsard, et à pei ne on sortait de la 
barbarie dans celui de Chapelain » (Cap. XXXII): « Les Fran¬ 
cis n’étaient encore recommandables que par une certame 
naiveté, qui avait fait le seul mérite de Joinville, d’Amiot, 


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Voltaire e il suo secolo 


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Miracolo ancora che in quel secolo di tenebre e di ca¬ 
ligini un fioco raggio di luce trapelasse dalla poesia del- 
l’esule Fiorentino. Quando VHistoire littéraire des Trou- 
badours del Millot appare (1774), un collaboratore del 
Journal historique et littéraire (marzo 1775) ha in com¬ 
miserazione i poeti della Provenza, « qui se tuèrent à 
faire en prose des vers horribles..., lorsque la barbarie 
régnait dans toute l’Europe autant que dans leurs compo- 
sitions » a ). 

Simile alle cattedrali antiche, dimora delle tenebre, 
il poema d’oltretomba rivela un’ architettura squallida 
e triste. Gli abissi d’inferno, i cerchi della montagna 
d’espiazione, le volte de’ cieli sovrapposte, tutto è con¬ 
cepito secondo un gotico disegno. Le proporzioni sono 
gigantesche, ardite, senza dubbio, ma ti coglie un gelo 
affacciandoti a quelle forme. E freddi ci lasciano tutti 
i monumenti ciclopici dell’età barbara. Con che disdegno 
l’irlandese Martin Sherlock favella delle « productions 
gothiques» di Dante! 2 ) Occorre, per sopportar la vita, 


de Marot, de Montaigne, de Régnier, de la Satire Ménippée ; 
eette naiveté tenait beaucoup à l’irrégularité, àia grossièreté ». 
Nell’Essai sur les mceurs (Cap. CXXI) : « Son génie (de Sha¬ 
kespeare) per§a au milieu de la barbarie, comme Lopès de 
Vega en Espagne »; (Cap. CXXV): « La Franco, sous ce prince 
(Francois I), commencait à sortir de la barbarie et la langue 
prenait un tour moins gothique », ecc. 

1) Un po’ men crudo è il giudizio di un altro critico su questi 
« fameux troubadours », espresso in una recensione dei Fàbliaux 
di Legrand d’Aussy ( Correspondance littéraire..., ed. M. Tour- 
neux, XII, 382 ; aprile, 1780) : « Il fait voir que ces tristes chan- 
sonniers ne doivent leur grande fortune qu’à l’Italie, dont ils 
furent les maltres, où les introduisit l’affinité du langage, et qui 
s’est piu à immortaliser leur mémoire. On les a crus de grands 
hommes, parce que Pétrarque et le Dante les chantèrent ». 

2) « Also herrscht nach ihrem Ausspruch in des Dante Grund- 
risse iibler Geschmack, und in den Yerzierungen gothische 
Kiihnheit » (apologia di Dante, nelle Freymiit. Naehrichten 
del 1763). Meinhard diceva che la Commedia era « in einem 
gothischen Geschmack erzwungen » (E. Sulger-Gebing, Dante 
in der deutschen Literatur des XVIII. Jahrhundei'ts, II, nella 


15 —■ Farinelli, Voi. II. 


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Voltaire e il suo secolo 


luce, gaiezza, distrazione, piacerei). L’orrore per il go¬ 
tico è istintivo 2 ). L’aveva il Voltaire; l’aveva il Monte¬ 
squieu 3 ); l’avrà lo Chateaubriand ancora, benché rornan- 


Zeit8chr. f. vergi. Literaturgesch., N. F., X. 37). Moutonnet 
de Clairfons, che, nel secolo di Voltaire osava ammirare Dante, 
paragonava, ben prima di A. W. Schlegel, il poema dantesco 
a una cattedrale gotica ( Vie de D. A., in testa alla traduzione 
dell’ Inferno, 1776): « Cette triple ** Comédie ,, ressemble à 
ces Temples majestueux, augustes et gothiques ; ils étonnent 
et surprennent par leur vaste étendue, par leur prodigieuse 
élévation, et par leur structure hardie et solide, légère et 
durable; mais trop surchargée d’ornemens superflus, grotes- 
ques et puérils ». Il Carducci, che dello spirito di Dante assai 
rileva, apostrofa il sommo, ne’ Raccoglimenti (1871 ; ora in Prose, 
Bologna, 1907, p. 417): « voi deste primo il segno alla riscossa 
del pensiero : che poi lo abbiate dato sonando a stormo da un 
campanile di cattedrale gotica, ciò poco importa ». 

1) « Vous ètes le roi du plaisir », scrive il duca di Choiseul 
al Voltaire (5 luglio 1760) - P. Calmette, Choiseul et Voltaire 
d } après les lettres inédites, Paris, 1902, p. 102. Una nota al 
canto XX della Pucelle biasima le imaginazioni del « sombre 
et fanatique Milton », « dégoùtantes, affreuses, absurdes ». 
« Nous déclarons que nous avons ces facéties abominables en 
horreur. Nous ne voulons que nous réjouir ». - « L’art, la poésie 
sont faits pour tenir 1’àme en joie, non pour l’attrister » - 
G. Lanson, Voltaire, Paris, 1906, p. 93. 

2) « On a enfili compris qu’il faut écrire comme les Ra- 
phaels, les Carraches et les Poussins ont peint.... On a re- 
connu aussi que les beautés du disoours ressemblent à celles 
de Parchitecture ; les ouvrages les plus hardis et les plus fa- 
Sonnés du gothique ne sont pas les meilleurs. Il ne faut ad- 
mettre dans un édifice aucune partie destinée au seul omement ; 
mais visant toujours aux belles proportions, on doit tourner 
en ornement toutes les parties nécessaires à soutenir un édi¬ 
fice » - Fénelon, Dos grdces de Vélocntion (Discours de réception 
à VAcadémie frangaise, 1693). Altri, prima del Fénelon, affet¬ 
tano gran disgusto per il « désordre gothique ». Vedi Guéret, 
Le Parnasse réformé, Parigi, 1624, p. 150. 

3) Si leggano gli appunti, De la manière gothique, nei Voyages 
de Montesquieu, pubbl. dal barone A. de Montesquieu, Bor¬ 
deaux, 1897, II, 365 sgg. Della porta più antica del Battistero di 
Firenze, dice il grand’uomo (II, 345): « C’est un ouvrage gothi¬ 
que ; mais on voit le goùt se former ». Ammira, altrove, le chiese 
di Firenze (I, 169) : « Il y a cela d’extraordinaire, c’est qu’à 


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ticissimo, entusiasta delle foreste e della vergin natura. 
Lo spirito umano progrediva sensibilmente. Il Condorcet, 
che di questi Progrès abbozzerà un Tableau historique, 
ove pur loda, per incidenza, Dante, « noble, précis, éner- 
gique » avrebbe mutilato, senza scrupolo, le chiese go¬ 
tiche, per sbarazzarle delle goffe e rigide figure che 
sventuratamente le deturpavano ancora 1 ). 

E continuò il disprezzo per la lingua arcaica e ibrida 
del poema 2 ), degna figlia di secoli barbari, che di tutto 


Florence, Par chi te et lire gothique est d 7 un meilleur goùt qu’ail- 
leurs. Le Dòme et Santa Maria Novella sont de très belles 
églises, quoique dans le goùt gothique. Elles ont un air de 
simplicité et de grandeur que les bàtiments gothiques n’ont 
pas. Il fallait que ces grands génies fussent supérieurs à Part 
de ce temps-là ». - Pare giudizio e linguaggio del Voltaire me¬ 
desimo. Possedeva tuttavia il Montesquieu un castello gotico, 
ove talora ospitava gli amici. Vedi le Lettres familières à l’abbé 
de Guasco, p. 49 : « Je me fais une fète de vous mener à ma 
campagne de la Brède, oh vous trouverez un chàteau, gothi¬ 
que à la vérité, mais orné de dehors charmants, dont j’ai 
pris Pidée en Angleterre ». - « Ein gothisches Gebàude im 
philosophischen Geschmacke seines Jahrhunderts », chiama 
P Herder (Auch eine Philosophie der Geschiohte der Menschheit) 
Y Esprit de8 lois del Montesquieu; e PHerder stesso, rimem¬ 
brando gli anni squallidi di gioventù, favella di una « gothisch 
verdorbener Jugend» (K. Haym, Herder , I, Berlin, 1880, p. 7). 

1) Moutonnet de Clairfons, traduttore deli 1 Inferno di 
Dante, si distrae, più tardi, traducendo alcune egloghe di Bat¬ 
tista Spagnoli (La Galéide ou Le Chant de la Nature , Poè- 
me.... avee la traduction de plusieurs moreeaux des Églogues [di 
Battista Spagnoli], Galeopoli, 1798), e dice (p. 47): « Le 
Mantovan mèle souvent dans ses églogues le sacré et le pro¬ 
fane. Cet alliage monstrueux est désagréable à Pesprit.... C’est 
ressembler à ces architectes, qui, par un esprit faux et bizarre, 
mèlent et confondent dans les bàtiments qu’ ils construisent 
la pureté, Pélégance et la majesté de Parchitecture grecque, 
avec les formes roides, monotones et gigantesques des monu- 
ments gothiques ». 

2) Il Parini stesso sembra deplorare, nei Principi delle Belle 
Lettere, la mescolanza di linguaggi-stranieri che deturpa i versi 
di Dante, più impuri de’ versi del Petrarca. Dante, « condotto 
dal suo entusiasmo a esprimere in qualunque modo le alte fan- 


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Voltaire e il suo secolo 


accoglieva, e d’ogni bruttura s’imbrattava. Ormai il gu¬ 
sto è puro e finissimo 4 ). Non s’ama il « jargon de bohé¬ 
mien » 2 ). Ogni asprezza e durezza di stile ferisce mor¬ 
talmente. Si turano gli orecchi, quando un rozzo cocchiere 
sputa fuori le sue grosse parole. Occulti bene l’Italia il 
suo Dante; gli accordi una nicchia in un museo d’an¬ 
tiche reliquie; e largisca invece al mondo le ariette 
d’opera, i versetti dolci, armoniosi e soavi. Univer¬ 
salmente ammirato è il Metastasio, « le seul poète du 
coeur, le seul génie fait pour émouvoir par le charme de 
l’harmonie poétique et musicale », diceva il Rousseau 8 ). 

Pochi anni dopo aver lanciato al pubblico di Francia, 
e al mondo, l’articolo su Dante, il Voltaire manderà i 
complimenti suoi all’autore delle Virgiliane ; si adirerà 
con un infelice innocente, il « polisson » Marrini, che 
stampava «le Dante à Paris », vantando, s’intende, la 
merce spacciata. « Ce pauvre homme a beau dire, le 
Dante pourra entrer dans les bibliothèques des curieux 4 ), 


tasi e della sua mente, aveva con troppa libertà, a dir vero, 
usurpato e dall’Ebraico, e dal Greco, e dal Francese, e dal 
Lombardo parole e modi del dire, che per la loro natura mal 
convenivano, e difficilmente potevano far lega co’ vocaboli e 
colle forme del suo Volgare ». 

1) « Il n’y a de bon, ce me semble, que ce qu’on peut relire 
sans dégoùt», scriveva il Voltaire a Mme Du Deffand, nel 1766 
( Coiresp ., Vili, 356). « Les seuls bons livres de cette espèce 
sont ceux qui peignent continuellement quelque ohose à l’ima- 
gination, et qui flattent l’oreille par l’harmonie. Il faut aux 
hommes musique et peinture, avec quelques petits préceptes 
philosophiques, entremélés de temps en temps avec une hon- 
nète discrétion ». 

2) Così chiamò un dì, per distrazione, la lingua dell’Ali¬ 
ghieri, il Rossetti. 

3) Vedi C. Dejob, Études sur la tragèdie, Paris, 1897, p. 152, 
e una delle mie note nella Boss. btbl, d . letter. ital., X, 1902, 
n.° 10-11. 

4 ) È noto che nella biblioteca di Mme de Pompadour, che 
accoglieva una ricca collezione di componimenti drammatici 
ed uno Shakespeare francese, andò pure a seppellirsi un Dante 


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Voltaire e il suo secolo 


229 


mais il ne sera jamais lu x ). On me vole toujours un 
tome de l’Arioste, on ne m’a jamais volé un Dante ». 
Il monarca intellettuale della Francia, che a’ suoi scritti 
dava ali sì leggere, diceva a voce alta e chiara quello 
che tacito covava nel cuor di tutti. Soddisfatta la sua cu¬ 
riosità, e chiuso il volume di Dante, non so a qual canto 
dell 1 Infernoj egli non l’aprirà più mai. Similmente, il 
presidente de Brosses, dopo aver letto, con abnegazione 
magnanima, alcuni versi di Dante, « rare génie », « plein 
de gravi té, d’énergie et d’images fortes », e sofferto per 
aprirsi un cammino entro la Atta selva delle allegorie, 
che rinchiudevano quel « sublime dur », « enveloppé 
dans un langage obscur », getterà il volume, ed escla¬ 
merà: « Je n’en lis guère, car il me rend l’àme toute 


italiano, a cui la marchesa non avrà turbato mai, senza 
dubbio, 1’ eterno riposo. Scriveva, nel 1755, alla duchessa 
d’Aiguillon: «^Quant à son Esprit des loix, je n’avois ni le 
temps, ni peut-ètre la capacité de le lire : ces lectures pro- 
fondes ne conviennent qu’à peu de femmes » - Lettres de 
Mme La Marquise de Pompadour, Londra, 1772, p. 38. Harr- 
witz, Die Bibliothek dei * M. von Pompadour ( Zeitsohr . /. Bii- 
cherfr., Vili, 198 sgg.) non nomina questo Dante, che figura 
nell’antico catalogo, Parigi, 1765, n.° 1294. Altri esemplari 
della Commedia trovo registrati : nel Catalogne des livree de Gai- 
gnat, p. G. De Bure, Paris, 1769 (n.° 1978, traduz. manoscr. 
del Parad. del Bergaigne); nel Catalogue des liwes et estampes 
de la bibliothèque de feu Monsieur Perrot, Maitre des Comptes, 
Parigi, 1776 (n.° 1688, p. 112); nel Catalogue des livree de la 
bibliothèque de feu le Due de la Vallière f p. G. De Bure, Pa¬ 
ris, 1783, III, 115 (il duca possedeva una traduzione mano¬ 
scritta in versi del Paradiso del Bergaigne, il commento ma¬ 
noscritto sull’ Inferno del Barzizza, un esemplare del Convivio , 
Firenze, 1490); nella Bibliotheca Fayana f Parigi, 1725 (p. 254); 
nel Catalogue des livree de la bibliothèque de feu M. le Due 
d’Aumont, Parigi, 1782 (p. 145); ecc. 

l) « On lit Bayle, on ne lit point Nicole » - Articolo Bayle 
del Dict. philo8. — « Vous me dégoùtez des livres », scriveva 
il duca di Choiseul al Voltaire (12 ottobre 1760). Vedi Cal- 
mette, Choiseul et Voltaire, Paris, 1902, p. 124: « je brùlerai 
tous ceux qui ne seront pas de vous; ils ne font que tenir 
de la place dans ma chambre et je ne lis que vos ouvrages ». 


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Voltaire e il suo secolo 


sombre ». Le grandi imagini non sono che imagini « prò- 
fondément tristes ». 

Dal Paradiso di Dante nessuna delle luci divine, entro 
cui roteavan gli spiriti de’ beati, sfavillanti agli occhi 
del sublime visionario, irradiava le squallide terre e i 
cieli di quaggiù. Senza trasporto, senza imagini, fuor del 
mondo della visione e del sogno, il poeta della Hen- 
riade descriverà la dimora di Dio nelle sfere supreme: 

Par delà tous les cceurs et loin dans cet espaoe, 

Où la matière nage, et que Dieu seul ombrasse, 

Sont des soleils sans nombre et des mondes sans fin; 
Dans cet ablme immense, il leur ouvre un chemin, 

Par delà tous ces oieux le Dieu des cieux réside. 

« Chiamavi il cielo, e intorno vi si gira | mostrandovi 
le sue bellezze eterne». Questo cielo, troppo discosto dal- 
1’aiuola terrestre, il regno dell’estasi, della contempla¬ 
zione, della luce intellettuale, piena d’amore, questa ascen¬ 
sione progressiva, di stella in stella, fino alla rivelazione 
di Dio, lascia ormai l’anima indifferente e fredda. Il Para¬ 
diso di Dante è impenetrabile 1 ). In piena pace San Pietro 
poteva custodire le chiavi che lo disserravano. Entrare 
lassù, a che gioverebbe? Dante non rimarrà che il poeta 
deli 1 Infernoj del triste e lugubre inferno, che pur Goethe 
sgomentava 2 * * * * ). Il poeta di Firenze è imaginato pallido il 
volto, triste e scarno, improntato delle tenebre e caligini 


1) Stentava a entrarvi un tempo il Leopardi stesso; 
nel settembre del 1823, scriveva ne’ suoi Pensieri (V, 430): 
« Dante, che riesce a spaventar dell 7 inferno, non riesce, nè 
anche poeticamente parlando, a invogliar punto del Paradiso; 
e ciò, non per mancanza d’arte, nè d’invenzione..., ma per 
natura de’ suoi subbietti e degli uomini ». 

2) Curiosa una confessione dell’ Abekbn : « Von ihm (Dante, 

konnt’ich nicht lassen, obgleich mir nicht entgangen war, 

dass Goethe diesen Dichter, bei aller Anerkennung seiner Kunst 

nicht liebte » - Goethe in meinern Lében. Erinnerungen und Be- 

trachtungen von Bei'nhard Rudolf Abéken..,. Aus Abekens Nach- 

lftss, herausgeg. v. A. Heuermann, Weimar, 1904, p. 166). 


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dell’asilo di dolore, che il grande indubbiamente vide, 
prima di descrivere. I romantici non faranno che render 
più tristi i tratti ruvidi ed aspri del « vieux gibelin au 
profìl morose », con quell’ anima sua « immortellement 
triste », esalante i suoi dolori, in un’ epopea « sombre 
et sublime » (Charles Nodier). Si dorrà l’autore del¬ 
l’opera Dante et la philosophie catholique au XIlI e siè- 
cle, perchè il cantor de’ rassegnati dolori del Purga¬ 
torio, il vate che narrò « les trioniphantes visions du 
Paradis », appariva ancor sempre simile ad « une figure 
sinistre, comme un épouventail de plus dans ces téné- 
bres fabuleuses du XIII 6 siècle, déjà peuplées de tant de 
fantòmes ». E stupirà profondamente ancora, nel 1859, 
il poeta dei Pleure du mal, che il Dorè prestasse opera 
all’illustrazione della Commedia di Dante, « le poète le 
plus sérieux et le plus triste» 1 ). 


Dalla lettera al Bettinelli alle “Lettere Chinesi” 

L’episodio della visita dei padre Saverio Bettinelli 
alle Délices (1758), lo scambio d’idee che il gesuita potè 
avere col Voltaire, il carteggio che ne seguì non die¬ 
dero alla Francia e alP Italia indirizzo nuovo alcuno alla 
critica dantesca ; e profondamente s’inganna, ritengo, 
il Bouvy, che da quest’ epoca fa datare il tono d’irrive¬ 
renza del patriarca delle lettere francesi ne’ giudizi su 
Dante, e dice doversi al fortuito incontro d’un ge¬ 
suita letterato e d’un filosofo scettico, uno degli incentivi 
maggiori al ritorno al culto artistico, all’intelligenza, 
all’amore per l’obliato e sprezzato poeta. Lanciate al 
pubblico, nel 1757, prima di quest’incontro, le Lettere 
di Virgilio agli Arcadi di Poma, nello stile delle tirate 


1) C. Baudelaire, CEuvres posthumes et eorrespondanees iné- 
dites, Paris, 1887, p. 340 (lettera datata da Honfleur, 6 mag¬ 
gio 1859). 


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de’ Ragguagli, grande meraviglia destarono, più per l’au¬ 
dacia e la violenza, che per la novità degli attacchi* In 
fondo, non facevan che esagerare i lamenti e le critiche 
contro l’abuso de’raccoglitori di poesie di circostanza, 
espresse in una satira, anteriore di parecchi anni - le 
Raccolte - ove già trapelava l’irritazione per il favore 
ciecamente accordato alle bizzarrie del poema dantesco, 
il disprezzo per gli imitatori di Dante e degli antichi 
poeti d’Italia 1 ). 

È facile ritrovare nel Bettinelli, che a’ contemporanei 
suoi infliggeva lezioni continue di buon gusto, di conve¬ 
nienza, di eleganza, il prestigio che esercitavan dovunque, 
in Europa, in ogni manifestazione dello spirito, le idee 
francesi. Le leggi bandite dal Bettinelli nella critica sua 
apparentemente audace sono precisamente le pretese leggi 
estetiche, rispettate, venerate e bandite dal Voltaire. Do¬ 
vevasi allontanare i giovani da una china pericolosa, de¬ 
starli dal torpore, indicare i modelli da seguire, togliere 
l’ammirazione cieca per le archeologiche reliquie di un’ età 
barbara, senza senso per la forma, e senza vita. Più che 
con Dante, il gesuita sdegna vasi cogli imitatori entusiasti 
e fiacchi del sommo; sferzava i ditirambi de’Granelleschi, 
le pazzie di coloro che pretendevano risuscitare nell’Italia, 
ormai progredita, la lingua e lo stile della poesia dantesca 2 ). 

Felice d’aver reso duttile ancor più l’agile spirito ne’ sa¬ 
lotti parigini, il gesuita dovè far dono al Voltaire delle 
sue Virgiliane, ingiuriosissime alla memoria del gran 
discepolo di Virgilio, ben sapendo che con lieta fronte le 
avrebbe accolte il grand’ uomo, « principe dei poeti fran¬ 
cesi », «storico dell’umanità e dello spirito», franco 

!) Si vegga anche il Parere o sia lettera scritta da un amico 
del Friuli ad un amico di Venezia sopra il poemetto intitolato Le 
Raccolte , oon la risposta dell’amico di Venezia f Venezia, 1758; 
e Bull. d. soc. dant. t IX, 4. 

2) Vedi A. Torre, Le « Lettere Virgiliane » e la « Difesa di 
Dante ». Da uno studio « La fortuna di Dante nel secolo pas¬ 
sato », nel Giorn. Dant. f IV, 145 sgg. 


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denunciatore delle stravaganze di Dante, che gli Italiani 
vantavano, adoravano, commentavano senza posa, e 
senza senno mai x ). E il Voltaire ricevette il libro; ne 
lesse, suppongo, nel novembre, del 1759, qualche fram¬ 
mento, con altre inezie ricevute, fra le quali figuravano 
« des beaux vers latins >> del Cesarotti, probabilmente la 
traduzione in esametri del canto di Ugolino, ancor ma¬ 
noscritta. E, per non parer incivile, scrisse, nel dicem¬ 
bre di quell’anno 2 ), i suoi primi complimenti al Betti¬ 
nelli, una lettera troppo famosa, e l’epigramma: 

Compatriote de Virgile 
Et son successeur aujourd’hui, 

C’est à vous d’écrire sur lui; 

Vous avez son àme et son style. 


1) « Forse il Bettinelli un po’ sgomento della propria au¬ 
dacia, desiderò che altri desse prova d’audacia maggiore, ed 
aizzò il Voltaire a scatenarsi contro Dante, sperando così di 
stornare dal proprio capo la tempesta ». Così, il Bertana, 
nel Giom. stor . d. letter. ital., XXXIII, 409, pérsuaso che il 
Voltaire « non fu ispiratóre, ma ispirato ». 

2) Vedi A. Torre, nel Giom. stor. d. lett . ital. 9 XXVIII, 
229, e L. Ferrai, nella Boss. bibl. d. letter. ital VI, 305 sgg., 
che attinge dalla Miscellanea bettinelliana della Biblioteca co¬ 
munale di Mantova (contiene, fra altro, una relazione del 
viaggio del Bettinelli in Francia: Voyage de Genève; Retour à 
Lyon ), e completa la lettera del Voltaire, stampata sempre 
con mutilazioni inopportune: « Je veux beaucoup de mal au 
jeune homme que vous chargeàtes de votre paquet à Vérone 
et qui ne me l’a fait rendre qu’au bout de deux mois ». — 
A questa lettera, il Bettinelli rispose con una missiva, datata 
da Verona, 15 gennaio 1760 (vedi anche Bull. d. soo. dant ., 
VII, 288 sgg.): «Risulta.... che il gesuita offrì egli all’amico 
le Virgiliane, contrariamente a quanto affermò, mentendo, nella 
II lettera a Lesbia : e mai nulla di Dante nell’atto di presen¬ 
tare il libro, e nè una riga, nè una sillaba di lui nel restante 
del diario, per quanto volta per volta vengano riferiti par¬ 
atamente i soggetti delle conversazioni.... del nostro gesuita 
col filosofo francese ». Ma come può parlare il Ferrai (Rass. 
bibl., VI, 308; 301) d’una «efficacia.... grandissima che le 
Virgiliane esercitarono senza dubbio sul giudizio del Voltaire »? 


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Voltaire e il suo secolo- 


Fu sventura l’aver preso troppo sul serio la lettera, 
che sovente si riprodusse, con mutilazioni infelici, ed una 
continuazione non meno deplorevole, senza mai scovrirci 
l’ironia fine, celata sotto, gli epiteti indirizzati a Dante. 
Non spiran vera malizia e vero sarcasmo le parole che il 
Voltaire rivolge al novello Virgilio, distruttore dei falsi 
dei nella patria sua: « Je fais grand cas du courage 
avec lequel vous avez osé dire que le Dante était un 
fou et son ouvrage un monstre»? 1 ). Il Bettinelli, che, 
nella risposta del 15 gennaio 1760, tace ostinatamente 
il nome di Dante, sembra aver compreso quanto i critici 
si ostinano a non comprender mai. Il Voltaire infatti, 
aspro d’abitudine, quando lanciava le ingiurie allo Sha¬ 
kespeare - buffone, istrione barbaro, ebbro selvaggio - 
aggiunge, all’elogio forzato delle Virgiliane, l’elogio di 
Dante : « J’aime encore mieux pourtant dans ce monstre 
une cinquantaine de vers supérieurs à son siècle, que 
tous les vermisseaux appelés 6 sonetti ’, qui naissent et 
meurent à milliers aujourd’hui dans PItalie, de Milan 
jusqu’à Otrante » 2 * * * ). È un ritorno all’antico giudizio, 


1) Al traduttore italiano della Henriade, Voltaire scriveva, 
nel dicembre del 1774 ( CEuvres, LXIX, 129): « Jen’aipu m’aider 
de la fable, comme ont fait souvent l’Arioste et le Tasse. La 
sévérité et la sagesse de notre siècle ne le permettaient pas. 
Quioonque tenterà parmi nous d’abuser de leur exemple, en 
mèlant les fables anciennes, ou tirées des anciennes, à des vé¬ 
ri tés sérieuses et intéressantes, ne fera jamais qu’un monstre ». 

2) Nelle Notes sul Milton {CEuvres, IV, 109 sgg.), Louis 
Bacine meravigliavasi già della pioggia di sonetti amorosi 
che inondava P Italia, la « fureur », dei quali, diceva, « dure 
encore »; e riproduceva (IV, 293) un sonetto del Della Casa, 

« bien plus beau que tous les sonnets italiens sur cette échelle 
platonique dont j’ai parlé ». — Scriveva il Voltaire, il 15 apri¬ 

le 1752, a un membro dell’Accademia di Berlino ( Corresp ., 

VI, 73): « La plupart de toutes ces petites pièces sont des 
fleurs éphémères qui ne durent pas plus que les nouveaux 
sonnets d’Italie et nos bouquets pour Iris ». E il Carducci, 
lettor assiduo del Voltaire un tempo: « per me un bel cavolo 

e ben coltivato è cosa molto più estetica di cinquecento canti 


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Voltaire e il suo secolo 


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come ognun vede. L’ammirazione per alcuni tratti felici 
e spontanei tempera e raddolcisce il biasimo, le invettive 
lanciate contro il poema mostruoso *). In una satira vio¬ 
lenta contro il Martinelli, il Voltaire, due anni prima di 
spegnersi, ritornerà un’ ultima volta alle bellezze sparse 
nella Commedia, e ridurrà ad una trentina la cinquan¬ 
tina di versi, belli o tollerabili. 

Ciò che segue nella lettera non è che un leggero at¬ 
tacco all’Algarotti, celebrato altre volte, come « cygne 
de Padoue », « élève harmonieux du cygne de Man- 
toue », « brillant et sage », « à qui le ciel a départi | l’art 
d’aimer, d’écrire et de plaire » ( Épitres, 1735-1747), 
che avrebbe dissimulato, per capriccio, la sua vera opi- 


della poesia odierna » (Il secondo centenario di L. A. Mura¬ 
tori, in Prose, Bologna, 1907, p. 487). 

1) « Ce Gilles Shakespeare », scrive il Voltaire, il 28 feb¬ 
braio 1764, al Saurin, autore d’una tragedia. Bianche et Gui- 
scard, imitata dal Thomson ( Comesp XI, 342), « avec toute 
sa barbarie et son ridicule a, comme Lope de Vega, des traits 
si naìfs et si vrais, et un fracas d’action si imposant, que 
tous les raisonnements de Pierre Comeille sont à la giace 
en comparaison du tragique de ce Gilles ». — Il Carducci 
(IjA riosto ed il Voltaire; Opere, X, 131 sgg.) traduce il passo 
famoso della lettera del Voltaire al Bettinelli. Citano altri troppo 
sollecitamente, ai dì nostri, il Voltaire a proposito di Dante. 
Così, il compianto Panzacchi, in una conferenza sul Canto 
della pietà (Nuova Antol., 1901, 1° maggio): «E in Francia il 
signor di Voltaire, che, malgrado P ingegno e il gusto, non 
capì, nè poteva capire Dante, colpito da un raggio di bellezza, 
dovette dichiarare che pochi versi messi dal poeta fiorentino 
sulla bocca innamorata di Francesca valevano più di tutti i 
sonetti, i madrigali e i versi sciolti che in quel tempo usci¬ 
vano a diluvio dai mille serbatoi dell’Arcadia italiana ». Parlò 
mai il Voltaire della « bocca innamorata di Francesca » ? (Er¬ 
rava pure PAbeken, vantando la Francesca di Dante, ne’ Bei- 
trdgef. d. Stud. d. gòtti. Komòdie d. D . A., cit., p. 219: « Selbst 
Voltaire, der Dante so uiiwiirdig behandelt, preiset sie »). — 
R. Petrosemolo, La saldezza delle ombre nella Divina Com¬ 
media, Massa, 1902, p. 43, attribuisce gratuitamente al Vol¬ 
taire l’espressione « Minerva oscura », applicata alla Commedia, 
che è, come tutti sanno, del Boccaccio. 


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Voltaire e il suo secolo 


nione su Dante. Piacque al Bettinelli pubblicare le Virgi¬ 
liane, come aggiunta ai Versi sciolti di tre eccellènti autori, 
magra scelta delle poesie proprie, dell’Algarotti e del 
Frugoni ; e i due « eccellenti autori », aggruppati attorno 
al gesuita, dal secretano di Virgilio in sottana, impli¬ 
cati, contro voglia, in un’odiosa e chiassosa polemica, 
mosser lamento, e si ribellarono. Rispose il Bettinelli al¬ 
lora j ed è probabile che in una delle conversazioni alle 
Délices, informasse il Voltaire dello scioglimento del 
triumvirato. Spiegheremmo così l’aggiunta del Voltaire 
all’epistola al gesuita: « Algarotti a donc abandonné le 
triumvirat coinme Lépidus : je crois que, dans le fond, il 
pense cornine vous sur le Dante. Il est plaisant que, mème 
sur ces bagatelles, un homme qui pense n’ose dire son sen- 
timent qu’à l’oreille de son ami. Ce monde-ci est une pau- 
vre mascarade. Je con^ois à toute force comment on peut 
dissimuler ses opinions pour devenir Cardinal ou pape ; 
mais je ne con 90 Ìs guère qu’on se déguise sur le reste ». Di 
questo sermone il Bettinelli ritenne, con singolare compia¬ 
cimento, l’allusione alla mascherata. Ne sapeva qualcosa 
lui, che molto di inondo avea percorso, viste e praticate 
tante ipocrisie. Gran buffone egli stesso, avvezzo a mutar 
di maschera ad ogni occasione, ribatte l’espressione del 
Voltaire, e impartisce al grand’ uomo la sua brava lezione 
(Verona, 15 gennaio 1760): «Ce qui vous réjouira le plus, 
c’est la mascarade des philosophes. Buffon se fait écolier 
de la Sorbonne, Montesquieu désavoue les Lettres Persa- 
nes, et meurt avec décence, comme dit d’Alembert, qui, 
de son coté, combat logiquement en Catliolique contre les 
Protestants. Rousseau s’enterre pour faire du bruit, et 
veut étre lu des hommes qu’il déchirej Diderot ne respire 
que les beaux sentiments dans ses comédiesj jusques à 
La Beaumelle est dévot pour M me de Maintenon. Tous 
ces grands génies sans préjugés prennent un masque, et 
en changent souvent; ce sont les plus grands comédiens 
que j’ai vus à Paris. Ils encensent la Monarchie qu’ils 
abhorrent, frondent le célibat qu’ils pratiquent, prèchent 


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la tolérance et la paix avec l’intolérance dea Croisades, 
avec cette haine philosophique, plus terrible que la mo¬ 
nacale et la tliéologique. Je trouvai le parterre bien à 
plaindre quand je vis les grands acteurs, les législateurs 
du genre humain, vrais hypocrites, vrais Pierrots de 
l’indépendance, vraies macbines à pliilosopbe » 1 ). A 
tutti gli sfoghi della bile de’ letterati, nel secol della 
luce e della ragion pura, Dante, lo sdegnoso e solingo 
vate, doveva prestarsi. 

Probabilmente il Voltaire si limitò ai primi elogi, e più 
non si sovvenne della stima che diceva tributare al corag¬ 
gio dell’autore delle Virgiliane, Nè i ricordi de’colloqui 
col Voltaire, che una « aimable famille environnait aux 
Délices », « avec les gràces et les charmes de V esprit et du 
gout », nè il seguito del carteggio fra il gesuita italiano ed 
il filosofo di Francia alludono menomamente a Dante e 
alle polemiche suscitate dalle Virgiliane, 11 Bettinelli, che 
pretendeva ispirare al Voltaire l’amore per le lettere d’Ita¬ 
lia, e voleva che il grand’ uomo riparasse il torto fatto alla 
patria sua, messa, nell’opere, in coda all’altre nazioni, 
« trop glorieux », diceva, « d’avoir fourni quelques maté- 
riaux informes pour le Panthéon des arts et des génies », 
eretto dal filosofo 2 ), ebbe brighe in Italia per il misfatto 
letterario commesso e la profanazione della gloria di 
Dante, senza che il Voltaire curasse punto di lui. Alle 
approvazioni e al biasimo che seguirono 3 ), il Voltaire 


1) Riproduce questa lettera il Ferrai, nella JRass. libi, d. 
letter, ital,, VI, 306, conservando tutti gii errori dell’originale. 

2) Per venial fretta, A. Torre suppose ( Giorn . stor. d, letter, 
ital,, XXVIII, 224) F epistola scritta dal Voltaire al Bet¬ 
tinelli. 

3) Uscita appena la Dissertazione accademica sopra Dante del 
Bettinelli, il Cesarotti scriveva (27 novembre 1802) al ge¬ 
suita : « Io la trovo ben generoso d’essersi compiaciuto di 
discendere a giustificarsi contro quegli oscuri e fanatici am¬ 
miratori di quel garbuglio grottesco che può dirsi con verità 
una non divina commedia.... Io però la ringrazio d’avermi 
fatto concepire una qualche idea più distinta di quel suo paese 


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Voltaire e il suo secolo 


rimase solennemente indifferente. Non ispirò, ch’io sap¬ 
pia, le due traduzioni francesi delle Virgiliane, del Lan- 


trimondiale eh’ io non feci che scorrere senza mai osare d’in¬ 
ternarmi in esso » (Lettera pubblicata da,A. Luzio, nel Pre¬ 
ludio, Vili, 126, e spesso citata). — Vedi, nella recensione 
del Bebtana al libro del Bouvy ( Giorn . stor. d. letter . 
ital., XXXIII, 409), alcuni giudizi dei contemporanei del Bet¬ 
tinelli sulle Virgiliane, dementino Vannetti, in una lettera 
del 26 gennaio 1781 all’abate Giuseppe Gennari ( Epist . scelt., 
Venezia, 1831, p. 39 sg.), sembra difendere l’ardimento del 
Bettinelli: «Si accerti che questi (il Bettinelli) onora Dante 
e Petrarca quanto gli onoriamo noi due, e sempre li ha sulla 
penna quai veri maestri d’ ogni poesia forte, passionata, pit¬ 
toresca, sublime. Legga, di grazia, o scorra almeno il suo En¬ 
tusiasmo, e vi troverà ad ogni tratto questi due gran nomi 
nel dovuto splendore, e come le principali colonne del tempio 
di Apollo. Nelle Virgiliane dunque, siccome scorgea peccar 
ora P Italia di troppa servilità verso di tali Autori, come im¬ 
peccabili, e in tutto e per tutto divini, stimò bene di mo¬ 
strarne i difetti un po’ più per disteso, ma insieme a luogo 
a luogo ne notò le bellezze, abbondando tuttavia ne’ difetti, 
perché quello era allora lo scopo suo ed il bisogno d’Italia, 
che poi cangiò gusto, e diede nell’ altro estremo, del gonfio, 
del ricercato, dell’ oltramontano » (Sul culto dell’ abate Gen¬ 
nari per Dante, vedi U. Cosmo, Le piime i-icerche intorno al¬ 
l’originalità dantesca e due lettei'ati padovani del secolo passato , 
nella Rass. padovana, Anno I, 1891, fase. II e III). I frammenti 
di lettere (Manoscr. alla Bibl. comun. di Trento, n. 930, 937) 
pubblicati da D. Emer, VAccademia degli Agiati di Rovei'eto, 
Trento (estr. da \V Archivio Trentino ), 1895, pp. 41 sgg., che 
1’ amico mio F. Pasini mi indica, ci mostrano Giuseppe Va- 
leriano Vannetti indignato contro l’insolenza del Bettinelli. 
Scrive il Vannetti a G. B. Chiaramonti, il 5 aprile 1758: 
« Feci acquisto e dell’ opera detta Versi sciolti di tre eccellenti 
modei'nl Autori, con alcune lettere non più stampate, e del 
Giudizio degli antichi Poeti sopra la moderna censura di Dante 
attribuita ingiustamente a Virgilio, ecc., di cui favellate nel- 
1’ ultima vostra, distesa dal valente co. Gozzi. A che tempi 
viviam noi? Veramente in ogni secolo sorsero perniciosi No¬ 
vatori, e diciamo corrompitori del sodo e vero gusto ; ma fa- 
loticheria di tal sorta, e ingiustizia sì enorme a tanti divini 
intelletti poetici, quale si ravvisa in quelle 10 lettere, e nel 
codice nuovo di leggi del Parnaso Italiano, non so trovarsi 
in alcuno di tali Novatori ». E il 19 settembre 1761 : « Ier 


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Voltaire e il suo secolo 


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glard !), e del Pommereul, l’ufficiale letterato, autore 
delle Vues généràles sur VItalie, che alle Lettere betti- 
nelliane aggiungeva le Lettres anglaises 2 ), non suggerì 


1’ altro sera ho imparato a conoscere il P. Saverio Bettinelli 
Gesuita, col quale stetti da 4 ore in conversazione unitamente 
alla Contessa Gazzoli Veronese, Dama di uno spirito vero, e 
sodo, e col Marchese Sagramoso. Al vedere questo Padre, mi 
nacque nell’ animo un moto di sdegno per le sue insolenti 
dieci lettere contro Dante, Petrarca, Ariosto, ecc., che prece¬ 
dono l’opera de’Versi sciolti.... colle quali si fece veramente 
scorgere in quest’ età, e sarà cagione di ridere alle future, 
se ’l ciei vorrà, che dall’ Italia stia lontana una nuova peste 
del cattivo gusto.... Il tempo però non era questo da bistic¬ 
ciare su tali faccende. Si tenne letterario discorso su differenti 
materie, e, quanto conobbi in essolui il carattere d’un . uomo 
dolce, polito, e andante, mi accorsi però d’esser egli amatore 
de’ Francesi e spezialmente del Voltaire ; e basta così per in¬ 
namorarsi del proprio ingegno, e stimarsi superiore a quelli 
che, con maggior capitale in capo, sono e saranno sempre i 
Padri, i Maestri, e i Signori nostri ». — A. W. Schlegel, 
che assai stimava il Risorgimento delle arii e degli etìvdi del 
Bettinelli, cita il malvagio giudizio delle Virgiliane ( Werke, 
III, 232) senz’aggiungere nessun apprezzamento. 

1) Lettres critiques aux Arcades de Rome, datées des Champs 
Éli8ée8, traduite8 de Vitalien, Parigi, Pissot, 1759. Un breve 
« Advertissement » precede la traduzione ; p. iv : « tei qui 
prend avec feu le parti de Dante, par respect pour cet Au- 
teur Divin, ne l’a jamais lù.... Mais enfin l’Idole vient de 
recevoir dans le pays mème qui l’a vù naltre le coup le plus 
foudroyant. Un anonyme plein de ce zèle véridique qu’inspire 
le bon goùt, ose fouler aux pieds les préjugés de sa nation, 
convaincu que ces Poètes, quoique divinisés, peuvent ètre tra- 
duits oomme d’autres, au tribunal de la saine oritique.... Ceux 
d’ailleurs qui ne connaissent le Dante et les autres Poètes 
d’Italie, que de réputation, ne seront sans doute pas fàchés 
d’ètre désabusés sur leur eompte ». 

2) Lettres sur la Littérature et la Poésie italienne, traduites 
de Vitalien, Florence, Paris, 1778, dedicate a Madame de 
P.** D. G., cugina dell’ufficiale, intinta, sembra, di lettera¬ 
tura e di poesia (p. vii : « J’ai vu souvent Voltaire, Virgile, 
Lucrèce et Buffon occuper sur votre toilette la place d’un 
pot de rouge ou d’une boète à mouches »). Pommereul tra¬ 
duceva il Bettinelli, quando il Marmontel già aveva pubbli¬ 
cata la sua Poètique , il Gassendi (ufficiale d’ artiglieria pur 


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Voltaire e il suo secolo 


gli articoli incensatori al Bettinelli dell’ Année litté- 
raire *), del Journal étranger 2 ), e de’ Mémoires de 


lui;-gli ufficiali, ai dì nostri ancora, hanno un culto partico¬ 
lare per Dante ; ricordo il Pochhammer, in Germania, il Pedraz- 
zolo in Italia, il compianto generale Bartolomé Mitre, nell’Ar¬ 
gentina) la traduzione sua dell’ episodio d’ Ugolino (1774), lo 
Chabanon la Vie du Dante, il Ducis il suo pasticcio Romèo 
et Juliette, il Palomba, « professeur des Langues italienne et 
espagnole » a Parigi, un suo Choix de Poésies italiennes (più. 
volte è memoria di Dante nel suo Abrégé de la Langm To¬ 
scane, Paris, Lyon, 1768, pp. xi ; 152 ; 205 ; 211, ecc.). Ap¬ 
profitta il Pommereul dei lavori de’ suoi predecessori, nelle 
Notes pour servir à Vintelligence des Lettres , mescolate ad ampi 
estratti di traduzioni di versi danteschi (riproduce, tra altro, 
Y Ode. sur la moi't de Béati'ice, tradotta dallo Chabanon), e ri¬ 
pete talvolta i giudizi del Voltaire; p. 99: « Les Italiens ap- 
pellent le Dante Divin, mais c’est une Divinité cachée, eco. »; 
p. 117: € Si M. de Voltaire nous a fait connaitre le premier 
le Poème du Dante, nous avons à M. de Chabanon l’obliga- 
tion d’avoir vengé le Dante de l’oubli dans lequel on avait 
laissé les Poesies lyriques. Il leur reproche l’obscurité qui est 
le plus grand défaut du Dante, mais il y rógne.... un ton de 
mélancolie qui platt aux àmes tendres ». 

1) Settembre 1758, pp. 169 sgg. Questa critica precede la 
traduzione delle Lettere, fatta dal Langlard. « Il est beau et 
digne de nos jours de voir l’Italie réformant elle-mème ses 
anciens préjugés, assigner enfin aux Dantes et aux Ariostes 
la place qui leur convient.... Une matière si délicate ne de- 
mandait pas une main moins légère, que celle qui entreprend 
ici de toucher cette corde, et il ne reste rien à désirer sur 
cet article ». Più che delle Lettere, 1’ articolo s’ occupa delle 
Poesie dei tre autori : Algarotti, Frugoni e Bettinelli. 

2) 1759, I, 275-302. Il critico conosce le « Riflessioni » e 
le « Note » di Louis Bacine, le due lettere del Martinelli con¬ 
tro il Voltaire, la traduzione latina dell’ episodio d’Ugolino 
compiuta dal Le Beau ; p. 279 : « Il faut avouer que l’objet de 
ces lettres est extrémement délicat. Il s’agit de détruire le 

.culte superstitieux rendu au Dante.... Pour nous, nous allons 
rendre compte.... sans prendre aucun parti, comme simples 
Historiens et non comme juges ». S’afferma tuttavia, a p. 301 : 
« Le sentiment qui nous reste après avoir lu cet amusement 
littéraire, c’est que Virgile n’aura point à reprocher à l’au- 
teur, comme à Dante, de lui faire jouer un personnage in¬ 
digno ». 


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Trévoux !). Nè il Gozzi alla Difesa memoranda avrebbe 
mutato sillaba, sq nessuna ingiuria mai alla memoria 
del divino poeta avesse inflitto il Voltaire. L’apparizione 
del Bettinelli, non è che episodio insignificante nella 
vita del Voltaire, caleidoscopio immenso, riflettente la 
vita, il lavorio intellettuale, lo spirito,le tendenze de’ con¬ 
temporanei e della nazione sua intera. Ben presto il Vol¬ 
taire perdè di vista il gesuita. Che potevano importargli 
i rimorsi bettinelliani tardivi e furtivi, per le folli e 
audaci censure a Dante, gli andirivieni della volubil sua 
critica, le querele, le lotte, le offese, le difese, le pro¬ 
fessioni di fede, le ritrattazioni, i deliri letterari d’un 
uomo sì mediocre? Il Bettinelli ebbe il torto di so¬ 
pravvivergli. Ottuagenario, ancor s’aggrappa all’ on¬ 
deggiante e vacillante sua critica 5 scrive una Disserta¬ 
zione accademica sopra Dante, per impedire, diceva, che 
si ritornasse a Dante e alla fonte impura della sua poe¬ 
sia 2 ). Per fortuna era troppo tardi, e nessuno vi fu che 
l’ ascoltasse. 


1) Amsterdam, 1759, II, 73 sgg. Semplice resoconto della 
traduzione del Langlard, che attribuisce le Lettere all’Algarotti; 
p. 81 : « Le Dante sera renvoyé parmi les livres d’érudition, 
comme un monument rare d’antiquité, mais il n’entrerà dans 
la classe des Poètes que pour quelques morceaux choisis.... 
C’est aux Italiens à juger du fond de cet ouvrage. Il a le 
mérite d’ètre écrit purement, de renfermer de honnes plaisan- 
teries, des vùes nouvelles... ; la traduction est facile, élégante 
et fidèle ». 

2) Da una comunicazione recentissima di V. Mazzelli, Due 
lettere inedite di Saverio Bettinelli in appendice alle ‘ ‘ Lettei’e Vir¬ 
giliane”, nel Giom . 8tor. d . letter . ital., L., 381 sgg., par¬ 
rebbe che il Bettinelli, nell’ottantesimo sesto anno di vita, 
altri sfoghi contro Dante si concedesse, e al « calonico Pe¬ 
trarca », rivolto a Gian Jacopo Dionisi, facesse dire, tra altro: 
« vi confesso poi quest’ altro mio peccato di non aver mai 
lodata la Divina Commedia.... Che colpa è la mia se non potei 
soffrir quello stile, e quelle invenzioni per l’indole mia tutta 
contraria; e sin ne’ miei Trionfi in terza rima, con qualche 
malizia di mostrar al confronto quanto miglior poesia potea 
farsi in argomenti non amorosi, ed anzi scientifici». Pur è ri- 


16 — Farinelli, Voi. II. 


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Voltaire e il suo secolo 


Qu#nto all’ influsso della critica dantesca del Voltaire, 
fuori di Francia, ben può dirsi che l’Italia meno assai 
della critica del gesuita mantovano la conobbe e discusse. 
Solo ai Tedeschi ed agli Inglesi parve imporsi un tempo. 
Ed è deplorevole che nella patria dello Shakespeare 
si ripetessero i giudizi del Voltaire, quando ancor vive¬ 
vano il Coleridge, il Byron e lo Shelley 1 ). 

Sapeva veramente il Voltaire il pensier intimo del- 
l’Algarotti sulla Commedia di Dante, o giocava ad in¬ 
dovinare, quando all’amico suo attribuiva le opinioni e 
le malignità di un Bettinelli 7 2 ). È probabile che non 

petuta la celia voltaixiana : « fra le altre sincerità confessa quel 
suo sbaglio di far dire a Virgilio Ed i parenti miei furon Lom¬ 
bardi, che sarebbe come chiamar Turco Omero perchè la Grecia 
or’ è serva del Gran Sultano ». Ma queste epistole m’ hanno 
1’ aria di una mistificazione. 

1) Osserva R. Lounsbury, Shakespeare and Voltaire , Lon¬ 
don, 1902, p. 446 : « English opinion, which was but little 
affected hy Voltaire’s view of Shakespeare, was a good deal 
influenced by his view of Dante...; his authority gave to it 
both extension and stability. It is in trust à suggestive faot 
that a large share of thè criticai utterance ahout thè Italian 
poet which carne from thè islanders during thè eighteenth 
century was essentially thè same as that which prevailed on 
thè Continent in regard to thè English dramatist ». — Tho¬ 
mas Wàrton (Hist. of. Engl. Poetry, IV, 65) chiamerà la 
Commedia una serie di « disgusting fooleries »; Landor escla¬ 
merà ( Pentameron, ed. London, 1837): « I cannot biit consider 
thè Inferno, as thè most immoral and impious hook that ever 
was written.... Dante.... is thè great master of thè disgusting ». 
Vedi J. Auer, W. S. Landor in seinen Beziéhungen zu den Dich - 
tern des Trecento, Dante, Boccaccio, Petrarca, Miinster, 1903; 
Thompson, Dante and Landor (Modem Language Notes, XX, 
aprile 1905). 

2) Poco dopo la morte dell’ Algarotti, il Bettinelli vendioa- 
vasi ancora malignamente delle proteste, sì placide, alle mal¬ 
vagie sue Virgiliane . Giustificando P accusa del Voltaire, fa 
dire all’Algarotti (Lettere inglesi, VII; Opere, Venezia, 1800, 
XII, 227): «Vi dirò in breve, che non solamente io, ma tutti 
i veri uomini di buon gusto italiani han la medesima opinione 
di Dante e dei cinquecentisti che ha il finto Virgilio, e se la di¬ 
cono talora l’un l’altro, ma nell’orecchio, per non essere uditi ». 


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troppo s’ingannasse il Voltaire stavolta, e elle delle in¬ 
discrezioni dell’Algarotti, a noi celate, qualcosa sapesse. 
Mai, infatti, vampa d’amore, o entusiasmo vero per 
Dante, accese il cuore poco espansivo dell’ amico di Fe¬ 
derico il Grande, discepolo un tempo del Manfredi e 
dello Zanotti. Le epistole in versi lo rivelano poco ri¬ 
spettoso della memoria del sommo poeta. Come il Bet¬ 
tinelli, flagellò pur lui, un tempo, le imitazioni insulse 
della Divina Commedia . Il carteggio suo col gesuita offre 
lacune e intermittenze che ci paion sospette ; ed è dubbio 
ancora ch’egli veramente sia rimasto estraneo allh com¬ 
posizione delle Virgiliane . Sono frequentissimi in lui gli 
ondeggiamenti, prima di approdare alla bell’epistola.al 
marchese di Manara, ove celebra la robusta concisione 
di Dante, l’abilità a tratteggiarvi con quattro pennellate 
una completa figura x ). Le insinuazioni del Voltaire, che 
evidentemente conosceva da una lettera del Bettinelli, 
non l’irritaron punto, nè mostrò esser ferito dall’attri¬ 
buzione che abusivamente gli si faceva delle Lettere di 
Virgilio, nel Journal étranger, e altrove 2 ). Solo nella 


1) Vedi A. Neri, V Algarotti e i vef'si sciolti di tre eccellenti 
autori , nella Mass. bibl. d. letteì\ ital ., IX, 68 sgg., e la recen¬ 
sione di M. Barbi, nel Bull. d. soc. dant., Vili, 382 sgg., 
ove ricordasi un brano d’una lettera dell’Algarotti a F. M. Za¬ 
notti, del 1752 : « Quante vibrazioni non fa un pendolo di qua 
e di là del suo centro, dirò così, prima che vi si acqueti! » 
Già s’ è ricordato come il Baretti credesse aver F Algarotti, « de 
fade mémoire », insegnato al Voltaire « à mépriser Dante ». 
Troppo esagera nell’Algarotti la virtù poetica, C. Berardi, 
Dell 1 opera poetica di Francesco Algarotti , Bozzolo, 1902. 

2 ) Non credo che F autore della recensione delle Lettere, nel- 
VAnnée littéràire , 1759, I, 73 sgg., sia lo stesso padre Zaccaria 
(vedi Bertana, nel Giorn. stor. f XXVIII, 223), che attaccò 
l’operetta ingiuriosa, nelle Memorie per seì'vire alla storia letter. 
d 1 Italia, XI, 385. Il Bettinelli medesimo chiamava le Lettere sue, 
« un capriccio, una pazzia, uno scherzo fatto per impegno », e 
pregava Francesco Benaglio (settembre 1758) di non rivelare a 
nessuno ch’egli ne era Fautore (Vedi Bertana, Giorn. stor., 
XXXIII, 409, e C. Magno, Dante e Bettinelli , nel Giorn. d } eru - 


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Voltaire e il suo secolo 


dedica delle Epistole sue in versi, a M me Du Bocage 
(28 dicembre 1758), muove lamento al Bettinelli d’averlo 
compreso nel triumvirato funesto A ) ; esalta allora Dante, 
poeta veramente sovrano, benché nato in rudi tempi, 
degno d’esser profondamente rispettato e studiato da 
chiunque aspiri all 9 alta poesia; rimembra i versi del Pa¬ 
radiso (XVII): « Cliè, se la voce tua sarà molesta | nel 
primo gusto, vi tal nutrimento | lascerà poi, quando sarà 
digesta ». Da questi elogi, M me Du Bocage che offriva 
un dì (2 gennaio 1750) all’Algarotti « i primi frutti » 
della sua « scienza nella lingua italiana », e diceva spe¬ 
rare dai « gratissimi et dottissimi auttori » d’Italia che 
leggeva, « far transcorrere qualche scintilla del loro foco » 
ne’ suoi versi 2 ), non fu scossa. Dante non avrebbe 
potuto sostituire mai il Milton e il Tasso, gli « eroi » 


diz. f 1890, II, 46). — L’abate de Sade scriveva, ne’ Mémoi- 
res pour la Vie de Francois Pétrarque, Amsterdam, 1764, voi. I, 
p. xcix: «On n’est pas d’accord sur les Auteurs de ces let- 
tres ingénieuses : on les attribue à M. le comte Algarotti, au 
Pére Bettinelli et à M. l’abbé Frugoni ». A p. ci il de Sade 
torna a ricordare gli « auteurs des lettres de Virgile aux Ar- 
cades ». 

1) Vedi Gioin. Dant., VII, 408. — Una lettera del Frugoni, 
che rinfaccia al gesuita lo zelo esagerato del Bettinelli, lettera 
analoga a quella scritta a Nidalma (ricordata dal Bouvy, p. 56), 
fu messa in luce, nel 1895, da G. Zannoni, Una lettera inedita 
di C. J. Frugoni a Lodovico Antonio Loschi , Roma, 1895 (per 
nozze Flamini-Fanelli): « Non dico che le Lettere Bettinelliane 
non sieno scritte con sapor di lingua e con eleganza. Dirò 
bene che poteva lasciar que’ nostri primi padri della poesia 
in pace, e non ne turbare i riposi sì arditamente.... Perchè 
volere a tante età ed a tante nazioni opporsi, e farle tutte 
passare — per tante balorde ? Io non le approvo ; come non ò 
approvato mai, ch’egli, me vivente, senza consultarmi, abbia 
stampato^tutti que’ miei versi sciolti.... S. Ignazio gliel per¬ 
doni. Io non posso perdonarglielo ». 

2) Toglie questa lettera dalla Biblioteca Civica di Torino, 
L. G. Pélissier, e la pubblica, con altre Lettres de divers écri - 
vains frangati, Paris, 1907 (estratto dal Bull, du biblioph.), 
pp. 38 sg. 


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Voltaire e il suo secolo 


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suoi maggiori, da cui toglieva le maggiori sue ispira¬ 
zioni !). 


l) Nella Prefazione alla traduzione del Tempie de la Renom- 
mée del Pope ( Recueil des CEuvres de M^du Bocage, Lyon, 1764, 
I, 200), parla delle finzioni allegoriche, e sembra ignorar 
Dante completamente. « Les Troubadours et Pétrarque qui 
prit d’eux l’idée de ses Poésies, s’en servirent avec succès; 
Boccace et Chaucer.... les imitèrent. L’Arioste s’y livra à 
Pexcès...; les Italiens le préfèrent au Tasse qui en usa plus 
sagement ». Trovi però un* allusione a Dante, ne’ ricordi di 
viaggio in Italia (lettera da Bologna, 9 giugno 1757): « Les 
cendres du Dante né à Florence reposent à Ravenne.... Ce 
poète du parti des Gibelins y fut exilé par les Guelphes. Le 
Cardinal Bembo Vénitien répara et orna aon tombeau de cette 
nouvelle épitaphe ». Segue V epitaffio, ricordato da altri viag¬ 
giatori francesi nei secoli XVI, XVII e XVIII (ne* ricordi di 
Firenze il nome di Dante compare accanto al Machiavelli, al 
Vespucci, al Petrarca, al Boccaccio), riprodotto dal Rogis- 
sart, Les Délioes de VItalie, oontenant une deseription exacte du 
Pais f des principales Villes , de toutes les antiquités..., ediz. di 
Parigi, 1707, II, 12 (« Dans le cloltre des Franoiscains on 
voit le tombeau de Dantes, célèbre poète Toscan, qui inourut 
en exil à Ravenne »*). Dantes, o Dantez, è nominato ancora, in 
quest 2 opera caotica, fra gli uomini illustri di Firenze, I, 243 ; 
261. — L’autore délVoyage historique d } Italie (La Haye, 1729), 
che attinge con frequenza alle Délices f ostenta vero disdegno 
per la poesia italiana contemporanea, e incontra dovunque in 
Italia i degni successori di « Maestro Pasquino ». Una volta 
(I, 564; Firenze, 26 marzo 1719) egli ha pur nominato Dante: 
« Les Fiorentine s’imaginent ètrc les premiere hommes du 
Monde pour ce qui regarde les Lettres, et cette présomption 
n’est fondée que sur ce que Florence, ou son territoire, a 
donné la naissance à Pétrarque, Dante, Boccace, Politien, Fi- 
cin, Paimero [Palmieri], et à plusieurs hommes illustres ». — 


*) Chino sulla tomba di Dante a Ravenna, l’autore de’ Mémoires d’Ou- 
tre-Tombe, che, in tutti i fastosi suoi poemi in prosa, poca stima rivelò sem¬ 
pre per il poeta della Commedia, è preso, a un tratto, come l’Alfieri e Lord 
Byron, da un « frisson d’admiration » (V, p. 9 sgg.). « Devant le tombeau, 
Béatrix m’apparaissait. Je la voyais telle qu’elle était lorsqu’elle inspirait 
à son poète le désir de soupirer et de mourir de pleura.... Le sérieux convient 
à la tombe.... Aux yeux de l’avenir, il n’y a de beau que les existences mal- 
heureuses. A ces martyrs de l’intelligence, impitoyablement immolés sur 
la terre, les adveraités sont comptées en accroissement de gioire : ils dor- 
ment au sépalcre avec leura immortelles soufirances, comme des rois avec 
leur couronne ». 


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Voltaire e il suo secolo 


Meno sinceri ancora degli elogi dell’Algarotti, seui- 
bran quelli sfuggiti alla penna facile, briosa e leggera 
del Baretti *). L’avversione per il Voltaire, il bisogno 
di sfogare la bile interiore, 1 ’ amor proprio di Italiano 
offeso dall’audace insania de’ detrattori stranieri, inca¬ 
paci di comprendere lo spirito vero della favella d’Italia, 
animano via via PAristarco novello, gli prestano un en¬ 
tusiasmo fittizio per la Commedia, che non potè gustar 
mai, che trovava istruttiva, ma profondamente tediosa. 
Malignamente avrebbe sorriso il Voltaire di questo rivale, 
« nouvel Arétin », come con disdegno lo chiama, se nella 
Frusta (XX) avesse potuto legger la critica alla Commedia, 
alla quale, sopra ogpi altra cosa, mancava la virtù di farsi 


« Depuis que je suis en Italie », scriveva da Firenze il Mon¬ 
tesquieu, nel 1728, « j’ai ouvert les yeux sur les arts, dont 
je n’avais aucune idée ». L’emozione dell’artista è però sempre 
mancata a questo gran rimestatore d’idee, che gustava mediocre¬ 
mente la poesia. Nè stupisce che a Dante mai non accenni il 
Montesquieu ne’ ricordi suoi di viaggio. A Firenze nota asciut¬ 
tamente : « 11 est Sorti de Florence, de tous temps, de grands 
hommes et de grands génies » ( Voyages de Montesquieu, pubi, 
par le baron A. db Montesquieu, Bordeaux, 1894, I, 168. 
Vero è che a noi solo è pervenuta una minima parte delle 
note relative a Firenze, raccolte durante il soggiorno in questa 
città). — L’ abate Barthélemy, autore del Voyage du jeune 
Anacharsis {CEuvres div. de J. J . B., Il a parte, Parigi, anno VI, 
p. 131), ricorda (ottobre 1755) l’affresco della chiesa di Santa 
Maria Novella, nella cappella degli Strozzi, 4 figurant la co- 
médie de Dante », che aveva colpito il Presidente de Brosses 
{VItalie il y a cent ans f I, 284), e non dimentica che Firenze, 
« la capitale des arts dans leur renaissance », è pur stata 
« la patrie du Dante et de Michel-Ange ». — Sul Lalande 
{Voyage t 1765-66, assai lodato dallo Chateaubriand), che tro¬ 
vava Dante « sublime, mais difficile », e invocava una tradu¬ 
zione francese ragionevole del poema divino, dolente che il 
Colbert d’Estouteville avesse sepolta la sua, vedi Oelsner, 
Dante in Frarikreich, p. 85, nota 105. 

l) Nel Dictionnaire philosophique (art. Critique ), il Baretti 
figura fra i rospi che « passent pour sucer le venin de la terre, 
et pour le communiquer à ceux qui les touchent ». 


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Voltaire e il suo secolo 


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leggere rapidamente e con diletto *). Con meno asprezza 
del Baretti, e con serietà maggiore, il veronese Torelli 
confuta l’articolo incriminato del Voltaire su Dante - 
vent’ anni dopo la pubblicazione della Lettera intorno 
a due passi del Purgatorio (Verona, 1760), prima di 
stendere le Postille sulla Divina Commedia (stampate a 
Padova, nel 1822) - in una Lettera su Dante Alighieri, 
indirizzata al marchese Gherardini (Verona, 1781), mo¬ 
derata assai ne’ giudizi, ove la traduzione voltairiana del¬ 
l’episodio di Guido è ritradotta fedelmente, perchè si 
vedesse quanto ridicolo fosse il travestimento. Al biasimo 
ingiusto, il Torelli opponeva il caldo elogio, la sincera 
ammirazione 1 2 ). 

Morto il Voltaire, prima che venisse in luce quella 
epistola, non ebbe risposta l’avversario cortese, che co¬ 
ronava la critica sua con un complimento al* detrattore 
illustre di Dante, capace indubbiamente, con autorità 
maggiore di qualsiasi altro straniero, di favellare del 
poeta, se non gli fosser mancati gli studi necessari per 
comprenderne i pregi. Altri attacchi posteriori, del Pin- 
demonte, del Denina, di Giuseppe Cesare, di Liborio 
Angelucci, non turbaron punto il riposo e l’ultima pace del 
patriarca 3 ). Ma il Voltaire nutrì un cruccio vivo per due 
altri Italiani, complici di un’ edizione novella della Divina 
Commedia, comparsa a Parigi - dieci anni dopo quella 
dello Zatta - nella collezione de’ classici italiani, che al- 


1) « Ma perchè nessun fiorentino volle mai concedere, che 
a quella Divina Commedia manca il potere di farsi leggere 
rapidamente e con diletto? » Vedi L. Piccioni, Studi e ncer- 
che intorno a Giuseppe Baretti, Livorno, 1889, p. 224. 

2) Vedi G. Zacchetti, La fama di Dante in Italia nel se¬ 
colo XVIII, Roma, 1900, p. 223 sgg. 

3) Il Bertana ( Giorn . stor., XXXIII, 415) suppone, credo 
a torto, un’ allusione al Voltaire, negli sciolti di Benvenuto 
di S. Raffaele, VItalia (Torino, 1772), diretti evidentemente 
contro il Bettinelli: «Aspro censor che rampognarlo [Dante] 
ardisca, | non altro speri guiderdon de’ suoi | mal locati sudor, 
che biasmo e risa ». 


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Voltaire e il suo secolo 


lesti va il libraio Marcel Prault (1768) *): l’abate Marrini, 
autore d’una Vita di Dante, candida e sbiadita assai 1 2 ), 
e Vincenzo Martinelli, che ardiva ristampar qui le due sue 
lettere aggressive di Londra. Ferito dall’attacco inaspet¬ 
tato, il Voltaire fa dapprima de’ due Italiani una sola per¬ 
sona, e, con l’abituale sua vivacità, cerca un sollievo alla 
sua collera, e assale il povero Marrini, che pagava per 
il collega, flagellato più tardi nelle Lettres Chinoises. 
Queste furie del grand’uomo irritato s’aggiunser poi, dal 
Voltaire, o da altri (la verità su questo punto ci sfugge 
ancora), alla prima stampa dell’epistola, notissima, al 
Bettinelli ; ed è peccato che ai dì nostri ancora non si 
voglian separare le due missive, scrìtte in epoche dif¬ 
ferenti. «Enbonne logique», dice, a proposito di que¬ 
sta lettera, un traduttore dell 'Inferno di Dante, offeso 
da una critica oltraggiosa del La Harpe 3 ) « c’était le 
Docteur Vincent Martinelli qu’il fallait donner au diable, 
et non ce pauvre Abbé Marrini. Ce quiproquo démontre 


1) « Elle est faite avec soin et mèrito d’ètre reclierchée par 
les amateurs ». È l’opinione di Moutonnet de Clairfons, 
La Divine Comèdie de Dante Alighiei'i - VEnfer, traduction fran¬ 
gale..., Paris, 1776, p. 29. — Nel 1768, lo stesso editore 
Prault stampava un Vocabolario portatile per agevolare la let¬ 
tura degli autori italiani ed in ispecie di Dante. — Venti anni 
più tardi, nel 1787, veniva in luce a Parigi un’edizione ita¬ 
liana della Divina Commedia, preceduta dal cenno sulla Vita 
di Dante , scritta dal Dolce, a mezzo il secolo decimosesto, 
e dai Francesi accolta con indifferenza maggiore della pre¬ 
cedente. 

2) Moutonnet de Clairfons, nella Vie de Dante che pre¬ 
cede la traduzione dell’ Inferno, confessa (p. 2) : « Je ferai 
sur-tout usage de celle que l’abbé Marrini nous a donnée en 
Italien ; elle est courte, précise, et contient à peu-près tout ce 
qu’on peut désirer sur cet article ». 

3) Année littéraire, 1776, p. 117. Moutonnet de Clairfons 
supponeva semplice e puro fantasma l’abate Bettinelli, « un 
ètre imaginaire ». « S’il a réellement existé, il est mort ac- 
tuellement, en sorte que l’on ne peut avoir recours à son té- 
moignage ». 


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Voltaire e il suo secolo 


249 


évidemment que M r de Voltaire ne connait pas l’édition 
de l’abbé Marrini, et qu’il s’en est rapporté au témoi- 
gnage de quelque courtier de la littérature, qui lui aura 
mandé, en gros, qu’il paraissait une nouvelie édition de 
Dante par l’abbé Marrini, dans laquelle il n’était pas 
ménagé. M r de Voltaire, sans faire de plus amples re¬ 
che rcbes, aura sur-le-champ écrit la lettre ». 

Ed ecco Dante nuovamente giudicato e condannato, 
vittima del « genus irritabile vaturn ». E, mentre il De 
Jaucourt, nell’articolo Gibelin dell 'Encyclopédie (1757, 
t. VII), variando, a modo suo, le notizie trasmesse, osava 
dire : « les gens de gout liront toujours le Dante ; cet 
homme 4e génie, si long-temps persécuté par Boni- 
face Vili pour avoir été gibelin, a exhalé dans ses 
vers toute sa douleur sur les querelles de l’Empire et 
du Sacerdoce », — il Voltaire, intento a frustare il di¬ 
sgraziato, «qui avait dit des injures à Bayle» e che a lui 
pure rinfacciava « comme un crime de préférer Virgile 
à son Dante », ritiene audace e arrischiata quanto mai 
l’impresa dell’editore novello. Si leggerà l’Ariosto ognora ; 
non si leggerà Dante mai. Le ingiurie formicolano in que¬ 
sto biglietto violento : « Je vous prie de donner au diable 
il signor Marrini, et tout son enfer, avec la panthère 
que le Dante rencontre d’abord sur son chemin, sa lionne 
et sa louve. Demandez bien pardon à Virgile qu’un poète 
de son pays l’ait mis en si mauvaise compagnie. Ceux 
qui ont quelque étincelle de bon sens doivent rougir de 
cet étrange assemblage, en enfer, du Dante, de Virgile, 
de saint Pierre et de madona Béatrix. On trouve chez 
nous, dans le XVIII 6 siècle, des gens qui s’efforcent 
d’admirer des imaginations aussi stupidement extrava- 
gantes et aussi barbares ; on a la brutalité de les op- 
poser aux chefs-d’oeuvre de génie, de sagesse et d’élo- 
quence que nous avons dans notre langue. 0 tempora ! 0 
judicium ! » 0 poeta filosofo, incapace di riflessione pro¬ 
fonda e pacata - vien voglia d’esclamare - placa i tuoi 
crucci, il desiderio di vendetta non acciechi la mente tua 


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Voltaire e il suo secolo 


infiammata ! *). A questi scoppi di folgore voltairiana non 
convieu dare valore soverchio. Perdoniamo al poeta d’aver 
fatto discendere all’ inferno, con Dante e Virgilio, Bea¬ 
trice e San Pietro 1 2 3 ). Certo si sarebber trovati in buona 
compagnia. Le effusioni dell’ indiavolato suo spirito non 
comportano un rincrescimento mai. Le inesattezze del Vol¬ 
taire, frutto d’una imaginazione sdegnosa di sorveglianza 
e di freno, si seguono imperturbabili. Il La Harpe, de¬ 
votissimo al suo maestro e protettore, chiamava quegli 
scoppi d’ira « vraiment poétiques », poiché colpivano i 
« nemici del gusto » ; « l’expression plaisamment exa- 
gerée, ne doit pas plus ètre prise au pied de la lettre, 
que la colóre d’un musicien qui crie 4 bourreau ! ’ lors- 
qu’on joue faux. L’oreille du goùt peut étre tout aussi 
facilement déchirée que celle de l’harmonie » 8 ). 

La diatriba del Voltaire si chiude con un tratto umi¬ 
liantissimo per Dante. Opporre quelle imaginazioni bar¬ 
bare dantesche ai capilavori dell’ arte vera, quale follia I 
Ritroviamo questo lamento e questa sorpresa - chi lo 
crederebbe 7 - nella critica, spoglia d’ogni indignazione, 
della Perfetta Poesia del Muratori, prodigio di pazienza, 
di dottrina e di sagacità, come tutti sanno. « Noi », dice 


1) Lo stesso cruccio assale il Voltaire, quando legge, in 
un’edizione dello Shakespeare, le impertinenze contro i critici 
stranieri. E, come nella lettera contro il Marrini, rovescia la 
collera sua in un articolo del Dictionn . philos. : « J’aijetéles 
yeux sur une édition de Shakespeare, donnée par le sieur 
Samuel Johnson. J’y ai vu qu’on y traite de petits esprits 
les étrangers, qui sont étonnés que, dans les pièces de ce 
grand Shakespeare, un sénateur romain fasse le bouffon, ecc. ». 

2) Benché il Voltaire confonda qui miseramente il Paradiso 
coll Pnfei'nOt offre un deboi ricordo ancora della critica di Louis 
Racine ( CEuvres, III, 478): Dante «en y entrant..., voitle visage 
de Saint Pierre, et des Saints qui sont avec lui, changer de 
couleur, s’enflammer de colóre. Saint Pierre, à cause qu’il 
voit un Italien, s’écrie: * C’est de colóre que nous changeons 
de couleur, etc.’ ». 

3) Sur une traduotion de la Divine Comédie , in Littérature et 

critique, 1778. 


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lo storico insigne, « che per riverenza non accusiamo già, 
ma nè pur lodiamo Dante per la sua oscurità 5 accuse¬ 
remo bensì di pessimo gusto coloro che amano più tosto 
e lodano più la notte d’alcuni vecchi scrittori, che il 
giorno risplendente dei nuovi » *). La voce del La Harpe, 
imprecante « la nuit épaisse et infecte » che circondava 
Dante, non sarà che eco tardiva della voce del Voltaire. 
« L’on vient aujourd’hui vous dire au milieu des lumiè- 
res qui nous environnent : Fermez les yeux aux clartés 
de l’astre du jour ». 


$ 

All’epoca adunque in cui il Voltaire improvvisava i 
suoi articoli per il Dictionnaire philosophique, l’indiffe¬ 
renza per la poesia dantesca è pressoché assoluta in 
Francia. Fitto e tenebroso ognor più è il caos dell 'Inferno 
di Dante, cupo e tetro. La grand’ arte, l’arte vera ri¬ 
splende di viva luce altrove. E il filosofo, nemico delle 
tenebre, benediceva i prodigi « de sagesse et d’éloquence », 
toccati in sorte alla patria sua. Per gran tempo le as¬ 
surdità di Dante non gli strappan parola. Il nome stesso 
del poeta più non ricorre alla sua penna, che scrive sugli 
antichi e sui moderni, sulla poesia di tutte le nazioni, 
su tutti i generi della poesia ammessi, come se Dante 
mai non fosse esistito 1 2 ). Parecchi articoli del Diction¬ 
naire, quello sulla Donation de Constantin 3 ), altri, sul- 


1) Vedi su questa confessione muratoriana della Pei fetta 
Poesia (lib. II, oap. IX), il Bull. d. soc. dant., IX, 10. 

2 ) « Ils sont accablés des noms d’Homère, de Virgile, de 
Sophocle, de l’Arioste, du Tasse, et de tous ceux qui ont en- 
chanté la terre par les productions harmonieuses de leur génie » 
( Diotionn. philos,). 

3) « Quand on fait réflexion que cette belle histoire a été 
en Italie une espèce d’article de foi.... ». Essai sur les moeurs 
(cap. X) discuteva già, senza il minimo ricordo a Dante, le 
« fausses légendes des premiere chrétiens », 1’ « imposture » 
sulle quali appar fondata la donazione di Costantino. 


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Voltaire e il suo secolo 


VÉpopée, VEnfer, il Paradis, il Purgatoire, avrebber 
dovuto indurre il Voltaire a ricorrere alla Divina Com¬ 
media, non foss’ altro che per attingervi documenti e 
testimonianze storiche, come un tempo facevano i po¬ 
ligrafi di Francia, gli amici ed i corrispondenti del Pei- 
resc. È all’autorità di Virgilio che il Voltaire ricorre 
instancabile. L’ Eneide gli offre in gran copia le citazioni 
in versi, disseminate ne’ suoi articoli. 

La vena de’ suoi discorsi, mordaci e spiritosi, che tutti 
i soggetti inonda, e tutto involge nello scherzo, non è 
minacciata di esaurimento mai. Tutto lo scibile umano 
attraversa il suo cervello. Novello Atlante, sorregge la 
calotta del suo mondo, con prodigiosa facilità. Nulla 
lo stanca. Con tutto egli trastullasi e si diverte ; e come 
nessun altro sa divertire e distrarre. Più avanza nella 
vita, più la sfera delle idee sue si allarga, meno concede 
al potere dell’ imaginazione poetica. La ragione invade 
ed usurpa il mondo tutto. La ragione è il sole, la gran 
luce del mondo. Il Voltaire acuisce sempre più la sua 
critica. L’arte ingenua più non l’attrae. Condanna nella 
poesia ciò che troppo s’innalza, quanto sfugge alla rapida 
e chiara sua intelligenza. 

Guardate com’ egli giudica delle cose divine, come 
sorride dei misteri dell’ anima che l’uomo intravvede 
ne’ sogni suoi febbrili, e tenta investigare indarno. La 
metafìsica non può esser di pascolo che ai cervelli oziosi. 
« Qui me donnera une idée nette de l’infini ? Je n’en 
ai jamais eu qu’une idée très confuse. N’est-ce point 
parce que je suis excessivement fini ? » Così comincia un 
suo articolo sull’ infinito, la cui nozione è visibilmente 
« dans le fond du tonneau des Danaides ». Il lato irre¬ 
ligioso s’accentua sempre più nel suo carattere, e l’età 
avanzava, copri vasi di rughe la fronte, senza che il filo¬ 
sofo, 1’ eremita di Ferney, gettasse ancor uno sguardo, 
velato di mestizia, negli spazi immensi dell’universo, 
e negli abissi delle eterne cose. La religione non è che 
superstizione. I popoli ne sono facilmente acciecati. I 


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delitti più odiosi son frutto del fanatismo. Occorreva 
combattere ad ogni costo quegli errori, armarsi di scritti 
satirici, opporre il catechismo proprio al vangelo, pre¬ 
dicato dai bigotti e dai Tartufi. Se un Dio esiste, non 
contrasterà sicuramente coi principi della sana ragione. 
La ragione stessa ha foggiato quel Dio. Il Voltaire tratterà 
la Bibbia, come trattò il sacro volume di Dante ; toglierà 
da essa, un tempo, svago e diletto, per poi ripudiarla, 
disgustato. Falsificati o no, i Libri santi gli sembran 
noiosissimi, assurdi quanto mai. Il ritorno alla fede con¬ 
durrà i Francesi, come condusse i Tedeschi, ad uno studio 
più serio, più meditato e profondo del poema dantesco. 
Che altro è la Pucelle, se non una parodia continua di 
tutto ciò eh’ appar sacro nella coscienza dell’ uomo, un 
seguito di schiaffi sonori al folle nostro entusiasmo? *). 

Stupisce che il Voltaire abbia segnalato ai contempo¬ 
ranei l’epopea cristiana del Milton, non condannando 
che a metà quanto il celebre articolo del Dictionnaire e 
la critica, del Candide dovranno frustar poi con ama¬ 
rezza 1 2 ) : le « tristes extravagances », le imaginazioni che 
ripugnano alla ragione, le « histoires dégoùtantes et abo- 
minables », le « injures grossières », le dispute dei dia¬ 
voli, negli abissi d’inferno, « sur la gràce, sur le libre 
arbitre, sur la prédestination » 3 ) ; stupisce che, senza ri- 


1) Doveva, beninteso, urtare lo Schiller (« Dem Herzen 
will er seine Sehàtze rauben » - Das Màdchen von Orleans), Si 
è ristampata recentemente, nei Neudrucke literarhistorischer Sel- 
tenheiten, n. 3, Berlino, 1905, la traduzione tedesca della Pu¬ 
celle, comparsa quattro anni dopo la morte del poeta della 
Jungfrau von Orleans, 

2) Dubito che il Voltaire abbia veramente « popularisé en 
France Milton et le Paradis Perdu », come pretende J. M. Tel- 
leen, nella tesi, Milton dans la littérature frangane, Pa¬ 
ris, 1904, p. 58. 

3 ) Tele, dans l’amas brillant des réves de Milton, 

On voit les liabitants du brùlant Phlégéton, 

Entonrés de torrents de bitume et de fiamme, 

Raisonner sur l’essence, argumenter sur l’àme, 


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Voltaire e il suo secolo 


serva, ammiri i « traits majestueux » co’ quali il poeta 
britanno « ose peiudre Dieu », il soggetto medesimo, 
meno bizzarro senza dubbio di quello della Commedia 
dantesca, poiché rivelava « je ne sais quelle horreur 
téuébreuse, un sublime sombre et triste qui ne convient 
pas mal à l’imagination augi ai se ». 

Un poema epico perfetto difficilmente trascura il me¬ 
raviglioso, l’azione svolta nelle sfere oltreterrene. Una 
escursione leggera nelle regioni del sovrannaturale dava 
ali alla fantasia. Il Voltaire lancia adunque, lui pure, la 
navicella sua nel mondo invisibile. A questo volo, poco 
elevato sulla sfera terrestre, occorreva, più che ardire, 
prudenza e circospezione. « Le merveilleux méme doit ètre 
sage », dirà il Voltaire; « il faut qu’il conserve un air de 
vraisemblànce, et qu’il soit traité avec goùt » x ). Il me¬ 
raviglioso cristiano era precisamente quello che più ri¬ 
pugnava a cotesto « gusto ». Solo le divinità pagane ap¬ 
parivano conciliabili coll’ epica Musa. La voce del Boileau 
gridava ancora, minacciosa : « De la foi d’un clirétien les 
mystères terribles | d’ornements égayés ne sont point 
susceptibles ». A questo grido, il Voltaire aggiunge il suo, 
non meno temibile, non meno temuto. Avrebbe condan¬ 
nato pur lui, quanto il Boileau, «en un sujet chrétien | un 


Sonder les profondeurs de la fatalité, 

Et de la prévoyance et de la liberté. 

Ila creusent vainement dans cet abime immense. 

Disputes en Métaphysique, 1741. 

1) '« Dans un siècle où les croyances nationales étaient at- 
taquées comme dans le nò tre, il fallait en composant une 
épopée réunir le merveilleux et le vraisemblable pour satisfaire 
à la fois le peuple et le philosophe.... C’est dono en quelque 
sorte dans un songe mystérieux qu’il (Virgile) voit tout ce 
qui se passe en réalité dans les Enfers et dans l’Elysée. Cette 
heureuse idée satisfait également la raison et l’imagination. 
C’est ainsi que dans la Henriade Saint Louis fait descendre 
les songes autour de Henri IV, avant de lui faire voir les 
cieux et sa postérité ». - Delillb, L’Énéide tradui te, Paris, 1804, 
II ( Eemarques sur le livre VI). 


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auteur à la fois idolatre et paien ». Consacra, nel Siècle 
de Louis XIV, una breve notizia a vAntoine Grodeau, 
« poète, orateur et historien », per biasimare il poema 
dei Fastes de VÉglise, che pretendeva rivaleggiare coi 
Fasti d’Ovidio. « C’est une grande erreur de penser 
que les sujets chrétiens puissent convenir à la poésie 
comme ceux du paganismo, dont la mythologie, aussi 
agréable que fausse, animait toute la nature ». Era d’altro 
avviso il Varano, mosso un dì a lanciare al Voltaire e a 
tutti coloro che s’eran dissetati alle « impure fonti » del 
Bayle, una sfida audace. Crede vasi invaso il Varano 
dallo spirito di Dante, e, dalle leziosaggini in rima, 
dolci e tenere, dalle puerilità dell’Arcadia passa alle Vi¬ 
sioni dantesche; scalda l’imaginazione sua frale, per ce¬ 
lebrare, degnamente, senza il mitologico ingombro dei 
primi saggi, i misteri e le grandezze della religione, di¬ 
sprezzati dal Voltaire !). Discute, con enfasi, della pre¬ 
scienza divina, della grazia, del libero arbitrio. Ma lo 
spirito di Dante, chiuso nei cieli, giammai si comunica 
a questo rinnovatore della « morta poesia ». La sua 
« Messiade », pazzamente celebrata come degna del Klop- 
stock, non è migliore punto dei miserevoli Fasti del 
Grodeau. 

Il figlio dell’ immortale Bacine vibrava sulla deboi 
sua lira le ispirazioni devote, nel tempo stesso in cui 
il Voltaire dava libero sfogo alle effusioni sue nella 
Fucelle. Sinceramente credente, non d’una pietà im¬ 
posta e artefatta, come il Varano, Louis Bacine avrebbe 
potuto, col favor delle Muse, far cosa non sciatta e 
non volgare. Ma il bacio che feconda glie lo negavan 


1) Le Visioni non ebber forma definitiva che nel 1766. Se¬ 
condo la Vita del Varano, posta dal Paravia in testa all’edi¬ 
zione di Venezia, 1820 (citata dal Bertana, Giornale stor 
XXXIII, 421), il Varano avrebbe scambiato lettere col Voltaire. 
Particolare sfuggito al Cambini nel saggio, Alfonso Varano 
poeta di Visioni , Ferrara, 1904, che giudica però le Visioni 
con maggior temperanza dello Zumbini. 


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Voltaire e il suo secolo 


le dive invocate. Privo di genio, mette in bei versi, nel 
poema La Grdce, i pensieri di Sant’Agostino, del Pascal, 
del Bossuet, e usa dello stesso facile espediente, che rende 
vana e superflua ogni invenzione propria, nel poema più 
noto La Beligion. Malgrado la monotonia fastidiosa, in¬ 
sopportabile, il Bacine trovò ben presto ammiratori in 
Germania e in Italia. L’abate Filippo de’Venuti, uno dei 
corrispondenti italiani più assidui del Montesquieu *), che 
tradusse il sacro poema francese in versi sciolti, deplorava 
timidamente, nella prefazione, che Dante « non favoloso 
Poeta, ma Teologo Cristiano ed Uomo Divino dal Boc¬ 
caccio appellato », non avesse avuto, « per una specie 
d’infortunio », che « pochi ammiratori », e « molto meno 
imitatori ». La sua Commedia, « il più antico de’ nostri 
Poemi epici (se pur con tal nome chiamar si deve), in 
qualche maniera alla Keligione appartiene, ed essere po¬ 
teva un Modello sbozzato per chi con più arte di quella 
trattare intraprender volesse» 1 2 ). Implacabile con Jean- 
Baptiste Rousseau, il Voltaire è indulgente col Bacine. 
Il poema che esalta la religione gli è di tedio ; il misero 
calco dei Pensieri del Pascal non gli sfugge; eppur vi 
trova i soliti « beaux traits ». Fu ventura per il Bacine, 
vissuto all’ombra del padre glorioso, l’aver rimato, con 
candore, mistici soggetti, senza menomamente urtare 
l’ambizione del grand’uomo, che rispettava e temeva. 
Una parola audace, un’ insolenza sola a suo riguardo 
avrebber bastato per scatenar rapido e violento l’ura¬ 
gano, per metter a pezzi, con una critica spietata, l’edi¬ 
ficio sì fragile de’ suoi poetici trastulli. 

Dalla seconda metà del secolo, innanzi, il Milton è in 
voga in Francia. Il 'Paradiso Perduto appar l’oracolo 


1) Lettres familières du Président de Montesquieu ..., Paris, 1767, 
p. 19 ; 30 ; 263, eoe. 

2) Della Religione, Poema .... tradotto dal Francese m versi To¬ 
scani sciolti dall’abate Filippo de’Venuti, Avignone, 1748, 

p. XXII. 


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della Musa epica cristiana. Alla Commedia divina ap¬ 
pena v’è chi osa avvicinarsi, prevenuti com’eran tutti 
contro di essa. Da qualche frammento dell’ Inferno, la 
Commedia intera è giudicata, e condannata. Il Ri varo 1 
medesimo appena ardisce varcar la soglia del Purgatorio . 
Scrive il nipote del Colbert, in una prefazione all’ « amy 
lecteur », ch’ei viene, « à genoux », per chiedere « un 
peu d’indnlgence pour sa tradnction de Dante », e oc¬ 
culta l’opera sua, nata morta, e tardi conosciuta dal- 
l’amico lettore. I traduttori del Milton : il Dapré de 
Saint-Maur, il Bacine, il Mosneron, 1’ abate Delille, altri 
ancora, non hanno scrupoli siffatti. Racine il giovane 
sacrifica coraggiosamente Dante all’altare del poeta in¬ 
glese !). M me Du Bocage, celebrata dal Voltaire, perchè 
capace dei « transports divins » del Milton, oppone al 
« Paradis » dell’« Homère des Anglais » un Paradis ter¬ 
restre 2 ), sì tedioso, sì pedestre e sì sciatto, da destare in 
noi vivo il desiderio di ricuperare prestissimo il Para¬ 
diso Perduto 3 ). I Paradisi « perdus », o « reconquis », 
piovono, tuttavia, dal cielo, per tutto il secolo, sulla 


1) Il Rolli, traduttore italiano del Milton, e dal Racine 
ostinatamente consultato, offre un confronto fra Dante e lo 
Shakespeare. — Del Paradiso Perduto, poema inglese di Giovanni 
Milton , Londra, 1735 ( Vita di G. MUton ): «Di lui (Shake¬ 
speare) dico quel che asserisco di Dante : cioè eh 7 eglino due 
soli mi fanno altamente meravigliare d’aver i primi tanto 
sublimamente poetato nella loro lingua.... Desidero poi che 
gl’inglesi lettori osservino qualche maggioranza in Dante e 
nella di lui favella, ecc. ». 

2) Onorato, oltre ogni suo merito, da una traduzione ita¬ 
liana di Gaspare Gozzi. 

3) « Le désir de te suivre enflamme mes esprits ; | mon àme 
croit sentir le beau feu qui t’anime, | je m’égare, peut-ètre, 
en cet essor sublime » (Mme Du Bocage a Milton). Pretendeva, 
d’altronde, correggere e migliorare il suo modello: « j’ai crù 
pouvoir retranoher, comme étrangères au sujet, les comparai- 
sons prises de la Fable, les jeux des Diables dans les En- 
fers, et plusieurs autres morceaux » (Prefazione del Paradis 
terrestre ). 


17 — Farinelli, Voi. Et. 


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Voltaire e il suo secolo 


dolce e ferace terra di Francia. L’abate di Labeaume, 
il Lafaye ne forniscono a piacere. A una prima Cìmte 
de Vhomme, cantata dal Durand (1729), una seconda ne 
succede, La Chute de Vhomme - La tragèdie d’Adam et 
Ève (1739), opera del Tannevot. Il Dubourg offre al pub¬ 
blico un Messie (1777). S’ebbe la Francia una miltono- 
mania passeggierà, preludio della shakespearomania dei 
romantici. M me Necker osserva nel Buffon maggior stima 
per il Milton che per il Newton, il cui spirito assai 
meno esteso apparivagli di quello del poeta; converrà 
ognuno esser più difficile « réunir des idées qui in- 
téressent tous les hommes que d’en trouver une qui 
explique les phénomènes de la nature » 1 ). Nel trattato 
Du Sublime , è il Milton, « le bardi Milton », l’eroe che 
l’Hélvótius solleva alle stelle. Un frammento delPAntt- 
comanie offre una gradazione edificante de’ gusti poetici 
del Diderot: «Si je préfère Homère à Virgile, Yirgile 
au Tasse, le Tasse à Milton, Milton à Voltaire et au 
Camoéns, ce n’est point une affaire de date; j’en dirais 
bien mes raisons » 2 ). Lo Chabanon, autore d’una Vie 
de Dante, di sapor voltairiano, avrebbe accordato a 
Dante « une place entre Homère et Milton », se il 
poema dell’ oltretomba altri brani offrisse « aussi beaux 
que celui d’Ugolin »; « mallieureusement les beautés 


1) Vedi Sainte-Beuvk, Causeries du Luridi, IV, 351. Le di¬ 
vagazioni di critica letteraria del Buffon appaion talvolta ridi¬ 
cole addirittura. In un sermone, pronunciato all’Accademia di 
Francia, il Buffon esalta la Henriade , più che non la celebrasse 
Antonio Cocchi, in una lettera ben nota, e sovente riprodotta 
dal Voltaire : « La Henriade sera no tre Iliade, car, à talent égal, 
quelle comparaison, dirai-j e à mon tour, entre le bon et grand 
Henri et le petit Ulysse ou le fier Agamemnon ? » (Vedi Jus- 
serand, Shakespeare en France f p. 301). 

2) VAntioomanie (Fragments inèdite), nella Bev. d’hist. littér, 
de la France, I, 174. Il Diderot (ed. Assezat, voi. V, p. 216) 
divinizzava, come è noto, il Richardson : « tu seras ma lecture 
dans tous les temps...; tu me resteras sur le mème rayon 
avec Moise, Homère, Euripide et Sophocle ». 


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259 


de l’ouvrage ne sont pas en assez grand nombre pour 
en compenser les défants ». M me de Staél *) dettava gli 
ultimi suoi libri sull 'Allemagne, quando Philippe-Albert 
Stapfer, letto 1’ Inferno, e letta l’analisi della Commedia, 
nel VHistoire littéraire d f Italie (1811) del Ginguené, escla¬ 
mava: «Quel puissant génie! Après Milton, le Dante 
est sùrement le génie le plus originai qui ait paru dans 
nos littératures modernes » 2 ). 

Guai all’infelice che non riconosceva questa egemonia, 
santificata, imposta a tutti gli uomini di gusto. Non si 
confronta Dante col Milton, che per dare, ben s’intende, 
al poeta britanno la preferenza. Chi pensava allora alla 
disparità enorme di concezione ne’due poemi? 3 ). Trova- 
vasi il Lucifero di Dante spaventevole e orribile, meravi¬ 
glioso e sublime il Satana del Milton. Il confronto dei due 


1) « J’étudie le Dante avee ardeur », scrive al Monti, il 
23 giugno 1805 ( Lettere inedite di Foscolo, Giordani, e della Si¬ 
gnora Stadi a Vincenzo Monti , Livorno, 1876), « pour qu’à 
votre arrivée à Coppet vous me trouviez plus avancée encore 
dans l’Italien ». Dalle Lettres de Vincenzo Monti à Mad. de Staci 
pendant Vannée 1805, pubbl. da J. Luchaire, Bordeaux, 1906, 
non risulta che V amato poeta parlasse di Dante alla fervida 
donna. 

2) Aus Philipp-Albert Stapfei's Briefwechsel, herg. v. Dr R. Lu- 
ginbuhl, Basel, 1891, II, 464 ( Quellen zur Schweizer Geschichte ). 

3) Notissimo è il saggio del Macaulay sul Milton . « The 
poetry of Milton », diceva il Macaulay, « differs from that of 
Dante, as thè hieroglyphics of Egypt differed from thè pie- 
ture writing of Messico ». VEssay on Dante del Lowell offre 
altri confronti analoghi. Una delle conferenze di E. Terra de, 
vuote e superficiali, « Le Parodie terrestre chez Dante et Milton », 
orna il misere voi volume, Études comparéee (!) sur Dante et la 
Divine Comédie, Paris, 1904, p. 167 sgg. Ho in mente uno 
studio su Dante e Milton, che completerà quello sbrigativo, 
arido e poco profondo di O. Kuhns, IV cap. del libro, Dante 
and thè English poets from Chaucer to Tennyson, New York, 1904, 
pp. 79-104, e le scarse notizie offerte da M. C. Sills, Eefe- 
rences to Dante in 17 tfl Century Engl. Literature, in Modern 
Philology, III, 1. M’ è ignota ancora la prima parte di un la¬ 
voro di W. Schmidt, Der Eampf um den Sinn des Lébens. Von 
Dante bis Ibsen -1 Hàlfte - Dante-Milton-Voltaire, Berlin, 1907. 


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Voltaire e il suo secolo 


angeli, precipitati negli abissi d’inferno, che non ripu¬ 
gnava al Coleridge x ), piacerà pure alla Staci 2 ), allo Cha- 
t eaubriand 8 ), al Lamennais. Il Rivarol medesimo, ritenuto 
dai più l’interprete migliore di Dante prima dei roman¬ 
tici, ammira l’angelo perduto del Milton, abbagliante 
di giovinezza e d’orgoglio, e trova orribile il mostro dan¬ 
tesco : « Il est triste de voir trois visages à Lucifer, de 
le voir màcher trois coupables, de voir le Dante et Vir- 
gile s’accrocher à ses poils pour sortir de l’Enfer » 4 ). 


1) Notes and Leotures upon Shakespeare, ed. H. N. Cole¬ 
ridge, London, 1849, II, 108 : « in this comparison I should 
notice Dante's occasionai fault of becoming grotesque from 
being too graphic without imagination ; as in his Lucifer com- 
pared with Milton's Satan ». 

2) De VAllemagne ( CEuvres, X, 505): « Milton a fait Satan 
plus grand que l'homme; Michel-Ange et le Dante lui ont 
donné les traits hideux de l'animai, combinés avec la figure 
humaine. Le Méphistophèles de Goethe est un diable civilisé ». 

3) Génie du christian., lib. IV, cap. ix. È il cattivo gusto 
del Tasso e di Dante, « qui donna l'idée à Milton de mesurer 
son Satan; mais il se rélève bientót d'une manière sublime ». 
Vedi De Sanctis, Saggi critici, ed. di Napoli, 1898, p. 443 
(La Divina Commedia, versione di F. Lamennais ). — Scriveva 
T amico mio Menéndez y Pelayo, nella Historia de las ideas 
cstéticas, V, 200 : « Cualquiera pensarla que en una Poetica 
del Cristianismo, el grande Alighieri debia ocupar largo espa- 
eio. Pues sucede todo lo contrario : Chateaubriand no sabe 
de Dante màs que los versos de la puorta del infierno y el 
episodio de Francesca da Ri mini. En cambio $ Donde va à 
buscar el tipo de la poesia cristiana? Nadie podria sospecharlo : 
en el siglo de Louis XIV y en el siglo XVIII. Voltaire està 
tratado corno un gran poeta, y el juicio de la Henriade ocupa 
triple espacio que el de la Divina Commedia i produccion ca- 
prichosa ' que tiene algunas bellezas en medio de muchos 
lunares, ‘ hijos del siglo y del mal gusto del autor ' ». 

4 ) Rivarol, CEuvres complètes , Paris, 1808, III, 291. L'au¬ 
tore dell' ottimo articolo su Dante , nelle Freymiitige Nachrich - 
ten (Bodmer-Denkschrift, p. 286), faceva pure i suoi confronti: 
« Das Bild, das er von Lucifer macht, wollte er nur unflatig 
und nicht erhaben machen; er solite so hàsslich seyn, wie 
er vormals schon gewesen war.... Milton hat seinem Satan 
mehr Ansehen gegeben, und dieses hat ihm auch seme Reli- 


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Triste era per i contemporanei del Voltaire veder 
Michelangelo, congeniale a Dante *), sciupare l’imagi- 
nazione sua, bizzarra e possente, negli affreschi enormi 
della Sistina. Qual perfezione avrebbe raggiunta, se la 
natura benigna avesse concesso all’ artista titano il « gu¬ 
sto », il sentimento squisito della forma, la forza tem¬ 
perata e raddolcita, la convenienza e la moderazione dei 
grandi uomini del gran secolo ! Sorprende che il Giudizio 
non abbia sgomentato il Montesquieu, come sgomentò il 
presidente de Brosses, a cui tutte le opere di Michelangelo 
sembravan « rudes et sans goùt ». Trovi nelle pitture 
di Michelangelo, dice il Montesquieu, nelle Notes de voyage 
en Italie, « une majesté, une force dans les attitudes, 
une grande manière qui étonne l’esprit». Non superano 
quei geniali dipinti le Logge di Raffaello, « ouvrage di- 


gion nicht, sond§m die Majestat gelehrt, die in seinem Ge- 
dichte herrsohen solite. Dante hat sich mehr um das Sittliche 
als um das Hohe bekummert ». 

1) Nell’ episodio d’Ugolino « le Dante est le Michel-Ange 
de la poésie; son pinceau fìer et terrible étonne l’imagination 
et glaoe l’àme d’épouvante et d’effroi » (Fréron, nell ’Année 
littér., 1776, III, 312). « Michel-Ange, dont le génie avait 
beaucoup de rapport avec celai de Dante » (Rivarol, CEu- 
vres, III, 18). Più tardi, A. W. Schlegel celebrerà Dante, nuovo 
profeta, « den grossen Propheten des Katholicismus, bald den 
Raphael und bald den Michel-Angelo der Poesie : wegen seiner 
plastischen Bildlichkeit hoch uber Milton und die protestan- 
tische Armut ». Vedi il mio saggio Dante e Goethe, Firenze, 1900, 
p. 8 ; V articolo di E. Schmidt, che nulla aggiunge al mio, 
Danteskes im Faust, nell ’Arch, f. d . St. d . neuer . Spr . u. Lit., 
CVII, 247; E. Sulger-Gebing, Die Briider A . W. und F. Schlegel 
in ihremVerhàltnÌ8 zur bildenden Kunst, Berlin, 1897, pp. 62 sgg., 
e A. W. Schlegel und Dante ( German . Forsch., ded. a H. Paul., 
Strassburg, 1902), p. 127. — Lo Schlegel osservava, nelle Vor- 
lesungen (ed. Minor, I, 33) : « Ein orthodoxer Kunstkritiker 
des Geschmackes weiss Sich recht viel damit, wenn er dar- 
thut, die Divina Commedia des Dante, Michelangelo’s jungstes 
Gericht oder Shakespeare’s Macbeth sey geschmacklos ; Und 
er sagt doch weiter damit nichts, als dass er diese Werke nicht 
begreift, weil sie iiber den Horizont seiner erlernten Regeln 
und Conventionem hinausgehen ». 


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Voltaire e il suo secolo 


vin et admirable ». Solo spiaceva al Montesquieu la pro¬ 
spettiva difettosa di Michelangelo, l’aver dipinto « dans 
la voute et dans le mème tableau, deux fois le Pére éter- 
nel qui crée, et dans un autre, deux fois Adam » x ). 
Scopre invece Louis Racine in Michelangelo i difetti, la 
scabrosità, la mancanza d’eleganza e di chiarezza che 
pur riscontra in Dante. È il Bacine tra’ primi in Francia 
che osi accostare la penna di Dante - sono parole sue - al 
pennello di Michelangelo. Ma come confronta, come giu¬ 
dica, come condanna! I grandi soggetti non convengono 
nè a Dante, nè a Michelangelo ; solo Raffaello sapeva 
degnamente trattarli 1 2 ). « On peut penser de l’ouvrage 
de Dante comme du tableau du Jugement dernier par 
Michel-Ange, où des beautés de détail peuvent am user, 
mais où ne se trouve pas la beauté la plus importante, 
la majesté du sujet » 3 ). Dante e Michelangelo - « le Dante, 
qui mèla dans sa vie et ses vers | les beautés, les défauts, 
les succès, les revers; | qui monte, qui descend, inégal, 
mais sublime, | du noir abìme aux cieux, des cieux au 
noir abime », la cui « affreuse beauté, son atyle étince- 
lant | est comme son enfer, profond, sombre et brùlant » 


1) Voyage8 de Montesquieu , I, 246, e II, 327 : « ce grand 
génie sentoit d’abord le défaut du marbré ou de la propor- 
tion et le laissoit. Mais on doit le respecter comme ces vers 
que Virgile n’a point finis ». Alle tombe di San Lorenzo il 
Montesquieu s’esalta - Voy II, 346 : « Il n’y a rien de si admi¬ 
rable que les attitudes de ces quatre statues et que celles de 
ces deux princes. Enfin c’est là où l’on voit et où l’on sent 
le grand goùt. De tous les sculpteurs il n’y a que Michel-Ange 
qui soit comparable aux anciens ». L’ammirazione medesima 
è manifestata dal Montesquieu altrove, II, 355 sgg. 

2) Celebra il Delille, nell’ Imagination (ed. di Parigi, 1806, 
II, 19, canto V): « ce beau ciel | où Virgile chantait comme 
a peint Raphael ». E il Diderot, nell ’ Essai sur la Peinture 
( CEuvres , Parigi, 1876, X, 515): « J’oserais dire qu’il n’y a 
peut-ètre pas un plus grand poète que Raphael ». Il Grimm, 
similmente, chiamava Raffaello « poète sublime ». 

3) Disoours sur le Paradis Perdu ( Le P. P. de Milton , Pa¬ 
ris, 1754), p. lxxx. 


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- Michelangelo, di estrema audacia, determinato a « sur- 
passer Rome et la Grèce », alla cui voce, emessa appena, 
« accourent tous les arts » - li vedremo celebrati, con 
enfasi, nell 1 1magination del Delille. E il Delille preferiva, 
com’è noto, l’Albani ai èreatore della Sistina 1 ). VIn¬ 
ferno di Dante, « Dantes grause Holle» (Goethe), evoca 
anche nel Rivarol i ricordi degli affreschi di Michelangelo. 
Ad una frase, suggerita forse dall’assai sur les mceurs 
del Voltaire : La maggior parte delle pitture di Dante 
ha ancor oggidì « la force de l’antique et la fraìcheur 
du moderne », il Rivarol aggiunge rassomigliare gli af¬ 
freschi di Dante « à ces tableaux d’un coloris «ombre et 
eflfrayant, qui sortaient des ateliers de Michel-Ange et 
des Carraches, et donnaient à des sujets empruntés à 
la religion, une sublimité qui parlait à tous les yeux » 2 ). 
Capricci e trastulli innocenti di critici e letterati, non 
scossi mai nell’imo della coscienza, avvezzi a non guar¬ 
dare che la superficie delle cose, incapaci di discendere 
nelle profondità dell’arte vera! 

Trovi, è vero, già a’ tempi in cui il Voltaire com¬ 
mentava il Corneille, per dotare convenientemente la ni¬ 
pote del gran tragico, trattandolo, diceva, « tantot comme 
un Dieu, tantót comme un chevai de carrosse » 3 ), allor 
che Rousseau, nella Nouvelle Héloise, metteva le scosse, le 
effusioni, i brividi e l’estasi dell’anima sua ulcerata, trovi, 
in Francia, ribelli alcuni a questo gusto predominante 


1) CEuvres de Jacques Delille f Paria, 1806, VImaginatìon, 
canto V, p. 178. 

2) (Euvre8, III, 11. In una notizia, posta innanzi a* Mé- 
moires du comie de Rivarol r Parigi, 1824, p. ii, il Ber ville ri¬ 
corda che il Rivarol comparava la traduzione di Dante (« écri- 
vain bizarre et sublime, dont les beautés et les défauts offrent 
au traducteur un exercice également utile ») agli studi che 
avrebbe latti un giovin pittore « sur les cartona de Michel- 
Ange ». 

3) Vedi O. Unger, Voltaires Beurteilung Corneilles und scine 
eigenen dramatischen Theorien f Crimmitschau, 1899. 


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Voltaire e il suo secolo 


del pubblico per l’ordine, la regola, la misura, l’equili¬ 
brio, l’armonia. E sorgon voci e accenti di dolore, grida 
angosciose e strazianti dell’ anima. La passione scoppia, 
e rugge la tempesta in cuore. Comnmovon le scene più 
tragiche e più concitate dello Shakespeare. Si traduce 
lo Young, si traduce 1’ Ossian ; s’adattano l’ Othello, il 
Macbeth, l ’Hamlet alla scena francese. Di questi « hur- 
lements de Melpomène » novelli, il buon Louis Racine 
avrebbe certo inorridito. Il Lebrun accumulerà, nelle 
odi sue, iperboli ad iperboli. Evidentemente, il Voltaire 
non riusciva a dominar solo il gusto del suo secolo e 
della sua nazione. Pur, malgrado le prime romantiche 
velleità ed effervescenze, non si osa lodare apertamente 
queste aberrazioni. Si occulta il piacer proprio. Si tentali 
soffocare nel cuore le voci discordanti e tumultuose. 
Per nulla al mondo si vorrebbe immolare ad altre divi¬ 
nità le glorie nazionali. Il Diderot, per esempio, avrebbe, 
per natura, una tenerezza vera, e vero entusiasmo per 
lo Shakespeare. Ma i tempi avversi alla sfrenata poesia 
del gran tragico, i tempi tiranni esigono che dall’ animo 
suo non trapeli l’emozione, il sentimento suo intimo; ed 
eccolo a consigliare saggiamente i Francesi d’astenersi 
dalle esuberanze e audacie del poeta inglese, che offende¬ 
vano il gusto nazionale. Ciò che nel Voltaire è istinto, 
ripugnanza naturale *), passione individuale, divien legge 


1) T. R. Lounsbury, Shakespeare and Voltaire , London, 1902, 

p. 445 : « To Voltaire_ much of Shakespeare always remai- 

ned a sealed book. His incapacity of appreciation could never 
have been remedied. It was congenita! ; it was due to his in¬ 
nate lack of insight into raan’s spiritual nature. This is thè 
wanting sense which ranks him far below oither Shakespeare 
or Dante, and explains his inability to comprehend either ». 
Per gran tempo, lo Shakespeare restò, nell’ Inghilterra stessa, 
un enigma incompreso. Non lo si comincia ad apprezzare che 
dopo la critica dello Steele, nel Tatler. Vedi O. Wendt, Steeles 
literari8che Kritik uber Shakespeare im Tatler und Spectator, Ro- 
stock, 1901. — Dopo l’ottimo saggio del Jusserand, il com¬ 
pianto Beljame un altro, più vasto assai, ne prometteva, che 


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per i suoi imitatori. E difficile sarà violare questi decreti, 
per ascoltare la voce del cuor proprio, il proprio istinto e 
capriccio. 


« 

Gli anni passano, il secolo declina, e il Voltaire con¬ 
serva la giovinezza, la freschezza, la vivacità battagliera, 
il chiaro, limpido ed irritabile suo spirito. Combattere è per 
lui condizione di vita. L’ ardore della pugna lo consola; 
gli è di sollievo lo sfogo della sua bile satirica. I libelli 
suoi violenti si moltiplicano. Agita quanto può il gran 
Briareo le braccia per tutto afferrare. Solo la morte gli 
toglierà lo scettro che impugna possente. Nelle sue cre¬ 
denze, ne’ suoi gusti è irremovibile, conservatore ad ol¬ 
tranza. I suoi giudizi sono invariabili, specie di dommi 
acquisiti che la ragione impone di rispettare. Tutt’ al 
più, egli ne esagera il lato negativo, attenua gli elogi, 
spegne il poco entusiasmo che in cuor rinchiude. Non 
conosce pentimento ; non ritorna su sè stesso, mai ; 
non accorda una ritrattazione *). La fama dello Shake- 


avrebbe abbracciato tutti i tempi moderni. Vedi E. Faguet, 
Voltaire oritique de Shakespeare, nella JRev. d. cours et confér., 
1901, IX, n. 1. (Il capitolo, Shakespeare in Francia, del libro 
di G. Schiavello, La fama dello Shakespeare nel secolo XVIII, 
Camerino, 1904, è elementare affatto, e superfluo). Or non è 
molto, J. Popper (autore d’ un libro noto, Das Recht zu lében 
und die Pflicht zu sterben), in un’ apologia tardiva, che, mal¬ 
grado le esagerazioni frequenti, non è talora priva di senno e di 
spirito, Voltaire - Etne Charakteranalyse, in Verbindung mit Stu- 
dien zur Aesthetik, Moral und Pflicht, Dresden, 1905, p. 46, 
vedeva negli attacchi del Voltaire contro lo Shakespeare « keine 
Spur von Voreingenommenheit, Parteilichkeit, sondern, im Ge- 
genteil, den hochsten Gerechtigkeitssinn ». 

l) Una ritrattazione volle pur fare il Voltaire in favore del 
Rabelais, a cui rimproverava le buffonerie assurde, le oscenità 
sgomentevoli, P opera intera, ricolma « des plus impertinen- 
tes et des plus grossières ordures, qu’un moine ivre puisse 
vomir ». Vedi le lettere alla marchesa Du Deffand (13 otto- 


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Voltaire e il suo secolo 


speare cresceva, via via, e il Voltaire, il filosofo, l’eremita, 
men solitario nella magion sua che un tribuno in mezzo 
alla folla, assesta rudi e fieri colpi, per combattere la 
pazzia e la vergogna de’ suoi contemporanei, acciecati, 
trascinati dal gran barbaro istrione. A Parigi pure, in 
mezzo al trionfo, al tripudio e alle acclamazioni, l’om¬ 
bra dello Shakespeare lo perseguita ; ed egli solleva con¬ 
vulse le mani per allontanare lo spirito minaccioso. Per 
Dante, il pericolo d’una contaminazione era minore as¬ 
sai, e non punto temibile. La Francia conservava per 
Dante un’ indifferenza pressoché completa ; e morte giun- 
gevan l’onde delle polemiche sollevate in Italia contro 
i detrattori del gran poeta. L’interesse per le lettere 
italiane decresce man mano che aumenta il prestigio 
delle lettere e della filosofia del popol britannico. 

Gran tempo rimane il Voltaire senza rammentar Dante 
e l’opera sua. Ritorna a Dante, negli anni estremi, nella 
Lettre à VAcadémie frangane; per conchiudere, dal titolo 
della trilogia dantesca, «qu’on représentait, du temps 
méme de Dante », « de vraies comédies » 1 ). Il nome di 


bre 1759, e 12 aprile 1760- Corresp., Vili, 200; 356): « J’avais 
alors un souverain mépris pour Rabelais. Je l’ai repris de- 
puis, et, corame j’ai plus^approfondi toutes les choses dont 
il se moque, j'avoue qu’aux bassesses près, dont il est trop 
rempli, une bonne partie de son livre m’a fait un plaisir ex- 
trème.... - J’ai relu.... quelques chapitres de Rabelais...; mais 
je les ai relus avec un très grand plaisir, parce que e'est la 
peinture du monde la plus vive.... Je me repens d’avoir dit 
autrefois trop de mal de lui ». 

l) CEuvr., XXVIII, 418. Vedi L. Riccoboni, Histoire du 
théàtre italien, Paris, 1730, p. 32 : « Par mes conjectures je 
pense que cette Comédie ( Floriana ) avoit parù pour le moins 
cent ans devant l’impression, peut-ètre du temps méme qrn 
Dante vivait. Il est sùr que la langue de cette Comédie est 
plus rude que celle de Dante». E, a p. 153, sempre a pro¬ 
posito della Floriana : « Cette Comédie est écrite ou du temps 
de Dante, ou peu de temps après ». — Non attribuì però il 
Voltaire mai a Dante delle « commedie » vere, come fecer 
taluni, in Germania ed in Inghilterra, da torbide testimonianze 
sedotti. Vedi Bull. d. soc . dant III, 55 sgg.; VI, 169 sgg. 


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Dante face vasi talora ne’ solenni ricevimenti de’ nuovi 
accademici. Nel 1762 (22 dicembre) il Condillac, accolto 
tra gli immortali, pronuncia il discorso, Du développement 
de Vesprit humain, e, dalV JEJssai sur les meeurs, toglie la 
teoria sul gusto, l’« instinct d’un esprit éclairé », manife¬ 
statosi d’un tratto in Italia, «lorsque le Dante etPétrarque 
florissaient ». « Dès qu’une fois le goùt commence à se 
montrer », diceva, « il se communique avec une prompti- 
tude qui contribue encore à ses progrès, comme la matière 
électrique dans le corps.... Aussi à peine le Dante jette- 
t-il des étincelles, qu’il en sort de Pétrarque, de Boccace, 
et de tous les esprits électriques » x ). Nel 1775, il mar¬ 
chese di Chastellux, nutrito delle idee del Voltaire, del 
Montesquieu e del Vico, autore d’un’ opera sulla Félidté 
publique, letta e vantata assai al suo tempo 1 2 ), e presto 
tradotta in italiano (Napoli, 1782), disserterà, tra gli im¬ 
mortali, sulle « causes qui perfectionnent ou corrompent 
le goùt ») ed acclamerà Dante, atleta vero, rivoluziona¬ 
rio di genio, che bruscamente rompe col passato, e an- 


1) B. Pergoli studia, alquanto superficialmente, P influsso 
delle idee del Condillac in Italia, nel saggio, Condillac in Ita¬ 
lia, Faenza, 1903. 

2) Pubblicato ad Amsterdam, nel 1772. Nelm cap. del tomo II, 
De V in fumee de la renaissance des lettres sur le sort de Vhuma- 
nité, p. 57, nomina Dante: « Cependant les Italiens ont prouvé 
par de profondes dissertations que la renaissance des lettres 
pormi eux n’était pas due uniquement à l’arrivée des Grecs. 
En effet le Dante et Pétrarque avaient précédé les Lascaris, eco. ». 
Non saprei dire se il Chastellux leggesse mai un verso di Dante ; 
ma so eh’ egli eguagliava il Rousseau nell’ entusiasmo ardente 
per il Pergolese e il Metastasio. Scrive, nell’opera sua mag¬ 
giore, De la félidté publique, II, 88 : « Non, l’antiquité n’a rien 
produit de plus touchant pour une àme sensible que l’union 
d’un Pergolese et d’un Métastase, union rare et précieuse, 
d’où naquirent les plaisirs de l’Europe, et qui fit couler les 
larmes les plus délicieuses que l’enthousiasme ait jamais offer- 
tes aux talens ». Non conosco, per sventura, ohe il titolo d’un 
saggio del Chaètellux, Essai sur Vunion de la poésie et de la 
musique , La Haye, 1765. 


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Voltaire e il suo secolo 


nuncia un’ epoca novella. « Le Dante, penseur plus pro¬ 
tone!, plus bardi (que Pétrarque), paraìt ne consulter que 
ses propres forcesK s’il élève, s’il ennoblit l’expression, 
c’est en élevant, c’est en erm obli ssant aussi la pensée; il 
marche à pas de géant ; mais sa marche est incertaine ; 
il s’égare, il se perd x ): c’est un captif indigne de sa 
chaìne, qui l’agite et la rompt d’un méme effort, mais 
qui, possesseur d’une liberté dont il n’a pas prévu l’em- 
ploi, laisse errer ses regards, court sans objet et fuit sans 
chercher un asile». Non era fatto il grand’uomo per cam¬ 
minare sulla via diritta e sicura che conduceva alla per¬ 
fezione nell’arte. Che importa, tuttavia, « que le talent 
s’égare, pourvu qu’il se montre et se tasse reconnaìtre?». 
« L’exemple prévalut...; l’Italie entière fut entrainée ». 

L’ anno stesso in cui venne in luce la traduzione dei 
drammi dello Shakespeare, compiuta dal Le Toumeur, 
il Voltaire si slancia, nella dodicesima delle Lettres chi- 
noises , indiennes et tartaree, contro un rivale dei tempi 
andati, il Martinelli, colpevole delle Lettere familiari al 
conte d’Oxford, l’amico del Baretti, il maestro*di lingua, 
che, in paese straniero, stampava i classici suoi d’Italia, 
autore d’una Storia critica della vita civile, e d’una storia 
dell’ Inghilterra, tradotta dall’ inglese, e presto dimenti¬ 
cata, gran pover uomo che, non ostante il sapere e l’as¬ 
siduo lavoro, mancava di « chausses », nel secolo XVIII, 
come « le divin Dante au treizième ». Un’analisi burlesca, 
una satira spiritosa e leggera del poema dantesco, nello 
stile del precedente articolo su Dante, danno vita all’ in¬ 
giurioso libello. Una volta ancora il Voltaire ubbidiva 
alla malvagia sua Musa ispiratrice, l’indignazione. Ven- 
t’anni eran trascorsi dacché il Martinelli aveva lanciate 
le lettere e le prefazioni sciagurate 1 2 ), attaccando lui, 


1) È del Delille, o, piuttosto, il Delille, nell’ Imagination, 
pare siasi ispirato da questo discorso accademico. 

2) « Le sue lettere famigliari e critiche, ie quali riescono 
ai leggenti uno zucchero, sì per la lingua pura ed elegante 


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Voltaire e il suo secolo 


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dall’ universo acclamato, per essersi « avisé de donner 
à ses compatriotes fra^ais une idée des poètes italiens 
et anglais, en traduisant quelques morceaux librement 
et sottement en vere d’un style de Polichinelle », e il 
risentimento nel cuor del Voltaire non era vanito ancora. 
« Le stupide orgueil d’un mercenaire, qui se croyait 
un homme considérable pour avoir imprimé le Dante », 
insegnava ora, « sans gout, sans politesse », alle genti di 
Francia, come si dovesse vivere, leggere e scrivere, me¬ 
ritava una punizione esemplare. Avrà lanciato il Marti¬ 
nelli, prima di partire da Londra, nuove insolenze contro 
il Voltaire? Non ne sappiam nulla. « Pensez-vous », di¬ 
ceva al Voltaire l’amico Gervais, « qu’on se mette plus 
en peine dans ce pays-ci de vos Chinois et de vos In- 
diens, que vous ne vous souciez des préfaces du si¬ 
gnor Martinelli? ». La burla sembra al Voltaire l’espe¬ 
diente migliore per imporre silenzio ai rivali. Poco 
importavagli di macchiare una volta ancora, coll’ aspre 
invettive, la memoria d’un poeta, eh’ egli non gustava, 
e non amava, e trovava illeggibile'. 

Nulla, d’altronde, in questa lettera « chinese », che 
non sia ripetizione, o variante di motivi notissimi e 
tritissimi. Vi troviamo - le stesse riserve, già altra 
volta espresse sul poema, « le premier qui ait eu des 
beautés et du succès dans une langue moderne», e del 
quale « une trentaine de vers.... ne dépareraient pas l’Ario- 


che per le notizie storiche e filologiche » - Così, F. F. Car- 
loni, Gl } Italiani alV estero , T. II, voi. n, Poeti e letterati, Città 
di Castello, 1890, p. 278. Sul Martinelli, che pubblicava a Lon¬ 
dra la Commedia , e altre opere de’ classici italiani, vedi anche 
Moreni, Bibliogr . stor . ragion . della Toscana , Firenze, 1805, 
p. 23; M. Landau, Gesch . d. ital, Liter . im achtz . Jakrh., Ber¬ 
lin, 1899, p. 106 sgg. Nel Nuovo Giornale letterario d’Italia, Ve¬ 
nezia, 1788, p. 204, il Ristori rimembrava e scusava il crudele 
libello del Voltaire : « Bisogna però confessare che Martinelli 
era stato il primo ad insolentire contro questo sommo scrit¬ 
tore con un tuono così pedantesco e con armi così diseguali 
da meritare lo sdegno del piò paziente autore ». 


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Voltaire e il suo secolo 


ste » !) - lo stesso giudizio sull’ interesse dell’ opera, li¬ 
mitato a una parte dell’ Italia : « Le Dante, qui avait 
été chassé de Florence par ses ennemis, ne manqua pas 
de les voir en enfer, et de se moquer de leur damna¬ 
ti on » - la stessa assoluta ignoranza delle due cantiche 
che seguono VInferno. M. Gervais scopre «que ce poème 
est un voyage en enfer, au purgatoire et au paradis », 
e si sgomenta j indietreggia « de deux pas ». Il cammino 
da percorrere gli sembra « un peu long ». Non tace punto 
il Voltaire eh’ eglif solo « autrefois », lesse il « divin » 
Dante, e che or più nessun desiderio lo spinge a rileggerlo. 
L’analisi sua novella della Commedia è più dell’antica 
ridicola e insulsa. Cadente ormai negli anni, ignora i tratti 
essenziali della trilogia arditissima, confonde i nomi più 
noti, e fonde insieme nella labil memoria gli episodi che 
l’avevano altra volta colpito. Lo scherno e l’audacia de’ li¬ 
belli che improvvisa suppliranno alla storica verità. Inse¬ 
gna adunque il Voltaire all’amico Gervais che « le Dante, 
ayant perdu par la mort sa maitresse, Béatrice Portinari, 
rencontre un jour à la porte de l’enfer Virgile et cette 
Béatrice auprès d’une lionne et d’une louve ». Dante 
« demande à Virgile qui il est ; Virgile lui répond que son 
pére et sa mère sont de Lombardie, et qu’il le mènera 
dans l’enfer, dans le purgatoire et au paradis, si le Dante 
veut le suivre ». È per malignità, o per ignoranza, che 
il Voltaire accozza in due righe tal cumulo di inesattezze 
e di stravaganze? Ad una citazione, discretamente fedele, 


1) Tali restrizioni piacevano al La Harpe, che, tiranneg¬ 
giato sempre dalla critica del Voltaire, osava farne anche a pro¬ 
posito del Milton, « gènio brut et hardi..., qui, dans un sujet 
bizarre, a semé des traits d’une sombre énergie, des idées 
sublimes et quelques morceaux d’un naturel heureux». «Le 
Dante et Milton », dice altrove (Cours de littérature , cit. an¬ 
che dall’ Oelsner, p. 93), « connaissaient les anciens, et s’ils 
se sont fait un nom avec des ouvrages monstrueux, c’est parce 
qu’il y a dans ces monstres quelques belles parties, exécutées 
selon les principes ». 


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Voltaire e il suo secolo 


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di due versi di Dante, che esprimono il desiderio del poeta 
di seguir Virgilio, perchè veda la porta di San Pietro, il 
Voltaire aggiunge, di propria testa : « Béatrice est du 
voyage ». La breve analisi termina con uno scroscio fli 
risa. La sostanza tutta dell’ articolo anteriore su Dante, 
si rovescia, senz’ombra di riflessione, in questa lettera. 
Il Voltaire non si stanca di copiar sè medesimo.... Nè ha 
cura di variare sensibilmente le espressioni sue tronche e 
vivaci, che ognuno ormai sapeva a memoria. Aveva 
scritto che Dante solo nelle biblioteche dei curiosi poteva 
trovar ricetto ; e dirà ora, associando i ricordi suoi mi¬ 
seri dell’ episodio di Guido a quelli di Francesca : « Je 
ne sais comment il est arrivò qu’Agamemnon,filsd’Atrée, 
Achille aux pieds légers, le pieux Hector, le beau Pàris, 
ont toujours plus de réputation que le comte de Montefel- 
tro, Guido da Polenta, e Paolo Lancilotto » *). Aveva con¬ 
dannato, nell’ opera bizzarra, l’accozzamento mostruoso 
del sacro e del profano, di Virgilio e di San Pietro; or 
rinnovella la critica d’altri tempi, e la stempera nell’ iro¬ 
nia: «Pour embellir son enfer, l’auteur joint les anciens 
paiens aux chrétiens de son temps. Cet assemblage et 
cette comparaison de nos darnnés avec ceux de l’anti- 
quité pourrait avoir quelque chose de piquant, si cette 
bigarrure était amenée avec art, s’il était possible de 
mettre de la vraisemblance dans ce mélange bizarre de 
christianisme et de paganisme, et surtout si l’auteur 
avait su ourdir la trame d’une fable, et y introduire des 
héros intéressants, comme ont fait depuis l’Arioste et 
le Tasse. Mais Virgile doit étre si étonné de se trouver 


l) Parrebbe che il Voltaire leggesse veramente, a que¬ 
st’ epoca, le Lettei’e del Martinelli, e restasse colpito da questo 
passo {Lettere familiari e critiche, Londra, 1758, p. 221): «Trova 
Dante alla fine del canto V dell’ Inferno, nel luogo ove sono 
puniti i carnali, Francesca, figliuola di Guido da Polenta, Si¬ 
gnor di Ravenna, maritata a Laneillotto, uomo deforme e corto, 
figliuolo di Malatesta Signor di Rimini, insieme con Paolo , 
avvenentissimo cavaliere, fratello di Lancillotto ». 


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Voltaire e il suo secolo 


272 


entre Cerbère et Belzébuth, et de voir passer en revue 
une foule de gens inconnus, qu’il peut en ètre fatigué, 
et le lecteur encore davantage ». 

Aveva mandato al diavolo il Marrini e il suo inferno ; 
ora al diavolo medesimo manda « M r Martinelli avec 
ses commentaires ». Probabile che il Voltaire, accortosi 
del torto fatto al povero abate, pensasse ripararlo, ma¬ 
ledicendo e mordendo il vero colpevole. Editori, com¬ 
mentatori, perchè infastidire il pubblico col lavor vo¬ 
stro insensato i *). « Ce qui peut convenir à une nation 
est souvent fort insipide pour le reste des hommes. Il 
faut méme étre très réservé à reproduire les anciens 
ouvrages de son pays ». I Toscani unicamente possono 
trovare interesse e piacere alla Commedia . « L’éloigne- 
ment du temps a nui à la clarté ; et on est méme obligé 
d’expliquer aujourd’hui son Enfer comme un livre classi- 
que ». Che dai commentatori, e dal Voltaire stesso si 
sprema dottrina, per interpretare il gran Corneille, è cosa 
scusabilissima; ma che si provvedano di note i vecchi 
autori, di nessun interesse per la posterità, è deplorabil 
perditempo. E il Voltaire, così chiudeva le fantasie sue 
chinesi e indiane : « On croit rendre Service aux lettres 
en commentant Coquillart et le roman de la Rose. C’est 
un travail aussi ingrat que bizarre, de rechercher cu- 
rieusement des cailloux dans de vieilles ruines, quand 
on a des palais modernes ». Similmente, nell’articolo sul- 
VJÉpopée (Dict. philos .), aveva chiamato ogni singolo 
canto dell’ Orlando Furioso « un palais enchanté, dont 
le vestibuie est toujours dans un goùt différent, tantòt 
majestueux, tantòt simple, méme grotesque » 1 2 3 ). 


1) « L'empereur Cam-hi, grand-pére de l’empereur poète, 
avait déjà civilisé ses Tartares, non pas jusqu’à ètre éditeurs 
de poèmes, mais jusqu’à égaler les Chinois en scienee » - Let¬ 
tres chinoises, XI. 

2) Diceva Routh, nella prima delle Lettres critiques (ed. di 

Parigi, 1731): « Le Paradis perdu est un vaste édifice, bàti 
de roseaux et de chaume, sans régularité, ni symétrie, mais 


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Voltaire e il suo secolo 


273 


Comodamente assiso nella sua reggia sontuosa, il Vol¬ 
taire non turberà il piacer suo, errando e smarrendosi tra 
antiche rovine. Ma poca vita ancor gli restava. La morte 
avanzava a rapidi passi. La morte lo sorprende e lo rapi¬ 
sce, poco dopo il gran successo del YIrène, e V apoteosi 
parigina. Con un frivol giudizio, variante infelice e peg¬ 
giorata de’ giudizi anteriori, il Voltaire tolse commiato 
da Dante. La vanità personale, offesa dagli attacchi di 
alcuni stranieri, incapaci di applaudirlo nelle sue critiche 
divagazioni, le brighe e contese letterarie che l’eccita¬ 
vano ed irritavano sempre più, il caso aneh’esso, che 
or accorda fama, or V oblio, or solleva, or abbassa, gran 
reggitore pur esso degli umani destini, contribuirono a 
cancellare nel Voltaire il ricordo delle prime impressioni 
ricevi;te alla lettura del prodigioso poema dantesco. Ram¬ 
mentava ancora, confusamente, d’avervi trovato, tra il 
caos e la barbarie, certa bellezza spontanea e naturale, 
alcuni versi felici, di ingenuità sorprendente, che indarno 
avrebbe or ripescati al fondo della memoria affieyolita. 
Unicamente come schernitore di Dante passa il Voltaire 
ai posteri; passa con beffardo sogghigno a’ piè della sta¬ 
tua del poeta sublime, assorto dal pensiero delle lotte 
e dei misteri della vita, dalla visione delle eterne cose 1 ). 


qui, dans tout le reste, a Fair de ces palais enchantés qu'Ar- 
mide et les fées faisaient tout d’un coup desceudre du ciel, 
ou sortir de terre ». AlFAddison, similmente, il « Paradiso 
perduto » sembrava una reggia superba, costrutta su firagil 
fondo. 

!) Trovi P imagine seguente in un articolo, spiritoso quanto 
insignificante, di E. Gebhardt, Voltaire et Dante (<Journal 
des Débats, 15 febbraio 1899 - critica del libro del Bouvy) : 
« Figurez-vous Dante, Faustère et désespéré Florentin, se heur- 
tant, au coin d ? un bosquet de l’autre monde (aux Champs- 
Élysées), avec Voltaire, le sourire grima^ant de celui-ci abor- 
dant la face mélancolique de celui-là, et Candide nouant un 
brin de conversation avec le comte Ugolin. L’entretien ne 
serait pas, je pense, de longue durée. Le grand visionnaire 
italien froncerait les sourcils à la vue de l’impitoyable criti- 
que, dont Pironi© osa toucher aux figures les plus saintes ; il 


18 — Farinelli, Voi. n. 


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274 


Voltaire e il suo secolo 


I pochi giudizi benevoli della sua critica dileguaron ben 
presto. Il riso solo è rimasto. Nè credo che ricerche più 
delle mie approfondite e minute, la conoscenza d’ altri 
piccoli fatti che or mi sfuggono, riescano a salvare il 
Voltaire dal biasimo universalmente inflittogli, per aver 
sconosciuta la grandezza d’un poeta, fuori degli ideali 
e de* sogni suoi, e che non avrebbe compreso giammai. 
Nè de’ peccati suoi si assolverà il Voltaire, rimembrando 
l’ammirazione spontanea ch’egli ebbe di alcuni fram¬ 
menti della trilogia famosa, in un tempo in cui nessuno 
pensava disseppellirla, e toglierla alle rovine sovrapposte 
da’ secoli. Tale è il potere dell’ opinione pubblica, che, 
fissata, una volta, per capriccio, la verità stessa, sba¬ 
razzata dalla leggenda, non ha su di essa potere alcuno. 
«Kéduisez l’histoire à la vérité», dice il Voltaire, nella 
prima delle sue lettere « chinesi », « vous la perdez : 
c’est Alcine dépouillée de ses prestiges, réduite à elle- 
mème ». 


Postumo dominio del Voltaire all’alba 
del Romanticismo 

Spento, errante nelle regioni dell’ombre, il Voltaire 
domina miracolosamente ancora sulla Francia intellet¬ 
tuale. Le sue opinioni sono accolte; le sue idee con¬ 
servano l’antico prestigio. I suoi gusti son rispettati. 
L’ oracolo ha tenacissima vita e potere. Lo si consulta 
persino, quando l’onde de’ nuovi tempi e il bisogno di 
nuove emozioni spingono alla forte e robusta poesia di 
Dante. Per la breccia aperta dal Voltaire, camminan 
spediti i traduttori, gli annotatori, i biografi di Dante, 


regarderait et passerait ainsi que lui conseilla Virgile au début 
de la promenade infernale (guarda e passa), Voltaire lui fe- 
rait une révérence moqueuse et s’en irait rejoindre l’Ariosto 
et Boceace, les seuls amis qui lui vinrent de la vieille Italie ». 


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Voltaire e il suo secolo 


275 


alla vigilia dei grandi rivolgimenti politici e della grande 
Rivoluzione. 

Sorvolo sull’oscuro Moutonnet de Clairfons, il cui JEn- 
fer , debolmente tradotto, non attirò che il disprezzo del 
La Harpe e la curiosità di pochi critici, e si seppellì pre¬ 
stissimo tra le morte cose, come si seppellì il manoscritto 
della versione sua del Paradiso, smarrito, ad un tempo, 
sembra, col manoscritto della versione inglese della _ Di¬ 
vina Commedia, di William Huggins 1 ). Amo invece in- 


1) Toccai altrove della traduzione di Colbert d 7 Estoute ville, 
messa in luce dal Sallior, che della versione del Rivarol sen¬ 
tenziava: « C’est un chef-d 7 oeuvre de Raphael mal copié par 
Boucher ». Le Breton, che al Rivarol concede generosamente 
genio vero di traduttore (« il a donné Dante à la France et 
il est bon de ne pas Foublier »), chiama VEnfei' di Moutonnet de 
Clairfons « un insipide délayage » (Rivarol, sa vie, ses idées et son 
talent, Varia, 1895, p. 114). La Correspondance littéraire (XII, 1804) 
sembra approvare la critica spietata del La Harpe : « Moutonnet 
donne une assez faible traduction de VEnfei' de Dante, et 
voilà que ce poème de PEnfer, qui, à deux ou trois morceaux 
près, n 7 est qu’une longue et froide allégorie et un ennuyeux 
sermon, est, si Fon en croit le traducteur, une des plus belles 
productions de 1 7 esprit humain ». — Nell 7 introduzione alla 
Divine Comédie de Dante Alighieri, VEnfei'; traduction frangoise, 
accompagnée du Texte, de Notes historiques, critiques et de la Vie 
du Poète, A Florence, Paris, 1776 (porta come epigrafe i versi 
dell 7 Inferno IX, 61 sgg. : «O voi, che avete gl 7 intelletti 
sani, | mirate la dottrina che s 7 asconde | sotto 7 1 velame degli 
versi strani »), Vie d’Alighieri, p. 45, Moutonnet dice d 7 aver 
voluto « d 7 abord sonder le goùt du Public par VEnfer ». « Si 
Fon paroìt content de cette traduction, je ferai imprimer dans 
la suite celle du Purgatone et du Parodie ». Questa versione 
novella dell 7 Inferno par voglia emulare la traduzione delle 
Lusiades allestita dal Duperron de Castera, sovente citata 
nel corso dell 7 opera. Non è indubbiamente « noble », « exacte », 
« élégante », « pieine d 7 énergie », come la vorrebbe il critico, 
indulgentissimo, dell 7 Année littéraire (1776, tomo III, p. 318 
- un 7 altra critica favorevole dell 7 Enfer del Moutonnet - 
non la prima, come pretende l 7 Oelsner, p. 91 - comparve 
nel Journal encyclopéclfique, febbraio, 1777), ma rivela pur 
sempre una serietà di intendimenti, una venerazione per 
Dante, un godimento intimo dell 7 arte squisita del sommo 


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Voltaire e il «ho secolo 


si stero sul Rivarol, il primo, dice il Sainte-Beuve, che 
apprezzò in Francia, « avec élévation la nature et la 
qualité du génie de Dante », il primo che seppe giu¬ 
dicar Dante « très fmement sur des beautés de détail et 
d’exécution, qui semblaient ètre du ressort des seuls Ita- 


poeta (« je ne fais son éloge que d’après le plaisir que j’ai 
ressenti à la lecture de son Poème »), da. nessun altri palesati 
mai nella Francia, retta dallo scettro del Voltaire. Lotta però 
il Moutonnet contro difficoltà insuperabili. Come, in altri tempi, 
l 7 abate Grangier, che cita talora, pur lui dovette rinunciare 
a riprodurre il pensiero di Dante, oscuro, enigmatico, nascosto 
sotto il velo delle « continuelles allégories ». Più dell 7 origi¬ 
nale stesso, la traduzione latina del gesuita Carlo D 7 Aquino, fatta 
nel 7 600, e stampata a Napoli, nel 1728, mutila in molte parti 
(vedi M. Besso, A proposito di una versione latina della Divina 
Commedia , nel Bolletta di filol. class., 1903, voi. IV, 11-12), 
gli è talora di guida. Confessa che i canti XI e XXV, « très 
difficiles à entendre », sono per lui quasi intraducibili ; che 
dovette rinunciare a tradurre letteralmente molti passi, non 
consentendoglielo « la langue Francarne.... plus timide, plus 
décente et plus pudique, pour ainsi dire, que PItalienne et la 
Latine » (p. 327). La prosa sua uccide spesso, spietatamente, 
le imagini più poetiche. Così traduce la bella similitudine 
delle gru, del canto V (p. 117): « Comme les Grues font en¬ 
tendre leurs cris aigus, en formant dans les aire de longs ba- 
taillons: ainsi ces Ombres, ecc. ». La Vita di Dante, attinta 
a quella del Marrini, le note che aggiunge, spremendo nella 
lingua sua altri commenti (conosce anche Benvenuto da Imola), 
consultando talora le Béflexiorts di Louis Bacine, VEssai sur les 
maìurs del Voltaire, i Jugemens des Savants del Baillet, la 
Vie del Bullart, la miscellanea, Choix des poésies italiennes del 
Palomba, la Bibliothèque universelle des Bomans (l 7 episodio di 
Francesca sembra al Moutonnet, p. 127, come al D 7 Ovidio 
- vedi l 7 introduzione dell 7 opera mia - « la critique la plus 
forte de la lecture des Romans et de noe Brochures éphé- 
mères qui gàtent l 7 esprit, énervent Pànie, souillent Pimagi- 
nation, corrompent le cceur, et causent les ravages les plus 
funestes dans la Société »), offrono luminosa prova della 
schietta sua ammirazione per Dante : « Plus on réfléchira sur 
la division de PEnfer », dice (p. 37 sg.), « sur Pordonnance 
entière de cet ahimè, sur les différente% classes des Pécheurs, 
et sur la variété graduée de leurs supplices; et plus on ad- 
mirera le génie et la fécondité du Poéte, qui trace aveo tant 


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Voltaire e il suo secolo 


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liens». M’ingannerò forse, ma io ritengo voltairiano af¬ 
fatto il Rivarol ; spinto da uno scherzo e da una sfida del 
Voltaire a dar saggio delle atletiche sue forze, traducendo 
« ce diable » di Dante, « en style soutenu »; pur lui, come 
il Voltaire, e come il primo traduttore di Dante, all’alba 


de fìerté et d’ónergie un tableau aussi immense, ausai varié, 
et aussi tranohant... ; il n’avoit point de modèle; il ne pouvoit 
imiter les Poemes anoiens : il parcourt une sphère nouvelle et 
inconnue: c’est dans son imagination, souree intarissable, 
qu’il puise toutes ses peintures et tous ses tableaux » (p. 20): 
« L’Enfer.... sera toujours supérieur à tout ce que nous con- 
noissons dans ce genre, par la force, Pénergie, Pàpretó mème 
du style, et par la peinture sombre des différens supplices 
dea damnés.... Quelle fécondité d’invention ! Quelle force d’ima¬ 
gination!... Quel Poète! ou plutót quel Peintre ! Le Purga¬ 
tole est semé de vérités sublimes et consolantes ; de descrip- 
tions agréables et variées: P imagination et P esprit se reposent 
alors sur des images d’uu coloris sua ve, frais et gracieux. La 
Poésie, plus douce et plus tempérée, ressemble aux tendres 
gémissemens de la Tourterelle, aux sons attendrissans du 
Rossignol, et aux yoluptueux roucoulements de la fidelle Co¬ 
lombe ; elle inspire à Pàme une délicieuse mélancolie. Le Pùr- 
gatoire prouve que Dante, quand il le veut, sait manier tous 
les pinceaux et employer toutes les couleurs.... Le Paradis 
est également Pouvrage d’un grand Poète ; il étincelle de 
beautés sans nombre : rien de plus brillant, rien de plus ma- 
jestueux: les expressions répondent à la grandeur du sujet: 
elles sont pompeuses, sublimes et enflamées: une harmonie 
divine se fait entendre continuellement dans le séjour, dans 
le PaJais ótincelant et radieux de la Gioire et de la Majesté 
étertielles. On est ébloui d’une vive lumière; on est inondé 
d’un torrent de délices; et Pon participe en quelque sorte au 
bonheur des Prédestinés ». — Su quest’ entusiasmo, nuovo in 
Francia, il La Harpe getta la gelida sua doccia, e lancia Pingiu¬ 
rioso libello, « plaisamment furibond », nel quale egli « se dé- 
chaìne contre le Dante et ses admirateurs » (Année littéraire, 
1776, V, 90). Il Moutonnet n ? è offeso e indignato. Vedeva 
P opera sua spietatamente calpestata. Gli si rammentava, per 
onta maggiore, il giudizio infallibile del Voltaire. Ed aveva 
pur trattato, col massimo riguardo, nelle note sue il grande ed 
irritabil uomo. Per rispetto al Voltaire (« auquel je comptois 
envoyer un exemplaire de mon ouvrage » - Ann. littèr., 1776, 
V, 114), non aveva curato punto di confutare il « Commen- 


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Voltaire e il suo secolo 


del Rinascimento, limitato all’oscuro Inferno . Voltairiano 
ne’ suoi gusti di letterato, disposto quindi ad attenuare 
tutti gli ardimenti, a togliere tutte le bizzarrie e sca¬ 
brosità alla poetica favella, veste Dante alla francese. 
L’abbellisce, per piacere ai delicati e raffinati gusti de’ con¬ 


taire historique », e la € lettre foudroyante » al Bettinelli, 
prima che la traduzione sua fosse « entièrement imprimée ». 
Per amore dell’ universale maestro della critica e del buon gu¬ 
sto, aveva acconsentito a trovare in Dante meno gusto che 
genio (p. 22) : € Il faut cependant convenir que Dante n’a 
pas autant de goùt que de génie, et que son Poeme se ressent 
dans quelques endroits du siècle de barbarie, pendant lequel 
il fut composé: c’est moins la faute du Poète que celle de 
son siècle ». — Vedi VAnn, littér., 1776, III, 290: « Il écri- 
vit dans les premières années du XIV© siècle, c’est-à-dire 
dans un temps oh les plus épaisses ténèbres de la barbarie 
et de Pignorance couvroient toute PEurope...; les productions 
de Pesprit n’étoient pas encore soumises à la lime sévère 
du goùt; ce Poète, comme beaucoup d’autres, se ressent 
quelquefois de la barbarie et de la rustici té de son siècle ». 
— Il rispetto alla critica del Voltaire è ancor visibile in 
questa nota: « On a fondé à Florence une chaire publique 
pour expliquer la ‘ Divine Comédie ’, et ce Poète a eu Phonneur 
d’exercer la sagaci té cPune foule de commentateurs ». Nessun 
dolor maggiore per il Moutonnet che avere il Voltaire come 
avversario. Scoppia il risentimento suo nella risposta al La 
Harpe (p. 117): « Tous ces égards, pour un Poète plus qu’oc- 
togénaire, cette modération..., tous ces ménagements pour un 
Écrivain si célèbre devoient ètre sentis et appréciés.... Je suis 
très persuadé que M. de Voltaire reconnoltra Phonnèteté de 
moli procédé». E, fattosi cuore, aggiunge, in im P. S.: <MJn 
de mes amis.... me regarde en riant et me dit: ‘Que vous 
ètes mauvais politique! Quoi! vous n’avez fait Péloge de M. de 
Voltaire ni dans la vie de Dante, ni dans vos notes.... Que 
vous ètes gauche! Cette omission est un crime aujourd’hui.... 
de lèze-Encyclopédie.... Les traducteurs de Shakespeare ont 
commis la mème faute, et voilà pourquoi M. de Voltaire a 
composé cette sanglante diatribe, que vous avez entendu lire 
en pieine Académie. Soyez dono plus prudent et plus louan- 
geur à P a venir’ ». Parve non curare il Voltaire, questa volta, 
il deboi attacco. Ignorò, o finse ignorare, P opera del Mou¬ 
tonnet e la polemica col La Harpe, suo protetto. O si dovrà 
credere a Longchamp e Wàgnière, che, nelle Mémoires sur 


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Voltaire e il suo secolo 


279 


temporanei 5 ritiene, in sostanza, nella critica sua del 
poema, quanto il grand’ uomo, suo gran maestro, aveva 
capricciosamente osservato, solo v’ aggiunge qualche elo¬ 
gio, e, leggermente, ne diminuisce il biasimo !). Il Sainte- 


Voltaire, Paris, 1826, I, 408, ritengono non ricevesse punto 
il grand’ uomo VAnnée littéraire, e leggesse, « aveo beau- 
coup d’indiiférence oh de mépris ee qu’on lui en rapportait 
quelquefois dans les. lettres de Paris? » — Inasprito per il 
biasimo toccato all’ opera sua faticosa, il Moutonnet non osò 
offrire al pubblico altri saggi di traduzione della Commedia . 
Ben assicurava, nella sdegnosa risposta al La Harpe (p. 112): 
« J’avertis M. de La Harpe que je continue mon travail, mal- 
gré sa critique, et que je donnerai certainement le Purgatoire 
et le Parodie »; ma non ne fece poi nulla; e non so se in qual¬ 
che angolo di terra si occulti ancora il manoscritto della tra¬ 
duzione sua del Paradiso , indicata nella Biogr. univ. del Mi- 
chaud. Ho cercato invano, a Parigi e altrove, le Consolations 
d } un 8olitaire del Duronceray, che consacrano (voi. II, 1815) 
una notizia alla vita e alle opere del Moutonnet de Clairfons. — 
Certo il Moutonnet non trasse profitto dalla lettura di Dante, 
nelle opere sue : Vile de la Philanthropie, ded. « aux mànes de 
J. J. Rousseau»; La Galéide, eec.; ma credo tuttavia derivata 
dal XXVIII canto del Purgatorio dantesco - celebrato, in una 
nota della Vie aggiunta alla traduzione dell’ Inferno (p. 22), quale 
« chef-d’oeuvre de délicatesse et d’agrément » - la descrizione 
delle magiche bellezze della grotta, « au pied d’une haute mon¬ 
tagne », rifugio di Bathylle, eroe del romanzo, Vile fortunée 
(anteriore di tre anni alla fantasia romanesca, Isole della fortuna 
dell’abate Chiari), Parigi, 1771, p. 103: « Les premiers rayons 
du soleil levant doraient l’entrée de cette grotte.... Une douce 
chaleur y régnait en tout temps. Une tendre verdure, émaillée 
de mille couleurs, en tapissait agréablement les environs. Les 
fleurs répandaient les parfums les plus suaves, les plus déli- 
cats; et l’air était embaumé par les exhalaisons les plus odori- 
férantes. Des arbres chargés de fruits vermeils réjouissaient la 
vue; le chant mélodieux et varié des oiseaux flattait délicieu- 
sement l’oreille. Tout ravissait, tout enchantait auprès de cette 
grotte champètre ». 

1) Osservo qui, di sfuggita, alcuni ricordi della critica dan¬ 
tesca del Voltaire, nelle note del Rivarol, oltre quello, già 
altrove rilevato, sull’espressione «lombardo», usata da Virgilio: 
« C’est comme si Homère disait : je suis né d’une famille tur- 
que ». — De la Vie et des Poèmes du Dante , p. xvh (Voi. HI 


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280 Voltaire e il suo secolo 


Beuve salutava nel Rivarol un innovatore ardito, « pour 
sa propre manière de dire et pour l’expression fran^aise 
qu’il s’effor^ait d’aiguiser et de renouveler », un accorto 
interprete di Dante, « plutót par le style que par l’ordre 
de ses idées ». Ma il genial critico, che sì bene mostrò 
intendere il Manzoni e il Leopardi, malgrado la gran 
finezza e la viva penetrazione, solo alla superficie giunse 


delle (Euvrce): € Trois papes ont depuis accepté la dédioace de la 
Divina Commedia , et on a fondò des chaires pour expliquer les 
oracles de cette obscure divinité » ; p. xviii : « C’est un des 
grands défauts du poème, d'ètre fait un peu trop pour le mo¬ 
ment.... C’était assez pour son temps; pas assez pour le nò- 
tre »; p. xix-xx: « il entasse les comparaisons les plus dégóù- 
tantes...; la langue fran^aise, chaste et timorée, s’effarouche à 
chaque phrase » ; p. xxi: « c’est de tous les poètes oelui qui.... 
s’est perrai8 le plus d’expressi ons impropres et bizarres ». 
A p. xx, il Rivarol, sedotto dal Voltaire, traduce il frammento 
del canto XVI del Purgatorio : « De la terre et du oiel les 
intérèts divers | avaient donné long-temps deux chefs à Puni- 
vers ; | Rome alors florissait dans une paix profonde, | deux 
soleils éolairaient cette reine du monde: | mais sa gioire a 
passò, quand l’absolu pouvoir | a mis aux mèmes mains le 
sceptre et Pencensoir ». Nelle note al canto XXVII (p. 226-227) 
cita il travestimento del Voltaire, « dans le style de sa Pu- 
celle ». « Il n*y a guère que ce morceau et celui des diables 
qui puis8ent supporter ce style ». Altrove, dice, a propo¬ 
sito degli € anges nentres », « àmes égoìstes et paresseu- 
ses », condannate dal giustiziere severo a correre senza posa: 
« Voltaire peint d’un seul vers ces esprits : Trop faibles pour 
servir, trop paresseux pour nuire ». — Il discorso De l’uni- 
versalité de la langue franyaiee ((Entree, II, 49 sgg.), vero 
inno alP« admirable clarté, base ótemelle de notre langue», 
mutasi talora in un inno al Voltaire (II, 66-67): « Voltaire ré- 
gnait depuis un siècle, et ne donnalt de relàche ni à ses ad- 
mirateurs, ni à ses ennemis. 1S infatigable mobilitò de son àme 
de feu Pavait appelé à Phistoire fugitive des hommes.... Ces 
grands hommes nous échappent, il est vrai, mais nous vivons 
encore de leur gioire, et nous la eoutiendrone » (L’Épitre au 
roi de Prueee contiene altri elogi al Voltaire). Bene converrebbe 
al Rivarol il rimprovero - suggeritogli dal Buffon - eh’ei fa a 
Mn&e de Genlis, nella parodia del Songe d’Athalie (CEuvree, II, 277): 

Le parti de Voltaire a prévalu sur toi ; 

Je te plains de tomber dans ses mains redoutables. 


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Voltaire e il suo secolo 


281 


dell’ « étrange Comèdi© » e non sviscerò mai 1’ anima 
del sommo poeta 1 ). 

Più che da amor vero, il Rivarol era condotto a Dante 
dal desiderio di sfoggiare 1’abilità sua, le vaste cognizioni. 
Si vanterà infatti d’aver « précisément choisi le plus bi- 
zarre et le plus intrai table des poètes», per ingannar capric¬ 
ciosamente il tempo. Gli si offrirà « un assez bon moyen 
de faire sa cour » agli antenati suoi, i Rivarol d’Italia, dai 
quali avrebbe ereditato, dice il Sainte-Beuve, non so che 
« de fier et de hardi », « dans l’imagination », tradu¬ 
cendo un poeta che gli Italiani idolatravano, e che, grazie 
a lui, « va prendre une nouvelle vie en France » 2 ). E 


1) Poco ponderato sembrami il giudizio sul Rivarol, « cet 
étonnant initiateur », che leggo in un articolo di A. Coun- 
80 N, Dante en France, estr. dalla Revue générale, agosto 1904, 
p. 10 sgg. È forse una delle « idées fécondes » del Rivarol, 
P apprezzamento della Divina Commedia qui riprodotto (p. 11): 
« Étrange et admirable entreprise ! Remonter du dernier gouf- 
fre des Enfers jusqu’au sublime sanctuaire des Cieux, embras- 
ser la doublé hiérarchie des vices et des vertus, l’extrème 
misère et la suprème félicité, le temps et l’éternité; peindre 
à la fois l’ange et Phomme, Pauteur de tout le mal et le saint 
des Saints? » Benché ripetuto, senza dubbio dietro l’esempio 
del Rivarol, dallo Chénedollé, nell’ ode ben nota su Dante 
(1813 : « Conception profonde ! entreprise sublime ! | Où du 
monde idéal sondant le doublé ablme, | le Dante parcourut 
sa doublé immensité, | et sut peindre à la fois le bonheur, les 
supplices, | les vertus et les vices, | Phomme, PArchange, 
Dieu, lo Temps, PÉ terni té ! »), è giudizio ben povero e insi¬ 
gnificante affatto. 

2) (Euvres, II, 368. Lettera del Rivarol all’abate Romans 
(8 gennaio 1785) : « Vous recevrez peu après ma lettre un 
exemplaire de la traduction du Dante, ouvrage fort attendu 
et qui va ètre jugé à la rigueur. Il y a cinq ans environ que 
je le tiens en captivité, et ce n’est pas sans répugnance que 
je Pai enfin mis en lumière ». Intraprese adunque il Rivarol 
l’arduo lavoro, subito dopo la morte del Voltaire, prima che 
Charles Rogers desse agli Inglesi la prima traduzione com¬ 
pleta dell’ Inferno (1782). Vedi anche VAvis de VÉditeur (CEu - 
vres, III, p. xxxiii): '« cette traduction, faite depuis quatre 
ans.... ». Un frammento dell’ Inferno tradotto era comparso 


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Voltaire e il suo secolo 


il Rivarol corona l’opera sua con questa millanteria : 
« Quoi qu’il en soit de ce poème, si la traduction qu’on 
en donne est lue, on ne verrà plus deux nations polies 
s’accuser mutuellement, l’une de charlatanisme pour 
avoir trop vanté le Dante, et l’autre d’impuissance pour 
ne l’avoir jamais traduit » *). Non più a fondo de’ suoi 
predecessori, che ignora, e vuol ignorare, il Rivarol com¬ 
prende la forza fantastica creatrice e la sublime gran¬ 
dezza della concezione del poema d’oltretomba. Trova 
Dante « plutòt obscur et bizarre, que suranné ». La storia 
poetica dei misteri dell’ anima e dell’ umana redenzione 
sfugge al suo spirito perspicace. Non vede in Dante nè 
unità, nè coerenza, nè misura. Stacca, senza pietà e senza 
senno, VInferno dalla trilogia, che superficialmente in¬ 
tende, e, tolto consiglio al Voltaire, impartisce lezioni 
di buon gusto a Dante, che non seppe offrire « une action 
simple, entourée de ses épisodes ». Poteva capire Dante 
chi, come il Rivarol (nel discorso su L’Universalité de la 
langue frangaise) , pretende aver il sommo Fiorentino in¬ 
trapreso il suo poema solo per « illustrer ses malheurs et 
ses vengeances 9 » 2 ). Gustò il Rivarol la Commedia più 
di quanto gustasse i drammi dello Shakespeare, dei quali 
soleva dire, che se « moins monstrueux » fossero, se il 
fondo loro non fosse stato «un délire perpétuel», non 
avrebber certo « tant charmé le peuple»? 3 ). E il gran vate, 
« avec lequel, si notre religion pouvait devenir lettre 
morte, on se ferait chrétien, comme on se fait paien 
avec Homère», dotato di «grande et belle imagination», 
« créateur d’une langue », inarrivabil maestro nello stile 


nel 1780, nella Bibliothèque des romane. Nel 1785, Didot il 
giovane riproduceva tal quale l’edizione del 1783. 

1) (Euvree, III, 295. 

2) CEuvre8, II, 12. « Aussi, quand le Dante entreprit d’il- 
lustrer ses malheurs et ses vengeances, hésita-t-il longtemps 
entre le toscan et le latin ». 

3 ) « C’est un fruit qu’il faut goùter sur le sol où il croit » 
(De Vuniversalité de la langue frang . - (Euvree, II, 84). 


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suo, « toujours remuant, qui fait sans cesse travail- 
ler l’imagination », « affamé de poésie », che disegua e 
scolpisce « l’attitude des personnages par la coupé de 
ses phrases », « incoiliparable, quand il esi beau », ca¬ 
pace di sorreggere il verso* « par la seule force du sub- 
stantif et du verbe, sans le concours d’une seule épi- 
thète », « restaurateur de l’Epopèe en Europe »•*), il vate 
grandissimo che il Rivarol vanta talora (nella Préface par¬ 
ticolarmente), senza tradire il minimo ardore, il minimo 
calore dell’ anima, non appare a lui forse come ciclopica 
figura, fuor dal naturale e dal vero, specie di mostro, 
senza nulla di divino? 

Difetti di gusto, bizzarria del soggetto, asprezza, im¬ 
proprietà di dizione, aridità de’ particolari, invenzioni 
infelici, strano adattamento delle « idées du paganisme 
à son enfer chrétien », abuso del meraviglioso, questo e 
ben altro ancora osa rimproverare il Rivarol al poeta 2 ) 


1) Una nota, giusta e sensata (III, 290), loda nell’ultimo 
canto dell’ Inferno « ce silence qui règne au milieu de tant 
de maux ». Altrove (p. 46), il Rivarol loda in Dante « le grand 
art » di sapere « cacher » e « négliger », l’arte di « paraltre 
oublier », l’« économie », la « rapidité »; — p. 61: « Aucun 
poète n’a rien dit de comparable sur la fortune, si ce n’est 
Horace»; p. 92 (note sul canto XI): « On voit.... combien le 
Dante était supérieur à la philosophie scolastique de son siècle. 
Ses distinctions sont nettes, et sa théologie fort simple»; p. 234 
(a proposito di Maometto): « Les grande peintres saisissent 
toujours ce demi-chemin d’action, qui laisse deviner ce qui 
vient de se passer et ce qui va suivre ». Nel sistema morale 
di Dante, il Rivarol non ha nulla da riprendere. Ammira l’or¬ 
dine sovrano « dans la gradation des crimes et des peines.... 
Montesquieu n’a pas trouvé d’autres divisions pour son Esprit 
des Loie ». 

2) Non piaceva evidentemente al Rivarol il Virgilio dan¬ 
tesco ; p. 293 : « Le Dante, qui n’observe aucune convenance, 
le fait parler en homme du peuple d’un bout de l’Enfer à 
l’autre; il en fait quelquefois un petit théologien fort déter- 
miné, et plus souvent un bon homme à proverbes et à senten- 
ces » (Charles Nodier dirà, nel saggio Du Gerire romantique, 
1819 : « Le Dante descendit dans ses enfers, sur les pas de 


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Voltaire e il suo secolo 


che trionfalmente introduce in Fi-ancia *). « Le Dante n’a 
pas connu ce mérite contimi du style j il tombe, quand le 
choix dea idées ou la force dea aituations ne le soutien- 
nent paa ». Lungi dall’ accordare a Dante il poeto più 
elevato nella poesia, il Rivarott pospone il sommo ad altri 
vati, dall’epica Musa più favoriti. Gli spiace che Dante 
non abbia supplito agli inconvenienti del soggetto, « par 
la fréquence des épisodes » $ « il lutterait aujourd’hui 
avec plus de bonheur contre Homère et Milton, le Tasse 
et Virgile. Mais il court de descriptions en descriptions 
vere un dénouement topographique ». Smembra pur lui, 
il Rivarol, senza pietà, la trilogia dantesca, per stac¬ 
carne gli episodi sparsi dell’ Inferno, dolente che « dans 
cette immense galerie de supplices, on ne rencontre pas 
assez d’épisodes » ; « le lecteur le plus intrèpide ne pent 
échapper à la fatigue 2 ). Coprono i difetti, per fortuna, 


Virgile, mais il ne se crut point obligé de parler la langue 
de son maitre, poète heurenx d’un àge heureux»). —Nè ap¬ 
pari van degne tutte d’ ammirazione al Rivarol lo <c beautés », 
sparse nella sola oantioa a lui nota del « triple Théàtre ». 
L’iscrizione sulla porta dell’Inferno è veramente «d’une grande 
beauté », ma che c’ entra qui il « primo amore » (III, 25)1 « Ja- 
niais l’amour n’a pu eoncourir à la oonstruction de l’Enfer». 
Sembra che Dante abbia « sacrifié la convenanoe au plaisir 
d’exprimer la trinité en deux vers ». 

1) Fa troppo onore il Carducci, Della varia fortuna di 
Dante {Opere, Vili, 134), alla traduzione del Rivarol, chiaman¬ 
dola « il primo stadio al viaggio trionfale della gloria di 
Dante per 1’ Europa, fatalmente incominciatosi coll’ 89 ». Il 
Goldoni ricordò il Rivarol, nelle sue Memorie (Part. Ili, 
cap. xxxviii) : « Il signor conte di Rivarol è un giovane 
autore, che si è fatto conoscere al pubblico con una opera, 
che gli fa il maggiore onore, e che prova la vastità delle sue 
cognizioni, e l’energia della sua penna.... Egli ha recente¬ 
mente tradotto il poema di Dante, e si ha motivo di sperare 
in lui un successore ai grandi maestri della letteratura ». 

2) Préface, p. xxii. Altrove», nelle note al canto di Francesca, 
esclama (p. 44) : « Quel poème serait-ce que le sien, si, moins 
pressé d’imaginer et de décrire des supplices il eùt voulu plus fré- 
quemment reposer son lecteur sur des aventures si attachantes »! 


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« quelques beautés vraiment poétiques ». « Que ne doit-on 
pas à cet boni me originai, assez grand pour s’èie ver dans 
l’interrègne des beaux arts, et s’y former à lui seul un 
empire séparé des anciens et des modernes ! » *). 

Nella prosa sua il Rivarol vorrebbe riprodurre l’ener¬ 
gia possente, la fierezza e la concisione dei versi di 
Dante. Non solo sdegna calcare religiosamente il suo 
modello, « hérissé de notes, et tout en dialogues », poi¬ 
ché, « en eùt-il l’idée », dice il Sainte-Beuve, « le siècle 
ne le supporterai pas un moment » 1 2 ) ; ma modifica, fe¬ 
dele a’ suoi principi estetici, che, in fondo, erano i prin¬ 
cipi del Voltaire medesimo ; stempera e allunga in oziose 
perifrasi il testo originale. Occorreva, dice 3 ), « que la 
traduction servit sans cesse de commentaire au texte ». 
Toglie quanto oscuro, ruvido, aspro e duro gli sembra. 
Ritocca, pulisce, addolcisce, abbellisce; cura l’«habille- 
ment » del testo, come si disse ; lo rende sempre nobile, 
sempre elegante, sempre pomposo ; o piuttosto, secondo 
l’espressione maligna d’un critico della Liberté de pen- 
ser 4 ), vi riversa « le parfum fade du XVIII© siècle vieil- 
lissant, et comme une odeur de boudoirs ». Le traduzioni, 


1) CEuvres, III, 245; 45; 267; 283. Le note aggiunte alla 
traduzione, da Artaud de Montor e da altri ritenute nuove ed 
erudite, non sono punto originali. Il Rivarol le attingeva, in 
gran parte, al commento del Venturi, La Divina Commedia 
con una breve e sufficiente dichiarazione del senso letterale, Luc¬ 
ca, 1732, Verona, 1749, che pur servì quasi esclusivamente 
ad A. W. Schlegel per la sua nota traduzione. — Nei Fral¬ 
mente de VÉnéide (CEuvres, II, 374), il Rivarol cita Dante, a 
proposito dell’ « amica silenti a lunae »: « Le Dante dit du 
premier cercle de son enfer: * dans ce lieu muet de toute 
clarté’, pour dire ‘ privé de toute lumière’ ». 

2) Causeries du Lundi, V, 65 : « Il vise, en traduisant, à ce 
style soutenu déclaré impossible ». 

8) CEuvres, III, 227, nota al canto XXVII. 

4) Citato dal Le Breton, Rivarol, p. 118. Vedi anche To- 
pin, nel Bibliof., Ili, 118 : « il craint la haute mer, n’ose trop 
s’aventurer, et suit les sinuosités du rivage. Il sacrifie la lit- 
téralité à l’élégance et quelquefois élude la diffioulté ». 


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Voltaire e il suo secolo 


confessa il Rivarol, nel suo Petit almanach, « ne laissent 
passer, cornine les distillations, que l’esprit ou le parfum 
tout au plus ; les couleurs s’évaporent ». Similmente, al¬ 
trove, nel suo En/er: « Les traductions éclairent les dé- 
fauts et éteignent les beautés, mais on peut assurer qu’el- 
les perfectionnent le langage ». Dante, quindi, «à cause 
de ses défauts », « exigeait plus de goùt que d’exaeti- 
tude » ) « l’extrème fidélité serait une infidélité ex- 
trème » x ). Conveniva correggere continuamente il poeta, 
rifare quanto appariva mal fatto, velare - così s’esprime 
il Rivarol (III, 182) - « la naiveté grossière du texte.... 
par la noblesse du style du traducteur ». Non ripeterei, 
col Bouvy, che la traduzione in prosa del Rivarol « n’est 
guère mieux dans l’esprit du poème que les fragments 
de traductions en vers de Voltaire » 2 ). Il Rivarol fa di 


1) (Euvrm, III, 164 : « C’était pour me coller plus étroite- 
ment au Dante mème que je m’écartais de son texte: la lettre 
tue, et 1’esprit vivifìe ». — Si giudichi di questa fedeltà, dal 
modo con cui il traduttore riproduce la delicatissima domanda, 
mossa da Dante a Francesca, e che il Le Breton (p. 119) offre 
quale modello d’una traduzione perfettamente riuscita (III, 41): 
« Hélas, répondis-je, en quel moment et de quelle douce ivresse 
ils ont passé aux angoisses de la mort ! ». Chi riconoscerà la 
sentenza memoranda di Francesca, che pur colpì Fautore del 
Gènte du christianisme , nel travestimento : « Tu a appris d’un 
sage.... que le souvenir de la félicité passée aigrit encore la 
douleur présente »? — Il « signor dell’altissimo canto », che 
attorno a sè aduna « la bella scuola », diventa per il Rivarol 
« le pére de l’Épopée ». — Educato alla scuola de’ gentiluomini 
di Francia del buon secolo, Dante apostrofa la prima volta il 
suo maestro (III, 4) : « Vous ètes donc ce Virgile, dont la voix 
immortelle retentit à travers les siècles? » — Sopprime la tra¬ 
duzione, con strappo ardito e crudele, molti versi dell’ origi¬ 
nale. (Trovo ben tradotto, tuttavia, l’episodio di Pier della 
Vigna). Si pentì talora il Rivarol delle alterazioni sue al testo 
della Commedia t II Le Breton ( Rivarol, p. 288) ci informa 
eh’ egli aveva « chargé de notes et de corrections un exem- 
plaire de sa traduction de Dante qu’Esménard emprunta et 
ne rendit point ». 

2 ) Voltaire et VItalie, p. 66. 


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più e di meglio, sicuramente. Vuol rendere in stile soste¬ 
nuto quello che il Voltaire, sedotto dalla sua naturale dia¬ 
bolica inclinazione, riproduce in tono di burla. Il Villemain 
che fu tra’ primi in Francia, col Ginguené, a degnamente 
favellare di Dante, disapprovava la traduzione del Rivarol, 
e calmava, con la chiaroveggenza sua, l’entusiasmo dello 
Chènedollé: « J’aime mieux le vrai Dante, simple, naif, 
énergique et grossier méme. Je n’aime pas que Rivarol 
fasse des tours de force et d’élégance pour ennoblir ce 
qui est bas et franchement grossier. Pourquoi dire avec 
recherche et périphrase : 1 versant à jamais des larmes 
qui n’arrosent plus leur poitrine ’ (Enfer, XX), e i cour- 
bant avec effort les noires voùtes de son dos, il leur 
donnait pour le départ un signal immonde? ’ (XXI). 
Ces phrases ingénieuses et recherchées forment le vé- 
ritable contresens avec le fond de l’ouvrage, elles dé- 
tonnent avec le caractère de l’originai » 1 ). 

Il primo traduttore de\V Inferno, che di pochi decenni 
precedeva il culto tributato a Dante da Margherita di 
Navarra, non aveva gli scrupoli del Rivarol, e tradu¬ 
ceva alla buona, con maggior vigore, con maggior nerbo 
e maggior fedeltà. La poesia di Dante ha conservato, 
nell’ opera sua, un sapore dell’ originale che indarno 
cerchi nel Rivarol. Nè affievoliva miseramente, nella 
traduzione sua, Christine de Pisan, sì ingenua nel sen¬ 
timento, copi sincera nell’ ammirazione per il « vail- 
lant poète », la voce terribile delP invettiva : « Godi 
Fiorenza », soffocata nella prosa del traduttore del se¬ 
colo XVIII: « Réjouis-toi, Florence, puisque ta renom- 
mée, franchissant les mers et les empires, a retenti 
jusques dans les Enfers ». Audace Rivarol unicamente 


1) Vedi Sainte-Beuve, Chateaubriand et son groupe littéraire, 
II, 291. Dante (Inf., XII, 13) chiama il Minotauro : « V in¬ 
famia di Creti », « che fu concetta nella falsa vacca ». Il Ri¬ 
varol, inorridito, chiama il mostro « fruit d’une illusion mal- 
heureuse ». 


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Voltaire e il suo secolo 


volle essere nel vantare e celebrare l’opera propria, cre¬ 
duta da lui, in buona fede, nuova e originale. Osa dire egli 
stesso che, per rimediare ai difetti di Dante, il tradut¬ 
tore vedevasi costretto « à un peu de rivalité », che, con 
Dante, doveva lui pure « s’élever jusqu’à une sorte de 
création » *). Questa magica parola - « création » - ap¬ 
plicata al proprio talento inventivo, fece fortuna; e il 
Buffon, indulgentissimo sempre, prodigo sempre d’elogi 
agli amici, presto se ne valse, per lanciare, a sua volta, 
l’insulsa frase che, in fatto di stile, la traduzione no¬ 
vella di Dante altro non era che « une suite de créa- 
tions». Altri elogi seguirono 2 ). Le edizioni si moltipli- 


1) CEuvres, III, 163. E in una nota al canto XXI, p. 175 : 
« Cotte traduction offre quelques expressions créées »; p. 208 : 
« Il y a des esprits chagrins et dénués d’imagination, cen- 
seurs de tout, exempts de rien produire, qui sont fàchés qu’on 
ne se soit pas appesanti davantage sur le mot à mot, dans 
cette traduction : ils se plaignent qu’on ait toujours cherché 
à réunir la précision et Pharmonie ». Respinge il Rivarol, con 
nuove millanterie, le critiche del Framery {Lettre aux Auteurs 
du Journal de Pai'ù, CEuvres, II, 331): « Au lieu de relever 
les mots, peut-ètre eùt-il été plus agréable et plus utile d’exa- 
miner si colui qui avait fait l’histoire didactique de la langue 
frangaise avait connu les richesses poétiques de cette mème 
langue; s’il Pavait rajeunie par des expressions créées; s’il 
avait eu à la fois du goùt et de Pétrangeté dans le style, 
comme il en faut pour traduire PEnfer ; s’il avait plus songé 
à rendre Pintention que Pexpression d’un poète qui est tou¬ 
jours vague, impropre ou bizarre ». « J’aurais pu opposer au 
jugement de M. Framery colui de Diderot, qui n’était pas 
un contempteur du Dante », dice il Rivarol, nella medesima 
lettera ( CEuvres, II, 322). Indarno cerchi nelle CEuvres, del 
Didbrot, e nella Correspondance voluminosa, questa critica 
benevola della traduzione delP Inferno del Rivarol, inedita 
forse, o forse distrutta, o scomparsa. 

2) Henri Meister, grande amico del Grimm, scriveva nella 
Correspond . littér. (XIV, 205): « Quoique le ton de cette nouvelle 
traduction no soit pas également soutenu, quoiqu’elle nous ait 
pani manquer souvent tout à la fois et d’élégance et de fidélité, 
nous y avons trouvé de grandes difficultés heureusement vain- 
cuos...; elle est bien supérieure à toutes celles que nous connais- 


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carono. La voga di quest’ Enfer, letto dal Diderot, dallo 
Chènedollé, dallo Chateaubriand, da Victor Hugo durò 
un secolo e più. E prestissimo si scordò l’accorta cri¬ 
tica del Framery *), che, pur concedendo al Rivarol il 
dono di scrivere con prodigiosa facilità nella lingua 
natia, l’invidiabil talento d’un valentuomo, «né pour 
écrire », biasimava francamente l’immiserimento del- 
l’arte e del pensiero di Dante, in quella pretesa « suite 
de créations »: « Ce désir de créer sans cesse des expres- 
sions nouvelles a un grand inconvénient, bien éloigné du 
but où il aspire, c’est que loin d’enrichir la langue, il 
l’appauvrit » 2 ). 


sions. La physionomie du Dante, l’odeur de son siècle y transpi- 
rent du moina à chaque page ». Altri giurano, s’intende, sulla 
parola del Sainte-Beuve. 11 Le B beton, ultimo biografo del Ri¬ 
varol, porta ai sette eieli quest’« Inferno », che preferisce alle 
traduzioni posteriori del Ratisbonne, del Fiorentino, del Littré 
(p. 120). La prefazione del Rivarol « est d’un précurseur des 
Sainte-Beuve et des Taine » (p. 114); nelle sue note, il Ri¬ 
varol ha « débrouillé toutes les difficultés grammaticales ou 
historiques; il s’y est révélé érudit, sans rien perdre de sa ma¬ 
lico » (121). « Je saia gré à Rivarol d’infìdélités qui lui per- 
mettent de ne point dénaturer l’impression. Plus exact, il se- 
rait moins vrai ». 

1) Mercure de France, 25 giugno 1785, pp. 152 sgg. 

2) P. 157-158: « Jamais version ne fut moins fidèle ; et cepen- 
dant quel poéte exigeoit plus de fidélité que celui dont l’ou- 
vrage, très peu intéressant par le fond, ne vit que par la 
force des pensées, dont le plus grand mérite est dans l’ex- 
pression? » L’esordio di questa critica ha tutto il sapore d’una 
critica dantesca del Voltaire : « Si son nom [di Dante] y vole 
facilement (à la postérité), son Poeme s’y traine, avec peine. 
La réputation du Dante est universelle, et ses ouvrages ne 
sont presque pas lus.... Les sujets théologiques que traite ce 
Poéte occupoient alors tous les esprits ; l’amertume de ses 
satyres se répandoit sur des noms connus dans son temps.... 
Dans ce siècle de haines, une grande satyre devoit avoir un 
grand succès.... Ajoutons que ce Poéte eréoit, pour ainsi dire, 
sa langue.... Les divers genres de mérite de son Poéme sont 
entièrement perdus aujourd’hui; le sujet en est sans intérèt 
pour ses Lecteurs actuels ; toutes les allusions sont anéan- 


19 — Farinelli, Voi. II. 


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Voltaire e il suo secolo 


Se appaion soggiogati dallo spirito del Voltaire i tra¬ 
duttori di Dante, gli storici e i critici che divagan 
sulla Commedia e sulla vita del gran poeta, nel secol 
cadente, da una medesima fatai forza attratti, non se¬ 
guono guida migliore. La foga del grande seduttore li 
induce a ricercare, tra le tenebre, il poema stravagante, 
sorto in tempi barbari e tetri. Si desiderò conoscere i 
particolari della vita del vate errabondo. Vagheggia 
V abate de Sade, mentre compila le « Memorie » sul 
Petrarca, un lavoro analogo su Dante. « Serait-il donc 
vrai que la Nation la plus spirituelle de l’Europe ne 
connaìtrait pas bien encore les trois hommes à qui elle 
doit le plus et qui lui font le plus d’honneur? » E, 
fiero della erudizione sua, l’abate apostrofa le genti 
d’Italia, « qui aiment la poésie et les lettres » 1 ). Le 
vite di Dante e del Boccaccio, fino allora comparse, 
hanno, a suo giudizio, i difetti medesimi delle vite del 
Petrarca. « Elles sont superficielles, étranglées, pleines 
d’erreurs, d’anachronismes et de bévues ». In pieno fer¬ 
vore di ricerche sulla vita del Petrarca, raccoglie egli 
stesso « un grand nombre de matériaux pour celles de 
Dante et de Boccace », e si propone di giovarsene per 
un’opera vasta, purché in Italia non lo si prevenisse. 
A tale indagine, non mai compiuta, e neppur seriamente 
tentata, funesto consiglio avrebbe dato il Voltaire, « grand 
maitre de la critique », « le meilleur juge qu’on puisse 
ci ter sur cette matière », giudice esaltato, adulato, in¬ 
censato, temuto da tutti 2 ). 


ties.... Au milieu de grandes beautés, on trouve un grand 
nombre de phrases obseures ». Rammenta il Framery la « tra- 
duction de M. Moutonnet de Clairfonds, qui parut en 1776, 
et que M. de R[ivarol] parolt n’avoir pas oonnue ». 

1) Mémoires pour la vie de Francois Pétrarque, Amsterdam, 1764, 
tomo I, p. iv. Il terzo volume comparve nel 1767. 

2) Mém., voi. Ili, p. xii ; p. xi: « Dans le siècle de Pé¬ 
trarque, le Roman de la Rose faisait les délices de la Franoe ; 
on ne reconnaissait rien au dessus : à présent ne se moque- 


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La farsa buffa e crudele, giocata dal Voltaire all’amico 
de Sade, l’articolo demolitivo sul Petrarca della. Gazette 
littéraire *), rinnegato dal grand’ uomo, con una sfronta¬ 
tezza e un’imperturbabilità senz’esempio 2 ), non tolgon 
serenità all’abate, die, sommesso, si prostra all’altare del 
suo dio della critica. A rialzare il pregio dell’opera sua 
petrarchesca occorreva ( Mém II, p. xvn) «que ce grand 
maitre, qui a rnontré tant de goùt dans sa critique de 
Pétrarque, eut pris la peine de critiquer » le « Memorie » 
sue. Ed egli, indubbiamente, avrebbe « profi té de ses 
lepons ». Due volumi sul Petrarca son di sgomento al 
Voltaire, che all’abate scrive: « Je vous en remercie de 
tout mon coeur... Je prends d’ailleurs actuellement peu 
d’intérèt aux vers, soit anciens, soit modernes : je suis 
vieux, faible, malade » 3 ). Le lezioni del Voltaire non 
avrebber mutata certo in simpatia per Dante l’ammira¬ 
zione per il Petrarca, manifestamente «le plus beau génie 
qu’ait produit une contrée fertile en grands liommes », il 
poeta, a cui «les lettres en gónéral, la langue et la poésie 
Toscane en particulier ont le plus d’obligation », e che 
destinò il cielo a trarre alla luce viva « les lettres de la 
barbarie où elles étaient ensevelies» (Mém., I, p. iv; lxx). 


rait-on pas de quelqu’un, qui s’aviserait de mettre en pa¬ 
rallèle cette rapsodie gothique aveo le beau poème de la 
Henriade? » 

1) Aprile-maggio 1764, p. 893 sgg.; (Euvres, XLI, 476 sgg.: 
« Je ne fais pas grand eas des vers de Pétrarque ; c’est le génie 
le plus fécond du monde dans l’art de dire toujours la mème 
chose ; mais ce n’est pas à moi à renverser de sa niche le saint 
de l’abbé de Sade » (Lettera al d’Argentai - 22 giugno 1764; 
Corresp., XII, 480). — La Gazette littéraire del 4774 (n. 57, 
p. 158) offriva ai lettori la spiegazione leggendaria del « Pape 
Satan » dantesco, data da « un orfèvre Florentin, nommó 
Cellini » {Vita di B. C. ed. Bacci, p. 288). 

2) « Jugez s’il y a quelque apparence au beau conte qu’on 
vous a fait que j’avais mis quelques observations dans la Gaz. 
litt. ». Lettera all’ abate de Sade; 26 dicembre 1764 - Corresp., 
XII, 145. 

3) 23 gennaio 1765 - Corresp., XII, 191. 


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Se eccettui le poche e monche notizie su Dante, attinte 
ciecamente alle fonti più comuni *), il commento all’epi¬ 
stola spedita dal Petrarca al Boccaccio, grato dell’esem¬ 
plare offertogli della Commedia 2 ), epistola di grande inte¬ 
resse « pour les littérateurs italiens» 3 ), odi ancor sempre 


1) Dino Compagni, Leonardo Bruni d’Arezzo, Giannozzo Ma¬ 
netti, Vellutello, una Vita di Dante, pubblicata a Firenze, nel 
1748, ecc. Vedi Mémoires, I, p. 6; 11; 12-13 : « Dante fut accusé 
de concussion en exergant l’emploi de Prieur, et banni quoi- 
que innocent. Son véritable crime étoit de s’ètre opposé à la 
venue de Charles de Valois, qui voulut se vanger. Voilà la 
Bouree de ce déchaìnement contre les Francis, et surtout con¬ 
tro la maison de Franco, qui éclate dans les ouvrages de Dante 
d’une fagon indigne d’un si grand Poète »; p. 46: rapporti di 
Dante con Cino da Pistoia ; p. 48 : malignità di Cecco d’Ascoli, 
che osò « tourner en ridicule.... la Comédie du Dante »; p. 74: 
versi latini del Petrarca, composti dietro P esempio « dn 
Dante, qui avoit commencé sa comédie en vers latins »; p. 80: 
precursori di Dante - « Dante les surpassa tous : après avoir 
enrichi la langue vulgaire, il Péleva jusqu’à exprimer les cho- 
ses les plus relevées et les plus sublimes ; mais il ne lui óta 
pas toute sa rouille » ; p. 83 : « rime » di Dante - « Dante 
sentit le joug, et n’osa pas le secouer; s’il n’avoit pas employé 
la rime, les esprits grossiers de son temps ne l’auroient pas 
regardé coinme poète. Mais pour adoucir l’affectation trop mar- 
quée des mèmes terminaisons, et éviter le dégoùt qui naìt 
d’une trop grande uniformité, il mèla les rimes, c’est-à-dire, 
qu’entre deux rimes de la mème espèce il en plaga une troi- 
sième ; c’est ce qu’on appello les rimes tierces, dont il est 
l’inventeur, Pétrarque ne pensa pas comme lui ». 

2) Andò perduta, verosimilmente, una lettera anteriore del 
Petrarca al Boccaccio, che ringrazia per quell’invio. Vedi 
G. Traversar^ Il Boccaccio e V invio della Commedia al Pe¬ 
trarca, nel Giorn. dant ., XIII (1905), 25 sgg. 

3) T. Ili, p. 513: « Vous regardez, Messieurs, Dante et Pétrar¬ 
que comme les deux plus grands ornemens de votre patrie ; vous 
étes partagés sur la préférence qu’il faut donner à l’un ou à 
l’autre. Combien d’écrits ingénieux sortis de vos plumes pour 
traiter cette question qui est encore indécise, et pour balancer 
le mèrito réciproque de ces deux grands hommes? » ; p. 514 : « Je 
viens de vous mettre sous les yeux ce que Pétrarque pensoit du 
Dante.... Voulez-vous bien me permettre de faire avec vous 
quelques réflexions sur cette lettre? Pétrarque y donne de 


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la voce magica, possente e imperiosa del Voltaire quando 
l’abate, nell’introduzione dell’opera sua (p. 8), giudica 
Dante, e chiama la Commedia, variando e attenuando il 
giudizio dell '‘Essai sur les mceurs: « poème bizarre, plein 
d’idées sublimes, de coups de pinceau hardis, et de 
beautés singulières, qui le font lire encore aujourd’hui, 
malgré son obscurité et ses défauts » 1 ). 

Tre anni prima della divulgazione delle Lettres chi - 
noises, Michel-Paul de Chabanon, amico del Voltaire e 
del Marmontel, avvezzo, quanto il La Harpe, ai peregri- 
naggi devoti a Ferney, guasto dagli elogi del gran pa¬ 
triarca per l’audace sua traduzione di Pindaro 2 ), munito 


grandes louanges à Dante, au moins pour ce qui regarde la 
langue vulgaire, dans laquelle il dit qu’il a excellé; mais ne 
trouvez-vous pas dans ces louanges quelque chose de forcé 
et de contraire, qui ne part pas du cernir? Pétrarque ne se 
met-il pas fort au-dessus du Dante, quand il dit que celui-ci 
8’est appliqué séricusement toute sa vie à faire des vers en 
langue vulgaire?... Enfin ne rabaisse-t-il pas un peu trop le 
Dante, quand il dit qu’il ne lui envie pas les applaudissemens 
enrouós des cabaretiers et des bouchers? Concluons que Boc- 
cace connaissoit bien la fa$on de penser de Pétrarque et qu’il 
lisoit dans lo fond de son àme, lorsqu’il se justifìoit auprès 
de lui des louanges qu’il donnoit à Dante ». 

1) L’ amico V. Cian, in una recensione (Bull. d. soo. dant., 
XIV, 221) alle conferenze mie francesi, Voltaire et Barite, Ber¬ 
lin, 1906, che qui rifondo nell’ opera complessiva, non trova 
di voltairiano nella critica dantesca del de Sade che l’epiteto 
bizarre, e sembra perfettamente scordare il giudizio del Voltaire 
ne>\Y Essai sur les moeurs, che l’abate variava e raddolciva. 
E perchè mi oita il Cian, ad ogni piè sospinto, il Bouvy? Non 
ho io rifatto di sana pianta, con ben altro corredo di notizie, 
e ben altro giudizio, il lavoro del mio precursore? Nè io in¬ 
tesi mai di fare 1’ apologia del Voltaire, come il Cian lascia 
supporre. Solo ho creduto dover mio l’oppormi al biasimo 
tradizionale, irriflesso, e ormai puerile, che al Voltaire si in- 
fligge, senza punto leggerlo, e senza nulla comprendere, per 
conseguenza, del suo spirito. 

2 ) Odes pytiques de Pindare, traduites en franpais aree des 
remarques et un discours..., Paris, 1772. « Votre traduction est 
noble et élégante », scrive il Voltaire al suo « cher ami » Cha- 


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de’ saggi consigli per la composizione delle tragedie sue, 
«musicien, poète, pliilosophe et liomme d’esprit », come 
lo chiamava il d’Alembert ( Corresp . del Voltaire, XIII, 94) 
- convinto dei «grands défauts», delle «folies tristement 
plaisantes» di Dante, compensate, in parte, dai « beaux 
morceaux de poésie » - affastella un dì una Vie du Dante, 
« chinese » anch’ essa 1 ) r mescolata ad alcune analisi e tra- 


banon (9 marzo, 1772, CEuvres, LXVII, 384), « vos notes très 
instructives.... Je devine seulement que vous devez avoir eu 
un e peine extrème à rendre en prose agréable et coalante votre 
sublime ohantre des cochers grecs et des combats à coups de 
poing ». Nel marzo del 1777, il Voltaire ringraziava lo Cha- 
banon della traduzione di Teocrito ( Corresp ., XX, 243): « Croyez- 
vous qu’un vieillard rechigné et cacochyme se plaise beaucoup 
à lire Théocrite et Tibulle? Je réponds : Oui, quand ils sont 
traduits par M. de Chabanon. Vous rendez un vrai Service au 
public, en nous donnant de véritables ouvrages de littérature, 
dans un temps ob on nous accable de sottises et de pauvretés 
qui rendent notro nation méprisable à toute l’Europe ». Dieci 
anni prima, il Voltaire aveva scritto al La Harpe (Corresp,, XIV, 
384): « Nous sommes dans la fange des siècles pour tout ce 
qui regarde le bon goùt ». Stupisce che il Voltaire nulla ab¬ 
bia detto mai della Vie de Dante dello Chabanon. 

l) Attinta a parecchie fonti (Boccaccio, Gravina, Bayle, Mu¬ 
ratori, Bettinelli, ecc.), questa Vie du Dante aree ime notice 
détaillée de ses ouvrages (Amsterdam, 1773) non è talora che 
un panegirico della oritica infallibile, ricolma di « buon gusto », 
del Voltaire. Tutte le fantasie su Dante, improvvisate dal Vol¬ 
taire nell’assai sur les mceurs, nell’ articolo su Dante, nella 
lettera al Bettinelli, ricompaiono in questa Vita. Determinato a 
far conoscere i « défauts » di Dante, anche <c les plus gros¬ 
siere », lo Chabanon (p. 38) condanna il lavoro superfluo dei 
commentatori, già condannato dal Voltaire: « On a fondé des 
chaires en Italie pour expliquer le Dante ; en France, sa répu- 
tation se soutient par le respect d’une ancienne tradition: on le 
loue plus qu’on ne le lit ». Quale follia (p. 17) « employer cent 
chants à déorire l’Enfer, le Purgatoire et le Paradis » - (p. 18), 
« Une seule bizarrerie » è paragonabile a questa stranezza ; 
« c’étoit d’appeler cet ouvrage une comédie » - (p. 53) : « En 
lisant l’Enfer du Dante, on ne peut s’empècher de regretter 
les nobles fictions de la Mythologio ancienne, aussi conforme 
au génie des beaux Arts que celles du Dante y sont contraires - 
(p. 92, a proposito del Purgatorio ): « Ce mélange de la fable 


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duzioni dell 'Inferno, in versi alessandrini *). Monumento 
di inescusabile ignoranza e di leggerezza 2 ) chiama il 


et des vérités saintes, déroge aux gràces de l’uue et à la di- 
gnité des autres ». Offre questa Vita alcuni particolari, non 
ancor punto consacrati dalla critica del maestro Voltaire. Lo 
Chabanon considera Dante come un genio malinconico, assorto 
ne’ suoi sogni di tristezza, anticipato Young (p. 14), « profon- 
dément sensible » (p. 7), dotato, tuttavia, d’«une imagination 
forte et susceptible des impressione les plus vives». La Com¬ 
media di Dante, la poesia lirica dantesca, similmente, non fanno 
che esalare questa « mélancolie douce ». Per consolare lo spirito 
affranto, il poeta si indusse a prender moglie. « Le remède fut 
pire que le mal» (p. 15). — Il poema suo, senza gusto, senz’or¬ 
dine, senza misurar, non offre che un cumulo di stravaganze. L’oc¬ 
chio nostro, gettato in quel caos, non scorge che un « séjour d’im- 
mondices» (p. 68), e scene stomachevoli. L’assurdità dell’opera 
è per ventura compensata da alcuni episodi, quello di Francesca 
particolarmente, « morceau d’un genre facile et doux » (p. 66), 
e il canto d* Ugolino, « le plus bel endroit de l’ouvrage » (71). 

1) La sola parte della trilogia nota allo Chabanon. Sembra che 
del Purgatorio, « bizarre », quanto l’ Inferno, non conoscesse 
che il principio e la fine. Osserva, a proposito del canto XXI 
(p. 94), che Dante « vouloit déployer sa Science dans ces détails 
d’ime anatomie tout à fait conjecturale, et d’une métaphy- 
sique obscure. C’est comme dans le Poème de Brunetto ». 
Aggiunge brevi analisi, estratti puerili dei canti che raffigu¬ 
rano la simbolica processione, per conchiudere (p. 96): « Je 
veux croire que cette confusion d’objects décrits par le Dante 
est allégorique.... Nous épargnerons au lecteur l’ennui d’en lire 
davantage ». Del Paradiso sbrigavasi meravigliosamente lo 
Chabanon, sentenziando : « Le Paradis du Dante ressemble à son 
Purgatoire: ce sont des fictions et des allégories du mème 
genre. Le Poète voit sucoessivement la gioire des Saints, celle 
des Anges, de la Vierge, et enfin celle de Dieu mème; c’est 
par là qu’il finit, sans dire comment sa vision cesse, ni com- 
ment il revient sur la terre ». 

2) « Ecco un altro scrittor Francese, che viene a istruire noi 
Italiani. Noi non sapevamo chi fosse il Petrarca, se 1’ abate 
de Sade per sua gentilezza non avesse preso a darcene una 
giusta idea; e forse M. de Chabanon ha creduto che noi fos¬ 
simo nell’ ignoranza medesima riguardo a Dante ». Così co¬ 
mincia la critica del Tiraboschi, nel Nuovo Giornale dei letterati, 
d } Italia, Modena, 1776, X, 1 sgg. Mi sfugge ancora quanto il 
Lastri scrisse sull’opera dello Chabanon, nelle Novelle letterarie 


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Tiraboschi questa « Vita », aspramente criticata, più 
tardi, da A. W. Schlegel. Non la riterrei tuttavia pie¬ 
namente sprezzabile e malvagia, poiché offriva, a’ suoi 
tempi, le prime notizie sulle opere dantesche minori x ); 
indicava - cosa inaudita in Francia - i pregi della lirica 
di Dante, non inferiore, dice vasi, alla lirica del Petrarca 2 ), 


del 1774. Malgrado le censure, aspre e frequenti, lo Chabanon 
è spesso citato in Francia nel corso del secolo. È autorità ri¬ 
spettata dal Pommereul, traduttore del Bettinelli (p. 111). 

1) Sembragli però detestabile il Convivio (p.117), «commen¬ 
tane prolixe de trois chansons du Dante ». « Lorsqu’on lit 
pour la première foie la Comédie du Dante dans une édition 
coramentée, on ne peut s’étonner assez qùe les Common ta- 
teurs ayent supposé par-tout un sens mystérieux et allégori- 
que.... Mais combien ma surprise a-t-elle redoublé lorsque pai 
vu que le Dante lui-mème a tracé le chemin aux commenta- 
teurs, et qu’il leur a donné l’exemple!... U esprit humain fait 
pitié, lorsqu’on en retrouve l’enfance jusques dans des esprits 
supérieurs à leur siècle, et qui Pont éclairé » (p. 118-119). Non 
doveva ignorare lo Chabanon lo scempio orribile che il de la 
Touche-Loisy aveva fatto del Convivio, nelle Consolations chré- 
tiennes, aveo des réfiexions sur les huit béatitudes, et la Paraphrase 
des trois Cantiques du Dante . Paris, 1744. « L'amour qui veut 
se rendre maitre absolu de la partie supérieure de mon àme, 
s’empresse à lui faire connattre le prix de la beauté dont il 
se sert pour la subjuguer. Il la peint avec des couleurs si bril- 
lantes, que ma vue intérieure peut à peine en soutenir Féclat ». 
Chi riconosce in questa prosa il principio della canzone: « Amor 
che nella mente mi ragiona » ? La canzone seguente : « Le dolci 
rime d’amor.... » non è meno spietatamente sfigurata e tra¬ 
vestita: « Vois-tu, me dit Amour, quelle est la passion des 
hommes pour la vanité?... » (p. 308 sgg. della Consolation de 
Dante Aligeri, Philosophe et Poète Fborentin. Paraphrase des trois 
Cantiques qui font le su jet de Vouvrage intitulé: V amoroso con¬ 
vivio. - Vedi anche Oelsner, p. 42). — Dopo alcune banalità 
sul VÉloquence Vulgaire e sul trattato De la Monarchie , lo Cha¬ 
banon conchiude: « Tei est Fextrait des ouvrages de Dante. 
Il suffit, je pense, pour comparer ce Poète à sa réputation, 
pour juger s’il mèri te les honneurs dont il jouit ». 

2 ) Il saggio di traduzione dello Chabanon (pp. 104 sgg.) fu più 
volte riprodotto, col titolo La Mort de Béatnce , da altri biografi, 
e critici francesi di Dante del secolo scorso. A tratti, lo Chaba¬ 
non spegne le vampe del suo entusiasmo, sì poco sincero, de- 


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e recava tradotta, o trasfigurata piuttosto, la canzone « gli 
occhi dolenti », frammenti d’ altri carmi, e l’intera can¬ 
zone «donna pietosa e di novella etate», dal Sainte-Beuve 
poi, in parte, tradotta 1 ). Meravigliato di tant’ opera, 
un critico del Journal des Savants (giugno 1774) osa 
dire infine che « parmi les restaurateurs des Lettres, il 
en est peu d’aussi célèbres que le Dante ». 

Questo Dante, divenuto celebre, lo vedrete oltraggiato 
dal La Harpe, nelle lezioni sue e nelle critiche, con 
acerbità sdegnosa, e feroce accanimento, con fiera in¬ 
transigenza per tutto quello che non appariva nel gusto 
francese. Innamorato del Tasso, adoratore del Bacine, 
entusiasta della Phèdre e della Mérope, irritato contro 
coloro che vantavano senza posa « la nature brute », 
per opporla insensatamente alla « nature perfectionnée » 
(Éloge de Bacine ), il La Harpe dava i consigli suoi saggi 
a un giovin poeta, beato, diceva, se gli concedesse il 
destino di « rassembler avec joie autour de ma vieil- 
leuse, | ces écrivains chéris qu’adora majeunesse, | relire 
et dévorer ces ouvrages charmants, | de la raison, de 
Fame immortels alimens, j me réchauffer encore de leur 
fiamme divine » 2 ). 

Alla divina fiamma di Dante nessuno riscaldavasi an¬ 
cora. Aprite le « Enciclopedie », i « Dizionari » di cri- 


plora «l’obscurité trop ordinaire au style de Dante..., qui règne 
dans ses poésies lyriques ». Ha notizia del Cavalcanti, poeta 
di genio, ohe degenera talvolta in « subtilités vétilleuses ». 

1) Ne ricordo un frammento, nelle Consolations (Poésies coni- 
plètes, ed. Lemerre, I, 77 sg.) : 

Puis, regardant, je vis en grand nombre dans l’air, 

Pareils aux blancs flocons de la neige en hiver, 

Des anges qui ber^aient, raollement remnée, 

Une àme assise au bord d’une bianche nuée; 

Ds 1’eraportaient au ciel en chantant Hosanna! 

2) Il Saintk-Beuvk, troppo indulgente verso il La Harpe, acuì 
attribuisce il merito d’ avere, nel Cours de Littérature, rimessa 
in trono, «avec noblesse, avec éloquence, lamajestueuse figure 
d’Homère», deplora ( Portraits contempor ., V, 327) che siasi ora 
così « aisément ingrat pour ce critique plus qu’à demi détróné ». 


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Voltaire e il suo secolo 


tica, le « Biblioteche storiche e critiche », i « Vade¬ 
mecum » dei dotti e dei letterati di quel tempo, già 
fertile di compilazioni,* se v’imbattete, per ventura, in 
alcune poche e monche e scialbe notizie sulla vita e le 
opere di Dante, facile vi sarà accertarvi che tutte deri¬ 
vano dallo spirito e dalla critica del Voltaire 1 ). Vi tro¬ 
vate ripetuti i giudizi voltairiani fissi e determinati, con 
qualche insignificantissima variante ed aggiunta. Ricordo 
un infelice arti coletto su Dante Alighieri del Dietionnaire 
di Jean-Baptiste Ladvocat 2 ), un altro, posteriore d’una 
diecina di anni, improvvisato dall’abate Chaudon per il 
suo Xouveau Dietionnaire 3 ) (Paris, 1766), e una diva- 


1) La sostanza della critica dantesca del Voltaire ricompare 
nella Poétique del Voltaire (1776), vantata, consultata, citata, 
spogliata, saccheggiata per tutto il secolo. 

2) La prima edizione del Dietionnaire historique et bibliogra- 
phique (Parigi, 1752) non contiene che una breve notizia, at¬ 
tinta in parte al Dietionnaire del Moréri : « Dante Alighieri, 
un des premiers et des plus célèbres poètes d’Italie... ; il fut 
instruit avec soin dans les belles-lettres sous Brunetti..., et 
consacra les prémices de sa muse à P amour. Dante avoit un 
génie et des talens admirables pour la poésie...; étant de- 
venu l’un des gouverneurs de Florence, son ambition Pen- 
veloppa dans la ruine de la faction qu’il avoit embrassée... ; 
sa maison fut abattue et ses terres pillées. Il voulut s’en ven- 
ger aux dépens mème de sa patrie, et fìt tout ce qu’il put 
pour Pexposer à un e sanglante guerre; mais il mourut à Ra¬ 
venne, pendant son exil, en 1321 ». Altre edizioni aggiungono 
nuovi particolari. Così quella curata dal Feixer, nel 1788 : 
« De trois mariages qu’ il avait contractés, il n’a laissé qu’un 
fils, qui fut avocat à Vérone, et qui a laissé de la postérité. 
Il nous reste de lui divers poémes, la plupart composés pen¬ 
dant sa disgràce, dans lesquels il fait paraltre une satire mor- 
dante, beaucoup d’esprit et un grand génie ». 

3) Nouveau Dietionnaire historique ou histoire àbrégée de tous 
les hommes qui se soni fait un nom par des Talens, des Vertus, 
des Forfaits, des Erreurs, ecc. L 7 articolo su Dante, che figura 
nella prima edizione del 1766, ricompare nelle seguenti, con 
alcune poche aggiunte, che indico fra parentesi, seguendo la 
7 a ed. del 1789 (tomo I, p. 684 della l a ; tomo III, p. 216 della 7 a ): 
« Dante Alighieri poète italien naquit à Florence en 1265.... 


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gazione analoga dello Cliaudon, nella Nouvelle Bibliothè 
que d’un homme de gotti 1 ). 


(Dante entra fort jeune chez les Cordeliers; mais, ne pouvant 
s’accommoder de la vie claustrale, il la quitta avant d’avoir 
prononcé ses vceux). Un esprit vif et ardent le jeta dans 
l’amour, dans la poésie et dans les factions ». Caduto in di¬ 
sgrazia, il poeta fu bandito dalla sua fazione. « Dante fut chassé 
des premiers, sa maison rasée, ses terres pillées. Il se rendit 
à Vérone avec toute sa famille, et s’en fit exiler ». Segue 
V aneddoto di « Can de la Scale », ritenuto storia vera ; se¬ 
guono altri particolari insignificanti, fino alla morte del poeta, 
a Ravenna. — « Dante étoit bel homme, quoique maigre. Il 
parloit peu et paraissoit méditer beaucoup ». « L’auteur s’.éleva, 
dans les détails » della sua Commedia (« que les Italiens ap- 
pellent Divine »), « au-dessus du mauvais goflt de son siècle. 
Il est plein de pensées aussi justes que profondes, d’images 
fortes, de peintures cliarmantes, d’expressions de génie, de 
tours délicats, de saillies ingénieuses, de morceaux brillants 
et pathétiques (le spectre d’Ugolin qu’on y trouve, est une 
des fletions les plus fortes qu’ait jamais enfantées P esprit 
humain, et elle suffirait seule pour immortaliser son auteur). 
Mais l’invention de l’ouvrage est (en général) bizarre, et le 
choix des personnages qui entrent dans ce tableau, fait aveo 
trop peu de goùt, et sans variété d’attitudes.... Cette divine 
Comédie, que quelques Italiens ont regardée comme un beau 
Poème épique, n’est, suivant divers critiques frangais, qu’un 
beau salmigondis. Dante trouve d’abord à l’entrée de l’enfer 
un lion et une louve. Yirgile s’offre à lui, pour lui faire les 
honneurs du lieu. Le poète latin lui montre dans l’enfer des 
demeures très-agréables ». Lo Chaudon, come si vede, defrauda 
il Voltaire, senza citarlo mai. « Enfin paralt le véritable en- 
fer, où Pluton juge les damnés. Le voyageur y reconnalt 
quelques cardinaux et quelques papes; il était sur-tout fort 
animé contre eux. Boniface Vili et Charles de Valois y sont 
traités avec outrage ». Altri particolari, nelle edizioni poste¬ 
riori, sono tolti alla Vita dello Chabanon, che pur suggeri¬ 
sce una frase sulla Vie nouvelle: « C’est l’histoire de ses amours 
avec Béatrice Fortinari‘(sic !) fìlle d’un gentilhorame Floren- 
tin.... Quelques commentateurs ont voulu que par Béatrice le 
Dante ait voulu marquer la Sagesse divine ; mais les critiques, 
mieux instruits et moins enthousiastes, conviennent que c’est 
la noble Fortinari, sa maitresse, qu’il a voulu immortaliser ». 

l) Paris, 1777, tomo I, p. 172. - Le Dante. Nessuno, sem¬ 
bra, s’accorse mai del plagio dello Chaudon, che copia, a leg- 


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Voltaire e il suo secolo 


E il Voltaire farà ancor legge per Le Prevost d’Exmes, 
professore regio a Parigi, quando costui comporrà, dopo 
lo Chabanon, non sai se per diletto o per distrazione, 
la sua Vie de Dante *), cavata da una diecina di altre 
Vite, italiane e francesi, buone e cattive 2 ), pazientemente 
mescolate tra loro. Abbondano oggidì i facchini della 
scienza e della critica che, come il Le Prévost, meccanica¬ 
mente lavorano, compilatori senz’ ombra di sentimento 
estetico, senz’ anima, senza giudizio, senza senno, senza 
coscienza individuale, « trombetti e recitatori dell’altrui 
scienza », come avrebbe detto Leonardo da Vinci 3 ). 


gerissimo cuore, la critica del Voltaire, mescolata goffamente 
ad altre frasi sue. « Les Italiens l’appellent divin, mais c’est 
une divinité cachée : peu de gens entendent ses oracles. Il 
a des comraentateurs, c’est peut-ètre une raison de plus pour 
n’ètre pas compris.... Ce Poeme est semblable à l’ancienne 
Comédie, c’est-à-dire à celle d’Aristophane et de ses contera- 
porains.... Le Dante est aussi très mordant, très satyrique 
dans son Poeme. De plus, le Poete y parie moins souvent que 
les Interlocuteurs qu’il introduit en grand nombre sur la scène. 
Ainsi son ouvrage tient plus du drame que de la narration.... 
Le Dante embrasse les choses universelles...; son Poème est non 
seulement semé, mais tissu d’idées grandes et agréables. C’est 
un canevas ourdi et travaillé par une imagination agitée d’un 
enthousiasme extraordinaire. L’Auteur a formé son langage 
poétique de celui des Grecs, des Latins, des Hébreux, des Pro- 
phètes, eco. » — L’abate Sabatier de Castres, ammiratore del 
Voltaire, e nutrito pur lui di succhi di critica voltairiana, tra¬ 
scura Dante nel suo Dictionnaire de littérature (Paris, 1770). 

1) Vie des éerivains étrangers tant anciens que modernes - Dante - 
8uivi de la Chasteté de Joseph, Paris, 1787 (opera dedicata « à 
Monsieur de La Ferté, commissaire général de la maison dn roi »). 

2) Lunga è la lista delle fonti di Le Prevost d’ Exmes. 
Noto : Landino, Castelvetro, Papyre Masson ( Annales e Elo¬ 
gia), Gravina, Maffei ( Verona ili.), il Padre d’Aquino, Venturi, 
Volpi, Rosa Morando, Grangier, Bayle, Bullart, Voltaire, Cha¬ 
banon, Moutonuet de Clairfons, Marmontel, Chaudon ( Nouv . 
dict.) r Palomba ( Lettres trad . de VItal . Parigi, 1778). Persino 
l’irlandese Sherlock è citato (p. 122). 

3) (111): « Bien des gens croient » - (114): « on admire la 
manière » - (111): « les critiques.... ont décidé » - (73): « on re- 
proche encore » - (117) : « les commentateurs admirent », ecc. 


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Quella Vita è corredata d’una scelta di traduzioni, in 
tutti gli stili, prese a differenti autori x ), fra i quali figura 
il buon vecchio Grangier, che il biografo novello trova 
talora « énergique » (p. 133). Una sol volta, se non mi 
inganno, il Le Prevost tenta riprodurre nella sua prosa 
alcuni versi di Dante, ed offre una traduzione sacrilega 
del melanconico «era già l’ora che volge il desio», 
« allégorie dont Dante s’est servi pour décrire le cré- 
puscule » (p. Ili): «Déjà l’heure était arrivée où ceux 
qui s’embarquent commencent à se rappeler avec atten- 
drissement l’adieu qu’ils ont dit le méme jour à leurs 
amis en les quittant ». Dal Voltaire aveva appreso tro¬ 
varsi nel poema di Dante versi felici e « ingenui », non 
distrutti dal tempo mai ; il Voltaire gli detta le parole 
della prefazione (p. vii- vm) : « On est généralement per- 
suadé que la Divine Comédie ne contient qu’un petit noin- 
bre de morceaux dignes de plaire ; mais ces morceaux sont 
de la plus grande beau té ». Scortato dallo Chabanon, 
rileva anche nella lirica di Dante alcuni fiori di poesia; 
trova ammirabile in particolar modo la canzone « Donne 
ch’avete intelletto d’amore ». « Les Élégies des Poètes 
modernes », dice, « expriment-elles mieux le sentimenti » 
(p. 11). Dal Voltaire pure apprende a moderare le lodi, 
a condannare « le mauvais goùt » della finzione dantesca, 
« les peintures dégoùtantes »,le « imperfections », 1’ « ob- 
scurité du style », gli « énigmes », sui quali stoltamente 
s’esercitavano i commentatori, le « extravagances » di pa¬ 
recchie scene, parodiate a meraviglia nella traduzion folle 
dell’ episodio di Guido, « poltron», che questa nuova Vita 
(pp. 88-90) non trascura di riprodurre 2 ). L’infantil critica 


1) Grangier, Voltaire, Chabanon, Watelet, de Gassendi, 
Montonnet de Clairfons. 

2 ) Osserva Le Prevost d’Exmes, a proposito del Purgatorio 
dantesco (p. 112): «Voltaire paroìt regretter dans ses ouvrages 
que Mare Aurèle, Trajan et quelques autres personnages Pa- 
yens dont on Ione les vertus, ne puissent pas ètre regardés 
comme sauvés, selon le dogme de la Religion Chrétienne. Il 


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Voltaire e il suo secolo 


è coronata da un consiglio strano, che il brav’ uomo 
avrebbe voluto dare a Dante. Sbarazzata dal superfluo, la 
grande visione d’oltretomba poteva ridursi a tre canti be¬ 
nissimo (p. 145-146) : « Supposons que la Divine Comédie 
ne soit composée que de trois cliants : celui de l’Enfer 
représentera seulement le Tartare, où le Poéte renfer- 
mera les principaux autenrs de la guerre des Guelfes et 
des Gibelins ». Si troveranno nel Purgatorio « ceux qui 
ont été plus malheureux que coupables.... Les Ombres 
retenues dans ce lieu de peines, gémiront de languir dans 
l’ob8curité, en attendant avec un e sorte d’impatience 
l’instant où elles doivent jouir de la lumière. lei finirà 
le second Chant. Les premiers traits de cette lumière si 
désirée se feront apercevoir, et Dante passera du Pur- 
gatoire dans le Paradis terrestre, et de là à l’Empirée.... 
L’Auteur fera dans le troisième Chant l’éloge des hom- 
mes vertueux morts de son tems ». 


auroit pu excepter Trajan, qui, dans la Divine Comédie est mia au 
Purgatoire ». — A Moutonnet de Clairfons ( Enfer , p. 515) e al 
Rivarol ( CEuvres, III, 253) non era sfuggita la somiglianza 
fra Gianni Schicchi (Tnf., XXX) e il falsario Crispino del 
Légataire universel del Regnard. Ignaro pur lui della fonte 
vera del Regnard, che toglie il racconto della frode audace ad 
una novelletta di Cademosto da Lodi (vedi P. Tomo, nel Giom. 
stor. d. lett. ital., XLVIII, 117 sgg.), il Le Prevost assicura dal 
canto suo (p. 94): « Il est facile de reconnoltre.... quo Regnard 
a tiré de la Divine Comédie le sujet de son Légataire universel, 
comédie agréable, dont on loue le style ; mais dont on désap- 
prouve le fond, comme étant préjudiciable aux mceurs ». — 
Nulla, nello zibaldone erudito del Le Prevost, che possa interes¬ 
sare il lettore veramente acceso per Dante ; nè so se godesse 
stima alcuna in Francia o altrove. Compiuta P analisi dell’/n- 
ferno, con la glorificazione inevitabile delT episodio d* Ugolino, 
delizia dei traduttori, si passa - con P aiuto specialmente delle 
note del Venturi e di Rosa Morando, aggiunte alP edizione 
veneziana del poema, del 1757 - (p. 146) alP esame del Purga¬ 
torio e del Paradiso , « qui plairoient à tous les lecteurs », se 
non fosse piaciuto a Dante ripetervi « ces descriptions fleuries 
et ces traits satyriques qu’on voit avec bèaucoup de plaisir 
dans la première partie de son Poéme ». 


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303 


Doveva rimembrar Dante il Millot, nell’ llistoire lit- 
téì'aire des Troubadours (Paris, 1774), accennare (p. 247) 
ai supplizio inflitto a Bertran de Born, condannato nel- 
VInferno a portare « en guise de lanterne sà propre 
téte, séparée de son corps », « pour avoir di vi sé le chef 
et les membres, en armant le jeune roi d’Angleterre 
con tre son pére ». Ma il giudizio del Millot sul sommo 
poeta, che dà « l’essor du génie à la langue italienne », 
non avanza punto il giudizio radicato nel secolo di Vol¬ 
taire. Per lo storico novello de’ vati di Provenza, il Cre- 
scimbeni fa legge !). È raro che il nome di Dante sfugga 
ai traduttori e ai postillatori dell’opere degli antichi. A 
Dante accenna, per sventura, 1’ abate Ricard, traduttore 
delle (Euvres morales de Plutarque ; e spiacemi non sapere 
donde attinga la notizia che Plutarco, - nel trattato Des 
Délais de la justice divine , a cui è aggiunta la storia di 
Tespesio, « conduit en esprit dans les enfers », e « témoin 
des divers genres de supplice divin » - somministrò 
« des idées àu Dante pour la description du supplice 
des scélérats dans son Enfer » 1 2 ). Vi furon taluni che giu- 
raron sulla fede dell’ abate ; e si meravigliarono, e si sde¬ 
gnarono che Dante, lungi dall’ offrire una « creazione 
originale », mendicasse al trattato filosofico di Plutarco 
« le pian et l’action » del suo Inferno 3 ). Poco mancò che 

1) Hist. littér. des troubadours, voi. I, p. lxxiv; p. 247. — 
Mezzo secolo prima che Millot pubblicasse l’opera sua, l’abate 
Massieu accennava all’ encomio che Dante tributava alle poe¬ 
sie di Thibaut de Champagne : « Sa réputation ne se renferma 
pas dans le Royaume. Les Écrivains d’Italie lui ont donné 
de grands éloges. Dante l’appello un Maitre incomparable en 
fait de Poesie, et propose la sixième de ses chansons, comme 
le modèle d’une Pièce excellente » (llistoire de la Poésie fran¬ 
gale. Par feu M. VAbbé Massieu, de V Académie Frangaise, Paris, 
1739, p. 141). 

2) CEuvres morales de Plutarque, traduites en frangale par 
M. l’abbé Ricard, Paris, 1787, VII, 139 ( Des Délais de la 
justice divine. Sommaire). 

3) Vedi U. Cosmo, Le prime ricerche intorno alVoriginalità 
di Dante, nei Primi Saggi, Padova, 1891, p. 34, che rammenta 


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Voltaire e il suo secolo 


un altro abate, più celebre assai dell’abate traduttore di 
Plutarco il Delille, seguace e ammiratore del Voltaire, en¬ 
tusiasta della Henriade 1 ), non accusasse a sua volta 
Dante di plagio. Provvede di note il VI canto dell 'Eneide, 
da lui tradotta. I « lugentes campi », la « campagne des 
pleurs », evocano in lui il ricordo del limbo di Dante. Ma 
quale ricordo! « Au reste, le Dante », dice, « imite à sa 
manière dans son JEnfer ces belles fictions de Virgile. Il 
place ainsi les amans dans une piaine où l’on n’entend 
que des soupirs, et qui est toujours agitée par les ora- 
ges » (II, 359). E dopo aver sì bruscamente scosso i « so¬ 
spiri | che P aura eterna facevan tremare », aggiunge : 
« Il est bon d’observer qu’un des poètes les plus originaux 
de l’Italie moderne n’est le plus souvent qu’un imitateur 
bizarre de ce méme Virgile à qui certains critiques re- 
fusent le titre de génie originai » 2 ). 


la fiera risposta dello Zaccheroni al Signor L. L., così « in- 
dignement trompé ». 

1) Il Voltaire, riconoscente, celebra, nel 1774 ( CEumes, 
LIX, 125), la « beauté de Virgile sous la piume de Delille ». 

2) UÉnéide tradiate, p. J. Delille, ediz. di Parigi, 1804 ; 
Bemarques sur le lime VI, p. 358-359. Da Louis Bacine, indub¬ 
biamente, il Delille traeva il ricordo al limbo di Dante (Note 
sul Paradiso perduto, Libro IV, p. 339): « Ge désir sans espé- 
rance est la peine de ceux qui sont dans le premier cercle de 
l’Enfer de Dante. Là sont tous les grands génies de Panti- 
quité, philosophes et poètes, qui ne sont malheureux, que 
parce qu’ils n’ont pas connu Jésus-Christ. Il n’y a pas de 
tourmens dans ce cercle, on n’y entend que des soupirs ». 
U Essai sur la poésie épique del Voltaire è oracolo per il De¬ 
lille. N’è prova la prefazione alla versione sua : « Voltaire a 
dit: Si c’est Homère qui a fait Virgile c’est son plus bel 
ouvrage. Suivons cette idée ». Non ricorrerà il Lamartine an¬ 
cora all’autorità del Voltaire per giudicare la Divina Comme¬ 
dia? Ed è pure dal Voltaire, suppongo, che M me de Staèl 
toglie, in parte, un giudizio su Dante, nel saggio De la litté- 
rature oonsidérée dans ses rapports avec les institutions sociales 
(lib. I, cap. X) : Dante « a montré, dans quelques morceaux 
de son poème, une énergie qui n’a rien d’analogue avec la 
littérature de son temps, mais les défauts sans nombre qu’on 


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Voltaire e il suo secolo 


no 

* 

Negli anni estremi del secolo, sì facilmente dominato 
dallo spirito del Voltaire, s’ ama ripetere su tutte le solfe 
la scritta famosa posta all’ entrata dell 5 Inferno di Dante. 
Quanto esprimeva, e quale abisso scavava nell’anima il 
laconico : « Lasciate ogni speranza, voi eh 5 entrate ! » 
Louis Bacine è colpito dal verso memorando che trova 
riprodotto nel poema del Milton x ). Il Rivarol, che lo 
traduce, floscio e stentato : « Entre, qui que tu sois, et 
laisse l’espérance » 2 ), n’è visibilmente scosso. L’amico 
suo Chamfort, La Rochefoucauld redivivo, che ne’ pen¬ 
sieri gravi metteva 1’ ironia sua sottile, e aveva talora il 
facil estro di Henri Beyle, protetto, consultato, acca¬ 
rezzato persino dal Voltaire, lo Chamfort divaga un dì 
sulla speranza, specie di « charlatan, qui nous trompe 
sans cesse ». « Pour moi », dice, « le bonheur n'a com- 
mencé que lorsque je l’ai perdue. Je mettrais volontiers 
sur la porte du Paradis le vers que le Dante a mis sur celle 
de l’Enfer: « Lasciate ogni speranza, voi eh’ entrate » 3 ). 


peut lui reprocher, sont sans doute, le tort de son siècle ». 
— Lo Chateaubriand stesso, che, sedotto dal Delille, evoca, 
nel Génie du Christianisme (lib. IV, cap. xiv), il ricordo delle 
<< campagnés des pleurs » di Dante, pittura « aussi touchante » 
che quella di Virgilio, copia VEssai sur les mceurs del Vol¬ 
taire, quando chiama la Divine Comédie (le cùi bellezze « dé- 
coulent presque entièrement du christianisme », Génie, I, 2) 
una « production bizarre », o aggiungendo che « ses défauts 
tiennent au siècle et au mauvais goùt de l’auteur ». 

1) Réflexion8 sur la Poésie, Examen du Paradis Perdsu de Mil¬ 
ton, in CEuvres, II, 412. Ricorda il Fréron, nel VAnnée littéraire, 
1776, III, 307, la « sentence irrévocable, exprimée par ce seul 
vers..., qui inspire plus de tristesse et de terreur que toute 
la description de Milton ». 

2) Lo Chabanon, Vie, p. 55, traduce : « Sur le seuil en 
entrant déposez l’espérance ». 

3) Maxvmes et Pensées; in (Euvres (ed. del 1796), IV, 43; 
sentenza che F. Pananti rammentava in alcune sue divaga- 


20 — Farinelli, Voi. II.# 


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Voltaire e il suo secolo 


Era una sentenza corrente ormai, che lanciavasi al pub¬ 
blico ad ogni occasione. La rammenta il Figaro, 1’ eroe 
del Beaumarchai8, in una tirata ch’ei fa sulle miserie 
d’ un tempo, passeggiando solo, a tarda ora: « Aussi 
je vois du fond d’un'fiacre, baisser pour moi le pont 
d’un cliàteau-fort, à l’entrée duquel je laissai l’espé- 
rance » (Mariage de Figaro, V, 3). L’Esménard, che dal 
Rivarol toglie a prestito il volume di Dante, e inquadra di 
note VImagination del Delille, assicura che il gran verso 
di Dante « était regardé partout cornine le modèle d’une 
précision effrayante et d’un sublime profond et ténébreux 
comme le sujet de son poème » *). Nei versi che a Dante 
dedica il Delille, è introdotto 1’ « lei plus d’espérance », 
dallo Chateaubriand pur travolto nel Génie du christia- 
nisme (parte II, libro IY, cap. XIY), e parafrasato ancor 
più tardi da Théophile Gautier. Nulla di più lugubre, 
nel più cupo dei poemi, che le parole scritte « aux portes 
du gouffre où rógne la vengeance » 2 ). 


zioni - Opere in versi e in prosa , Firenze, 1824, II, 226. - Allo 
Chamfort, che aveva gran stima dello Chabanon, non era 
ignota senza dubbio la Vie du Dante . 

1) V Imagination, poème en Vili ohants, accompagnè de notes 
historiques et lìttéraires par J. Esménard, Paris, 1800, canto Y, 
voi. II, p. 73. 

2) Frédéric-César La Harpk scrive, nel 1835, alP amico 
Stapfer : « Vos Torys et ceux de PAngleterre me rappellent 
les vers de Dante : “ Lasciate ogni speranza voi ch’entrate ” », 
(Quellen zur Schweizer Gesohichte, XI, 421). 

Dans cet horrible enclos de l’infernale nuit, 

De tourraents en tourments quel ebemin m’a conduit? 

C’est ici que dee dieux babite la vengeance. 
la porte en entrant, j’ai laissé l’espérance. 

Così cantava il Ducis, ne’ Les Souvenirs ( CEuvres , ed. 1819, III, 
242). Un’ altra sentenza di Dante, ripetuta nel ’500 da Marghe¬ 
rita di Navarra, men nota assai del « Lasciate ogni speranza », 
cade acconcia a M^e de Staèl per esprimere il franco e indi- 
pendente giudizio di alcuni scrittori di Francia che non vanno 
per la maggiore, e « s’adressent à la France silencieuse mais 
éclairée ». « Ils se rappelleront sans doute », dice di loro, « ce 
conseil que Virgile donnaitau Dante, lorsqu’il traversait aveo 


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Voltaire e il suo secolo 


307 


Per i più, il poema ri duce vasi a quella sentenza me¬ 
moranda, e alle scene d’Ugolino e di Francesca x ). Se con¬ 


lui le séjour des hommes médiocres, agités tant qu’ils avaient 
vécu par des passions haineuses : 

Fama di loro il mondo esser non lassa, 


Non ragioniam di lor, ma guarda e passa. 

Delphine, Préf., in (Euvres , I, 337. Curiosa la traduzione, ten¬ 
tata un dì dallo Chateaubriand, de’ versi danteschi in cui dal- 
Pavol Cacoiaguida è predetto al poeta P esilio crudo, ericordata 
da M. Duchemin, Trois nouveaux fragments autographes du ma - 
nuscnt originai des « Mémoires d } Outre-Tombe », nella Rev. d’hist. 
littér. de la Fr ., 1907, p. 50-51 : « Ce moine, qui me racontait 
l’histoire de ma famille, comme le grand-pére de Dante lui fai- 
sait Phistoire de ses aìeux, aurait pu aussi, comme Cacciaguida, 
y joindro la prédiction de mon exil.... Tu sauras combien le 
pain d’autrui a le goùt du sei, combien est dur le degré du 
monter et' du descendre de Pescalier d’autrui. Et ce qui pè- 
sera encore davantage sur tes épaules sera la compagnie mau- 
vaise et insensée avec laquelle tu tomberas, et qui, tout ingrate, 
tonte folle, tout impie, se tournera contre toi.... De sa stupiditi 
sa conduite fera preuve ; tant qu ? à toi il sera beau de t’ étre 
fait un parti de toi-mème ». 

i) Ampère, Foyage dantesque. La Grèce, Rome et Dante, Pa¬ 
ris, 1850, p. 214: « Pise rappelle Ugolin..., bien qu’on n’en 
soit plus, gràce à.Dieu, au temps où Pon ne citait de la 
Divine Comédie que Pépisode d 7 Ugolin et Pépisode de Fran¬ 
ose de Rimini, laissant de cóté le reste du poème comme 
barbare et indigno d’occuper les gens de goùt ». — L’ammi¬ 
razione, limitata agli episodi principali della Commedia, è par¬ 
ticolare ai romantici francesi, inglesi, tedeschi e spagnuoli. 
Quante volte dovrà rammentare il Byron la tragica scena di 
Francesca ! L’ Uhland meditava, nel 1807, come Lord Byron, 
un dramma su Francesca, in cui Dante avrebbe tenuta la parte 
medesima che spettava al coro nelle tragedie antiche : « Fran¬ 
cesca da Polenta - erst kiirzlich lernt’ich sie aus Schlegels 
Àufsatze kennen - sie hat mich ergriffen, glànzende Gestalten 
stiegen in mir auf. Seit ieh die Sache nàher betraohte, zeigen 
sich freilich auch Schwierigkeiten. Ich wiirde Ihnen [Leo v. 
Seckendorf] meine Ansichten mittheilen, allein ich 'iveiss, dass 
man iiber Gegenstànde, mit denen sich der Geist dichtend be- 
schàftigt, nicht immer gern die Ideen anderer hort, ehe man 
seine eigenen vollig zur Reife gebracht hat. Sie empfeMen mir 


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Voltaire e il suo secolo 


sacrata non fosse la Commedia « par deux ou trois épi- 
sodes», diceva l’Esménard, chi se ne curerebbe, chi 
la leggerebbe ? Malgrado tutto, e benché si volgano i 
tempi, e muti e si trasformi il « gusto », e progrediscan gli 
studi, di storia e di critica, più circospetti ormai, più 
esatti e profondi, si è rimasti ancora, nel giudizio e nel¬ 
l’apprezzamento di Dante, al gusto del Voltaire e alle sue 
predilezioni esclusive. Non s’osa dar lode e pregio a 
quanto il Voltaire condannava. Volgeva tuttavia il secolo 
del Voltaire al tramonto, quando una moda, che il re del 
lieto umore, il maestro della grazia e del decoro avrebbe 
chiamata funesta, e combattuta fieramente, sorge come 
per incanto, e par conduca gli spiriti - dimentichi della 
tenerezza, dell’ armonia, della commozione dolce e pa¬ 
cata - al terribile, allo spaventevole, al lugubre, al tur¬ 
bamento, al tremito, al terrore del cuore. Le poche voci 
che gridavan minacciose, e serpeggiavan cupe, tra gli 
inni di gloria al Voltaire trionfante, forman coro ormai. 
Il pubblico è ghiotto del terribile. E gli scrittori avve¬ 
duti, che tesoreggiano le impressioni del pubblico fugaci, 
prodigano la « manière noire », accumulano orrori su or¬ 
rori. Di fosche nubi si copre il cielo. La procella è nel 
1’ aria. E guizzan lampi, ed è gran rombo di tuono. Erran 
gli spettri sulla scena. Piace essere in preda all’ inquie 
tudine e all’ angoscia. E la disperazione stessa ha non so 
che di attraente e confortevole. L’ ora dei romantici sta 
per scoccare. Si attribuì questa voga, per qualche tempo, 
al flutto crescente de’ drammi dello Shakespeare. Prima di 
tradurre VInferno di Dante, Moutonnet de Clairfons tesse 
un piccol romanzo d’avventure, d’estremo tedio e lan¬ 
guore, e si propone, dice, « d’imiter la simplicité grecque, 
et d’écarter les sombres vapeurs de l’anglomanie, qui 
causent présentement des vertiges dans toutes les tétes ». 


diesen Stoff, es solite mich aber Wunder nehmen, wenn Sie 
selbst ihn aufgegeben hatten » (Briefe Ludwig Uhlands an Chr. 
Fried. Karl Kòlle , hrg. v. Erich Schmidt, p. 25 dell’ estr.). 


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Voltaire e il suo secolo 


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« On n© sera point fatigué, effrayé, déchiré, suffoqué, 
anéanti » alla lettura dell’ opera sua. Non si converserà 
punto « avec des scélérats aboininables, souillés, noircis 
d’horreur et d’infamie ». Non si sarà urtati mai « par 
la peinture liideuse de personnages odieux et atroces, dont 
les actions affreuses devraient étre ensevelies dans le plus 
profond oubli ». Sventuratamente sono le donne «qui don- 
nent actuellement le ton », propagatrici dell’ epidemia 
funesta. E il brav’ uomo a esclamare : « Quel puissant gé¬ 
me pourra nous guérir d’un travers aussi ridicale et 
aussi dangereux ? ». 1 ). 

Non credo che si pensasse allora a Dante come a salu¬ 
tare antidoto contro l’anglomania invadente 2 ). Ma è cer¬ 
tissimo che il favore accordato ai drammi dello Sha¬ 
kespeare e alle « Notti » dello Young produsse in Fran¬ 
cia un ritorno più frequente agli episodi più tragici e 
più ammirati di Dante. « Qu’on lise V JEJnfer du Dante, 
le Paradis perdu de Milton, les Nuits du D r Young », 
consiglia Baculard d’Amaud in un suo discorso 3 ), « et 
l’on sentirà combien cette branche du pathétiquea d’em- 


1) Les iles fortunées, ou les aventures de Bathylle et de Cléobule 
(tomo X dei Voyages imaginaires, Songes, Yisions, Amster¬ 
dam, 1787), p. 98. Scrisse il Moutonnet questo suo romanzo, 
che ha per epigrafe il verso della Gerusalemme liberata (XIY) : 
« L’isole di fortuna ora vedete.... », nell’estate del 1771. — 
Bathylle racconta le sue avventure, e il pastore rapito gli dice 
(p. 131): « Yos discours sont plus agréables pour moi que la 
rosée ne l’est pour les troupeaux altérés, et que le suo odo- 
riférant des fleurs pour la diligente abeille ». 

2) « Mille gens.... s’élèvent et déclament contre l’anglo- 
manie; j’ignore ce qu’ils entendent par ce mot» ( Gazettelit- 
téraire de VEurope, 1764, ottobre-novembre, p. 300). Nel 1772, 
Saurin stampa a Parigi il suo dramma in un atto : V Anglo¬ 
mane ou VOrphéline léguée. Due anni dopo, nell’agosto del 
1774, l’anglomania è sferzata dal Gresset, in un discorso al¬ 
l’Accademia di Francia. 

3) Citato, dalla 4 a ediz., Parigi, 1768, da F. Baldensper- 
ger, nel saggio, Young et ses « Nuits » en France, in Études 
d’histoire littéraire, Paris, 1907, p. 63-64. 


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Voltaire e il suo secolo 


pire sur tous le liommes,... Je voudrais bien que nos 
métapliysiciens se donnassent la peine d’éclairer la cause 
de ce sentiment qui nous maitrise, nous em porte, nous 
ramène à ces débris de monumenta antiques, de tom- 
beaux, ecc. ». È certo cbe s’ebbe, per un tempo, come 
dovunque altrove, in Italia, in Inghilterra e in Germa¬ 
nia, una specie d’ugolinoraania inquietante 1 ). 


l) Non rammenterò qui le fantasie drammatiche ugoliniane 
seguite all’ Ugolino di Giovan Leon Semproni, stampato a 
Roma nel 1724. L*Aristarco della Frusta burlavasi, nelPJT*- 
story of thè Italian Language (1757), dei « disperati lodatori » 
di Dante, che non facevano che ripetere la morte del conte Ugo¬ 
lino. Viaggia per Roma, nel gennaio del 1810, il poeta Zacha- 
rias Werner ; entra nel teatro Valle, ed assiste ad un’ opera, 
« Ugolino, der am Ende des Stiicks seltsamer Weise gerettet, 
und an seine Stelle der Ruggieri eingemauert wird » ( Frag- 
mente eines Tagebuches, vom 9 Dezember 1809 bis 31 Januar 1810, 
in Zaoharias Werner, Ausgew. Schriften, Grimma, 1841, XV, 33). 
— Air ugolinomania in Germania accennai di sfuggita nel mio 
saggio, Dante e Goethe, Firenze, 1900, p. 3 sgg.; p. 29 sgg., dove 
è pur memoria dello studio di Montague Jacobs, Geistenbergs 
Ugolino . Fin Vorlaufer des Geniedramas, (Berliner Beitrage zur 
gemi, undrom. Philol., voi. XIV, Berlin, 1878; vedi p. 17 sgg.). 
Sulla traduzione schlegeliana dell’ episodio, vedi E. Sulger- 
Gebing (che vide e studiò alla biblioteca reale di Dresda, le 
carte inedite del critico insigne), August Wilhelm Schlegel und 
Dante, nelle Gei'manistische Abhandl. Herm. Paul.... dargebracht, 
Strassburg, 1902, p. 109 sgg., e Belshaubek, Die von A. W. 
Schlegel iibersetzten Bruchstucke aus der Divina Commedia in ihrem 
Verhditnisse zur italienischen Vorlage, Troppau, 1904. Non trovo 
rammentato un brano di lettera di Wilhelm von Humboldt 
allo Schiller, del 14 settembre 1795: « Schlegels Arbeit in 
beiden Heften [delle Horen, dirette dallo Schiller] hat mieli 
wieder sehr interessirt, besonders der Ugolino, mit dessen Ge- 
schichte ich noch wenig bekannt war. Indess prophezeilie ich 
ihm kein sonderliches Gliick. Die iibersetzte Stelle dttrfte man 
doch, und ich weiss nicht ob mit Unrecht, mehr grasslich als 
schon und erhaben finden, und sein Raisonnement ist mir ein 
wenig zu gedehnt vorgekommen. In der Note zum Tydeus und 
Melanippus hat sich Schlegel wohl geirrt. Dante dachte ver- 
muthlich an eine Mythe, die mir iminer sehr merkwiirdig ge- 
wesen ist. Tydeus verschlang nemlich vor Theben das Gehirn 
eines erschlagenen Feinds, und Minerva, die ihn vorher batte 


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Voltaire e il suo secolo 


311 


« Tout le monde a lu et on a traduit dans toutes les 
làngues le passage de Dante où le malheureux Ugolin, 
représenté dans l’enfer rongeant le orane de son ennemi, 
essuie sa bonche avec la chevelure de ce orane ensan- 
glanté. C’est la fante du traduoteur quand ces iinages 
révoltent au lieu d’effrayer ». L’episodio di Polifemo 
dell ’.Eneide ispira questa nota al suo traduttore, l’abate 
Delille, l’« abbé Yirgile » *), spesso applaudito dal Vol¬ 
taire. Ricorda il Delille Jean Bacine, e l’abil modo con 
cui il gran tragico vestiva il laido, raffigurava scene d’or¬ 
rore e di sgomento ; cita i versi dell ’Athalie (II, 5) : « Mais 
je n’ai plus trouvé qu’un horrible mélange | d’os et de 
chair meurtris, et traìnés dans la fange, | des lambeaux 
pleins de sang et des membres affreux, | que des chiens 
dévorants se disputoient entre eux » 2 ). Vedeva ognuno 
nell’ episodio dautesco il colmo del patetico e del vigore. 
Moutonnet de Clairfons, che V Inferno tradusse, de¬ 
scrive con compiacenza 1’ effetto della lettura del canto 
famoso sul cuor sensibile di una madre e di una figlia. 
« Je regarde.... comme des coeurs de bronze », dice 
(p. 560), « ceux qui lisent de sang froid ce morceau ». 
Quella scena soggioga le imaginazioni; s’associa istin¬ 
tivamente ad ogni idea di spavento e d’orrore. Lo Cham- 
fort l’addita, nelle considerazioni sue sulla schiavitù 


unsterblich machen wollen, iiberliess ihn wegen dieser Bar¬ 
barei seiner Sterblichkeit » ( Briefwechsel zwischen Schiller u.W.v. 
Humboldt, ed. A. Leitzmann, Stuttgart, 1900, p. 135 sgg.). 
— Varnhagen von Enee scriveva a Gottfried Keller, nel 1846, 
sorpreso della nota lugubre nelle poesie dell’ amico, e del sog¬ 
getto orrendo delle canzoni del « Lebendig begraben »: « Ger- 
stenbergs ‘ Ugolino 7 gibt hievon Zeugnis, wiihrend die episo- 
dischen gedrangten Zeilen Dantes in einer Art von Fug und 
Recht bestehen » ( Gottfried Kellers Leben. Seine Briefe und 
Tagebiicher. Von J. BjLCHTOLD, Berlin, 1894, I, 253). 

1) « O Virgile! 6 mon maitre! ó délices du monde | je 
reviens donc à toi ». Delille, La Pitié, cap. IV, Paris, 1803, 
p. 136. 

2) L’Énéide tv adulte. Remarques sur le livre III, p. 424. 


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Voltaire e il suo secolo 


crudelmente prolungata da chi proscrive la dottrina del 
suicidio : « Ils veulent nous tenir enfermés dans un ca- 
chot sans issue ; semblable à ce scélérat dans le Dante, 
qui fait murer la porte de la prison où était renfermé 
le inalheureux Ugolin » !). E il versificatore, il decla¬ 
matore Delille, pittor valente « en style citadin », come 
diceva il Rivarol 1 2 ), rinnovella, nel poema mlV Imagi- 
nation , la scena pietosa, i « soupirs étouffés », l’« horrible 
constance », « cette douleur sans larmes et ce morne 
silence ». «Non, Oreste fuyant les déesses sévères, | ces 
scènes qui hàtaient l’enfantement des mères, | n’effra- 
yaient point autant l’oreille ni les yeux » 3 ). Vuol de¬ 
scrivere le angosce dell’ infelice, smarrito nei « noirs 
dédales » delle catacombe romane, « la profonde horreur 
des ombres sépulcrales », e invoca Dante, il poeta che 
tracciò «l’affreux tableau » d’Ugolino. « Terrible Dante, 
viens, préte-moi ton pinceau, | préte-moi tes couleurs ». 
— « Prète-moi tes pinceaux », grida a sua volta l’Esmé- 
nard a Dante, « peintre de l’Enfer », che vita e favella 
desti allo « spectre d’Ugolin », mostrasti « ses fìls, épui- 
sés par la faim, | collant leur bouche avide à ses mains 
pater nell es ». E Dante, sceso dal suo alto scanno, presterà 
il forte pennello al pittor di Francia, 1’ aiuterà a tracciare 
lugubre il quadro delle pene e dell’estremo supplizio 
dell’eroe del poema La Navigation 4 ). 


1) De VEsclavage ( CEuvres, IV, 190). 

2) Fu ben presto dimenticato. — Dopo L. Audiat, Un poète 
abbé , Jacques Delille, P. Bonnefon ritorna a lui - forte delle 
memorie inedite della vedova del x^oeta - in due articoli della 
Levue latine , del 1905. 

3) C. Del Balzo ristampa, nel VII volume della raccolta, 
Poesie di mille auton intorno a Dante , p. 305 sgg.; p. 470 sgg., 
i versi del Delille e le note delFEsménard. 

4 ) II, ed. Parigi, 1806, p. 159 (canto III). A questi versi, 
è aggiunto in nota : « Tous les amateurs de la poésie itali enne 
connaissent le fanieux morceau de l’Enfer du Dante.... C’est, 
sans contredit, ce qu’il y a de plus beau dans ce poème bi- 


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313 * 


L’episodio d’Ugolino è scuola e palestra dei traduttori. 
Lo si stacca facilmente dal resto dell 1 Inferno, come lo stac¬ 
cavano i traduttori inglesi: Jonathan Richardson (1719) 1 ), 


zane que MM. de Rivarol et Moutonnet do Clairfons ont 
traduit en entier avec un talent bien différent. Cet épisode a 
été traduit séparément par MM. Marmontel et Watelet; et 
M. Ducis en a fait une très belle imitation dans sa tragèdie 
de Romèo et Juliette ». Altrove, in una nota al II canto (p. 104), 
Esménard osserva non aver l’Italia aspettato l’arrivo dei 
filosofi Bizantini « pour former sa langue moderne et ressu- 
sciter les arts de l’antiquité » ; e nomina Dante, « né en 1265 », 
che « avait déjà longtemps créé la poesie italienne ». 

1) Vedi Paget Toynbee, English translatiom of Dante in 
thè eighteenth oentury (Modem Language li e viete, N. 1, otto¬ 
bre, 1905, p. 9 sg.). Il traduttore francese dei Two Disoour - 
8e8 del Richardson: Traité de la peinture et de la sculpture, 
Amsterdam, 1728, senza consultare menomamente l’originale 
italiano, ha stemperato e parafrasato a piacere, nei suoi ales¬ 
sandrini, i versi bianchi inglesi della scena in cui Dante, « ce 
grand horume », « fait entrer le Conite Ugolino, qui ronge la 
tète de l’Archevèque, ce perfide et cruel Ennemi, et raconte 
la fatale destinée ». Se ne convinceranno i lettori dall’ esame 
del frammento che segue: 

J. Richardson. 


The liour was come wlien Food should have been brought, 
Instead of that, O God ! I lieard thè noise 
Of creaking Locke, and Bolts, with doubled force 
Securing our Destruction. I beheld 
The Facee of ray Sons with tronbled Eyee ; 

I Look’d on them, but utter’d not a Word : 

Nor could I weep; They wept, Anselmo said 
(My little dear Anselmo), What’s thè matter 
Father, why look you so ? I wept not yet, 

Nor spake a Word that Day, nor following Night. 

But when thè Light of thè succeeding Morn 
Faintly appear’d, and I beheld my Own 
In thè four Faces of my Wretched Sons 
I in my clenched Fists fasten’d my Teeth: 

They judging ’twas for Hunger, rose at once. 

You Sir have giv’n us Being, you have cloath’d 
US with this miserable Flesh, ’tis yours, 

Sustain your Self with it, thè Grief to Us 
Is lese to Dye, than thus to see your Woes 
Thu8 spake my Boyes: I like a Statue tlien 
Was Silent, Stili, and not to add to Theirs 
Doubled thè weight of my Own Miseries. . 


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Joseph Warton (1756) e il Gray i). Louis Racine vanta 
la traduzione latina di Charles Lebeau, che Moutonnet 


Traduz. del Traité, II, 136 seg. 


À l’heure que j’atens un peu de nourriture, 

Soudain j’entens du bruit qu’on fait à la serrare; 

Mais c’est pour enfermer la porte à doublé tour, 

Et nous l’aire périr, dans cet afreux séjour. 

Je regarde mes Fila d’un oeil trouble et farouche, 

Sans qu’il puisse sortir un seul mot de ma bouche. 

Je les vois tous gémir et répandre des pleure: 

Je résiste pourtant encore à mes douleurs. 

Anseime après cela, le plus jeune des quatre, 

Voiant que le chagrin commen^it à m’abatre, 

Mon Pére, me dit-il, je remarque à votre air, 

Que votre coeur ressent un chagrin bien amer. 

Cela ne me lit point encore renare les armes, 

Et je sus m’empécher de répandre des lamies : 

Cependant, sans parler, dans ce triste réduit, 

Je passai tout ce jour et tonte cette nuit. 

Mais dès le lendemain, aussi-tót que l’Aurore 
Le jour sur l’horizon fit foiblement éclore, 

J’apercjus sur le front de mes tils malheureux, 

Ce que le mien marqnoit de funeste et d’afreux; 

Et comme je couvrois des mains ma mai gre mine, 

Hs pensent que c’est-là l’efet de la famine: 

Ils se lèvent tous quatre et prononcent ces mota: 

Plntot que de vous voir soufrir de plus grands maux, 

Vous étes notre Pére, et nous vons devons l’Étre, 

Cette elisir est à vous, vous en étes le Maitre. 

Prenez-la: de mourir, nous soufrirons bien moina, 

Qu’en vons voiant rongé par d’inutiles soins. 

Ce Discours fut touchant pour un malheureux Pére: 

Il ajouta beaucoup an poids de sa misère; 

Et comme il me rendit immobile et muet, 

Leur mal fut augmenté par ce pieux projet. 

Questa traduzione del traduttore di Jonathan Richardson 
pare abbia ispirato a J. J. Bodmer il suo primo amore per 
Dante. Il Toynbee, ( Erigi . Trami., p. 10 seg.) rammenta le 
terzine della Divina Commedia citate dal Bayle, nell’ articolo 
su Dante del Dictionnaire, tradotto in inglese da Pierre Desmai- 
zeaux, « one of those French refugees », diceva il D’Israeli, 
« whoin politicai madness or dispair of intolerance had driven 
to our own shores ». (Vedi sul Desmaizeaux, Ch. Bastide, 
Huguenot Thought in England, nel Journal of comparai. Lite- 
rature, New York, 1903, I, 42 sg.). 

1) Vedi T. H. Warren, Gray and Dante (Monthly Bevieio, 
1901, giugno). — Non s’ è ricordata mai, eh’ io sappia, la tra¬ 
duzione francese dell’episodio d’Ugolino, inserita nel Journal 
étranger (luglio 1755), e aggiunta alle Recherches histoHques 
sur la Poésie Toscane, p. 173 sgg.: « On jugera de la manière 


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de Clairfons (p. 562) trova «degna di Virgilio » 1 ). Il 
Marmontel - che riaccosta la scena tragica d’Ugolino 


et du génie du Poète par le récit de la mort du Comte Ugo¬ 
lino », eco. Il verso « parlare e làgrimar vedrai insieme » è 
così tradotto (p. 176): « Je vais s^tisfaire ta curiosité; ce que 
je ne pourrai taire cependant sans verser un déluge de larmes ». 

l) La traduzione latina dei Lebkau, professore d ? eloquenza 
all’Università di Parigi, autore d’una Histoire du Bas-Empire, 
molto pregiata (Parigi, 1758), non è più sbiadita certamente 
di quella del Cesarotti. Ne riproduco qui un frammento: 

Regna per aeterna noctis, etygiaeqne tenebrai 
Hinc rapido8 ignee, illinc concreta profundo 
Stagna gelu, lustrane errabam. Plurima circum 
Poenartim faciee, atque illaetabilie horror. 

Ecce alio8 inter glaciali in gurgite vidi 
Extantee cervice duoe; cornee alter et hoetie 
Occiput alteriue toto premit orie hiatu. 

Ac veluti Cererem jejuno dente viator 
Mandit inexpletue, mieeri eie ille cerebrum 
Carpit, et infìxue moreu rimatur edaci. 

Dilaniata cutis; durieque eub 088 ibue 088 a 
Fracta, attrita crepant.... 


Excutior eomno, natoeque 8opore jacentee 
Ingemere, ah! duro comitee in carcere natoe, 
Audivi, querulo panem rogitare eueurro.... 


Ecce pedee mihi Thadeoln8 defluxit ad imoe 
Expiran8, morior, nec opem Pater.... Haeeit in ilio.... 


Hic jam caecue ego projecta cadavera supra 
Reptabam amplexan8. Natoe bis mane vocantem, 

Bie vesper caecie ululantem exaudiit Umbrie, 

Abrupere meoe tandem jejunia luctue. 

Dixerat haec, rureumque oculie immane retortis 
Inflxit rabidoe aeterno in vulnero dentea. 

Anche I’Oelsner (p. 86) offre un frammento di questa tra¬ 
duzione, e ricorda, non fuor di proposito, la parafrasi latina del 
Purgatorio (VI, 149-151), che il cardinale Melchior de Poli- 
gnac, amico del Lebeau, sofferente oome l’« inferma » di Dante, 
volle farne alla vigilia della morte. Hippolyte-Louis Guérin, 
editore del poema filosofico: Anti-Lucretius, sire de Deo et natura 
libri IX, eminentissimi S. R. C. Cardinali'& Melchioris de Poli - 
gnac,... Parisiis, 1749 (l’abate de Rothelin, sorpreso lui pure 
dalla morte, non potè curare l’edizione progettata, venuta poi in 
luce un anno prima della traduzione francese del Bougainville: 
L’Anti-Luorèce, Poème sur la Religion naturelle, Paris, 1750 - 
anche il Galiani si provò a tradurre in versi V Anti-Lucrèce 


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Voltaire e il suo secolo 


al quadro della Henriade dell 7 « Homère francais », ove 
uarravasi lo strazio di una madre che uccide il figlio 
per saziar la fame - celebra la traduzione del Wate¬ 
let, l 7 artista letterato, amico del d 7 Alembert, attivo 
nel cenacolo degli Enciclopedisti 1 ). Il Pommereul, tra- 


nella favella sua), osserva uella prefazione (p. xvm sg.) che 
esalta i meriti del cardinale : « Nec profecto nefas fuit Chri- 
s ti a no morienti, respectare paulisper fc&tum hunc suum, qui 
praesertim ccelestium rerum, quibus jam propior erat, imagi - 
nem objioeret. Cum igitur affectum dolore corpus in cubili ver¬ 
sane, nihil usquam levamenti inveniret, mente adhuc integer, 
recordatus est carminum aliquot suorum, quobus Libro primo 
versu 1047 *), aegrotantem animum et rerum terrestrium cupi- 
dine jactatum ac n usquam quiescentem cum aegro corpore 
comparat. Hos scilicet versus, et omnis litteraturae peritus, et 
italicà versatissimus imitatus ex his egregii Poeta© Da-ntis 
Alighieri versibus: Simigliante a quella 7 nfermà.... Hic autem 
a multo acriore magistro, proprio sensu incitatus, eamdem 
sententiam versibus cecinit aliquot pulcherrimis, quos a fami- 
liaribus quibusdam, qui aderant exceptos ex eorum memorià 
delevit dolor, praeter hunc ultimum Virgiliano affectu inbutum: 

* Quaesivit strato requiem, ingemuitque negatà. 7 Fuit haecfa- 
cundi senis, ut Tullii verbis, quasi cygnea vox ; ac paulo post 
à rerum divinarum contemplatione ad res ipsas perfruendas 
evolavit ». 

1) Una critica degli errori e delle inesattezze del frammento 
di traduzione del Watelet s 7 occulta nella risposta che Mou- 
tonnet de Clairfons fece all 7 articolo aggressivo del La 
Harpe, nell ’Année littéraire, 1776, V, 93 sgg. — Godeva il 
Watelet della stima del Voltaire, che lodava il poema sulla Pit¬ 
tura ((Zzuvres, IX, 570), e l’articolo Figure humaine deìl’Ency- 


*) Ecco i versi 1047-1053 del primo libro dell ’Antilucretius con la pa¬ 
rafrasi dell’imagine di Dante: 

Ceu lectum peragrat membris languentibus aeger, 

In latas alternis laevum dextrumque recnmbens: 

Nec juvat : inde oculos tollit resupinns in altura : 

Nusquam inventa quies; seraper quaesita: quod illi 

Priraum in deliciis fuerat, mox torquet et angit; 

Nec raorbum sanat, nec fallit taedia morbi: 

Sic tibi spem elusam irritat, non corrigit error. 

Non ho trovato altre tracce d’una lettura di Dante in tutto il poema, 
indigesto e pedestre, nutrito a sazietà delle idee del Malebranche. Vedi 
A. Counson, Luerèce en Frante — L’Anti-Lucrèce (nel Musée belge, Lou¬ 
vain, 15 ott. 1902). 


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duttore del Bettinelli, Le Prevost d’Exmes, altri an¬ 
cora lodano la traduzione del Gassendi, ufficiale va¬ 
lente, che sapeva a maraviglia accoppiare i versi agli 
Aide-mémoire scritti pei suoi militi 1 ). I saggi di tradu- 


dopédie (XXIX, 396). Pur tradusse il Watelet alcuni frammenti 
della Gerusalemme del Tasso. Vedi G. Desnoirbsterres, Le 
chevalier Dorat et les poètes légers au XVIII e siede, Paris, 1887, 
p. 249. Nell’^rt de peindre , canto IV, Paris, 1760, p. 55, il 
Watelet celebra coraggiosamente i poeti artisti e gli artisti 
poeti : 

Et vous, de nos secreta sublimes interprètes, 

Artiste8 éloquents, Coloristes, Poètes, 

Homère le Corrège, Albane Anacréon, 

Virgile Raphael, Michel-Ange Milton: 

Apprenez aux mortela empressés sur vos traces, 

Le pouvoir du génie et le charme dea gràces. 

1) Ricordo V imprecazione contro i Pisani nella traduzione 
del Gassendi, Mes Loisirs , Dijon, 1820, pp. 211-215. 

D’une voix effrayante aussi-tót il s’écrie: 

Pise, funestes murs, lieu fatai, Peuple impie, 

Puissent tous les humains contre toi conjurés, 

Renverser ces remparts sur tea coups déchirés. 


Que jusques dans ton sein la mer roule son onde, 

Puisse-t-elle entrainer, par uh eifort nouveau. 

La Gorgone et Caprée aux bouches d’Arno; 

Et contraindre ce fleuve arrété dans sa course 
À ramener les ilota en fureur vera sa source! 

Puisse-t-elle engloutir tes Palaia renversés, 

Et les vils citoyens sous leurs toits écrasés ! 

Il falloit me punir, Pisans, si j’étois traìtre, 

Mais cruels! mes flls, hélas! pouvoient-ils l’étre? 

Ah! sijeunes encor, devoient-ils partager 
Le supplice infemal inventé par Roger. 

Il Gassendi traduceva, simile anche in ciò al Watelet, alcuni 
frammenti della Gerusalemme liberata , e ascoltava i consigli saggi 
del Voltaire (Mes Loisirs, p. 6) : « J’ai ajouté quelques vers à 
Pépisode d’Olinde et de Sophronie.... d’après les observations 
de Voltaire ». Di chi sarà la traduzione francese che veggo 
indicata nel Caldi, de Manuscritos que pertenecieron d D. P. de 
Gayangos, Madrid, 1906, p. 276, n.°801: « Noticias del fa¬ 
moso poeta Dante. Contiene la traduccion en verso francés de 
una parte del canto 23 de la Divina Comedia. Letra del si¬ 
glo XVIII » ? Dovrà leggersi : canto 33° dell’ Inf., e ritenere il 
manoscritto frammento della versione del Watelet, o del Gas¬ 
sendi? O trattasi della parafrasi voltairiana del canto 27° del- 
V Inferno? 


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zione pullulano e si moltiplicano. Il Lesbroussart offriva, 
nel 1801 ancora, il frammento d’Ugolino, pascolo ai let¬ 
tori suoi déìl’Almanach poétique x ). 

Converrà leggere il saggio di M. de Leyre sul dramma 
Eoméo et Juliette del Ducis, sedotto dalla stupefacente idea 
di fondere insieme il tragico motivo d’un dramma dello 
Shakespeare con la scena dantesca più lugubre, per com¬ 
prendere la frenesia e il delirio che invadevano i cuori 
sensibili dei contemporanei del vecchio Voltaire al rac¬ 
conto dei tormenti d’Ugolino. « J’entends avec un dé- 
chirement horrible ce triple cri de mes enfants..., et je 
tombe avec lui dans une sorte de délire, où je ne respire 
que le sang, les ténèbres et les tombeaux. Si quelqu’un 
veut encore me disputer mes larmes, mes sanglots et 
mes cris de douleur, d’admiration et d’applaudissero ent 
à cette incroyable scène, qu’il m’arrache le coeur, et 
m’épargne de voir tous les maux de mon siècle/et notre 
làche humanité, qui est la mort de la véritable sensibi¬ 
li té » 2 ). Aspro e tenero, ardito e timido ad un tempo, 
rimatore di sogni leggiadri e di lugubri fantasie, prontis¬ 
simo a dischiudere dal suo « clavécin poèti que », i « jeux 
de tonnerre, unis aux jeux de flute », il Ducis era perpe- 


1) Dieci anni dopo, nel 1811, il Nouvel Almanaeh des Muses 
offre un ’lmitation de l’épisode d } Ugolino, ridicolo trastullo di 
Talairat de Brioude: 

Quel monstre impitoyable, en cette aride plage, 

Accable un malheureux sous le poids de sa rage ? 

H lui ronge la téte, il lui suce le sang! 

Barbare, que fais-tu? laisse le corps sanglant, 

Suspends, pour un moment, la fureur qui t’anime, 

Tigre, arréte!... À ces mote, oubliant sa victime, 

Il se toume, il me fixe, et son regard affreux 
Sur mon front pàlissant fait dresser mes cheveux. 

Il frémit en voyant le front qui le condamne; 

Mais, essuyant sa bouche au cheveux de ce cràne, 

Il me parie; sa voix fait tressaillir mon coeur, 

Et je sens dans mon sein s’amasser la terreur, ecc. 

2) Ducis, CEuvres, III, 479-480. In testa all 1 Examen figura 
come epigrafe il verso di Dante : « E se non piangi, di che 
pianger suoli? » 


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tuamente scosso e invaso dai grandi soggetti che impavi¬ 
damente toglieva ai grandi poeti, per fame le miscellanee 
sue, gettate alla scena francese. «Ma muse est innocente », 
cantava ne’ Souvenirs, « crèdule, voyageuse, et l’hótesse 
et l’amante | tantót de l’élysée et tantòt des enfers» 1 ). 
Confessione ingenua, degna d’ ogni fede. La sua Musa 
innocente vagava qua e là, e provvedevasi liberamente, 
senza crucci e senza pensieri. L’inclinazione sua per il 
cupo e il mostruoso era frenata da un vivo rispetto per 
il dittatore Voltaire, 1* uomo grandissimo a cui doveva suc¬ 
cedere all’Accademia, e che aveva « daigné l’encourager », 
«dans l’obscurité de sa retrai te », il primo che, « mélant 
pour ainsi dire la peinture à la tragèdie », aveva posto 
« sous nos yeux des tableaux ou pathétiques ou terribles, 
et renforcé l’illusion de l’àme par celle des sens » 2 ). Teme 
il Ducis 1’ eccentricità, pur cadendovi, senz’avvedersene, 
mortalmente. Non vuole che lo spettro di Semiramide e 
quello del padre di Amleto appaiano sulla scena, terrore 
e tormento degli spettatori; sopprime « l’exécrable ca- 
ractère de Jago », nel rimaneggiamento suo dell ^Othello, 
per non offendere il delicato gusto dei Francesi ; elimina 
la scena delle streghe nel Macbeth 3 ). Cade, in compen¬ 
so, nel mostruoso e nell’ orribile, quando, febbricitante, 
compone il dramma Boméo et Juliette, presto tradotto in 
versi italiani dal Bonucci (Firenze, 1778) ; fa del vecchio 
Montégut, com’è noto, un Ugolino, chiuso nella torre 
della fame, divoratore sciagurato de’ propri figli, che grida 
vendetta, che inspira ’ cupo terrore. Doveva inorridir 
Dante sicuramente di questa fraternità postuma con lo 
Shakespeare, proclamata in tal guisa. 


1) (Euvres, ed. 1819, voi. Ili, p. 242. 

2) Éloge de M. de Voltaire, letto nel 1779 : « J’aurai sana 
cesse à mes cótés l’image de l’homme célèbre que vous re- 
grettez », diceva il Ducis all’ assemblea degli immortali. 

3) Sa queste soppressioni e mutilazioni, vedi un articolo 
di G. Làrroumet, nella Bevue des Cours et Confér 6 dicem¬ 
bre 1900, IX, 147 sgg. 


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Voltaire e il suo secolo 


Ma il Ducis non conosceva evidentemente di Dante 
ohe pochi frammenti del triste Inferno . Dante non era 
per lui che il poeta dei tormenti e dei tormentati, il 
giustiziere terribile, l’implacabile vendicatore de’ mi¬ 
sfatti e delitti. « Dieu mèrae », dice in un’ « Épìtre » al 
Lemercier (III, 158), « ici-bas làche son épouvante : | Il 
remit la terreur entre les mains du Dante ». Rigido mi¬ 
nistro di vendetta, tale era ancor Dante, nell ' Examen dei 
de Leyre di quel Romèo mostruoso. I versi suoi fatali 
incide il poeta « sur des tables d’airain avec un poignard 
trempé dans le sang des Guelfes et des Gibelins » ((Eu- 
vres, III, 488). Trent’anni dopo la composizione del suo 
Romèo, il Ducis vuol aggiungere effetto e vigore al- 
VHamlet; e s’ispira a Dante ; rifà un nuovo atto della sua 
tragedia. « J’ai taché », confessa, « de treni per ma piume 
dans l’encrier de Dante, et de me piacer dans le plus 
profond des vallées maudites, à la lueur des torches de 
Tisiphone ». Quegli accoppiamenti snaturati e violenti, 
quei colpi di scena illuminati da gran fiaccole d’orrida 
luce, piacevano agli uni e irritavano gli altri. « Ce Ro¬ 
mèo », diceva M lle de Lespinasse, « cela n’est pas mau- 
vais, cela n’est pas médiocre, cela n’est pas mème ennu- 
yeux ; mais cela est monstrueux, cela est à faire fuir » *). 
E tuttavia, grazie all’innesto della scena d’Ugolino, il 
lacrimevol dramma ebbe vita per qualche tempo. Il La 
Harpe stesso vi trovava tutto di pessimo gusto, tranne 
« quelques traits de force empruntés à Dante » 2 ). Questi 


1) Lettres de Mademoiselle de Lespinasse, ed. G. Isambert, 
Paris, 1876, II, 115. « Nos poètes », diceva la Correspondanoe 
littèraire (X, 29, agosto 1772), alludendo alle lugubri invenzioni 
del Ducis, « pour produire des effets terribles, entassent hor- 
reurs sur horreurs, et, au lieu de faire frémir, ils font rire ». 

2) Con'espondance littér Anno XII, 1804, II, 279. —Mou- 
tonnet de Clàirfons, U Enfer, p. 559 (Note al canto XXXIII): 
« Une des preuves les plus convaincantes que cet épisode est 
sublime, touohant et pathétique, o’est l’usage qu’en a fait 
M. Ducis dans la Tragèdie de Romèo et JvZiette. Le récit de 
Montaigu [récit qui n’est que la traduction de l’épisode du 


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suoi « tratti di forza » il Ducis dovè vantarli finché visse. 
Buon declamatore, come V erano il Monti e ilTieck, soleva 
recitare quei suoi gran versi con grand’ enfasi e gran calor 
d’anima. Declamava l’episodio d’Ugolino, dicono i contem¬ 
poranei, « avec une mémoire imperturbable..., une beau té 
d’organe, une nette té de prononciation admirable » 1 ). 

Accende il nuovo Montaigu, rifoggiato dal Ducis, 
usurpatore delle pene e del supplizio d’Ugolino, l’imagi- 
nazione di Julien de Yinezac, versificatore oscuro, autore 
d’un dramma, Les Époux malhenreux, e d’alcune « piè- 
ces fqgitives », fra le quali figura un’«héroide » : Mon¬ 
taigu à Varchevéque Boger son Tyran. Inabissato nel suo 
« asyle des ténèbres », Montaigu scrive T epistola sua 
furente all’ « implacable ennemi », « tigre altéré du sang 
des malheureux mortels »; invoca sul suo capo la vendetta 
del cielo 5 e descrive i tormenti eh’ egli soffre, la morte 
de’ figli, « rongeant leurs fers », dilaniando « leur flanc », 
offrendo, per saziar la fame « dévorante », « leurs mem- 
bres mutilés par une main sanglante », le povere carni 
emunte eh’ egli divora infine. « Mon àme devint sourde 
au cri de la Nature 5 | dans leurs corps palpitants je trou- 
vai ma pàture » 2 ). 


comte Ugolin], est du plus grand effet au théàtre ; et ee mor- 
ceau, rendu supérieurement par l’inimitable Brizard, arrachait 
des larmes aux spectateurs les plus insensìbles ». — Trovava 
invece il Fréron (Année littér., 1772, Y, 325) sciupate nel 
dramma del Ducis le bellezze dell’originale dantesco, resi i « dé- 
tails sublimes de ce fameux épisode », con uno stile « barbare, 
commun et embarrassé ». 

1) (Euvres posthumes, Parigi, 1826, IV, 50 (Notizia su J. F. 
Ducis, scritta dal Campenon). 

2) Les Époux malheureux , drame en trois actes et en vers, suivi 
de pièees fugitives, par M. de Julien de Vinezac, Amster¬ 
dam, 1778, p. 75 sgg. Montaigu s’addormenta dopo il fiero 
pasto, e assiste in sogno alla distruzione dei troni e dei regni, 
allo sterminio di tutte le cose quaggiù. Vede Iddio, che apre 
il gran libro del destino, ove sta scritto : 

La paix ne renaitra, Capulet, Montaigu, 

Que lorsque vostre sang sera tout répandu. 


21 — Farinelli, Voi. II. 


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322 


Voltaire e il suo secolo 


Cadevan gli anni, e al termin di vita si avvicinava 
il Ducis, quando il Talma accende all’ improvviso in lui 
un fuoco novello, e nuovi palpiti mette nel suo cuore 1 ). 
Fu il Talma a consigliargli d’aggiungere un quinto atto, 
un « cinquième forfait », all 'Hamlet antico. Tornano a 
sfavillare luci sinistre nella fantasia delirante del poeta. 
Ed eccolo a fondere insieme, nuovo pascolo al pubblico, 
« Shakespeare et Dante et Talma ». Nessun desiderio è 
in lui più vivo che veder Talma lanciare « ce nouvel 
acte dans le public, qui l’idolàtre, comme un tison in- 
fernal, tout fumant et tout brulant », senza lasciar altro 
«dans l’esprit des spectateurs, à la fin de la pièce, que 
la coupé, 1’ urne, le spectre, Shakespeare, le Dante et 
Talma ». « Audaces fortuna juvat » 2 ). E Dante, dispensa- 


Costernato dall’ « arrèt épouvantable », socchiude le palpebre, 
rivede il suo giaciglio e i miseri figli : 

Toua deux à mea cótés, toua deux sana aépulture, 

Dana mon coeur éperdu gémÌ88oit la nature. 

Accorre la Parca in suo aiuto, che lo rischiara « de son pàle 
fiambeau ». Ed egli scava la tomba ai figli. Fantasmi spa¬ 
ventevoli circondano P infelice genitore, che sente gridare e 
gemere la prole spenta, e chiama la morte, e prega per Roger : 

Montaigu pour toujours renonce à la vengeance. 

Nella prefazione, Fautore dichiara che « le sujet de cette Hé- 
roìde est tiré du Dante ». 

1) Non ho ancor visto il libro di Regnard-Warin, Mèmoi- 
res sur Talma, Paris, 1904. 

2) Lettres de J. F . Ducis, ed. P. Albert, Paris, 1879, p. 273. 
Vedi la lettera a la Réveillère-Lépeaux (Versailles, 2 luglio 
1807), p. 275: «Talma a donné six représentations de ma 
tragèdie d ’ Hamlet avec un succès prodigieux.... J’ai préféré le 
nouveau cinquième acte qu’il fallait peut-ètre conserver.... J’au- 
rais voulu que Talma, dans l’ardeur et Pivresse d’nn succès qui 
a ébranlé toutes les àmes et toutes les imaginations, Peùt lancé 
tout rouge et sortant de la foumaise, au milieu des specta¬ 
teurs disposés à me pardonner toutes mes audaces et mème 
cette impression sacrée d’un merveilleux rivai de celui de 
Pépopée, et qui renvoie le spectateur plein de crimes de la 
terre, de la vengeance des Dieux, de la réclamation des tom- 
beaux et de tout Shakespeare, le Dante et Talma fondus en- 


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Voltaire e il stio secolo 


323 


tore delle scene lugubri, delle invettive fulminee, quante 
volte dovrà accender gli sdegni e i sogni esaltati del vate 
novello ! Or si crede il Ducis invaso dallo spirito di Dante, 
che danna i colpevoli nel suo Tartaro : « Frémissez per- 
vers ! | M’y voilà, sur les pas du Dante » (Les Souvenirs, 
III, 242). Or, ripete, delirante, le scene di spavento negli 
abissi d’inferno : « Tout mon coeur est glacé, tous mes sens 
sont saisis. | Parmi ces habitants des régions maudites, | 
mon horreur me le dit : 4 Voilà les hypocrites. ’ | Enchaf- 
nés deux à deux, sans masque désormais, | condamnés au 
grand jour..., | sous des manteaux dorés que doublé un 
plomb livide, | ils marchent liarassés dans un sol vague, 
aride |..., d’un plomb qui les écrase ils trainent les tor- 
tures, | et j’entends tous leurs os crier dans leurs join- 
tures ». Ha un bell’esclamare: « Maudit auteur, tais-toi, | 
porte ailleurs tes enfers, ton spectre et ton effroi » *); 
il fantasma lo perseguita, ed egli non sa liberarsene mai. 
Evoca Dante e VInferno truce, néìVJSpitre à Soldini, nel- 
VÉpitre à Gérard. « Mais c’est trop voir de pleurs cette 
rive fumante, | où la nature est morte et la douleur vi- 
vante». E s’inabissa ancora « dans le cachot de la faim », 
murato dall’ atroce Roger, quando rivolge un’ epistola sua 
versificata a Népomucène Lemercier ; rivede lo scheletro 
del padre infelice, « mort d’horreur, immobile et glacé 
sur la pierre, | mort déchirant la chair», accanto all’ossa 
de’ figli suoi 2 ). 


semble ». — L ’Hamlet del Ducis, nel rifacimento antico, fu 
tradotto da Francesco Gritti, e adattato alla scena italiana, 
nel 1793. Vedi E. Bertana, Il teatro tragico italiano del se¬ 
colo XVIII prima delV Alfieri (Suppl. al Giorn. stor . d. letter . 
ital n. 4, Torino, 1901, p. 73). Il Gritti tradusse pure, come 
è noto, la Mérope del Voltaire. . 

1) Les Souvenir8 ( CEuvres, III, 243). 

2) CEuvresp 08 thume 8 , III, 157, Épitre à Népomucène Lemei'cier : 

Il distingue, attentif, les os de ses enfants, 

De ne pas s’abhorrer il ne sera plus maitre. 

Ponr IJgolin, plenré par les pères à naitre, 

H ne concevra pas l’excès de sa fureur. 


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-, 324 Voltaire e il suo secolo 

•\ - 

Ed è da Népomucène Lemercier, intimo amico del Du- 
cis, che Dante, « au génie vengeur », Dante « impérissa- 
* ble », « sublime », « austère », « terrible », dovrà ricevere » 

la correspondance furtive ». Anima nobile, fiera e sde¬ 
gnosa, vissuta a disagio nella società degli stolti, dei de¬ 
boli, dei vili e dei tristi, seccato dal « mauvais esprit », dal 
^ « goùt vicié des vivants », il Lemercier cerca conforto e 

svago, nelle miserie e negli affanni, scrivendo al « petit 
nombre des trépassés immortels ». Esala i lamenti nelle 
JÉpitres à Dante Alighieri . Ispirato egli stesso dalla Musa 
dantesca, « rigide », « si apre et si impitoyable envers 
les crimes de l’ambition », prendendo terribilmente sul 
serio 1’ ufficio che la coscienza gli impone di flagellatore 
de’ vizi e di sterminatore della tirannide, rivolge a Dante 
1 ’ « omaggio » della sua Comédie épique, i « chants dia- 
; boliques» della sua Panhypocrisiade . « Montre ce nou- 

veau poème », dice a Dante, « quand tu l’auras lu tout 
jy. entier, à Michel-Ange, à Shakespeare et mème au bon 

Rabelais, et, si l’originalité de cette sorte d’épopée théà- 
k trale leur parait en accord avec vos inventions gigantes- 

r ques et avec l’indépendance de vos génies, consulte-les 

f: sur sa durée ». Credeva così distrarsi il Lemercier dallo 

r : r spettacolo delle discordie tristi nella patria sua. « A insi 

f/ que toi », dice a Dante « je soupire après les lois stables, 

De ce tombeau rouvert parcourant la terreur, 

C’est le ciel qui le veut, pressé par ses murailles; 

Pour venger Ugolin, il en prend les entrailles, 

Va s’asseoir sur sa pierre ; et là, sans mouvements, 

Seul, de l’Enfer du Dante épuise les tourments. 

Ne nous y trompons pas; de tout temps, sur la terre, 

Il existe, invisible, un tribunal sévère. 


Notre Tartare aussi poursnit les parricides; 


Oui, Dieu méme ici-bas làeha son épouvante: 

D remit sa terreur elitre les mains du Dante. 

Jeunes amante des arts, contro l’audacieux 
Révélez et la marche et le pouvoir des cieux! 

Percez les mura, voyez. Quand tout meurt et tout change, 
Sont-ils morte vos aienx, Raphael, Michel-Ange, 

Le Dante, Pergolèze, avec tous leura lauriers? 


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Voltaire e il suo secolo 


325 


fondantientalement constitutionnelles, qui seules assu- 
reraient le bonheur et l’illustration de sa patrie ». E a 
Dante, ne’ silenzi suoi dell’ oltretomba, si spignevan fu¬ 
renti le effusioni, i fervidi voti del poeta di Clovis , di 
Charles VI, di Frédégonde, di Charlemagne, di Baudoin, 
di Finto, le fantasie truci deli 'infernal spectacle . « Les 
àmes humaines sont immortelles »; « elles correspondent 
ensemble à travers tous les temps et tous les espaces ». 
Così riconfortato, Népomucène Lemercier toglie congedo 
da Dante : « Adieu donc ! puisse ma mémoire ètre pro- 
tégée de la tienne, et ne pas périr » 1 ). 

« 

Il Voltaire avrebbe sferzato, coll’ umor suo diabolico, 
questi diabolici furori, le estasi, le conversazioni confi¬ 
denziali d’un mortale cogli immortali. Ma da molt’anni 
s’era spento, ed era franto lo scettro suo, all’esordir del 
secol nuovo. Una rivoluzione letteraria annunciavasi in 
Francia. Scendon dagli altari gli idoli d’altri tempi. Ed 
altri salgono. Ad un nuovo indirizzo dello spirito umano 
corrisponde un ideale nuovo dell’ arte e della vita, una 
cultura nuova, gusti nuovi e diversi dagli antichi. Pen- 
saron allora alcuni a riabilitare Dante. A Dante si 
eresse un altare per i bisogni dei devoti. Dante fu 
un acquisto e fu una preda de’ romantici. Un abisso 
separava il Voltaire dalle tendenze e dalle aspirazioni 
dei cenacoli letterari novelli della patria sua. A che rim- 


l) La Panhypocrisiade ou Le Spectacle infemal au seizième siè- 
cle, Paris, 1819, p. xi-xii, et la Deuxième lettre à Dante Ali¬ 
ghieri (in capo alla Suite de la Panhypocrisiade) , Paris, 1832, 
p. il sgg. : «Tu m’appris, en m’apparaissant dans les médita- 
tions de mes nuits, que cette vaste représentation dialoguée 
avait fait sourire ta muse rigide et vengeresse. Ce souvenir 
m’encouragea à t’offrir la suite de mes chants infemaux »; 
p. xv-xvi : « si j’arrive au terme de ce diabolique drame, j’en- 
verrai mes chants dans tes limbes ». 


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326 


Voltaire e il suo secolo 


proverare al Voltaire una gelosia insensata, l’invidia 
che gli avrebber inspirato la grandezza e la gloria di. 
Dante? Potevasi temer da Dante, profondamente se¬ 
polto tra le rovine de’ secoli barbari, quello che già sgo¬ 
mentava nello Shakespeare: una vita centuplicata, pas¬ 
sioni esuberanti, sentimenti invadenti la scena francese, 
destinati a scemare ed a distrugger forse il prestigio 
dell’opere deir ultimo erede del Racine? 

Limitiamoci a deplorare 1’ impotenza del Voltaire ad 
addentrarsi nel mondo enigmatico della poesia dantesca, 
a discendere negli abissi dell’anima del sublime visionario, 
impotenza perfetta, irrimediabile, prestabilita dalla na¬ 
tura diametralmente opposta dello spirito de’ due poeti. 
Discepolo d’Orazio e d’Epicuro, persuaso che l’arte deve 
tendere più alla delicatezza che alla forza, fuggire il triste, 
il lugubre, l’angoscia e lo strazio, il Voltaire getta 
a caso, per distrazione e j?er capriccio, uno sguardo su 
un frammento dell’opera, impenetrabile e caotica *), di 
Dante (le opere dantesche minori non esistevano per lui); 
ed improvvisa e fissa un giudizio, che per un secolo si ri¬ 
spettò, e non si infranse. 


l) « Parlando col linguaggio degli Epicurei, direi che il suo 
poema parafi il primo schizzo un po’ regolare del mondo, for¬ 
mato dall’ accozzamento degli atomi ancora lottanti nelle te¬ 
nebre del Caos » (Cesarotti, Opere, XXXVIII, 308). — Il 
Lamennais, nell’introduzione al suo Inferno ( CEuvreeposthu- 
me8, pubi. p. E. D. Forgues, Paris, 1855, p. lxv), combatte 
il Voltaire, di cui cita la lettera al Bettinelli. Ma dal Voltaire, 
tuttavia, si ispira, quando nota nella Commedia « un fond de 
naturel qui brille à travers ses singularités mème », e parla 
del caos della coltura italiana a’ tempi di Dante (p. 1): « l’Ita¬ 
lie, aidée par d’heureuses circonstanoes, commenyait à se dé- 
gager des liens de la barbarie.... Le chaos se débrouillait.... » ; 
(p. xn) : « La nuit est encore sur la terre, mais les lueurs de 
l’aube commencent à poindre à l’horizon ». — Quanto potreb- 
besi o dovrebbesi aggiungere al denso, ma troppo breve capi¬ 
tolo, LHnJluenee de Voltaire, che chiude la bella monografia 
del Lanson, Voltaire (Grande Écrivaine Francate), Paris, 1906, 
pp. 202 sgg. ! 


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Voltaire e il suo secolo 


327 


Solo immensi sforzi, studi severi e pazienti, una sorve¬ 
glianza di noi stessi, attiva e continua, posson vincere e 
dominare la natura nostra, le nostre inclinazioni, inspi¬ 
rarci l'amore e la venerazione per un poeta che ha scarsa 
affinità col nostro mondo interiore. Congeniale, in parte, 
con Dante, il Lamennais, poteva comprendere e amare il 
poeta eh a traduceva. E scelse Dante come faro luminoso 
nelle procelle della vita. Nulla in Dante e nel Lamen¬ 
nais, nella fisionomia stessa, osserva un critico de’ dì 
nostri, che non offrisse una singolare somiglianza 1 ). 
Non più del Voltaire, J.-J. Rousseau, che voluttuosa¬ 
mente prelibava le sue estasi, e ricrea vasi delle morbose 
sue visioni, incapace di meditazione profonda, avrebbe sa¬ 
puto penetrare l’anima di Dante, attingere alle fonti vive 
della poesia dantesca, sì forte e sì densa. Nè il Rousseau 
s’accinse mai, eh 7 io sappia, alla lettura della Commedia , 
malgrado le scorribande sue frequenti nel campo delle 
letterature straniere; nè saprei imaginare, col Carducci, 
un effetto salutare della Vita Nuova e delle Rime di Dante 
sul filosofo ginevrino 2 ), se conosciute e lette le avesse. 

Benché sconsolante, frivola e sdegnosa la critica dan- 


1) E. Spuller, Lamennais, Paris, Hachette, 1892, p. 339. 
— Gran somiglianza con Dante vedeva il Fromann nel pro¬ 
filo del Goethe morente. Vedi il mio saggio Dante e Goethe, 
p. 16 ; 34. Scrive del Tieck, Agnes Alberti a Justinus Kemer, 
da Waldenburg, il 12 agosto 1853: « Seme Todeshuile sah 
wiirdig schon aus wio Dante ». Vedi L. H. Fischer, Aus Ber- 
lins Vergangenheit, Berlin, 1891, p. 190. 

2) Il Carducci, Della varia fortuna di Dante {Opere, Vili, 
249), trovava certa affinità con Dante « nell 7 altezza ombrosa 
e schiva, nel sentimento della natura, nell 7 idealismo un po 7 
mistico, nelle utopie feconde » del Rousseau. « Oh, se l 7 au¬ 
tore della Nuova Eloisa, delle Confessioni avesse letto la Vita 
Nuova e le Rime dell 7 Alighieri, io son sicuro che avrebbe ci¬ 
tato di quelle più spesso ohe non faccia del canzoniere di 
Laura e del Tasso ». — Leggo, in un articolo di J. Carrère, 
Les mauvais maitres. J.-J. Rousseau ( Revue hebdomadaire , 1903, 
XII, n. 49-50), una comparazione folle e scempia fra Dante 
e il Rousseau. 


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328 


Voltaire e il suo secolo 


/ 


tesca del Voltaire, raen dannosa potrebbe apparire Aei 
ditirambi e delle palinodie, dell’ entusiasmo stol/o e 
macchinale che tributano a Dante alcuni ammiT&tori 
suoi, idolatri, ignoranti e sciocchi, non punto preoccupati 
di comprendere e di leggere il sommo vate *). Perquanto 
superficiali i giudizi del Voltaire, avvolti nella burla e nel 
riso - spontanei sempre, invincibili sempre ih questo 
« coryphée de l’impiété » - a qualcosa hanno ptir servito. 
L’indifferenza, il silenzio completo non avrebber sve¬ 
gliato mai dal sonno e dal torpore i critici, i poeti, gli 
« hommes de goùt ». Se il Voltaire parla, un mondo in¬ 
tero l’ascolta. Dante potè così, grazie al Voltaire, uscire 
dall’ oblio de’ secoli. Il biasimo del Voltaire è il primo 
passo alla fama di Dante in Francia 2 ). 


1) Quest’entusiasmo artificiale è particolare, in certi tempi, 
ad alcuni romantici francesi e tedeschi, che di Dante non ave- 
van letto mai sillaba. Vedi, Aus dem Lében T. v. Bernhardi, I, 

Leipzig, 1893, p. 148, citato nel mio saggio Dante e Goethe, 
p. 30, e, in seguito, da E. Sulger-Gebing, Goethe und Dante 
(Forschungen z. neuer. Liteì'aturg., XXXII), Berlin, 1907, p. 51. 

— Diceva il Sainte-Beuve dello Stendhal ( Causeries du Lundi, 

IX, 304): « Au moment.... oh.il venait de réciter avec sentiment 
de beaux vera de Dante ou de Pétrarque, tout d’un coup il se 
ravisait et mettait à son chapeau une petite cocarde d’im- 
piété » (p. 312): « son admiration pour Pétrarque est sincère, 
celle qu’il a pour Dante me paralt un peu apprise: dans ces 

parties élevées et un peu àpres, c’est Pintelligence qui aver- i 

tit en lui le sentiment ». — Nel Sièole de Louis XIV, il Vol- ! 

taire osserva, a proposito dell’ Omero del Perrault : « Que i 

de gens encore en Italie qui, ne pouvant lire Homère qu’aveo 
dégoùt, et lisant tous les jours l’Arioste et le Tasse avec trans- 
port, appellent encore Homère incomparable ! » 

2) « Le siraple fait de sa persistance à parler, tantót bien, 
tantót mal, du poète italien, se joignant au prestige de son 
nom et au concours des circonstances, a suffi pour rendre 
son influence sur les études dantesques plus considérable que 
celle d’aucun de ses contemporains » - Così E. Bouvy ( Revue 
d. Lettr. frang. et étrang., 1899, I, 39), che non sempre serena¬ 
mente giudicò il preteso influsso della critica dantesca del 
Voltaire sulla critica italiana. 

t 


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Voltaire e il suo secolo 


329 


Questa specie di esploratori leggeri, che cavalcai] ra¬ 
pidi all’avanguardia della civiltà, curiosi di tutto, attenti 
a tutto, presenti ovunque, e inciampan qua, per rialzarsi 
altrove, con nuovo slancio, sono, se non erro, malgrado 
gli errori, le cadute, i salti improvvisi e audaci'indispen¬ 
sabili al cammino arduo dell’ umanità 1 ). Non si arriva a 
scoprire il vero — ahimè ! un simulacro del vero, solo ai 
mortali concesso — che dopo aver coraggiosamente lot¬ 
tato, e dopo infrante le catene del dubbio e della men¬ 
zogna. Occorse una preparazione lunga e faticosa, occorse 
l’amore, succeduto all’ apatia generale, « l’amor che 
muove il sole e l’altre stelle », per dar vita ad un culto 
rispettoso per il poeta, per fecondare un terreno, rimasto 
sterile per secoli. E ancora, per penetrare il solitario e 
travagliato mondo di Dante, si dovè vincere, in Francia, 
una disposizione naturale, istintiva direbbesi, che porta 
gli spiriti a gustare un’ arte essenzialmente differente di 
quella eh’ era nel cuore e nella poesia di Dante, dispo¬ 
sizione che dall’intima natura nostra dipende, e sembra 
derivare da abitudini inveterate, da antiche tradizioni, 
da un concorso di circostanze che la critica più corriva 
attribuisce comodamente e fallacemente al poter della 
razza. Apro il Journal intime dell’Amiel, ed alla rifles¬ 
sione che segue m’arresto 2 ) : « Ce qui manque aux 
Fransais, c’est l’intuition de l’unité vivante, la per- 
ception du sacré, l’initiation aux mystères de l’étre; 
ce qu’il faut leur demander, c’est la construction des 
Sciences spéciales, l’art d’écrire un livre, le style, la 
politesse, la gràce, les modèles littéraires, l’urbanité ex- 
quise, l’esprit d’ordre, l’art didactique, la discipline, 
l’élégance, la vérité du détail, la mise en scène, le besoin 


1) Il Grillparzer, lettore assiduo del Voltaire, diceva del 
patriarca di Ferney, ne’ ricordi suoi di viaggio a Parigi (1836): 
« Er war der Pflug, der die Erde aufriss, in die die Zeit ihren 
Samen legte » - Werke, XX*, 73. 

2 ) Henri-Frédéric Amiel, Fragments d’un Journal intime, 
Genève, 1885, p. 156 sg. (23 aprile 1862). 


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330 


Voltaire e il suo secolo 


et le talent du prosélytisuie, la vigueur des eonclusions 
pratiques. Mais pour voyager dans VInferno ou le Para¬ 
diso, il faut d’autres guides ; eux restent sur la terre, dans 
la végion du fini, du changeant, de l’historiquo et du 
divers. La catégorie du mécanisme et la métaphysique 
du dualisme sont les deux sommets de leur pensée. Pour 
en sortir, ils se font violence ». 


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BREVI AGGIUNTE E CORREZIONI 


Volume Primo 

Pagina 2, nota 2. Che Dante intendesse « bene la lingua 
franzese » afferma il Cellini, nella Vita, ed. O. Bacci, Fi¬ 
renze, 1901, p. 289. 

Pag. 9, n., leggasi Le Gouais invece di Gouais. 

Pag. 15, n. 1. Altre divagazioni si scrissero sui peregrinaggi 
di Dante neir Istria. Ricordo quella di C. De Franceschi, 
Fu Dante a Pota, nel Giorn, Dant. (1906), XIV, 184 sgg. 

Pag. 17. Può giovare allo studio delle reminiscenze del ro¬ 
manzo di Lancillotto in Dante una nota del Crescini, Il 
bacio di Paolo , nel Fanfulla d . Domenica , XXVIII, N. 21. 

Pag. 25, n. 3. Il D’ Ovidio ristampa la divagazione sua 
sul Fiore, ne’ Nuovi studi danteschi, Milano, 1907. — Fantasti¬ 
cheria non opportuna sembrami quella esposta dal Percopo, 
nella sua Boss. crit. d . letter. ital,, Napoli, 1907, p. 49 sgg., 
Il Fiore è di Rustico da Filippo? 

Pag. 33, n. 1. Dell’ edizione critica annunciata, Sàmtliche 
Lieder des Trobadors Giraut de Bornelh, curata da A. Kolsen, 
uscì il 1° fase, del 1° voi., a Halle, nel 1907. Sulla canzone 
Los apleitz, vedi A. Jeànroy, Deux strophes de Giraut de 
Bomeil, in Annales du Midi, XVIII, 347-356. 

Pag. 42. Il saggio citato in nota, Sulla forma della Vita Nuova, 
è riprodotto dal Salvadori, nel voi. Sulla vita giovanile di 
Dante, Roma, 1907. 

Pag. 46, n. Tra i primi a riaccostare l’imagine della « lau- 
zeta » di Bemart de Ventadom all’ imagine di Dante, ricordo 
J. Russell Lowell, My study Windows, London, 1871, p. 255. 

Pag. 52, n. Aggiungansi altri studi sui « Lombardi » in 
Francia: J. Laenen, Les Lombards à Malines, 1295-1457, nel 


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Brevi aggiunte e correzioni 


Bullet . du cercle archéolog. de Malines, voi. XV (1906); L. Gau- 
thier, Lee Lombarde dans les deiix Bourgognes, Paris, 1907 
( Bibl . de VÉoole des Hautes Études, fase. 156). 

Pag. 54. Come Dante, nella profezia del Paradiso terrestre 
(Purg. XXXIII, 37-45), opponesse P aquila, spoglia del suo 
vero erede, alP insegna di Francia, che voleva fiaccata, di¬ 
strutta, spiega il Gorra, nella 3 a memoria, Quando Dante 
scrisse la « Divina Commedia », ne’ Pendio . d . R. Ist . Lomb. di 
se . e lett. t ser. II, voi. xl, 1907, p. 228-230. — Alla n. 1 
(p. 54), correggasi Claude Seyssel in Claude de Seyssel. 

Pag. 75. Nuova e ardita assai è la congettura esposta dal 
Gorra, in una nota, I « nove passi » di Beatrice , ne* Mélanges 
Chabaneau, Erlangen, 1907, p. 585 sgg. Il numero de’ passi 
di Beatrice, indicati nel primo verso del canto XXXIII del 
Purgatorio , significherebbe gli anni della massima depravazione 
del Papato, turpemente avvinto alla Casa di Francia, e corri¬ 
sponderebbe, « a non contare i giorni, al numero degli anni 
di pontificato di Clemente V », morto nel 1314. — Nella 3 a 
memoria, già indicata (Quando Dante scrisse la « Div, Com. »), 
p. 234, il Gorra dice addirittura: « Io credo.... che mi sarà 
jjossibile in altro lavoro di dimostrare che il poema è per 
buona parte, dal principio alla fine..., una critica spietata e 
inesorabile di tutta P opera di papa Clemente V (1305-1314) ; 
che Dante rifà nel poema, a modo suo, molti dei processi più 
clamorosi dibattuti dinanzi alP odiato pontefice ; che ei pro¬ 
nunzia le proprie sentenze per contrapporle a quelle emanate 
dal ‘ più laido ’ e più vituperevole dei papi ». 

Pag. 77, n. 1. Sugli accenti d’ ira e di dolore e le invettive 
amare di San Pietro alla soglia delP Empireo, vedi anche Ca¬ 
petti, Studi sul Paradiso dantesco , II, Bologna, 1906, p. 96 sg. 

Pag. 86, n. 2. Usa anche il Carducci P espressione « spenge 
a ghiado », in Ca ira - Prose di G . C ., Bologna, 1907, p. 973. 

Pag. 88, n. 1. Ora, sul misticismo di Ugo da San Vittore, 
e i contemplanti Vittorini, è da vedere P ottimo studio di 
H. Ostler, Zur Psychologie des Hugo von St. Viktor . Ein Bei- 
trag zur Gesohichte der Psychologie in dei * Fruhscholastik (Beitr. 
z. Gesch. d. Philos. d. Mittelalters) ì Mtinster, 1906. 

Pag. 90, n. S’aggiunga agli scritti indicati su San Bernardo, 
quello di G. Zuccante, San Bernardo e gli ultimi canti del 
Paradiso f nella Rivista filosofica, IX, fase. 4 e 5, Pavia, 1906; 
e il 1° cap., Die religiose Entwicklungsgesohichte der « gottlichen 


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333 


Komodie », dell* opera di K. Vossler, Die gòttliche Komodie, 
Heidelberg, 1907, I, 94-102. 

Pag. 95. Sul Commento boccaccesco scrisse ultimamente Pa- 
get Toynbee, Boccaccio ’s eommentary on thè « Divina Com¬ 
media », in The modem language Review, 1907, II, gennaio, 
pp. 97 sgg. 

Pag. 100, n. Altri cenni su Dante tra i Britanni offre W. 
E. A. Axon, Dante’8 British allusione, in Transactions of thè 
Royal Society of IÀterature, London, 1907. 

Pag. 102. Alla linea 11, dans va corretto in en; leggasi 
« la Franco en mon pays ». 

Pag. 113, n. Luce sulle lotte e le polemiche parigine del 
tempo offre pure lo studio di F. X. Seppelt, Der Kampf 
der Bettelorden an der Universitat in Pans in dei • Mitte dee 
13en Jahrhunderts ( Kirchengesch. Abhandl.), Breslau, 1905. 

Pag. 114 sgg. Quando scrivevo le poche mie pagine sulla filo¬ 
sofia di Dante, non avevo letto ancora il capitolo che al con¬ 
cetto filosofico dantesco dedica G. Gentile, nella sua bella 
Storia della filosofia in Italia (collez. Vallardi), lib. I, cap. IV, 
e P opera dantesca già accennata del Vossler, Die gòttliche 
Komodie (voi. I, cap. II, Die philosophische Entwicklungsge- 
8ohichte dei' gotti. Kom .),• Heidelberg, 1907, p. 136 sgg. (Vedi 
ora il IH cap. della II parte di quest* opera, Die ethisch-po - 
litische Entwicklungsgeschichte der gotti. Kom., pp. 273 sgg., 
che si chiude, con alcune osservazioni sulla composizione della 
Commedia, p. 513: « Vor 1313 kann das Gedicht nicht be- 
gonnen sein. Diese Vermutung, die fur mich personliche Ge- 
wissheit ist, làsst sich durch eine Reihe àusserer Grande 
wahrscheinlich machen, aber, mit ausschlaggebender, objekti- 
ver Sicherheit, weder beweisen, noch widerlegen »). 

Pag. 137, n. Dimenticai di aggiungere che le osservazioni 
del Carducci sulla poesia di Francia riproducono un giudizio 
del Sainte-Beuve, nelle Chroniques parisiennes, pur dal Car¬ 
ducci citate. 

Pag. 139, lin. 10, si sostituisca Parigi a Notre-Dame. 

Pag. 141, n. 2. Leggasi Labande, e non Labaude. 

Pag. 143, n. Leggasi Ch a tei ain, e non Chàtelain. 

Pag. 144. Quando scrivevo sul Muisi non conoscevo ancora 
P edizione curata da H. LemaItre, Chronique et Annales de Gilles 
le Muisit, dbbé de Saint-Martin de Tournai (Soc. de VHist. de 
France ), Paris, 1905. 


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Brevi aggiunte e concezioni 


Pag. 144, n. 3. Leggasi Darmesteter invece di Darmester. 

Pag. 147, n. 1. S’ aggiunga ora la breve nota di A. Jbàn- 
roy, La Po88ion Notre Dame et le Pélerinage de Vàme de Guil¬ 
laume de Deguilleville , nella Romania, XXXVI, 361 sgg. 

Pag. 149, n. 2. Leggasi Le Bibliogr., non La Bibliogr. 

Pag. 155, n. 2. Tardi, ad opera compiuta, potei leggere il 
volume di P. Champion, Le manuscrit autographe dee poésies 
de Charles d’Orléans, Paris, 1907. 

Pag. 170, n. Della leggenda di Traiano, raffigurata in al¬ 
cuni bassorilievi di stucco di Klagenfurt, dà notizia il Luzio, 
Un f opei'a sconosciuta e perduta del Mantegna, nella rivista, La 
Lettura, Milano, 1907 (fase. 4). 

Pag. 184, n. 2. Correggi Magliabecehi in Ma gli ab echi. 

Pag. 203, n. Sulla traduzione del Filostrato, compiuta da 
Louis de Beauvau, si veggan ora le erudite indagini delPHAU- 
vette, Les plus anciennes traductions frangaises de Boccace, nel 
Bulletin italien, VII, 298 sgg. 

Pag. 110, n. L’ amico Auvray, a cui tanto deve P opera 
mia, mi scrive, a proposito del cosiddetto Tableau de la Divine 
Comédie: « Ce tableau, représentant le Triomphe de la Vierge 
Marie, est de Enguerrand Charonton, 1453. Il a été reproduit 
notamment dans le Catalogne de l’Exposition des Primitifs 
francate, au Palais du Louvre, 1904, n° 71 du Catalogue ». 

Pag. 215. Marcel Schwob riproduce, in. una nitida edi¬ 
zione, la Ballade de l’Appel famosa {Le Petit et le Granì Tes¬ 
tameli de Frangois Fillon, les cinq ballades en jargon ..., Pa¬ 
ris, 1905), e nota che « boucher de la grande boucherie de Paris » 
era pure P ufficiale snaturato che dannò il Villon alla tortura 
e al patibolo. 

Pag. 216, n. 1. Per errore si stampò Rathéry invece di 
Rathery. 

Pag. 217, n. 3. Si corregga conte, in comte. — Nota 4. Cor¬ 
reggasi A. Boislisle, in A. deBoislisle. — Aggiungi che già 
ai primissimi del *400, fra i manoscritti di Amedeo Vili di 
Savoia, dispersi ormai ad ogni vento (Vedi Mugnier, Les 
manuscrits à miniature de la Maison de Savoie, Moùtiers, 1894), 
figurava un Dant, « en lombard », come rilevasi dalla recente, 
accuratissima indagine di M. Bruchet, Le Chdteau de Ripaille, 
Paris, 1907, p. 160. 

Pag. 224. Correggasi, all’ultima lin. del testo, Nef de Folz, 
in Nef des Folz. 


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335 


Pag. 227. Correggasi Maulde de la Clavière, in De Maulde 
La Clavière. 

Pag. 228, n. 3. Dopo la data, London, 1902, si chiuda la 
parentesi ; e s 1 aggiunga una virgola dopo precipuus. 

Pag. 240. Si tolga la virgola dopo dantesca, alla lin. 14 a . 

Pag. 244, n. 1. Si aggiungan ora le Lettres familières de Jé- 
róme Aléandre (1510-1540), pubbl. dal Paquier, nella Revue 
des Étude8 htitoriques, del 1905 e 1906. 

Pag. 263, n. Correggasi la data 1457, in 1557. 

Pag. 271. Un riflesso del verso del Bouchet -« vous n’y ver- 
rez que pure théologie » - trovasi in una tirata in rima di Pierre 
Grognet, « maistre ès arts et licencié en ehacun droit », De 
la louange et excellence des bons facteurs qui bien ont conpoèé en 
rime , tant dega que delà les montz (2° voi. de’ Motz dorez du 
grand et saige Cathon ), Paris, 1533, riprodotta da A. de 
Montaiglon, Reeueil de Poésies frangoises du XV e et XVl e sie¬ 
de, VII, 5 sgg. All’ encomio del Meschinot e dello Cha- 
stellain, segue quello di Dante : « Dentes je mectz en ma ru¬ 
briche | pource que son sens est moult riche; | d’enfer parie 
et de paradis; | theologie est moult en ses dictz ». — Si ram¬ 
mentano poi: il Petrarca, « bon facteur vulgaire et latin », 
Serafino Aquilano, Jean de Meun, il Yillon, il Coquillart, ecc. 
Del Bouchet dice la filastrocca: « Jehan Bouchet est hommè 
SQavant, | point n’en vòy qui aille devant ». 

Pag. 284 sg. Sul Budé è ora da vedere lo studio di L. De- 
laruelle, Étude sur Vhumanisme frangati. GuiUaume Budé. Les 
Origines. Les Débuts. Les idées maitresses, Paris, 1907. 

Pag. 290, n. Un curioso panegirico a Francesco I (« Fran¬ 
corum hio nostra primus tellure vetemum | expulit, Aonio 
deduxit vertice Musas, ecc. ») è pure nel poemetto Gallia gè- 
mens, di G. de Malvyn, di reminiscenze virgiliane intessuto, 
ed or studiato da P. Courteault, Geoffroy de Malvyn ma- 
gtitrat et humantite bordelati (15451-1617), Paris, 1907, pa¬ 
gine 41 sgg. 

Pag. 301. Su Clémént Marot e il Roman de la Rose , vedi 
V indagine accurata di F. W. Bourdillon, The early editions 
of thè « Roman de la Rose », London, 1906. 

Pag. 321, n. 1. Leggo ora il saggio diligente e sensato di 
Cristina Garosci, Margherita di Navarra, Torino, 1908, di 
pp. 360. 

Pag. 328, lin. 17. Correggasi Gemisio, in Gemisto. 


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Pag. 331. Un ricordo al « Nessun maggior dolore » è già 
nelle Marguerites de la Marguerite dee princesses, ed. F. Frank, 
IV, 217 (La Coche ou le Débat d } amour)\ « Je n’ay plus rien, 
sinon que la mémoire | du bien passé, qui entretient mon 
dueil ». 

Pag. 335, n. Correggasi Pasturier, in Parturier. 

Pag. 336, n. 2. Correggasi de Mans, in du Mans. 

Pag. 350, n. Bene avverte la Garosci, Margher . di Na¬ 
vata, p. 268, una reminiscenza dantesca, ne’ versi del poe¬ 
metto La Cloche: « De Si et Nonj’ay la teste si pieine, | que 
si le pis des deux povois s?avoir, | je le tiendrois à grace sou- 
veraine ». 

Pag. 370. Per errore attribuisco qui al Ridolfi un secondo 
Ragionamento, che, in realtà, è semplice ristampa del primo, 
variato unicamente nel titolo. Vedi É. Picot, Les Frangati 
italiantiante au XVI e siècle, Paris, 1907, II, 20-21. 

Pag. 385, n. 1. Leggasi Del de Mesmes, invece di Del 
Mesmes. 

Pag. 401. Ora, sul Peletier, si veda la tesi di C. Jugé, 
Jacques Peletier du Mans .... Essai sur sa me, son oeuvre, son 
influence, Paris, 1907. 

Pag. 402. Fiero del suo volgar patrio, Denys Lambin scri¬ 
veva, nel 1553, all’amico Prévost: « Avec quelle joie j’ap- 
prends que no tre langue, traitée de pauvre et de barbare par 
les autres nations, est capable de contenir, de tradurne, d’ex- 
primer les gràces et les beautés des poètes antiques. En cette 
matière, les Italiens se glorifìaient d’ètre nos maìtres. Mais 
le jour approche, comme je le vois, où ils comprendront qu’ils 
ont affaire à des rivaux batailleurs et vigoureux ». Cito dalla 
traduzione offerta da H. Potez, Deux années de la Renaissance 
- d } après une correspondance inèdite, nella Revue d’Htit. littér . 
de la France, XIII, luglio-settembre, 1906, p. 495. 

Pag. 403, n. 2. Correggi I. Chamard, in H. Chamard. 

Pag. 409, n. 1. Scarso e dubbio profitto potrà trarre il let¬ 
tore da una recente opera, in 2 voi., di I. Isola, Critica del 
Rinascimento, Livorno, 1907. 

Pag. 415, lin. 14. Correggi Celio, in Lelio. 

Pag. 422, n. 1. Correggi Spencer, in Spenser. 

Pag. 453. È or dato in luce dal Crescini, un autografo 
di Jehan de Nostredame, nel Bollett. del Museo Civico di Pa¬ 
dova, X (1907), N. 3-4, una lettera del Nostredame, del 25 gen- 


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naio 1570, scoverta dal Moschetti, e diretta a Scipione Cibo, 
ove rimembrasi « les Vies des poetes provensaulx d’ung vieulx 
livre que J’ay recouvert d’une noble mayson de ce pays, au- 
quel sont descriptes leur Vies, et leur poeme[s] en langue 
antique provensalle bien diffidile et bien obscure ». « Je Vous 
prie », vi dice il Nostredame, « me fere ce bien : me fere 
antandre s’il y ha quelcung de Voz poetes et escrivains qu’a- 
yent parlé de nostre langue provensalle, et des poetes, aultres 
que Dante, Petrarque, Bocace, Equicola, le Vilutel, Landin, 
Jesualde, Bembe, PEsperon, car puys qu’ilz nous ont faict 
ceste honneur, J’en vouldroys fere mention en mon Epistre 
liminere, et m’envoyez par escript les passages sommerement, 
car Je n’en ay point veu ne leu d’aultres que ceulx la». 

Pag. 455, lin. 12, e n. 2. La completa edizione novella delle 
Vies del Nostredame, curata dallo Chabaneau, non è venuta in 
luce ancora (vedi anche la Bibliographie sommaire des ceuvres 
de Camille Chabaneau , tracciata da E. Lefèvre, in Mélanges 
Chabaneau , Erlangen, 1907, p. 1095). Allo Vite, e a gV inedita, lo 
Chabaneau aggiungerà un ampio commento, di cui offre ora un 
breve e note voi saggio, Le Moine des Isles d 1 Or, in Annales 
du Midi, Toulouse, 1907. V’ è qui (p. 11 dell’ estr.) un ricordo 
all’ inedita Chronographia Provincia^, di Jules-Raymond de 
Soliers, in cui, al cap. 22°, del lib. V, De provinciali ser¬ 
moni commendatine, è ripetuto parte del Proesme au lecteur, 
delle Vies del Nostredame stesso : « Legi ego plerosque e 
nostris [poetis] quorum volumina manuscripta apud Joanuem 
Nostradamum extant, quibus, si Dantem et Petrarcam con- 
feramus, non solum voces sed et cantuum integrorum contex- 
tus decerptos nemo est qui non deprehenderit ». 

Pag. 480, lin. 16. Si corregga plidoyer, in plaidoyer. 

Pag. 484, n. Correggi Ferrou, in Le Ferron. 

Pag. 491, n. 3. L’articolo sul Bricard, è dal Pi cot ripro¬ 
dotto, nel II voi. dell’opera, Les Francai italianiants an XVI e 
siècle, Paris, 1907, pp. 315-324. 

Pag. 499, n. Correggasi Chappuy, in Chappuys. 

Pag. 502, n. Dovrei ora aggiungere V indagine di J. de 
Zàngroniz, Montaigne, Amyot et Saliat. Étude sur les sources 
des Essai (t. VII della Bibliot . littér, de la Benaisance ), Pa¬ 
ris, 1906. 

Pag. 503, n. 1. Una lettura troppo frettolosa delle (Euvres 
poétique8 del Buttet non mi permise, anni or sono, di avver- 


22 — Farinelli, Voi. II. 


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tire P imitazione dantesca notata da F. Mugnier, Marc-Claude 
de Buttet, poète 8avo%8Ìen, Paris, 1896, p. 71, ed ora comuni¬ 
catami, colla cortesia sua impareggiabile, dalF amico Auvray. 
— In un sonetto (f. 314 b. delF ediz. da me citata, un’altra 
ne comparve, a Lione, nel 1877), il Buttet offre, pur ricordando 
VEneide virgiliana (X), una parafrasi della similitudine dan¬ 
tesca delle gru, nel canto di Francesca: « E come i gru van 
cantando lor lai » : 

Comme en automne (annomjant que l’année 
D’un aspre hyver doit la terre outrager) 

En pointe on voit lea gruea se ranger, 

Cbacune mise en aa cliarge donnée, 

Pui8 en bataille en aigu ordonnée 

D’ailes et de cri8 battant l’air, déloger 
Droit vera midi, et bien loin a’étranger 
Hersant le ciel d’une longue trainée: 

Tout en ce point mes penserà prevoians 
Tes froids dédaina, avec aoupira brnians 
En me laissant, mairi te contrée passent, 

Et ia sentant l’hyver de ton refus, 

De tes favenrs (où mieux ila aoient receus) 

Clierchant l’abri, en bel ordre ila deplacent. 

Scrive il Mugnier, a p. 70 della monografia sua: « Buttet s’in- 
spire aussi des poètes italiens, Arioste, Pétrarque, Dante. C’est 
à la Divine Comédie qu’il emprunte ce guide qui, semblable 
à Virgile dirigeant le poète florentin dans les cercles infer- 
naux, le conduit et le réconforte dans l’antre de la Sybilie 
de Cumes ». 

Pag. 518-519. Troppo breve è nell’ opera mia il cenno al 
My8tère d’iniquité del Duplessis-Mornay. Or ne investiga le 
citazioni dantesche, nella favella originale, e in una versione 
latina (non identica del tutto a quella del Serra valle — offre 
singolare analogia coi versi latini citati dallo Stillingfleet, 
nel 2° libro delle Origines Sacrae, 1662), il Toynbee, in una 
sua nota accurata, A latin translation of thè « Divina Comme¬ 
dia » quoted in thè « Mysterium iniquitatis» of Du Plessis Mor- 
nay, nel Bul\etin italien, VII, 277-280. 

Pag. 520. Insignificante, monco e inesatto è qui il cenno 
alle Animodver8ione8 dello Junius. In questo zibaldone di teo¬ 
logiche discussioni ( Franoisci Jvnii Animadversiones ad Robert,% 
Bellarmini Controv. — Politiam Libellvm recens controversia*e. Le 
leggo inF. J uni, Opera theologica , Genevae, 1607, p. 1442 sgg.), 


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anteriore di molti anni alle polemiche del Coeffeteau, Francois 
Junius, campione della fede sua evangelica, educato alle di¬ 
spute ginevrine, forte del suo Landino e del Vellutello, con¬ 
sigliato a tratti dallo Squarciafico, rinfaccia al Bellarmino la 
interpretazione fallace e capricciosa de’ frammenti delle tre 
cantiche dantesche. Le risposte sue ai singoli capitoli bellar- 
miniani, sempre violenti, sono talora sensatissime, e rivelano 
una lettura attenta dei brani « incriminati » del sacro poema, 
un rispetto per il sapere e 1’ arte di Dante, che indarno 
cerchi in altri belligeri teologhi del tempo. Traduce lo Ju¬ 
nius, nel latino suo, parecchie invettive di Dante (« Eheu, 
sema Italia, doloris hospitium, | nauis sine nauclero in magna 
procella, | non domina prouinciae, sed lupanar » — « Solebat 
Roma, quod mundum faciebat bonum Duos Soles habere,... » 
— « Illae, inquit, musce et vespse, rigabant eis sanguine vul- 
tum: qui sanguis mistus lacrymis.... » — « O militia cceli, 
quam ego contemplor, Adora, vel preclare prò ijs qui sunt in 
terra.... » —); commenta, a sua volta, le terzine discusse; e i 
vaticini del poeta, non Ghibellino, dice, spiega col suo spi¬ 
rito. Stolta interpretazione s’ è data al Dux (p. 1451) : « si¬ 
gnificati nomen Dux, puerile videtur quodammodo, ac non 
sapere acumen Dantis Aligerij, cuius alfe volant sublimiùs. 
Illud abacum et ratiociniuni magis spectat, hoc verò dignius 
vaticinio illius alti spiritus: quasi dicat, in quo tempore vnus, 
tempore inquam annorum quinquies centum quindecim, Mti- 
8U8 a Deo ». Il veltro è Cristo (1452). « Loquitur Dantes de 
Christo veniente per Euangelium suum, et instauratione Euan-, 
gelii per seruos suos lupam illam auaritite, ac potiùs lethale 
mon8trum fugaturo, exterminaturo.... Haec germana Dantis, 
pij et sapientis et grauis Poetae, sententia ». 

Pag. 528, n. 1. Aggiungi la ristampa dell’articolo del Picot 
su Odet de la None, nel 2° voi. dell’ opera, Les Frangati ita- 
lìantiants, cit., pp. 249-256. 

Pag. 544. I tormenti dell’ Inferno del d’Aubigné ci rimem- 
bran talora quelli descritti in certa Complaincte douloureuse de 
Vàme dampnée, che leggi nel Eeoueil de Poésies frangoises du 
XV e et XVF siècie , del Montaiglon, voi. VII, p. Ili: «Las! 
fol ne croit jusques il prent; | en enfer tousjours demourré, 

| et en mourrant point ne mourré; | je souffriray sans mort 
80 ulfrir, | ne nul ne me viendra offrir | allegement de ma souf- 
france ». 


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Pag. 545. Ben mostra (li ammirare la satira virile, e fre¬ 
mente di vita, de’ Tragiques del d’AuBiGNÉ, il Carducci, nel 
suo saggio su Auguste Barbier, in Opere, III, 324. 

Pag. 546, n. Correggasi Lalande, in de Lai and e. 


Volume Secondo 

Pagina 20, nota. Correggi Gouli, in Goulu. 

Pag. 25, n. 3. Correggi p. xxxvm, in p. xxvii; e Vais- 
sette, in Vaissète. 

Pag. 35. Non vedo memoria di Dante nelle descrizioni di 
viaggi in Italia del’600, consultate, con saggio consiglio, da 
G. Imbert, per Pindagine sua, La Vita Fiorentina nel Seicento 
secondo memorie sincrone ( 1644-1670 ), Firenze, 1906. 

Pag. 35, n. 1. Correggasi de Mercurol in de Mereurot. 

Pag. 43, n. S’ aggiunga un’ indagine ài F. Picco, Appunti 
intorno alla coltura italiana in Francia nel secolo XVII. Jean 
Chapelain (1595-1674', nella Misceli, di studi critici.... in onore 
di G. Mazzoni..., Firenze, 1907, II, 110-178. Vi si ricorda 
(p. 114) P interesse che lo Chapelain prendeva alP episodio 
dantesco del conte Ugolino, e la lettera scritta a M. Sau- 
vale, a Firenze, nel 1663, (non a M.r Bochart, come, per venial 
fretta, scrive il Picco, che pur sbaglia, indicando come data 
P8 settembre): « Vous m’avez instruit d’importance sur la 
mort du Conte Ugolin », scrive lo Chapelain. Peccato che la 
lettera, dal manoscr. Sainte-Beuve, nouv. acquis. fran£. 1885, 
f. 440-441, sia stata solo brevemente riassunta dal Tamizey de 
Larroque (Chapelain, Lettres, II, 326). La riproduco qui, die¬ 
tro una copia fornitami dal gentilissimo Auvray : « Monsieur, 
je vous croyois au fonds de la Sicile ou du moins à Pextrémité 
du Royaume de Naples, lorsque j’ay receu une nouvelle lettre 
de vous du XIII juillet, qui nPa fait voir que vous estiés 
encore à Florence, ce qui m’a d’autant moins snrpris, queje 
connois les charmes de cette belle ville, et que je comprens 
facileraent combien il y a de peine à se détacher d’une con¬ 
versatoli aussi excellente que celle des grands hommes qui 
la font véritablement fleurir. C’est là que sont les véritables 
Sciences, et la coste de Naples ne se peut plus vanter de les 
posséder, depuis que les Dantes, les Pétrarques, les Bocaces 


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341 


et la foule de leurs illustres descendans les ont attirées à celle 
de Toscane et les y ont fait establir sans retour.... » 

« ....Le tombeau du chevai del Capello est remarqnable et 
tient un peu trop du payen. J’ay pris grand plaisir à voir 
les épitaphes du Bernardi et du Piovano Arlotto. Vous nPaves 
instruit d’importance sur la mort du conte Ugolin, comme 
aussi sur les singularités du Costosa. Tòut ce que vous me 
dites de Jules Romain et de ses ouvrages est très curieux.... » 
Pag. 49, linea 6. Correggi Ruscellai, in Rncellai. 

Pag. 51, lin. 10. Correggi Scipione Enrico, in Scipione 
Errico. 

Pag. 55, n. 2. Correggi Fleury, in Champ fleury. 

Pag. 57. Sostenevo a torto che di Dante mai non favel¬ 
lassero le memorie dei Francesi che percorser P Italia sulla 
fine del *600. Jean Huguetan, che fu prima del 1680 nel Mez¬ 
zodì, e più illustri Italiani conobbe, di cui offre un elenco, 
suggerito dalP Italia regnante di Gregorio Leti, rimembra più 
volte P Inferno dantesco, nel Foyage d } Italie curieux et nouveau , 
Lyon, 1681 (che veggo pur registrato e riassunto nel 2° voi. 
dello zibaldone erudito del Del Balzo, V Italia nella letteratura 
francese - Balla morte di Enrico IV alla Rivoluzione, Torino, 
Roma, 1907, pp. 242 sgg.). Una terzina sulla « gente nuova 
e i subiti guadagni » (Ih/., XVI, 73-75) trascrive, accennando 
alP antica potenza di Firenze ; e v* aggiunge (p. 36) P invet¬ 
tiva amara del XVI canto (1-3) : « Godi Fiorenza », temperata 
da un suo giudizio : « mais elle a un pen rabattu de cet or- 
gueil depuis qu’ elle est sous la pnissance d*un souverain ». 
Ricordi di Dante evoca a Fonte Branda (p. 41) : « Dante Pud- 
mire dans ses poésies ». Il popol di Siena ha (p. 42) « quelque 
chose de notre feu, et de no tre gal té, que Dante le médisant 
nomme légèreté et vanité ». Segue la terzina del canto XXIX, 
121-123. Gode Peschiera meritata fama (p. 254) ; « il y a long- 
temps que cette place est en considération, car il y a plus de 
300 ans que le Dante disait d’elle : Siede Peschiera, ecc. » 
(Inf. XX, 70-72). 

Pag. 74, n. 1. Aggiungasi P edizione dei « Pensieri » del 
Pascal, curata recentemente da V. Giraud, Paris, 1907. 

Pag. 80, n. 1. Avrei dovuto rammentar qui la Préface fa¬ 
mosa delle Orientales di Victor Hugo : « Les autres peuples 
disent: Homère, Dante, Shakespeare. Nous disons: Boileau! » 
Pag. 88, n. 1. Alle sue ricerche sulle epopee di Francia 


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del ’600, R. Toinet aggiunge ora un 2° yol. di Additions et 
Correotions , Tulle, 1907. 

Pag. 92, n. 1. L* articolo del Brunetière è ora raccolto 
nell*Vili serie de* suoi « Studi », Études critigues d’histoire et 
de littérature francane, Paris, 1907. 

Pag. 93, n. 1. Rimembrano, in parte, P oltremondano tra¬ 
gitto del Berger extravagant del Sorbe, due canti (XI e XII) 
del Catorcio d’Anghiari, di Federico Nomi, ove descrivesi un 
Inferno e un Eliso, lestamente ritenuti imitazione e parodia 
della Commedia da V. A. Arullani, Nella Scia dantesca . Al¬ 
cuni oltretomba posteriori alla Divina Commedia, Alba, 1905, 
pp. 72 sgg. 

Pag. 105, n. 1. Doveva citarsi V opera del Cousin nel- 
V ediz. dei Grands Écrivains de la France , curata dal Monmer- 
qué, I, 415. 

Pag. 118, n. 1. Correggasi Nato il Reyrac, in Nato il de 
Reyrac. 

Pag. 123, lin. 12. Pongasi dopo - chiosatori - una virgola, e 
un’ altra dopo - parecchi. 

Pag. 132, lin. 26. Pongasi dopo - commedia - il segno.... 

Pag. 146, n. 3. Correggi Cuyperts, in Cuypert. 

Pag. 148, n. 1. Nel medesimo studio delle Causeries duLundi, 
cit., Ili, 328, il Sainte-Beuve diceva del Fontenelle: « Cet 
homme-ci n’a point en lui cette géométrie idéale et céleste 
que con?oivent primordialement un Pascal, un Dante, un Mil¬ 
ton, ou mème un Buffon ». 

Pag. 149, n. 2. Correggasi pp. 125 sg., in p. 138; s’ima- 
ginent, in s’imaginant: de Parnasse, in du Parnasse. 

Pag. 152, lin. 2. Correggi Murat, in Muralt. 

Pag. 161, n. 1. Alle indagini note, nulla aggiunge il breve 
saggio, Su i detrattori di Danté nel Settecento, di P. Parducci, 
in Spigolature letterarie , Roma, Milano, 1904, pp. 13 sgg. — 
Ricordo ora lo studio di Maria Zamboni, La critica dantesca 
nella metà del secolo XVIII, nella Collez, di op . danteschi, ed. 
dal Passerini, Città di Castello, 1901 ; e un frammento di uno 
studio su Gaspare Gozzi e la letteratura del suo tempo a Venezia , 
di A. Zardo, La censura e la difesa di Dante nel secolo XVIII , 
nel Giornale Dantesco, XIV (1906), pp. 145-167. 

Pag. 180. Avrei dovuto rimandare al giudizio del Beni, nei 
Cavalcanti, ovvero la difesa dell’Anticrusca (Padova, 1616, p. 16), 
sulP insensato titolo della Commedia (« non è nè commedia, 


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343 


nè tragedia, nè poema eroico, ma un miscuglio - per così 
dire - o capriccio senza regola e senza forma di poetica azione »), 
già ricordato, d’ altronde, a p. 132 di questo mio II voi. 

Pag. 184. Nè credo abbia conosciuto il Voltaire i rari ac¬ 
cenni a Dante ed alla Commedia che recavan gli scarni e pe¬ 
destri annunci del Journal des Savants . Nell’annata 1712, 
pp. 468 sgg., davasi notizia di due discorsi del S al vini, « où 
il examine si la Langue Toscane a plus d’ obligation à Dante 
qu’ à Pétrarque et à Bembe ». — Nel 1736, p. 153, ricorda- 
vasi il cenno a Dante nella Verona illustrata del Maffei, « on 
y voit pourquoi Dante a intitulé son Poème Comédie..., qui 
a fait naltre de grandes disputes parmi les critiques. Aucun 
n’a compris la véritable raison. Notre auteur F indique ». — 
Nel 1737, p. 239, annunciavasi una dissertazione dell’ abate 
Du Resnel sui Poètes couronnés, accolta ne’ Mémoires de Litté- 
rature, tirez des registres de V Académie Rogale des Inscriptions 
et Belles Lettres..., tomo X (1736; pp. 507-524), in cui espri- 
mevasi il dubbio « s’il doit mettre le Dante qui mourut en 1325 
au nombre des Poètes couronnés », « pour avoir été enterré 
avec beaucoup d’ honneur, et en habit de Poète ». — Nel 1741, 
p. 365, nella rubrica Nouvelles littéraires, indica vasi asciutta¬ 
mente trovarsi presso il Pasquali, a Venezia, la ristampa dei 3 
voi., La Comedia di Dante Alighieri tratta da quella ohe pubbli¬ 
carono gli Accademici della Crusca Vanno 1595. — Nel 1744, 
p. 336, sg., si offriva un altro cenno a Dante, nell’annuncio 
della Bibliothèque frangoise del Goujet : « le plus fameux de 
tous ses Ouvrages est la Comédie.... Il 1’honoroit du titre 
Poéme Épique ou Héroìque..., quoi qu’ il ne tienne nullement 
de ce genre de Poesie.... ». S’aggiunge una citazione dal Goujet 
stesso, la notizia della confutazibne sua all’ « opinion du 
P. Hardouin.... Mais c’est une discussion qu’il faut lire dans 
l’Ouvrage mème, aussi-bien que tout ce qui regarde les Tra- 
ductions Franyoises qui ont été faites des Ouvrages du Dante, 
de Pétrarque et de Boccace ». 

Pag. 213. Manca a questa pag., prima di - Questa critica -, 
il segno della divisione del capitolo. 

Pag. 226, n. 3. Altri giudizi raccoglie E. Preston Dàr- 
GAN, The aesthetic doctrine of Montesquieu. Its applications in 
his writings , Baltimore, 1907. 

Pag. 226, n. Aggiungi al n° 1978 del Catalogue di Gaignat: 
ora alla Nazion., ms. fr. nouv. acq. 4530. 


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Pag. 240, n. Correggasi Pedrazzolo, in Pedrazzoli. 

Pag. 246, n. Correggasi Lalande in de Lai and e. 

Pag. 256, lin. 15. Correggasi Hélvétius, in Hélvétius. 

Pag. 280, n. Incensa ed imita troppe volte il Rivarol il gran 
maestro Voltaire, ma talora pure con grande asprezza lo giu¬ 
dica. Veggasi un suo discorso al Chènedollé, riprodotto dal 
Sainte-Beuve, Chateaubriand et son groupe littéraire, nouv. 
éd., Paris, 1889, II, 161 sgg. 

Pag. 281, n. 2. Correggi Romans, in Roman. 

Pag. 285, n. 1. « Zibaldone bigotto » chiamò il Carducci 
un dì ( Ceneri e Faville, in Opere, V, 321) Popera delPAroux. 

Pag. 312. SulP Esménard, vedi ora É. Faguet, Le poète 
Esménard, nella Revue des cours et conférenees, 1907 (XVI, 
fase. 7). 

Pag. 314, n. Altre notizie sui traduttore del Bayle offre 
ora W.-M. Daniels, Lee Maizeaux en Angleterre..., nella, Revue 
germanique, 1908, gennaio-febbraio. 



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INDICE DEI NOMI 


Abeken Bernhard Rudolph, II 
221 n., 230 n., 235 n. 

Àcharisio Alberto, II 14. 

Achille, I 16, 441. 

Achillini Claudio, II 127, 135. 

Achitòfel, I 31. 

Adam de la Halle, I 21, 69 n. 

Addison Joseph, II 176, 273 n. 

Adeuès li Eoi, I 10 n., 61, 145. 

Ader Guillaume, I 339 n. 

Aersseu de Sommelsdyck, II 
35 n. 

Agamennone, II 258 n. 

Agostino (Sant’), I 120, 157, 
183; II 61, 108, 256. 

Agoult (contessa d 7 ), Marie de 
Flavigny (Daniel Stern), I 
294 n.; II 156 n. 

Aignillon (duchessa d’), II229 n. 

Aimeric de Belenoi, I 40. 

Aimerìc de Pegulhan, I 40, 45, 
69 n. 

Alain Chartier, I 167, 170 n., 
179, 192-198, 204 n., 206, 
208, 212 n., 243, 253, 259, 
261, 299, 301, 322, 405, 406 
n., 427, 518; H 145. 

Alain de Lille, I 139. 

Alamanni Luigi, I 54 n., 255 n., 
263 n., 287-289, 291-292, 294 


n., 295, 296, 297 n., 319, 320, 
370 n., 374 n., 375, 381, 394 
n., 409 n., 411, 415, 457, 459, 
545; II 6. 

Alamanni Vincenzo, I 430. 

Alardo (Érard) di Valéry, I 68. 

Albani Francesco, II 159, 263, 
317 n. 

Albergati Francesco, II 215 n. 

Alberti Agnes, II 327 n. 

Alberti Leon Battista, I 300 ; 
II 41. 

Alberto Magno, I 84, 113 n., 
119. 

Alceo, I 395. 

Alceste, I 312 n. 

Alcide, I 30. 

Aldobrandini Cinzio, I 444. 

Aleandro Gerolamo, I 244, 290, 
291 n.; II 335. 

Alen$on (Francois, due d’Anjou 
de Berry et d’), I 524. 

Alen$on (Philippe d’), I 96, 97 
n., 141. 

Alessandro Magno, I 11, 32. 

Alfieri Ogerio, I 51 n. 

Alfieri Vittorio, I 48, 51 n.; 
H 161, 163, 245 n., 323 n. 

Alfonso di Casti glia, I 32. 

Alfonso de la Torre, I 273 n. 


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346 


Indice dei nomi 


Algarotti Francesco, II162,175, 
215 n., 216, 235, 236, 240 n.; 
II 241 n., 242-244, 246. 

Alione Gian Giorgio, I 239 n., 
255. 

Alisoans , I 12, 14. 

Alonso de Cartagena, I 185. 

Alunno Francesco, 1471 ; II, 14, 
15, 124. 

Amadis, I 505 n.; II 35. 

Amaseo Romolo, I 445. 

Amboise (cardinale d’) Georges, 
II 26 n. 

Ambrogio (Sant*), I 212, 525; 
II 68. 

Amedeo Vili di Savoia, II 334. 

Amerval (d*) Eloy, I 303 n. 

Amiel Henri-Frédéric, II 329- 
330. 

Amomo, I 370 n. 

Ampère Jean-Jacques, II 307 n. 

Amye de Challes, I 217. 

Amyot Jacques, 1469, 501, 546, 
552 n.; II 224 n., 337. 

Anacreonte, II 317 n. 

Anassagora, I 165, 212 n. 

Anastasio II papa, I 522. 

André Jean, I 484. 

Andrelini Publio Fausto, I 212 
n., 222, 224 n., 262, 286. 

Andromaca, I 389 n. 

Angelucci Liborio, II 247. 

Angliberto Del Balzo, I 283. 

Anne de Bavière, II 113. 

Anne de France, I 283. 

Anneau Barthélemy, vedi Quin¬ 
ta Horatian . 

Anseimo (Sant’), I 24. 

Anticristo , I 3. 

Antoine de la Sale, I 219. 

Antoniano Silvio, I 297 n. 

Antonini Annibale, II 174 n. 

Antonino (Sant’), arciv. di Fi¬ 
renze, I 508, 523. 

Antonio d’Arezzo, I 139. 

Antonio de Beatis, I 235. 


Aoust (d*) de Lavai Hiérosme, 

I 529 n. 

Apelle, II 19 n. 

Apollo, I 388, 557 n.; II 48, 92 
n., 115, 130, 238 n. 

Aprosio Angelico, II 129. 
Apuleio, I 513. 

Aquilano Serafino, I 259, 261, 
272, 363, 364, 392, 419; li 
335. 

Aquino (d*) Carlo, II 276 n., 
300 n. 

Aragona (d’) Tullia, I 394, 397, 

451. 

Arando (d’) Michel, I 323. 
Aratus, I 446 n. 

Archimede, II 71. 

Arcita, 1172 n. 

Ardillon (de) André, I 264 n. 
Ardillon Antoine, I 264-268. 
Aretino Pietro, I 289, 343, 359, 
363, 368, 406 n., 505 n ., 512 ; 

II 6, 49, 58, 94 n., 113, 246. 
Argentai (comte d*), Charles- 

Augustin Fériol, II 217 n., 
222 n., 291 n. 

Ariosto Lodovico, I 136, 249, 
251, 261, 307 n., 308 n., 339 
n., 359,363,368,376,385,388, 
391, 394, 403, 407, 411, 414, 
416,426,434 n.,437,441,443, 

452, 466, 472, 473, 474 n., 
475, 477, 499 n., 500, 501, 
504, 515 n., 527 n., 533, 534, 
539, 545, 559; II 2, 6, 9-10, 
15, 17, 20, 35 n., 38 n.,39 n., 
49, 51, 54, 79, 81, 86 n., 87 
n., 93 n., 94 n., 96, 100, 103, 
105, 110, 113 n., 121 n., 123 
n., 127,129,132,135, 144 n., 
145, 164, 175, 176, 177, 180, 
188, 193, 196, 197, 198, 200, 
219 n., 229, 234 n., 235 n., 
239 n., 240 n., 245 n., 249 n., 
251 n., 269, 271, 272, 274 n., 
328 n., 338. 


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Indice dei nomi 


347 


Aristarco, II246. 

Aristofane, I 446 n.; II 223 n., 
300 n. 

Aristotile, I 85, 120, 148 n., 
150 n,, 153, 156, 157, 163, 
182, 183, 186, 214, 286, 297, 
310, 386 n., 468, 505, 506, 
524, 532; II 30, 41, 42 n., 
44, 61, 84, 107 n., 108, 130, 
131, 133 n., 178. 

Arlotto (Piovano), II 341. 

Arlotus da Prato, I 110 n. 

Arnaldo Daniello I 5, 33-34, 
42, 43 n., 44, 256 n., 298- 
299, 447-448, 453 n., 454, 
455 n.; II 29. 

Arnaldo di Villanova, I 113 n., 
143, 183, 484, 508. 

Amauld (d r j Baculard, II 309. 

Arnaut Romieu, II 25 n. 

Arnolfmi Bartolomeo, I 380 n. 

Aroux Eugène, I 307, 511; II 
218, 344. 

Arrigo, vedi Enrico. 

Arrivabene Leonardo, I 491. 

Art et Science de rhétorique , I 
255 n. 

Artaud de Montor, I 558 n., 560 
n.; II 285 n. 

Arturo re, I 11, 16, 17. 

Ascliam Roger, I 409 n. 

Assalonne, I 31. 

Attila, I 66. 

Aubigné (d ? ) Tbéodore Agrippa, 
I 248, 252, 275, 308, 310 n., 
338, 347, 389, 414, 485, 530- 
546; II 3, 9, 83, 95 n., 339, 
340. 

Aubray (d’) Claude, vedi Pi- 
thou. 

Auchy (viscontessa d’), II 3. 

Audebert Germain, I 495 n. 

Audiguier (d’) Vital, II 142 n. 

Anifray Francois, II 94-97. 

Augier Guilhem, II, 25 n. 

Aumont (due d’), II 229 n. 


Aurelio Marco, II 301 n. 
Auton (d ? ) Jean, I, 252 n. 
Auvray Jean, II 9 n., 10. 
Auvray Lucien, I 216, 277. 
Auzière Francis, I 364 n. 
Averroe, I 62 n., 85, 214, 385 n. 
Avicenna, I 163. 

Avviso piacevole dato alla bella 
Italia , I 179 n., 496, 512- 
518, 522. 

Aymeri de Narbonne, I 14. 
Azzo Vili d’Este, I 72, 73. 

Babinot Albert, I 493. 

Bacchini Benedetto, II136 n. 
Bachet Claude-Gaspard, II 18. 
Bacon Roger, I 101 n.; II 136. 
Bade Josse, I 254 n. 

Baif (de) Antoine, I 404, 426, 
438, 463, 465, 466-468. 

Baif (de) Lazare, I 263 n., 404, 
411. 

Baillet Adrien, II 75, 104, 141- 
143, 183, 276. 

Bailloud Antoine, I 374. 

Balbo Cesare, I 103 n. 

Baldi Bernardino, I 420 n. 
Balducci Francesco, II 51. 

Balli Tommaso, II 86 n. 

Baluze Etienne, I 514 n. 

Balzac (de) Jean-Louis Huet, 
I 465 ; Il 5, 48-50, 51, 52, 
53, 55, 63, 86, 103, 117 n., 
121 . 

Bambaglioli Graziolo, I 114. 
Bandelli Matteo, I 320 n., 471. 
Barbaro Ermolao, II 41. 
Barberino, vedi Francesco da B. 
Barbier Auguste, II 340. 
Barbier de Mereurot, II 35 n., 
340. 

Barbieri Giovan Maria, I 448, 

450 n., 451. 

Barbieri Ludovico, I 448 n., 

451 n. 

Barclay John, I 225 n.; II 40. 


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348 


Indice dei nomi 


Baratti Giuseppe, II 134, 159, 
162, 163, 173 n., 190, 193, 
194 n., 215 n., 220 n., 221, 
243 n., 246 n.; II 247, 268, 
310 n. 

Bargagli Scipione, II 94 n. 

Bargeo Pietro Angelo, I 446 n. 

Barcker William, I 380 n. 

Barletta (di) Gabriele, I 313, 
"376-377, 471, 506. 

Baronio Cesare, I 518, 523. 

Barotti G. Andrea, II 135 n. 

Bartonstein Johann Christoph, 
II 112 n. 

Barthélemy d’Aurice, I 244. 

Barthélemy Jean-Jacques, II 
246 n. 

Bartoli Adolfo, I 103-104. 

Bartoli Daniello, II 20. 

Bartolo di Sassoferrato, I 265, 
266, 508 n.; II 139. 

Bartolommei Girolamo, II 63 n. 

Bartolommeo Anglico, I 109 n. 

Bartolommeo della Scala, I 
116 n. 

Bartolommeo (San), I 369. 

Barzizza Guiniforte, I 295, 494 ; 
II 229 n. 

Basilio (San), II 68, 108. 

Bassermann Alfred, I 104, 105. 

Bassi Laura, II 164 n., 165 n. 

Bataille Lohifier. I 12. 

Batines (de) Colomb, I 558. 

Batteux Charles, II 133. 

Baudelaire Charles, II 231. 

Baudier Michel, II 25-26. 

Baudoin Jean, II 10. 

Bayle Pierre, I 523, 559 n.; 
II 1, 23, 111, 139, 148 n., 
151-154, 183, 202 n., 216, 
219, 222 n., 229 n., 249, 
294 n., 300 n., 314 n. 344. 

Beatrice, I 20 n., 26-28, 41, 
42, 89, 131, 149, 161 n., 182, 
183, 187, 209, 214, 215 n., 
258, 278, 282, 289, 327, 344, 


348-349, 351, 356, 357, 430, 
526, 527, 547 ; II13, 22, 105, 
138, 141, 204 n., 205 n., 211, 
213, 240 n., 245 n., 249, 250, 
270, 271, 299 n. 

Beatrice di Borgogna, I 215 n. 

Beatrice contessa di Toscana, 

I 215 n. 

Beaumarchais (de) Pierrc-Augu- 
stin Caron, II 306. 

Beauvau, vedi Louis de B. 

Becelli Cesare, II 161. 

Bechada Gregorio, I 40 n. 

Beethoven (van) Ludwig, II67. 

Belcalzer Vivaldo, I 108 n. 

Bellarmino Koberto, I 517-522; 

II 40, 58, 142, 338, 339. 

Belleau Remy, II 81 n. 

Belleforest (de) Francois, 1294 n. 

Belmesseri Paolo, I 286. 

Bel Perche (del) Pierre, I 484. 

Bembo Pietro, I 249-250, 263, 
270 n., 321, 343, 363, 364, 
365, 368, 370 n., 375, 385, 
401, 406, 407, 410, 412, 413, 
416, 417, 427 n., 428, 429, 
431, 434, 441, 443, 444, 446 
n., 447-451, 453, 454, 468 n., 
471, 472-473, 474, 475, 477, 
478 n., 485, 488, 493, 495 n., 
500, 504, 524; II 28, 49, 54, 
56, 101 n., 124, 128, 245 n., 
337, 343. 

Benaglio Francesco, II 243 n. 

Benali Bernardino, I 277. 

Benedetto XII, I 509. 

Benedetto (San), II 204 n. 

Beni Paolo, II 88, 132, 197 n., 
342. 

Benivieni Girolamo, II 38 n. 

Bónolt de Sainte-Maure, I 11. 

Bentivoglio Ercole, I 443. 

Bentivoglio Guido, II 6, 8, 49, 
51, 68. 

Benvenuto da Imola, I 98 n., 
142, 256 n.; H 112, 276 n. 


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Indice dei nomi 


349 


Bérenger Laurent-Pierre, II 
118 n. 

Bergaigne Francis, I 274-278, 
280, 295, 318; II 229 n. 

Bergalli Luigia, I 320. 

Berlioz Hector, I 138. 

Bernardi Antonio, II 341. 

Bernardo da Pisa, I 109. 

Bernardo (San), I 24, 25 n., 88- 
90, 188; II 109, 332. 

Bernart de Ventadom, I 40, 44, 
46; II 331. 

Bemhardi (von) Theodor, II 
328 n. 

Berni Francesco, 1363, 371 n., 
443, 545; II 6, 105. 

Beroaldo Filippo, I 222. 

Bertaut Jean, II 67-68. 

Bertran d’Alainannon, I 69 n. 

Bertran de Born, I 31-32, 42, 
45, 64 n., 422 n., 454; II 305. 

Bertrand du Puget (Poggetto), 
I 79-80, 141. 

Berville Saint-Albin, II 263 n. 

Bessarione, cardinale, I 328, 
365 n. 

Bettinelli Saverio, II 161, 166, 
214, 216, 219 n., 223, 228, 
231-245, 247 n., 248, 278 n., 
294 n., 296 n.,317,326 n.,327. 

Betussi Giuseppe, I 489. 

Bèze (de) Théodore, I 314, 509. 

Bianchini Francesco, II 161, 
182 n. 

Bibliothèque italique, II181,182. 

Biffi Giovanni, I 296 n. 

Billon (de) Francis, I 292 n., 
395 n. 

Biondo, cardinale, I 444. 

Biondo Flavio, I 212, 312 n. 

Bizet Jean, I 146. 

Blacatz, I 35 ; II 29. 

Blanchet Pierre, I 274 n. 

Bla8on d’amour8 spirituelles , I 
212 n. 

Blondel de Nesle, I 41 n. 


Boccaccio Giovanni, I 11, 14, 
22, 23 n. o2 n., 73 n., 79, 
91, 101, 103, 106, 110 n., 
121, 125 n., 127, 129, 131- 
133, 139 n., 141, 160 n., 163 
n., 172 n., 173 n., Ì75 n., 176 
n., 177, 178,185,187, 188n., 
192 u., 195,196,198-203, 206, 
208 n., 210, 211 n., 212, 215, 
217 n., 218 n., 219, 220,230, 
231, 232, 235 n., 236 n., 252, 
256, 259, 261, 264, 265, 271 
n., 300, 304, 317, 318, 321, 
322, 323, 343, 359, 361, 363, 
.365 n., 371, 373, 374 n., 376, 
382, 383, 395, 399 n., 402, 
407, 410, 417 n., 446 n., 454, 
471, 472, 474 n., 479, 485, 
487, 488, 489, 492 n., 494, 
496, 500, 505 n., 514, 534; 
II 15, 35, 36, 37 n., 44, 49, 
58, 81, 93 n., 94 n., 100, 110, 
113, 122 n., 124, 127, 132, 
133, 135, 139, 146, 235 n., 
242 n., 245 n., 256, 267, 274 
n., 290, 292, 293n., 294 n., 
333, 334, 337, 340, 343. 

Boccalini Traiano, I 435-436 ; 
II 115, 123 n., 132 n. 

Bochart Samuel, II 340. 

Bodin Jean, I 470 n., 506. 

Bodmer Johann Jakob, li 171 
n., 223, 314 n. 

Boezio, I 86, 139, 155, 156 n., 
157, 160, 165, 168, 169 n., 
175 n., 183, 212 n., 217 n., 
303, 341, 386, 396. 

Boiardo Matteo Maria, II 87 n., 
105, 113, 179 n. 

Boileau Gilles, II 118 n. 

Boileau Despréaux Nicolas, I, 
403, 443, 531; II 1, 3, 10, 
46, 47, 61, 75, 76, 78-85, 87, 
89, 94 n., 103, 120, 133, 159, 
166, 170, 178, 201, 212 n., 
254, 341. 


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350 


Indice dei nomi 


Boisrobert (de) Francois Le Mo¬ 
tel, II 50. 

Boissard Jean-Jacques, I 489- 
490. 

Boissat (de) Pierre, II 40. 

Bolingbroke (Lord) Henry St. 
John, I 166 n. 

Bonarelli Gùidobaldo, II11, 44. 

Bonaventura (San), I 86, 87, 
109, 110 n. 

Bonet Honoré, I 186. 

Bongars Jacques, I 445 n. 

Bonifazio VUI, I 50 n., 55 n., 
64 n., 65, 66 n., 71, 74, 75, 
77, 99, 261, 273, 274, 312 n., 
442 n., 509, 518, 523 n., 551; 
II 40, 65, 140, 189, 192 n., 
209, 217, 220, 221, 249, 
299 n. 

Bonincontri Lorenzo, I 385 n. 

Boninsegni Jacopo, II 24. 

Bontemps G.-M., II 222 n. 

Bonucci Antonio, II 319. 

Borghini Vincenzo, II 51. 

Borromeo Carlo, I 297 n. 

Borromeo Giovan Battista, I 
297 n. 

Bossuet Jacques-Bénigne, 1213, 
325, 347, 531; II 84, 92 n., 
108-110, 111, 150, 256. 

Boterò Giovanni, II 20, 38 n. 

Bouchard Jean-Jacques, II 34- 
35, 58. 

Bouche Honoré, II 34. 

Boucher Francois, II 275 n. 

Boucliet Guillaume, II 101. 

Bouchet Jean, I 192, 196 n., 
208 n., 231, 238 n., 264, 265 
n., 266, 267-274, 292, 499; 
II 335. 

Bougainville Jean-Pierre, Il 
315 n. 

Bouhours Dominique, II131 n., 
134-135, 178. 

Bourdaloue Louis, I 347; II 
110 - 111 . 


Bourdelot Pierre, II 58 n. 

Bourdichon Jean, I 254 n. 

Bourg (de) Marguerite, I 374. 

Bourges (de) Clémence, I 400. 

Bouvy Eugène, II 231, 286. 

Bovo d’Antona, I 185 n. 

Boyssonné (de) Jean, I 296, 
315 n. 

Bracciolini Francesco, II 8 n., 
44, 51, 92, 93 n. 

Brand Sebastian, I 52 n., 196 
n., 212 n., 224-226, 270; II 
334. 

Brantóme (seigneur de), Pierre 
de Bourdeilles, I 490, 491, 
495 n. 

Bretagne Claude, H, 122 n. 

Bricard Pierre, I 491 n., 529 n. 

Brice Germain, I 263 n., 291 n. 

Brigonnet Guillaume, 1323-325, 
332, 341, 501. 

Briois Paul, II 59. 

Brissot Jean, I 263. 

Brizard Jean-Baptiste, II 321 n. 

Brizeux Auguste, II 95 n., 170. 

Brosses (Président de) Charles, 
II 188, 196-197, 226, 246 n., 
261. 

Brossette Claude, II 87, 217 n. 

-Brucioli Antonio, I 372. 

Brulez Gaces I, 482. 

Brunelleschi, inesser Brunetto, 
I 26. 

Brunelleschi Filippo, I 503. 

Brunetière Ferdinand, I 427. 

Brunetto Latini, I 3, 4, 22, 35 
n., 48 n., 99 n., 110 n., Ili 
n., 123 n., 139, 168 n., 198, 
217 n., 471, 472, 558 n. ; II 
16, 135, 138, 212, 213 n., 
295 n., 298 n. 

Bruni Leonardo, I 99 n., 223, 
235, 263, 319 n., 402 n., 406, 
500; II 23 n., 38, 113, 292 n. 

Bruno Cola, I 448 n. 

Bruno Giordano, I 111, 324. 


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Indice dei nomi 


351 


Brusoni Girolamo, II 100 n. 

Bruto, I 37; II 206 n. 

Bry (de) Théodore, I 363. 

Bucer Martin, II 516. 

Boccioli Domenico, II 127 n. 

Buchell (van) Arnold, I 504. 

Budé Guillaume, I 284, 285 ; 
II 335. 

Buffon (comte de) Georges-Louis 
Ledere, II 236, 239 n., 258, 
280 n., 288, 342. 

Bullart Isaac, 1110 n.; II 137, 
138-141 ; 183, 191 n., 208 n., 
276 n., 300 n. 

Bunel Pierre, I 491, 492 n. 

Bunyan John, I 147 n. 

Buonmattei Benedetto, II 168. 

Buoso da Doara, I 51, 71 n. 

Burlamacchi Renata, I 538. 

Busini Giulio, I 458. 

Bussy-Rabutin (comte de) Ro¬ 
ger, II 5 n., 105 n. 

Buti (da) Francesco, I 98 n., 
II 144. 

Butler Samuel, II 173. 

Buttet (de) Marc-Claude, I 503 
n.; II 337-338. 

Byron (Lord), I 331; II 242, 
245 n., 307 n. 

Cacciaguida, 118, 278 ; Il 307 n. 

Cademosto Marco, II 302 n. 

Caldana Marco Antonio, II 85 
n., 86 n. 

Calderón Don Pedro, I 176 n., 
327 n., 340; II 170, 222 n. 

Caliga Panza, I 69 n. 

Callières (de) Francois, II135 n. 

Callimaco, I 446 n. 

Callot Jacques, II 114, 115. 

Calmeta Vincenzo, I 364. 

Calvin Jean, I 307, 308-309, 
310, 311, 312, 314, 324 n., 
326, 355, 487 n., 493, 518; 
II 67. 

Calvo Bonifazio, I 5. 


Cambi Importuni Alfonso, I 
374 n. 

Caminade (de), II 8. 

Camoes (de) Luis, I 437 n. ; 
II 131, 173 n, 195, 208 n., 
211 n., 258, 275 n. 

Campanella Tommaso, II 38, 
58 n, 91 n. 

Campano Camillo, I 297 n. 

Campenon Vincent, II 321 n. 

Camus Jules, I 240. 

Capasso Niccolò, I 417 n. 

Capeto Ugo, I 57-60, 65, 72, 
81, 98 n. 100 n., 135, 142 n., 
215, 271, 291-294, 476; 486, 
499, 300 n., 551; II 26 n., 
31, 44, 140, 151. 

Capilupi Lelio, I 415, 426 ; II 
179 n., 336. 

Caporali Cesare, II 6, 12. 

Cappellano Andrea, I 21 n. 

Caracciolo Giovanni, I 494. 

Carbone Lodovico, I 226. 

Cardano Girolamo, II 38 n. 

Carducci Giosuè, 1103 n., 309 ; 
II 226 n., 234 n., 235 n., 
284 n., 327, 332, 333, 340, 
344. 

Carel de Sainte-Garde, II 89. 

Carierò Alessandro, I 436 n., 

Carlencas (de) Juvenil, II 179. 

Carlo I di Angiò, I 21, 56, 59 
n., 60, 67-72, 194,510; II 
30, 192 n. 

Carlo II di Angiò, I 72-73, 80. 

Carlo di Valois, I 1, 50 n., 
65-67, 294 n., 486; II 41, 
65, 140, 189, 217, 292 n., 
299 n. 

Carlo, nipote di Roberto re di 
Napoli, I 73 n. 

Carlo II di Boemia, I 141 n. 

Carlo V, I 298 n., 441. 

Carlo (Charles) V, re di Francia, 
I 48 n., 152, 169, 172, 183, 
184 n., 202, 217 n. 


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352 


Indice dei nomi 


Carlo VII di Francia, I 194, 
202 n. ; II 88. 

Carlo VHI, I 235, 243. 

Carlo Encianuele I di Savoia, 
II 33. 

Carlo di Lorena, I 59. 

Carlo il Calvo, I 279, 280 n., 
281. 

Carlo Magno, I 12, 13, 74, 277; 
II 58, 187 n. 

Carlo Martello, I 50 n., 73, 80- 
82, 115. 

Carlo del Piero del Nero, 1198. 

Carmeliani Pietro, I 222. 

Caro Annibaie, I 54 n., 495 n.; 
II 48, 49, 50, 54, 88. 

Caronte, I 160, 257, 305, 313, 
376, 399 n., 400 n., 422, 
439, 440; II 87, 88 n., 90 n. 

Carniccio Annibaie e Carràccio 
Agostino, II 226 n., 263. 

Casella, I 147 n. ; li 199, 207. 

Cassio, II 206 n. 

Castelvetro Lodovico, I 448, 
449, 451, 462 n., 471; II 28, 
49, 51, 88, 124, 129, 131, 
132, 142, 178, 179, 300 n. 

Castiglione Baldassarre, I 263 
n., 290, 359, 366, 407, 412 n., 
454, 473, 474 n; II 20. 

Catalano de* Mala volti, I 71. 

Catanusi Placide, II 17. 

Catel Guillaume II, 34 n. 

Caterina (Santa), I 75, 345, 395 
n. ; II 109. 

Catone, I 154, 212 n., 354, 
355, 490; II 211, 335. 

Catullo, I 305. 

Cavalcanti Bartolommeo, 1375, 
495-496. 

Cavalcanti Guido, I 21 n., 47, 
415 n., 432, 433, 434, 468 
n., 496; II 123 n. 185 n., 
297 n. 

Cecco d* Ascoli, I 175 n. ; 402 
n. ; II 292 n. 


Celestino V, I 442 n., 509. 

Cellini Benvenuto, I 297 ; II 
291 n.; 331. 

Cerbero, I 257, 303, 313, 525 ; 
II 87, 88 n., 92, 93, 271. 

Cercamon, I 39. 

Cervantes (de) Miguel, II 113, 
142 n., 197. 

Cesano Gabriele, I 296-298. 

Cesare, I 11, 125 ; II 211. 

Cesare (di) Giuseppe, II 247. 

Cesarotti Melchiorre, II 162, 
163 n., 165, 233, 237 n., 
315 n., 326 n. 

Chabaneau Camille, I 455 ; Il 
332, 337. 

Chabanon (de) Michel-Paul Guy, 
II 218 n, 221, 240 n., 258, 
293-297, 300, 301, 306 n. 

Chadard Jean, I 224 n. 

Chalamont de la Visclède, II 
147. 

Chamfort Sébastien-Roch-Nico- 
las, II, 98, 196, 305, 306 n., 
311. 

Champier Gabriel, I 285 n. 

Champier Symphorien, I 285- 
286. 

Chan8on de la Croisade, I 40 
n., 50. 

Chantelou Claude II, 116 n. 

Chapel dee Fleurs de li8, I 51 n. 

Chapelain Jean, I 465 ; Il 3, 
8, 12, 14, 20, 34, 42-48, 50, 
63, 64, 68, 88, 104 n., 117 
n., 121, 130, 131, 200 n., 224 
n., 340-341. 

Chaperon Jean, I 173 n. 

Chappuys Claude, I 251. 

Chappuys Gabriel, I 499 n. ; 
II 20-23, 337. 

Charles de la Trémouille, 1271. 

Charles de Guyenne, I 216. 

Charles d’Orléans, I 155, 173 
n.; 184 n., 187 n., 212 n., 
213-214 ; Il 334. 


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Indice dei nomi 


353 


Charles d* Orléans comte d*An- 
goulème, I 218, 227 n., 235, 
236, 237 n., 238, 319 n. 

Charles due d’Orléans (figlio 
di Francesco I), I 364 n. 

Charles le Bel, I 481. 

Charonton Enguerrand, II 334. 

Charron Pierre, I 506. 

Chastellain Georges, I 176 n., 
202 n., 253, 259, 299; II 335. 

Chastellux (marquis de) Fran- 
Sois-Jean, II 267-268. 

Chateaubriand (de) Fran$ois- 
René, II 72, 150 n, 226, 
245 n., 246 n., 260, 289, 
305 n., 306, 307 n., 343. 

Chàtelet (marquise de), II 167, 
175, 208 n. 

Chaucer Geoffrey, 1144, 201 n., 
342 n. ; II57 n., 172 n., 245 n., 
259 n. 

Chaudon Esprit-Joseph, I 560 
n. ; Il 299-300. 

Chaudon Louis Maieul, I 560 
n.; II 202 n., 298, 300 n. 

Chaulieu (abbé de) Guillaume 
Amfrye, II 196 n. 

Chausset (de), II 144 n. 

Chemin de V Hospital (Grand), 
I 248. 

Chénedollé (de) Charles-Julien 
Lioult, II 281 n., 287, 289, 
343. 

Chevay René, II 203 n., 215 n. 

Chesterfield Lord (Philipp Dor- 
mer Stanhope), II 172 n., 
213 n. 

Chevemy (comte de) Philippe 
Haurault, I 485; II 279 n. 

Chevreau Urbain, II 129. 

Chiabrera Gabriello, II 51,115. 

Chiaramonti Gian Battista, II 
238 n. 

Chiari Pietro, II 279 n. 

Choiseul (de) duca, II 226 n., 
229 n. 


Chrétien de Le Gouais, I 9 n. ; 
II 331. 

Chétien de Troyes, I 16, 203 
n., 243. 

ChrétiennedeLorraine, II15 n. 

Christine de Pisan, I 144 n., 
146-192, 193, 199, 202 n., 
204, 208, 212 n., 217 n., 
229, 232, 233 n., 253, 265, 
270, 285, 304, 334, 335, 341, 
343, 344 n., 353; II 37, 287. 

Chronique de Touraine, I 10 n. 

Ciacco, I 53 n. 

Cibo Scipione, II 337. 

Cicerone, I 112, 154, 163, 172 
n., 212, 218, 275 n., 297, 
310, 386, 402 n., 411, 446 
n., 466, 501, 548; II 7 n., 
37, 39 n., 107 n., 108, 

316 n. 

Cicogna Pasquale, I 486. 

Cidippe, I 397, 398 n. 

Cino da Pistoia, I 28 n., 418 
n., 432, 456 n. ; II 185 n., 
292 u. 

Cipolla Carlo, I 103, 104. 

Cittadini Celso, II 124, 128. 

Claude de Franco, I 276, 295, 
319. 

Claudiano, I 212. 

Clément Pierre, II 185-187. 

Clemente V, I 510. 

Clemente V (Bertrand de Got), 

I 73, 75-78, 142; II 139, 
192 n., 332. 

Clemente VII, I 448. 

Clemenza, figlia di Carlo Mar¬ 
tello, I 82, 115, 129. 

Clerville, li 91 n., 93 n., 

Cocchi Antonio, II 258 n. 

Coeffeteau Nicolas, I 520-522 ; 

II 339. 

Cohon (vescovo) Anthyme-De- 
nis, II 108 n. 

Coignard (de) Gabrielle, I 400, 
556 n. 


23 — Fabinelli, Yol. II. 


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354 


Indice dei nomi 


Col Gonthier, I 140. 

Col Pierre, I 152 n. 

Colbert (Jean-Baptiste marquis 
de Seignelay), I 216 ; II 47 
n., 58, 112. 

Coleridge Samuel Taylor, II242, 
260. 

Coligny (de) Louise, I 364 n. 
Colin Germain, I 238 n., 269. 
Colin Jacques, I 263 n., 290 n. 
Colletet Guillaume, I 299 n., 
388 n., 389 n., 391, 406 n., 
477 n., 559 n. ; II 27 n., 
55-56. 

Collin Raoul, I 263. 

Colocci Angelo, I 447, 462 n. 
Colombe Jean, I 229 n. 
Colonna Francesco, I 361,475 n. 
Colonna Vittoria, I 317, 320, 
335, 336, 395 n., 439. 
Compagni Dino, I 63 n., 69; 
II 292 n. 

Compagnoni Marsilio, II 215 n. 
Complaincte....de Vàmedampnée , 
II 339 

Complainte pour un prisonnier, 

I 353. 

Condi llac (de) Étienne Bonnot, 

II 267. 

Condorcet (marquis de) Jean- 
Antoine-Nicolas Caritat, II 
227. 

Confucio, II 159. 

Congreve William, II 170. 
Conrart Valentin, II 12, 50- 
52, 55, 68, 121. 

Contarmi Lorenzo, I 491. 
Conti Antonio, II 60 n., 161. 
Conti Giovan Francesco, I 286. 
Conti degli antichi cavalieri , I 
30, 32. 

Coquillart Guillaume, 1149 n., 
179, 272; II 335. 

Corbin Jacques, Il 10. 
Corbinelli Jacopo, I 369, 428, 
430 n., 434 n., 443, 447, 


451 n., 452 n., 456-472, 478, 
480, 486, 487, 490, 491 n. ; 
II 32, 55, 67, 112, 121, 
124. 

Corbinelli Jean, abate, II 105, 
106. 

Comeille Antoine, II 65 n. 

Comeille Pierre, I 138, 423 n., 
543, 546 ; II 11, 59, 62-66, 
69, 84, 104 n., 135 n., 168, 
194, 195, 196,201 n., 215n., 
222 n., 224 n., 235 n., 263, 
272. 

Comeille Thomas, II 14 n., 64- 
65. 

Corradino di Svevia, I 68, 510. 

Correggio, II 317 n. 

Corte Cesare, II 115. 

Cortese Alessandro, I 286. 

Cortese Paolo, I 445. 

Corvini Antonio, I 528. 

Cosenza (pastor di), I 69, 79. 

Cosimo I di Toscana, II 114. 

Cosmico Niccolò Lelio, I 295. 

Costantini Toldo, Il 86 n. 

Costantino imperatore, I 195- 
198, 239 n., 261, 515 n., 
519, 522; II 192 n., 251 n. 

Costanza, figlia di Manfredi, I 
81 ; II 30 n. 

Costando (di) Angelo, II 51. 

Costar Pierre, II 52-54, 55 n., 
121, 125. 

Coucy (de) Le Chàtelain, I 
480. 

Coulanges (marquise de) Marie- 
Angélique Du Gué Bagnols, 
II 105. 

Cousin Victor, II 342. 

Cox, Capitain, I 225 n. 

Cratone, I 212. 

Crémazy Octave, II 210 n. 

Créquy de Blanchefort (mare¬ 
sciallo), II 107. 

Crescimbeni Giov. Mario, 1455 ; 
II 204, 303. 


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Indice dei nomi 


355 


Cretense Giovanni Giustiniano, 
I, 290. 

Cretin Guillaume, I 227 n., 
231 n., 253, 259, 270, 272, 
294 n., 299, 300, 301; 1155 
n., 184 n. 

Crisolora Manuele, I 483. 

Crisostomo (San), 1188 ; II 68, 
108. 

Cristina di Svezia, II 60 n. 

Cristo, I 16, 65, 77, 78, 211, 
318, 325, 390, 427, 471,493 ; 
II 18 n., 65, 82 n., 84, 85, 
87, 107, 108, 110 n., 304 
n., 339. 

Cristo vai de Acosta, I 188 n. 

Cristoforo (San), II 160. 

Cromwell Oliver, II 208 n. 

Cunizza da Romano, I 35, 36, 
38. 

Curzio Lancino, I 296 n. 

Cariai y Guelfa , I 185. 

Cusano Nicola, I 324. 

Cuypert Gisbert, II 136 n., 146 
n., 342. 

Cyrano de Bergerac (Savinien 
de), I 549 n. ; II 3, 90, 91 
n., 92 n. 

D’Abano Pietro, I 50. 

Dacier Mm© (Anne Lefèvres), 
II 149, 183 n. 

Daiaceto Ludovico, I 429. 

D’Alembert (Jean le Rond), 
II 183 n., 236, 294, 316. 

Dalibray Charles Vion, II 10, 
87. 

Dal Pozzo, marchese di Voghe¬ 
ra, II 117 n. 

Dame loyalle en amour8, I 149. 

Damiano Piero, 204. n. 

Dandolo Matteo, 317 n. 

Daniel Pierre, I 445 n. 

Daniel Samuel, I 388 n., 422 n. 

Daniello Bernardino, I 494 ; 
II 144. 


Dante, vedi: 

— Dan, I 236 n. 

— Dant, I 151, 158, 178, 185, 

192, 217 n. ; II 334. 

— Dantes, I 212, 312 ; II 245 n. 

— Dantez, II 245 n. 

— Dente, I 344 n. 

— Dentes, II 335. 

Dantinus, I 116 n. 

Dati Carlo Roberto, Il 51, 122, 
126, 127. 

Dati Leonardo, I 219. 

Daudin Jean, I 202 n. 

Davide, I 513; II 85. 

Davila Enrico, II 49. 

De Angelis Domenico, II 128. 

Deguileville (de) Guillaume, I 
146, 147, 148 n., 171 n., 173 
n., 217 n., 279; II 334. 

Dei (degli) Maria Albizzi, I 373. 

Delacroix Eugène, II 115. 

Delaunay A., I 321 n. 

Del Bene Albizzo, I 458. 

Del Bene Alfonso, I 58 n., 459. 

Del Bene Bartolommeo, I 426, 
428, 429-432, 433, 443, 456- 
459, 470; II 34 n. 

Del Bene Piero, I 462, 470. 

Delille Jacques, II 199 n., 254 
n., 257, 262-263, 268 n., 
304, 305 n., 306, 310, 312. 

Della Casa Giovanni, 1380, 450; 
II 49, 54, 126, 127, 130 n., 
204, 217 n., 234 n. 

Delminio Giulio Camillo, I 286. 

Del Nero Piero di Simon, I 
448. 

Democrito, I 163, 212 n. 

Demostene, I 446 n., 548; II 
39 n., 107 n., 108. 

Denina Carlo, II 247. 

Denys (saint), I 278 n. 

De Recuperatione teri'ae sanctae, 
I 84. 

Des Autelz Guillaume, I 251, 
427. 


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356 


Indice dei nomi 


Descartes René, II 3, 58 n., 
59-62, 70, 78. 

Deschamps Antony, II 222. 

Deschamps Eustache, I 146 n., 
152 n., 169, 173 n., 194. 

Desfontaines, abbé, Pierre-Fran- 
50Ì8 Guyot, II 202 n. 

Desforges-Maillard, II 174 n. 

Desmaizeaux Pierre, II 153 n., 
314 n., 344. 

Desmarets de Saint-Sorlin Jean, 
II 81 n., 85-86. 

Desmarets Roland, II 121-122, 
165. 

Dea Mouliné Laurent, I 357. 

Dea Noyer, II 90 n. 

Despériers Bonaventure, I 302, 
328, 357, 358. 

Desportes Philippe, I 437, 459, 
467, 524, 530, 531, 545,548 
n. ; II 5, 50 n., 104 n. 

Detto d'amore, I 22. 

Diderot Denis, II 160, 200, 201, 
236, 258, 262 n., 264, 288 
n., 289. 

Didone, I 36, 398 n. ; II 119. 

Diego de Burgos, I 195 n., 
378. 

Diezmann von Meissen, 1124 n. 

Diogene, I 163. 

Dionigi Areopagita, I 148 n. 

Dionisi Gian Jacopo, II 241 n. 

Dioseoride, I 163, 184. 

Disoord des trois chevaliers, I 
248. 

IP Israeli Benjamin, Il 314 n. 

Dobson William, II 205 n. 

Dolce Lodovico, I 365 n., 443, 
454; II 6, 248 n. 

Dolet Etienne, I 296, 328, 406, 
547. 

Dolfìno Nicola, I 429. 

Doraenichi Lodovico, 1415,451. 

Domenichi Luigi, I 228 n. 

Domenico (San), I 36. 

Donati Corso, I 103 n. 


Donati Forese, I 28 n. 

Donati Gemma, II 121 n. 

Donato, I 212 n. 

Doni Anton Francesco, Il 6, 21- 

22 . 

Dorat Claude-Joseph, II 317 n. 

Dorat Jean, I 433, 463, 465- 
466, 467. 

Dorè Gustave, II 231. 

Doria Andrea, I 447 ; II 231. 

Douglas George, II 144. 

Drago Onorato, I 448. 

Dreyden John, II 176. 

Du Bartas Guillaume de Saiu¬ 
ste, I 252, 389, 441, 442, 
530-535, 556; II 9. 

Du Bellay Jean (Cardinal), I 
417 n. 

Du Bellay Joachim, I 245, 253, 
290, 304, 385, 387, 392, 401, 
405 n.. 406, 408-423, 424, 
437, 438, 445, 473 n., 474, 
477 n., 490, 494 n., 547, 
548. 

Du Bocage (M™©) Anne M. Le- 
page, II 223, 244-245, 257. 

Du Bois Pierre, I 54, 55 n. 

Dubois Siméon, I 328. 

Dubos Jean-Baptiste, II 178. 

Du Bourg Antoine, I 358 n. 

Dubourg, abbé, II 258. 

Du Cange (sieur) Charles Du 
Fresne, I 184 n. 

Du Chàtel Pierre, I 290 n. 

Ducis Jean-Franfois, II 240, 
306 n., 313 n., 318-324. 

Du Deffand (marquise) Marie de 
Vichy-Chamrond, II 228 n., 
265 n. 

Du Faur Jacques, I 491, 492 n. 

Du Fay, Charles Jeróme de Cis- 
ternay, II 229. 

Du Ferrier Arnaud, 1491,492 n. 

Du Four Jean-Baptiste, 1373 n. 

Du Haillan (seigneur) Bernard 
de Girard, I 294 n., 484. 


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Indice dei nomi 


357 


Du Guillet Pemette, 1364, 388 
n., 400. 

Du Monili Jean-Édouard, I 434 
n., 440-441, 442 n. 

Du Paro (seigneur) Denis Sau- 
vage, I 379 n. 

Du Perron Jacques, I 523 n. 

Duperron de Castera Adrien, 
II 275 n. 

Du Pont Francois, I 406 n. 

Du Prat Antoine, I 275, 277. 

Du Pré (sieur), I 374 n. 

Du Puy Claude, I 452 n., 455, 
461 n. 

Du Puy Francois, I 376. 

Du Puy Jacques, II 35 n. 

Du Puy Pierre, II 35 n. 

Durand David, II 258. 

Durand Étienne, II 9 n. 

Durante Ser, I 26. 

Du Resnel (sieur) Jean-Fran- 
£ois Du Bellay, II 343. 

Duretti Bernardino, I 297. 

Duronceray P. Lasgneau, II 
279 n. 

Du Tillet Jean, I 293 n. 

Du Vair Guillaume, I 506; II 
19 n. 

Duval Pierre, II 57-58. 

Du Verdier Antoine, II 21 n. 

Eberardo, vesc. di Salisburgo, 
I 179 n. 

Échecs Amoureux , I 171 n. 

Eckhatt (Meister), I 340. 

Elia, I 349. 

Eliodoro, II 54. 

Elisabeth von Nassau-Saar- 
briicken, I 58 n. 

Emanuele Filiberto, duca, I 
490. 

Empedocle, I 163. 

Encina (del) Juan, I 189 n. 

Enea, I 11, 159, 233, 305, 312 
n., 528. 

Enfer burlesque, II 92 n. 


Enrico I di Navarra, I 61. 

Enrico II d’Albret, I 343, 357. 

Enrico II d* Inghilterra, I 31 ; 
II 303. 

Enrico II di Lusignano, I 56. 

Enrico VII di Lussemburgo, I 
50 n., 73 n., 75, 76 n., 105, 
116, 117 n., 123, 143; II 
139, 141, 181. 

Enrico di Gent, I 110 n. 

Enrico, vedi anche Henri. 

Epicuro, I 233, 395, 492; II 
326. 

Epistola# clarorum virorum , I 
492. 

Equicola Mario, I 140, 187, 
246 n., 398 n., 429, 447, 
471, 475 n., 478 n., 500; 
II 337. 

Eraclito, I 163. 

Erasmo Desiderio, I 263 n., 
359 n., 517, 520; II 134 n. 

Ercole, I 170, 312 n. 

Ero, I 165 n. 

Erode, II 86. 

Errico Scipione, II 51, 341. 

Esculapio I, 216 n. 

Esine de Boulonois, II 138. 

Esménard Joseph-Alphonse, II 
286 n., 306, 308, 312, 313 
n., 344. 

Esopo, I 226, 227 n. ; II 99. 

Espense (d’) Claude, I 493. 

Espinel Vicente, II 142 n. 

Este (d’) Anna, I 398 n. 

Este (d*) Ippolito, card., I 297, 
368. 

Este (d’) Isabella, I 246 n., 
287, 337. 

Estienne Henri, I 377, 407, 
416, 450j 451 n., 456, 457, 
469-473 ; 474, 477, 537, 540, 
552 n., 553. 

Estissao (d’) Geoffroy, I 264. 

Estoute ville (d’)Coibert, II118, 
190, 191, 246 n., 257, 275 n. 


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358 


Indice dei nomi 


Estrées (duca di) Victor-Marie 
II 113. 

Étex Antoine, II 115. 

Ettore, I 158. 

Euclide, I 163. 

Euripide, I 320 n., 304 ; Il 
106, 196, 258 n. 

Eydeo, II 310 n. 

Fabricius Georg, I 371 n., 504. 

Fabrizio, I 57. 

Falconieri Paolo, II 144. 

Farei Guillaume, I 314. 

Fauchet Claude, I 294, 407, 
443, 450, 452 n., 456, 479- 
480, 482; II 28. 

Faure Antoine, I 529 n., 530 n. 

Faust, II 171 n., 175. 

Fauvel Roman de, I 176. 

Favoral, (sieur de) I 228 n. 

Faye (de) Barthélemy, I 491, 
492 n. 

Febrer Jaime, I 241, 553. 

Federico II di Prussia, II 166- 
167, 186, 196 n. 

Federico II di Sicilia, I 56, 76. 

Federico II di Svevia, I 30; 
II 54. 

Feller (de) Fran^ois-Xavier, Il 
298 n. 

Fénelon Francis de Salagnac 
de la Mothe, II 109, 149- 
151, 187 n., 199, 226. 

Fernandez de Oviedo Gonzalez, 
I 256 n. 

Fernandez de Villegas, I 50 n. 
276 n. 

Fernel, li 87. 

Ferrari Marcello, I 447. 

Ferrari Ottavio, II 46 n. 

Ferrebouc Francois, 148 n., 222. 

Ferreri Zaccaria, I 375, 525. 

Feuerbach Ludwig, li 152 n. 

Fiammetta, I 187. 

Ficino Marsilio, I 222, 254, 
263, 315, 328, 365 n., 375, 


507, 520 n.; II 38 n., 123 
n., 245 n. 

Fierabra8 Roman de, I 313. 

Figueira Guilhera, I 179 n. 

Figulus Petrus, II 69 n. 

Filelfo Francesco, I 98, 204, 
222, 223, 254, 259, 263, 266, 
267, 441, 486. 

Filelfo Giammario, I 223 n. 

Filippo III, V ardito, I 61-62, 

68 . 

Filippo IV, il Bello, I 55 n., 
57 n., 59, 61,62-65, 76, 78, 
99, 108, 109 n., 128, 132, 
143, 260 n., 273, 294 n., 
460 n., 477, 484, 485, 486, 
497, 510, 523 n., 551; II 
40, 192 n., 194 n. 

Fillide, I 36. 

Filosseno Marcello, I 365 n., 
419. 

Fiore (II), I 24-29, 86; II 
331. 

Fiore di Virtù, I 166 n. 

Fiorentino Angelo, II 289 n. 

Fiori e Vita di filosofi, I 170 n. 

Flacius Mathias (Illyricus), I 
511. 

Flamenoa, I 40 n. 

Flamini Francesco, I 393, 527. 

Flamini Marcantonio, I 493. 

Flaubert Gustave, I 240 n. 

Flavius Josephus, I 148. 

Fléchier Esprit, II 111. 

Floire et Blanchefieur, I 21. 

Flore, vedi Gai Barde. 

Floris et Liriope, I 21, 146. 

Flotte (de), II 7, 8 n. 

Folchetto di Marsiglia, I 36- 
38, 44, 45, 454, 493, 520; 
lì 29. 

Folengo Teofilo, I 224, 359, 
361-362, 475; II 37, 39, 
113. 

Fontanini Giusto I, 382 n. ; 
II 131 n., 138, 183, 204. 


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Indice dei nomi 


359 


Fontenelle (sieur de) Bernard 
Le Bovier, II 25 n., 56, 146- 
147, 152, 342. 

Foresti Jacopo Filippo, I 99 n., 
488 n. 

Forget Pierre, I 463, 464, 468, 
491 n. 

Formey Jean-Henri-Samuel, II 
176 n. 

Fortune Roman de, I, 179 n. 

Foscolo Ugo, I 421; II 74 n., 
220 n., 259 n. 

Fougasses (de) Thomas, 1435 n. 

Foulechat Denis, I 170. 

Fouquet Jean, I 209. 

Fouquet Nicolas, li 113. 

Foxe John, I 512. 

Fracastoro Girolamo, I 426 ; II 
125. 

Fraguier Claude-Frangois, II 
130 n. 

Framery Nicolas-Étienne, II 
288 n., 289, 290 n. 

Francesca da Rimini, 116-20,37, 
103 n., 145,146 n.,164, 165, 
166, 303, 330 331, 341-342, 
394, 396-399, 400; II 44, 
58, 68, 77, 97, 103, 115, 
119, 172 n., 186, 216, 221, 
235 n., 260 n., 271, 276 n., 
284 n., 286 n., 295 n., 307, 
338. 

Franceschino di Giovanni da 
Siena, I 216. 

Francesco da Barberino, I 13, 
14 n., 132-133, 160 n., 175 n. 

Francesco d’ Assisi, I 3 ; II220. 

Francesco I, I 53, 227 n., 230, 
234, 238, 246, 263 n., 272 
n., 275 n., 276, 280, 283, 
286, 289, 290-298, 317, 319 
n., 323 n., 324, 325, 329, 
330, 333, 334, 337, 341, 345, 
346, 357, 377, 381, 458, 484 
n.; II 225 n., 335. 

Franco Lombardo, I 109. 


Franco Niccolò, II 20. 

Franco Veronica, I 394. 
Francois de Sales (saint), I 524. 
Fregoso Antonio-Fileremo, I 
353 n. 

Fregoso Cesare, I 319 n. 
Fregoso Costanza, I 319 n. 
Fregoso Federico, I 447. 
Freher Paul, I 490 n. 

Frémin, can., II 8 n. 

Fréron Élie-Catherine, II 261 
n., 305 n., 321 n. 

Freschot Casimir, II 123 n. 
Friedrich der Freidige, I 124 n. 
Froissart Jean, I 20, 144-146, 
259. 

Frontino, I 186. 

Frugoni Innocenzo, II 224 n., 
236, 240 n., 244 n. 
Fulgenzio, I 212 n. 
Fiirstenberg (conte di), I 330. 

Gabrielle de Bourbon, I 270. 
Gabrielle de la Tour, I 217. 
Gaguin Robert, I 48 n., 212 n., 
222, 223. 

Gaignat Louis-Jean, II 229 n., 
343. 

Gaillarde Jeanne, I 392, 400. 
Galeno, I 163, 285. 

Galeotto, I 16, 17, 19 n., 399; 
II 44. 

Galés Pedro, I 461 n. 

Galiani Ferdinando, II 163 n., 
315 n. 

Galilei Galileo, II 23, 64, 73, 
123 n., 147. 

Galvano di Levanto, I 62 n. 
Gambara Veronica, I 439. 
Gamerra (di) Giovanni, II196 n. 
Gamon (de) Christophe, 1534 n., 
535 n. 

Ganellone di Maganza, I 13. 
Garnier Robert, II 9, 104 n. 
Garros (de) Pierre, I 339. 
Garzoni Tommaso, II 20, 22 n. 


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360 


Indice dei nomi 


Gasdou (de) Adrian, I 440 n. 

Gassendi (de) Jean-Jacques-Ba- 
silien, II 118 n., 239 n., 301 
n., 317. 

Gassendi Pierre, II 34. 

Gaucelra Faidit, I 44, 499 n. 

Gautier Théophile, Il 306. 

Gayangos (de) Pasoual, II317 n. 

Gazzoli, contessa, II 239 n. 

Gebhart Émile, I 492 n. 

Gelli Giambattista, I 378-379; 
II 124. 

Gemisto Giorgio, I 328 ; II 335. 

Genlis (contesse de) Félicité, II 
192 n., 280 n. 

Gennari Giuseppe, II 238 n. 

Gentili Scipione, II 129. 

Gentucca, II 141. 

Gérard Philippe-Louis, II 323. 

Gerolamo (San), I 183. 

Gerson Jean, 1150, 151 n.; 184, 
190 n., 191. 

Gerstenberg (von) Heinrich Wil¬ 
helm, II 310 n. 

Gesualdo Giov. Andrea, I 453 
n., 454; li'337. 

Gherardini Lorenzo, Il 247. 

Giacomo (San), II 204 n. 

Giambullari Pierfrancesco,1464, 
471. 

Giasone, I 76. 

Gilles li Muisi, I 143-144; H 
333. 

Ginevra, I 17, 18, 374. 

Ginguené Pierre-Louis, II 259, 
287. 

Gioacchino, abate, I 86. 

Giobbe, I 155, 539. 

Gioberti Vincenzo, I 48. 

Giolito de’ Ferrari Gabriele, I 
369. 

Giordani Pietro, II 259 n. 

Giordano da Pisa, I 110. 

Giosuè, I 12. 

Giotto, I 99, 504. 

Giovanna d’Arco, I 213 ; II 88. 


Giovanni Battista (San), I 76, 
352 n.; Il 82 n. 

Giovanni (San) evangelista, II 
204 n. 

Giovanni d’Appia, I 71. 

Giovanni da Genova, II 124 n. 

Giovanni da Parigi, I 54, 55. 

Giovanni da Serra valle, I 98. 

Giovanni del Virgilio, I 74 n. 

Giovanni, marchese di Monfer¬ 
rato, I 72. 

Giovanni di Salisbury, I 169. 

Giovanni XXII da Caorsa, I 76- 
79, 80 n., 142, 509. 

Giovenale, I 212 n., 539, 545. 

Giovio Giambattista, I 121. 

Giovio Paolo, I 249, 434 n. ; 
II 24, 38 n., 140. 

Giraldi Giambattista,! 481 ; Il 20. 

Giraldi Lelio Gregorio, I 495 n. 

Girard de Boussillon , I 40 n. 

Giraut de Borneil, I 8 n., 32- 
34, 44, 45 n., 422 n., 433, 
452 n.; II 29, 331. 

Giuda, I 66; II 206 n. 

Giudici Giovanni, I 455. 

Giuliano imperatore, I 549. 

Giulio Komano, II 341. 

Giustiniano, I 56, 82, 125. 

Godard Jean, I 475. 

Godeau Antoine, II 67, 68, 254, 
255. 

Goethe (von) Wolfgang, 130, 47, 
245, 340, 355, 502, 504; II 
110, 230, 260 n.; 263, 310 
n., 328 n. 

Goffredo di Bouillon, I 12, 277 ; 
II 81. 

Gohory Jacques, I 368, 475 n. 

Goldoni Carlo, II 284 n. 

Golia, I 62. 

Goncourt (de) Edmond e Gon- 
court (de) Jules, II, 177 n. 

Gondi (de) J ean-Fran^oi s-Paul 
(cardinale di Retz), II 44, 57, 
145, 217 n. 


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Indice dei nomi 


361 


Góngora (de) Luis, II 11, 88 n. 
Gonzaga Giulia, I 395 n. 
Gonzaga Guido, I 22. 

Gonzaga Lodovico, I 223. 
Gottsched Johann Christoph, II 
185 n. 

Gouffier Guillaume, I 275, 277. 
Gorget Claude-Pierre, I 489 n., 
560 n., II180, 183-184, 343. 
Goulu Dominique-Jean, II 20 
n., 340. 

Goupyl Jacques, I 386. 
Goumay (MUe de), Marie Le 
Jars, II 5. 

Gower John, I 195 n., 226. 
Gozzi Gaspare, II 162, 223, 232 
n., 238 n., 241, 257 n., 342. 
Graciàn Baltasar, II101 n., 134. 
Graffigny (M®« de), 175 n. 
Granelli Giovanni, Il 232. 
Grangier Balthasar, I 282, 292, 
525, 543, 547, 549-560; II 
10, 25 n., 36, 38 n., 40, 55 
n., 63, 67, 114, 138, 153, 
168, 181, 183, 191 n., 276 n., 
300 n., 301. 

Graville (de) Anne, 1 322-323. 
Gravina Gian Vincenzo, II 84 
n., 161, 179 n., 182-183, 204, 
212 n., 294 n., 300 n. 

Gray Thomas, II 314 n. 

Grazia Nicola, I 397 n. 

Greban Arnoult e Greban Si¬ 
mon, I 259, 298-299. 

Greene Robert, I 398 n. 
Gregorio da Città di Castello, 

I 224 n. 

Gregorio Magno, I 148 n. 
Gregorio (San), 1183, 188, 525 j 

II 108. 

Grenaille de Chateauniers, 1559. 
Gresset Jean-Baptiste, II309 n. 
Grévin Jacques, I 423. 

Grignan (M“© de), Frangoise- 
Marguerite de Sévigné, II 
105-106. 


Grillparzer Franz, II 329 n. 

Grimm Frédéric-Melchior, II 
168 n., 262 n., 288 n. 

Gringore Pierre, I 240. 

Griseida, I 187. 

Gritti Francesco, II 323 n. 

Grolier Jean, I 375 n., 494; 
II 111. 

Grognet Pierre, II 335. 

Gruget Claude, I 397 n. 

Gualdo Paolo, I 461 n. 

Gualteruzzi Carlo, I 336. 

Guarini Alessandro, 1439; II12. 

Guarnii Giambattista, I 417 n.; 
II 7, 9, 11, 44, 65 n., 81, 93 
n., 94 n., 105, 115, 116, 120. 

Guasco Ottaviano, Il 191, 227 n. 

Guastalla, abate, II 51. 

Guazzo Stefano, II 20. 

Guedan Francois, II 14 n. 

Guéret Gabriel, II 226 n. 

Guérin Hippolyte-Louis, II 
315 n. 

Guglielmo d’Aquitania, I 39. 

Guglielmo il Buono, I 56. 

Guglielmo van Egmond, I 63 n. 

Guicciardini Francesco, I 284, 
461, 500, 519; II 35 n., 38 
n., 64, 121 n. 

Guidi Camillo, I 363. 

Guidiccioni Giovanni, I 415, 
421; II 49. 

Guido da Castello, I 52. 

Guido delle Colonne, I 201 n. 

Guido Guerra, I 51. 

Guido di Monfort, I 71. 

Guido da Montefeltro, 119, 71 ; 
Il 219, 220-221, 247, 271, 
301. 

Guilhelm de Peitieu, I 46 n. 

Guillaume Alexis, I 169 n., 
212 n. 

Guillaume de Deguileville, vedi 
Deguileville. 

Guillaume de Lorris, I 25. 140, 
303, 476. 


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362 


Indice dei nomi 


Guillaume de Maohaut, I 146, 
152 n., 198. 

Guillaume d’ Orange, I 12, 13 
n., 14. 

Guillaume le Maréchal, I 32. 

Guillebert de Metz, I 199. 

Guinioelli Guido, I 21 n. 33, 47. 

Guise (de),Mademoiselle,II10 n. 

Guittone <T Arezzo, 14, 11, 415 
n., 422 n.; II 185 n. 

Habert Francois, I 304-306. 

Halley Antoine, II 87 n. 

Hamon Jean, II 75, 103. 

Hardouin Jean, II135-137, 343. 

Hardy Alexandre, II 3, 11, 
104 n. 

Harvey Gabriel, I 533. 

Hebbel Friedrich, I 364 n. 

Helvétius Claude-Adrien II 258, 
344. 

Hémard (de) Charles, I 358 n. 

Henri, vedi anche Enrico. 

Henri II, I 246, 250 n., 369 n. 

Henri III, I 390, 457, 458, 463, 
467,480, 514 n., 526 n., 550. 

Henri IV, I 500, 543, 550 ; II 
254 n., 258 n. 

Herberay (de) Claude, I 373. 

Herbster Johann (Oporinus), I 
494, 507, 512. 

Herder Johann Gottfried, II170, 
227 n. 

Hermes, vedi Trismegisto. 

Héroet Antoine, I 328, 383. 

Herold Johannes, I 507. 

Hock Theobald, II 101 n. 

Holiday Barten, II 57 n. 

Holstenius Lucas, II 35 n. 

Hortis Attilio, I 373. 

Hotman Francois, I 485. 

Huet Pierre-Daniel, II 46, 118 
n., 134, 136 n. 

Huggins William, li 275. 

Hugo Victor, I 101, 423 ; II 82 
n., 289, 341. 


Hugue, vedi Ugo. 

Hugues Capei, I 58. 

Huguetan Jean, II 341. 

Humboldt (von) Wilhelm, 1127 
n., 245; II 310 n., 311 n. 

Humore di Bologna, I 451. 

Huss Johannes, 1 509. 

Ibsen Henrik, II 259 n. 

Bario, frate, I 93-94, 105, 121- 

122 . 

Imbert Gérard-Marie, I 385 n. 

Ini bri ani Vittorio, I 103. 

Infeì'n, in Barzaz-Breiz, II 98 n. 

Ingres Jean-Auguste-Domini- 
que, II 115. 

Innocenzo XI, II 209 n. 

Ippolito, II 139. 

Ippocrate, I 163. 

Irailh Augustin-Simon, II 137 
| n., 197 n. 

Isabella di Baviera, I 142, 172 
n., 173 n., 187. 

Isocrate, I 446 n. 

Isotta, I 16, 19, 165 n. 

Issione, II 149 n. 

Jacopo da Leona, 14. 

Jacopo da Varagine, I 148 n. 

Jacopo di Dante, I 97. 

Jacopone da Todi, I 99, 113, 
369, 460. 

Jansénius (Corneille Jansen), II 
75 n. 

Jaucourt (chevalier de) Louis, 
II 249. 

Jaufre, I 40 n. 

Jean, vedi anche Giovanni. 

Jean de Castel, I 151. 

Jean de Courcy, I 173 n., 207. 

Jean de Meun, 122-29, 69, 139, 
140, 147, 148 n., 149, 150, 
151, 177, 186, 187, 199, 200, 
201, 203, 204 n., 207-208, 
212 n., 213, 214, 217n., 231, 
243, 248, 249, 255, 259, 260 


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Indice dei nomi 


363 


n., 272, 274 n., 301, 303, 
322, 353, 365, 405, 412, 424, 
471, 475 n., 476, 477, 481, 
483, 484; II 7, 83, 93 n., 113 
n., 197 n., 272, 290, 335. 

Jean, duo de Berry, I 173 n., 
199, 217. 

Jean II de Bourbon, I 216. 

Jean d’Outremeuse, I 142 n. 

Jean de Montreuil, I 218-219, 
244. 

Jean d’Orléans, I 217, 223, 
236. 

Jean du Prier, I 208 n. 

Jean le Bon, I 48 n. 

Jean Le Fèvre, vedi Jehan. 

Jean Paul Richter, II 82 n. 

Jeanne, vedi anche Giovanna. 

Jeanne d’Albret, I 407 n. 

Jeanne de France, I 202 n., 
240 n. 

Jeanne de Lavai, I 148 n. 

Jehan Le Fèvre, I 216 n. 

Jodelle Étienne, I 494 n. 

Johannis de Janduno, I 143 n. 

Johnson Samuel, II 250 n. 

Joinville (sire de) Jean, II224 n. 

Journal étranger , II182, 185 n., 
212 n.; 243, 314 u. 

Junius Francois, I 520, 522 ; 
II 338-339. 

Keller Gottfried, II 311 n. 

Kemer Justinus, II 327 n. 

Kerquifinen (de) O., I 378. 

Klopstock Friedrich Gottlieb, 
II 131, 223, 255. 

Kolle Christian Friedrich Karl, 
I 17 n.; II 308 n. 

Kraus Franz Xaver, 1 105-106. 

Labé Louise, I 394-400. 

Labeaume Antoine-Gilbert, II 
258. 

La Beaumelle (de) Laurent-An- 
gliviel, II 236. 


La Boètie (de) Étienne, I 307, 
470 n., 506, 547. 

La Bourdonne (contessa di), II3. 

Labroue (de) Jean-Frangois (ba- 
ron de Vareilles), II 117, 
118 n. 

La Bruyère (de) Jean, II 6. 

La Chambre (abbé de), Pierre 
Cureau, II 54 n., 55 n. 

Ladvocat Jean-Baptiste, II298. 

La Fare Charles-Auguste, II 
196 n. 

La Faye (de) A., II 258. 

La Fayette (Mm© de), Marie 
Madeleine de La Yergne, II 
117 n., 121. 

La Ferté, II 300 n. 

Lafond Ernest, I 102. 

La Fontaine (de) Jean, I 395, 
437 n.; II 10, 55, 98-101, 
108 n., 113, 195. 

La Forge (de) George, I 399. 

La Fosse (de) Antoine, sieur 
d’Aubigny, II 18, 123 n. 

La Fresnay, vedi Vauquelin. 

La Harpe (de) Frédéric-César, 
II 306 n. 

La Harpe (de) Jean-Fran^ois, 
H 115 n., 180, 222, 224, 248, 
250, 251, 270 n., 275, 277 
n., 278 n., 279 n. ; 293,294 
n., 297, 316 n., 320. 

Lainez de la Rat, Diego I 74 n. 

Lalande (de) Joseph-Jérome Lo 
Francis, I 560 n. ; II 246 n., 
340, 344. 

Lalli Giambattista, II 92 n., 

110 . 

Lamartine (de) Alphonse, I 423, 
444 n. ; II 67, 304 n. 

Lambin Denys, II 336. 

La Mennais (de) Hugnes-Féli- 
citéRobert,1101 n., 241, 325, 
482 n. ; II 169, 260, 326 n. 

La Mothe Le Vayer (de) Fran¬ 
cois, II 38-39. 


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364 


Indice dei nomi 


La Motte (de) Antoine Houdard, 
JI 148-149, 152, 176 n., 223. 

Lana (della) Jacopo, I 277, 375, 
557 n., 558 n. 

Lancelot du Lao, I 16, 17, 18; 
II 331. 

Lancillotto, I 16, 17, 19, 73 
n., 374; II 44, 45, 221. 

Landino Cristoforo, I 98 n., 
107, 222, 240, 253, 254 n., 
266, 277, 371 n., 375, 382, 
383, 433, 434 n., 453 n., 454, 
491 n., 494, 515, 557, 560n.; 
1123, 26, 69 n., 113, 118n., 
120, 121, 125, 128, 142, 144, 
168, 300 n., 337, 339. 

Landor Walter Savage, II242 n. 

Langlard, II 239 

Languet Hubert, I 492 n. 

La Noue (de) Francois, I 528. 

La Noue (de) Odet, I 528-529 ; 
II 339. 

Lanzi Luigi, II 161. 

Laocoonte, li 78. 

La Réveillère-Lépeaux, II322 n. 

La Rochefoucauld (due de) Fran¬ 
cois, II 305. 

Lascaris Jean, II 267 n. 

Lassus (de) Roland, I 440 n. 

Lastri Marco, II 161, 295 n. 

La Touche (chevalier de), II14. 

La Touche-Loisy, II 184 n., 
296 n. 

La Trousse, vedi Le Hardy. 

La Trousse (mademoiselle de), 
II 117 n. 

Lattanzio, I 212, 539. 

Laure d’ Avignon, I 369. 

Lavai (de) Anne, I 272 n. 

La Vallière (due de), II 229 n. 

La Vergne, vedi La Fayette. 

La Vigne (de) André, I 208 n. 

Leandro, I 165 n. 

Le Beau Charles, II 210, 240 
n., 314, 315. 

Lo Blanc Étienne, I 275 n. 


Le Bossu René, II 87, 89, 106, 
178. 

Lebrun Pindare (Ponce-Denis 
Écouchard), II 264. 

Le Clerc Guillaume, I 10 n. 

Le Clerc Victor, 115. 

Le Ferron (de) Arnoul, I 484 
n., II 337. 

Le Fèvre de La Boderie Guy, 
I 524-527 ; II 67. 

Le Fèvre d’Ètaples Jacques, I 
314-315, 323. 

Lefranc Abel, I 345. 

Le Frane Martin, I 154, 161 n., 
167 n., 187, 202-207, 213, 
215 n., 232, 272 n. 

Le Gouais vedi Chrétien de L. 

Legrand d’Aussy Pierre, II 
225 n. 

Le Hardy Philippe-Auguste, H 
117-120. 

Le Hardy Sébastien, II 117 n. 

Le Laboureur Louis, H 89. 

Le Macon Antoine, I 382. 

Lemaire Jean de Belges, I 54 n., 
161 n., 196 n., 204 n., 208, 
212 n., 221 n., 230, 231, 238, 
239, 240, 249, 253-262, 272, 
274, 284, 333 n., 336, 345, 
364, 366, 403, 405, 425, 476, 
481, 483; II 27 n. 

Lemeroier Népomucèue, li 323- 
325. 

Lemoine André, I 101, 102 n. 

Lenient Charles, I 360, 

Leonardo da Vinci, I 53, 125 n., 
154, 287, 300; II 74,150, 300. 

Leone Ebreo, I 375. 

Leopardi Giacomo, I 244, 326, 
335, 423, 555 n. ; II 71, 160, 
161, 166 n., 181 n., 230 n., 
280. 

Lepido, H 236. 

Le Prévost d’Exmes, I 517 n., 
560 n. ; II 191 n., 194 n., 
218 n., 300-302, 317. 


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Indice dei nomi 


365 


Lesbroussart Jean-Baptiste, II 
318 n. 

Lespinasse (MUe de) Julie,II 320. 

Lessing Gotthold Ephraim, 1124 
n., 327; II 72, 130, 151. 

L’Estoile (de) Pierre, I 294, 
497-499. 

Leti Gregorio, II 341. 

Le Toumeur Pierre, II 268. 

Leu (de) Thomas I 550 u. 

Le Vasseur Francois, abbé, II 
103. 

Leynardi Luigi, I 104. 

Leyre (de) Alexandre, II 318, 
320. 

Ley8 d 1 amor8, I 50. 

L ? Hospital (de) Michel, I 458 n., 
465 n., 490-494, 512 n., 529. 

Liburnio Niccolò, II 14. 

Littré Paul-Émile, I 241, 242 ; 
II 171, 289 n. 

Livio Tito, I 50 n., 177, 395; 
II 107 n., 108. 

Livre des perilz denfer , I 229. 

Locher Jacob, I 224-225. 

Locke John, II 175. 

Loderingo degli Andalò, I 71. 

Lohengrin, I 83. 

Lombardi Bartolomeo, II 42 n. 

Lombardo Marco, II 189. 

Loménie (de) Henri-Louis, II 

68 , 112 . 

Loinénie de Brienne, II 118. 

Longueil (de) Christophe, 1411, 
445 n. 

Lope de Vega, I 256 n., 394; 
li 56, 94 n., 131, 132, 225 
n., 235 n. 

Lorenzini Francesco Maria, II 
161. 

Lorenzo d ? Aquileja, I 62 n., 
109. 

Loschi Lodovico Antonio, II 
244 n. 

Louis de Beauvau, I 203 n. ; 
II 334. 


Louis de Guyeune, I 191. 

Louis de la Vernade, I 216. 

Louis due d’ Orléans, I 184 n. 

Louise de Savoie, I 227 n., 
230, 233 n., 254 n., 271 n., 
273 n., 276, 285 n., 317, 
319 n., 361. 

Loyes (M m « de), II 3. 

Lowell James Russell, II259 n.. 
331. 4 

Lubin Anton, I 115. 

Lucano, I 125, 164, 184, 212 
n., 220 n., 386, 539; II 32. 

Luciano, I 313, 360. 

Lucifero, I 127, 144, 206; II 
•206 n., 220, 259-260. 

Lucrezio, I 212 n., 391 n., 446 
n., 466, 532; II 136 n., 239 
n., 316 n. 

Ludovico il Bavaro, I 54 n. 

Ludovico II, Pio (conte), I 448. 

Luigi V, I 58. 

Luigi IX, il Santo, I 59 n., 
68 ; II 199, 254 n. 

Luigi X, I 484. 

Luigi XI, I 216, 484 n. ; II 36 n. 

Luigi XII, I 228, 232, 284. 

Luigi XIII, II 15 n. 

Luigi XIV, II, 63 n. ; 69, 76, 
173, 178 n., 187 n., 199 n., 
202 n., 224 n., 255, 260 n., 
328 n. 

Luigi XVI, I 560 n. 

Lull Ramon, I 62 n. 

Luna Fabrizio, II 14. 

Luther Martin, I 6, 307, 309, 
511, 516, 518. 

Lydgato John, I 52 n., 148 n., 
171 n., 196 n., 201. 

Lyndsay David, I 189 n., 197 
n., 402 n. 

Mabillon Jean, II 59, 112, 122, 
127 n., 128 n. 

Macaulay Thomas Babington, 
II 259 n. 


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366 


Indice dei nomi 


Maeault Antoine, I 275 n. 

Maccabeo, I 12. 

Macé René, I 298-299, 300. 

Machiavelli Niccolò, I 48, 51, 
247, 284, 285 n., 287, 359, 
368, 369, 407, 441, 446 n., 
457, 469, 470, 473, 518, 525, 
538 ; II 38 n., 57, 64, 100, 
104, 106, 110, 193, 245 n. 

Maclou de la Haye, I 437. 

Macrobio, I 212 n. 

Maddalena (Santa), I 36 ; II 33. 

Maerin Salmon, I 264 n. 

Maffei Scipione, II 60 n., 179 
n., 181, 183 n., 187 n., 204, 
300 n., 343. 

Magalotti Lorenzo, II 51, 144. 

Maggi Vincenzo, I 401 n. ; II 
42 n. 

Maghinardo di Pagano, I 67. 

Magliabechi Antonio, I 184 n.; 
II 122, 126, 127 n., 334. 

Magno Marc’ Antonio, I 440 n. 

Magny (de) Olivier, I 394 n., 
421 n., 438-439, 440 n., 
503 n. 

Maiano (da) Dante, I 415 n. 

Maintenon (marquise de), Fran¬ 
ose d’Aubigné, II 236. 

Maioragio Marcantonio, II 42 n. 

Mairet (de) Jean, II 9, 11 n., 
93. 

Malaspina Ricordano, I 294 n. 

Mala testa, vedi Paolo. 

Malatesta Giuseppe, I 430 n. 

Malebranche Nicolas, I 318 ; 
II 61, 316 n. 

Malehaut (Dama di), I 18. 

Malherbe (de) Francois, I 529 ; 
II 1-7, 33 n., 42, 50 n. 

Mallet, I 263. 

Malmignati Giulio, II 86. 

Malvezzi Virgilio, II 127. 

Malvyn (de) Geoffroy, II 335. 

Manara Prospero, II 243. 

Mancini Celio, I 222. 


Mandeville John, I 170, 172 
n., 313. 

Manetti Antonio, I 98 n. 

Manetti Giannozzo, I 315 n., 
486; Il 292. 

Manfredi di Svevia, I 51, 69- 
70, 79, 81, 377 n., 506, 510, 
544; II 30. 

Manfredi Eustachio, Il 243. 

Manfredi Lelio, I 295. 

Manil Marcus, I 385 n. 

Manso Giambattista, II 35, 
144 n. 

Manson Jean-Jaoques, I 384. 

Mantegna Andrea, II 334. 

Manuzio Aldo, 375 n. ; II 49. 

Manzoni Alessandro, I 103 n.; 
II 161 n., 280. 

Maometto, I 31, 168 ; II 283. 

Maraffi Damiano, I 261 n., 382. 

Marcabru, I 39, 451 n. 

Marcello «provveditore», I 210. 

Marche, vedi Olivier de la M. 

Marchese di Monferrato, I 32. 

Marciano Cappella, I 212. 

Marcolini Francesco, I 384. 

Marenzi Giovanni, II 165 n. 

Margherita di Navarra, I 156, 
166, 172 n., 173 n., 232 n., 
235 n., 240 n., 241 n., 252, 
272, 276, 281, 296, 302, 306, 
315 n., 316, 317-356, 357, 
358, 361, 382, 385, 389, 398- 
403, 419, 439, 490, 501, 525, 
532, 534, 539, 543; II 96 n., 
104, 287, 306 n., 335, 336. 

Marguerite d’ Autriche, I 257, 
260. 

Marguerite de France, I 417, 
490-491, 494 n. 

Maria di Brabante, I 10, 61- 
62, 142. 

Maria Vergine, I 89, 90, 160, 
209, 381 n., 525, 556; II 66, 
67, 68, 109 n., 205 n., 213, 
334. 


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Indice dei nomi 


367 


Mariana (de) Juan, II 40. 

Marino Giambattista, I 559 ; II 
5, 9, 10, 12-13, 14, 17, 35, 
42, 43, 44, 46, 49, 50, 65 
n., 81, 88 n., 93 n., 110, 
129, 135 n., 143 n., 145. 

Marivaux (de), Pierre Carlet de 
Chamblain, II 148 n. 

Marmontel Jean-Fran^ois, II 
183, 212 n., 239 n., 293, 
300 n., 313 n., 315. 

Marolles (de) Michel, II 87, 
88 n., 142 n., 211 n. 

Marot Clément, I 140, 154, 172 
n., 239, 241 n., 269, 301- 
304, 306, 313 n., 321 n., 
322, 331, 339, 342 n., 347 
n., 363, 405, 422 n., 437 n., 
471; II 7 n., 225 n., 335. 

Marot Jean, I 240, 302. 

Marrini, abate, II 216 n., 228, 
248, 249, 250 n., 272, 276 n. 

Marsia, I 557 n. 

Marsilio da Padova, I 109, 143 
n., 519 n. 

Martelli Lodovico, I 375. 

Martelli Niccolò, I 286, 320. 

Martin da Canale, I 3. 

Martin Jean, I 368. 

Martinelli Vincenzo, II 174 n., 
185, 214 n., 218-219, 235, 
240 n., 248, 268-272. 

Martinez de Toledo, I 189 n. 

Martino IV (Simon de Brion), 
I 51, 71, 75, 510. 

Marziale, I 212 n. 

Mascaron Jean, Il 111. 

Massieu Guillaume, II 303 n. 

Massillon Jules, I 347. 

Masson, Jean Papiro, 1229 n., 
294, 365 n. 485-490 ; II 24, 
25 n., 37 n., 39, 40, 137, 
139, 142, 300 n. 

Mastin Nuovo da Verrucchio, 
I 67. 

Matelda, I 164, 258, 260. 


Mathieu Abel, I 406-407. 

Matteo da Parma, I 277. 

Matteo (San), I 179 n. 

Maumont (de) Jean, I 370 n. 

Mauro Giovanni, II 6. 

Maynard Franyois, II 5, 7-8, 
50 n. 

Mazzarini Giulio, cardinale, II 
11, 108 n. 

Mazzoni Jacopo, I 436 ; II 39, 
126, 127 n., 128, 142. 

Medea, I 146. 

Medici (de’) Caterina, I 246, 
297, 368-370, 427 n., 433, 
460, 470, 491 n., 538. 

Medici (de’) Cosimo, I 297. 

Medici (de’) Lorenzino, I 297 n. 

Medici (de’) Lorenzo, I 223, 
235, 314, 364, 426 n., 445; 
II 41. 

Medici (de’) Maria, I 368; li 
9 n., 15 n., 33 n. 

Modini, conte, II 165 n., 167 
n., 234 n. 

Mehus Lorenzo, I 2 n., 486. 

Meigret Louis, I 251. 

Meinhard Johann Nikolaus, II 
225 n. 

Meister Henri, II 288 n. 

Melanchton Philipp, I 516. 

Mena (de) Juan, II 24. 

Ménage Gilles, I 373, 487 n.; 
II 12, 14, 17, 39, 41, 46, 51, 
52, 53, 54, 55, 63, 64, 80, 
96, 105, 121-129, 130, 142 
n., 143, 144 n., 165. 

Menalippo, II 310 n. 

Menestrier Claude-Frangois, li 
146. 

Menzini Benedetto, II 204. 

Mercurio, I 257, 399 n., 400 n. 

Méré (clievalier de), Georges 
Brossin, 39 n. 

Mérimée Prosper, I 209 n., 
210 n. 

Meruia Giorgio, II 41. 


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368 


Indice dei nomi 


Meschinot Jean, I 167 n., 213, 
230 n., 248, 259, 304; II 
335. 

Mesmes (de) Henri, I 385 n., 
495 n. 

Mesmes (de) Jean-Pierre, I 385, 
II 336. 

Metastasio Pietro, II 187 n., 
196 n., 203 n., 228, 267 n. 

Meyer Conrad Ferdinand, II 
38 n. 

Mézeray (de) Francis Eudes, 
II 41, 138. 

Micanzio Fulgenzio, I 517. 

Michelangelo, I 35, 336, 352, 
370, 501, 503, 541; II 19, 
20 n., 58, 66, 100, 115 n., 
129 n., 158, 210, 246 n., 

260 n., 261-263, 317 n., 324. 

Mula, I 557 n. 

Mignard Pierre, II 102. 

Milfin Luis, I 226 n. 

Milet Jacques, I 212 n., 219- 

221 . 

Miìid? Pierre? I 485. 

Millot Claude-Fran$ois-Xavier, 
II 225, 303. 

Milton John, I 355, 437 n., 
531; II 56, 57 n., 84 n., 
87, 89 n., 108 n., 110 n., 
172,173n., 175 n., 177, 180, 
• 183, 189, 192, 195, 197 n., 
201, 203 n., 204, 205, 206 n., 
207, 208, 209, 211 n., 212, 
215, 216 n., 222 n., 226 n., 
234 n., 244, 253, 256-260, 

261 n., 262 n., 270 n., 273n., 
284, 305, 309, 317 n., 342. 

Minerva, I 118, 186, 255, 259, 
260, 322, 557 n.; II 32, 310 n. 

Mini Paolo, I 382 n. 

Minosse I 157, 160, 257, 303, 
304, 305, 400 n.; II 92, 149 
n., 221, 224. 

Minuti Antonio, I 295 n., 296 n. 

Minuti Jacopo, I 295-296. 


Mi quel de la Tor de Clarmon, 
I 451 n. 

Mirabaud (de) Jean-Baptiste, I 
447 n. 

Misson Maximilien, II 59. 

Mistral Frédéric, I 124. 

Mitre Bartolomé, II 240 n. 

Modesto Publio Francesco, I 
295 n. 

Modio Giov. Battista, I 460. 

Moine des Isles d* Or, II 337. 

Molière (Jean-Baptiste Poque- 
lin), I 7 n., 138, 298; II 4, 
92, 98, 101-102, 104, 122. 

Molinet Jean, I 208, 228 n., 
253, 259. 

Molza Francesco Maria, I 415, 
472. 

Moncetti Giovan Benedetto, I 
287. 

Monìage Rainouart , I 12. 

Montaigne (de) Michel, I 185, 
244 n., 252, 307, 322 n., 
326, 377, 444, 497, 500-506, 
547; II 72, 106, 225 n., 237. 

Montchrestien (de) Antoine, I 
497-499; II 9. 

Montesquieu (Charles-Louis de 
Secondat), I 506; II148 n., 
178, 183, 190, 191 n., 195, 
226-227, 236, 246 n., 256, 
261, 262, 267, 283 m, 343. 

Montfaucon (de) Bernard, II59, 
110 n., 112, 137 n. 

Monti Vincenzo, II79, 149,160, 
161 n., 200 n., 259 n., 321. 

Montmorency (de) Anne, I 
275 n. 

Montreux Nicolas, Il 9. 

Morato Fulvio Pellegrino, 1310. 

Morato Olimpia, I 310, 395 n., 
495 n. 

Mordreo, I 17. 

Morel Fédéric, I 434 n. 

Morel Melchior-Hyacinthe, II 
115. 


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Indice dei nomi 


369 


Moréri Louis, I 184 n., 559 n.; 
II 41, 138, 184, 298 n. 

Mornay (de) Philippe, sieur 
Du Plessis, I 470, 508 n., 
517-523,527, 537 ; II 40, 338. 

Morthe d 1 Arthur, I 16. 

Mosca Lamberti, I 37. 

Mosè, I 327 ; II 85, 258 n. 

Mosneron Jean-Baptiste (baron 
de Delaunay), II 257. 

Mourel Eustache, I 153, 154, 
155. 

Mousket Philippe, I 14. 

Moutonnet de Clairfons Julien- 
Jacques, I 292 n., 510 n., 
560 n. ; II 190 n., 206 n., 
226 n., 227 n., 248 n., 275- 
279, 290 n., 300 n., 301 n., 
302 n., 308-309, 311, 313 n., 
314, 316 n., 320 n. 

Muisi, vedi Gilles. 

Muralt (de) Béat, II 79 n., 152, 
177, 342. 

Muratori Ludovico, I 184 n.; 
II 23, 162, 204, 215, 235 n. 
250-251, 294 n. 

Muret (de) Marc-Antoine, I 420, 
432, 433, 443-445, 446, 492 
n., 495 ; II 133. 

Muret Pierre, II 87. 

Musciatto Franzesi, I 67. 

Museo, I 395. 

Musset (de) Alfred, I 248, 341. 

Musso Cornelio, II 20. 

Muzio Gerolamo, I 401 n, 

Naudé Gabriel, I 559 n.; II 24, 
36-38, 39. 

Navagero Andrea, I 363, 367 n., 
415, 495 n. 

Navarra (di) Antonio, II 199. 

Navarrete (de) Francisco, II 
94 n. 

Necker (M.m® de) Saussure, II 
258. 

Nelli Pietro, II 6. 


Nerone, li 50. 

Neumarekt (von) Johann, I 
141 n. 

Newton Isaac, II 175, 258. 

Nibelungen , I 187 n. 

Nicaise Claude, II 136 n. 

Niccolò III, I 70, 75 ; li 492 n. 

Nicola di Genova, I 109. 

Nicola (San), I 57. 

Nicolas de Clamanges, I 167, 
206, 244. 

Nicole Claude, II 12 n., 104, 
229 n. 

Nicoletti Marcantonio, 1454 n. 
455 n. 

Nidalma, II 244 n. 

Nisiely Udeno (Fioretti Bene¬ 
detto), II 86. 

Nodier Charles, I 513 n.; II 82 
n., 231, 283 n. 

Noè, I 526. 

Noguera Vicente, II 24. 

Nolhac (de) Pierre, I 418. 

Nomi Federico, II 342. 

Nores Pietro di Giason, I 444, 
445 n. 

Noris (cardinale di) Henri, II 
136 n. 

Nostredame (de) César, I 232 n., 
292 n.; II 19 n., 26-34, 89. 

Nostredame (de) Jean, I 29, 452- 
456, 477, 481; II 28, 32, 34 
n., 56, 336-337. 

Nostredame (de) Michel, I 452; 
II 27. 

Novellino, I 30. 

Occam William, I 197 n., SOS¬ 
SIO, 519 n. 

Odillo abate, I 311. 

Olivares (de), Conde Duque, I 
417 n. 

Olivier de la Marche, I 154. 

Omero, I 142,157,164,184, 212 
n., 231 n., 262, 265, 266 n., 
297, 298, 299, 310, 311, 313 


24 — Farinelli, Voi. II. 


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370 


Indice dei nomi 


n., 360, 363, 368, 382 n., 386, 
389 n., 392, 396, 403, 410, 
411, 417, 424 n., 425, 428, 
442, 445 n., 446 n., 459 n., 
471, 475, 491, 525, 528, 531, 
539, 548; II 11, 18, 32, 35, 
39 n.,40 n., 45, 81n., 85, 87, 
89, 90 n., 94 n., 106, 107 n., 
125,149,151 n., 161, 173 n., 
176 n., 182, 185 n., 191 n., 
197, 198, 203 n., 205, 207, 
215, 217, 242 n., 251 n., 258, 
279 n., 282, 284, 297 n., 304 
n., 316, 317 n., 328 n., 341. 

Ongaro Antonio, II 11, 51. 

Oppède (M m © d’), II 105. 

Oporinus, vedi Herbster. 

Orazio, I 150 n., 164, 212 n., 
231, 246, 251, 402 n., 418, 
420 n., 438, 446 n., 539, 545, 
551; II 8, 36 n., 81,133, 151 
n., 166n., 175n., 283n., 326. 

Orderic Vital, II 91 n. 

Oreste, Il 312. 

Orfeo, I 70, 157, 163, 164, 395. 

Orlandi Guido, I 350 n. 

Orlando, I 12, 13, 23, 277; II 
58. 

Orlando di Lasso, vedi Lassus. 

Orlando da Chiusi, I 11. 

Orosio, I 212 n. 

Orselli Andrea, I 130. 

Orsi Gian Giuseppe, II 131 n. 

Orsini Fulvio, I 446, 495. 

Orsini Leone, I 289, 448. 

Orson et Valentin, I 313. 

Ossian, Il 264. 

Ostasio da Polenta, I 79. 

Ottavio degli Ubaldini, I 71 n. 

Oudin Antoine, II 15 n. 

Oudin César, II 15. 

Ovidio, I 9 n., 148 n., 164, 184, 
212 n., 261, 265, 301, 306 n., 
310, 312, 386, 466 ; II 32, 144 
n., 201 n., 255. 

Ozanam Fródéric, II 224, 231. 


Facioli Luca, I 298. 

Pallavicino-Sforza, Il 49. 

Palmieri Matteo, 1159, 233 ; II 
245 n. 

Palomba, II 240 n., 276 n., 
300 n. 

Pananti Filippo, II 305 n. 

Pandaro, 117. 

Panigarola Francesco, II15 n., 

20 . 

Panormita Antonio, I 263. 

Panthèì'e d’Amour8, I 176. 

Panzacchi Enrico, II 235 n. 

Paolo V, I 511 n. 

Paolo Malatesta, I 16-19, 165 
n., 399 n.; II 77, 271, 331. 

Paolo (San), I 76,157,188, 324, 
326 ; II 22, 85, 97, 172 n. 

Papanti Giovanni, I 226. 

Parangon des nouvélles, I 228. 

Parcival, Il 171 n. 

Paré Ambroise, I 227 n. 

Paride, I 16. 

Parini Giuseppe, II 161, 227 n. 

Paris Gaston, I 4, 322, 345. 

Pascal Blaise, I 318, 326 ; II 3, 
19, 59, 67, 69-74, 78-79, 104, 
109, 147, 157, 203 n., 256, 
341, 342. 

Pascal Jacqueline, II 73-74. 

.Paschale Ludovico, I 250. 

Pasquier Etienne, 1110 n., 192, 
215, 253, 291, 294, 299 n., 
300, 368, 393, 405, 407, 429, 
450,456,470,473-479,482, 
510; II 28, 41, 51 n., 139, 
153. 

Pasquier Nicolas, I 510. 

Pasquin Antoine-Claude (Va¬ 
léry), I 444 n. 

Pasquino, Il 245 n. 

Passavanti Jacopo, I 110, 111 
n.; II 135. 

Passerat Jean, I 499 n. 

Patin Gui, I 559; II 37 n., 39- 
40, 65. 


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Indice dei nomi 


371 


Patru Olivier, II 57. 

Pedrazzoli Ugo, II 240 n., 344. 

Pedro (don), condestable de Por- 
tugal, I 186 n. 

Paulet (MUe), n 3. 

Peire, vedi Piero. 

Peire Vidal, I 45. 

Peiresc (de) Claude Fabri, 1559 
n.; H 23-26; 27 n., 33, 34, 
36, 58, 252. 

Peleo, I 41. 

Peletier du Mans Jacques, I 
336, 394, 401-404, 409 n., 
410, 445; II 336. 

Pellevé (de) Nicolas, I 500. 

Pergolesi Giambattista, II 267 
n., 324 n. 

Perrault Charles, II 11, 92, 135 
n., 147, 328 n. 

Perrot Émile, I 491, 492 n. 

Perrot Francois, I 179 n., 492 
n., 496, 512-518. 

Perrot, « maitre des Comptes », 
II 229 n. 

Perseo, I 212 n. 

Persio, I 550. 

Perticari Giulio, I 99. 

Petau Paul, I 276 n. 

Petrarca, I In., 2, 22, 24, 45 
n., 48, 50, 51, 73 n., 84, 92, 
95, 103 n., 109, 110 n., 141, 
144, 148, 151, 163 n., 177, 
192, 195 n., 202, 211, 212, 
214, 215, 217 n., 220, 223, 
224 n., 225, 226, 231, 232, 
235, 236 n., 247, 249, 250, 
251, 255, 256, 259, 261, 262, 
264, 265, 269, 271, 272, 284, 
288n., 297,298,300,301, 303, 
318,319,322,323 n. ,340,343, 
352, 355, 357, 359, 363, 364, 
366, 368, 369, 370 n., 371, 
372, 373, 374 n., 375, 376, 
377, 381 n., 383, 387, 388, 
391, 392, 395, 398-399, 400, 
402, 403, 405, 406, 407, 410, 


411, 412, 413, 414, 416, 417, 
419, 420 n., 421, 422, 423, 
424, 426, 427, 430, 431, 432, 
433, 434 n., 437, 438, 439, 
441, 446 n., 447, 448, 449, 
451, 454, 455 n., 458, 464, 
466, 472, 473, 474, 475, 477, 
478, 479, 480, 485, 486 n., 
487, 488, 491, 492 n., 494 n., 
495, 496, 500, 504, 514, 515 
n., 518, 519, 525, 528, 529, 
534, 559; II 5, 8, 9, 15, 16, 
17, 25 n., 28, 29, 30, 31, 34, 
35, 36, 45, 47, 49, 51, 54, 
56, 57, 58, 65, 74 n., 87 n., 
88, 93 n., 103, 104, 105, 
121 n., 122 n., 124, 125, 128, 
129, 130 n., 132, 134 n., 135 
n., 138, 143, 144 n., 146,147, 
148, 169, 174, 176, 189 n., 
192, 193, 194, 196 n., 207, 
213, 215 n., 225 n., 227 n., 
238, 239 n., 241 n., 242 n., 
244 n., 245 n., 267, 268, 
290, 291, 292, 293 n., 296, 
327 n., 328 n., 335, 337, 340, 
342, 343. 

Peyrat (de) Jean, I 380. 

Philieul Vasquin, I 427 n. 

Philippe, vedi anche Filippo. 

Philippe de Bourgogne, I 217 n. 

Philippe de Mézières, 1148, 196 
n., 202. 

Philippe de Thatin, I 10 n. 

Philippe Le Hardi, I 10 n. 

Philippe de Vitry, I 48 n., 51, 
186. 

Pia, I 34. 

Pibrac (seigneur de), Guy Du 
Faur, I 310 n. 

Piccolomini Alessandro, I 386, 
419, 493; II 88. 

Piocolomini Enea Silvio, I 359, 
365 n., 399 n., 483. 

Pico Giovanni, I 223, 224, 271, 
483, 519; II38n., 134 n., 192. 


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372 


Indice dei nomi 


Picot Émile, I 514. 

Pier d’Alvernia, I 39, 451 n., 
464. 

Pier da Medicina, I 31. 

Pierre de Beauvau, I 203 n. 
Pierre de Blarru, I 220 n. 
Pierre de Bressuire, I 48 n. 
Pier della Broccia, I 9, 10 n., 
61, 83, 98 n., 129, 142. 
Piene de la Broce (Complainte 
e Jeu de), I 9, 10 n. 

Pier della Vigna, I 83, 98 n.; 

II 38 n., 54, 286 n. 

Pietro III d’Aragona, I 61, 67, 
510. 

Pietro d*Abano, I 108, 109, 
110 n., 119. 

Pietro di Dante, I 80 n., 97. 
Pietro Lombardo, I 88, 109; II 
213. 

Pietro Mangiatore (Comestor), 

I 88. 

Pietro (San), I 76, 77, 511 n.; 

II 204 n., 230, 249,250, 271, 
332. 

Pigna Giambattista, 1 481. 
Pilato, I 62, 65. 

Pindaro, I 420 n., 423, 428 n., 
438, 446n.; 1132,107n., 133, 
293. 

Pindemonte Giovanni, II 247. 
Pinelli Gian Vincenzo, I 444 n., 
445 n., 455,461,462,480,495. 
Pino della Tosa, I 79. 

Pinzio Paolo, I 382. 

Pipino re, I 295 n. 

Piramo, I 21, 146. 

Pitagora, I 171. 

Pithou Pierre, I 483 n., 500 n. 
Platen (Graf von) August, 1421. 
Platina Bartolòmmeo, I 312 n. 
Platone, I 119, 120, 163, 171, 
183. 212 n., 286, 297, 314- 
316, 328, 329, 339, 368, 386, 
395, 530 n., 550; II 39 n., 
100, 108, 140, 216 n. 


Plauto, I 377 n. 

Plinio il giovane, II 54. 

Plotino, I 386. 

Plutarco, I 186, 311, 469, 483, 
500, 501,. 539, 546, 552 n.; II 
303, 304. 

Poccetti Bernardo, II 114. 

Pocbhammer Paul, li 240 n. 

Poggetto, vedi Bertrand du Pn- 
get. 

Poggio Bracciolini, I 219, 226- 
228, 254, 263, 271, 359, 361 
n., 471, 475, 520 n.; II 101. 

Polibio, I 457. 

Polifemo, I 73 n. 

Polignac (de) Melchior, II 315 
n., 316 n. 

Polissena, I 146. 

Poliziano Angelo, I 271, 359, 
363, 426 n., 500, 520 n.; Il 
28, 41, 123 n., 134 n., 199, 
245 n. 

Pomey Francois-Antoi ne, II 
84 n. 

Pommereul (de) Fran^ois-René- 
Jean, II 239, 240 n,, 296 n., 
316-317. 

Pommiers (de) Sacramor, I 48 n. 

Pompadour (marquise de), Jean- 
ne-Antoinette Poisson, II 200 
n., 228 n., 229 n. 

Pomponazzi Pietro, I 441 n. 

Ponce Sanson, I 48 n. 

Pons de Capduelh, I 40 n. 

Pontano Giovanni, I 359, 363, 
411; II 28, 38 n. 

Pontaux (de) Claude, I 442 n. 

Pope Alexander, II 176, 245 n. 

Porcellai Giulio, I 427. 

Porfirio, I 212 n. 

Port-Royal ( Nouv . Méthode, ecc.), 
II15-16, 75. 

Postel Guillaume, 1460 n., 524. 

Poussin Nicolas, II 5, 115-116, 
226 n. 

Pradas (de) B., I 350 n. 


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Indice dei nomi 


373 


Prault Marcel, II 248. 

Prégent de Coétivy, I 217 n. 
Premierfait (de) Laurent, I 23 
n., 52 n., 139 n., 178 n., 179 
n., 195, 196 n., 199-201, 274. 
Preti Girolamo, II 51. 

Prévost (de le V al) Henri, 1150 n. 
Prévost (abbé) Antoine-Fran- 
£OÌ8, II 182. 

Prévost de Thérouanne, II 336. 
Priamo, I 261. 

Prisciano, I 212 n. 

Prometeo, I 14. 

Promptuaire des medallm , I 390- 
391. 

Properzio, I 299, 446 n. 
Protesilao, I 312 n. 

Provenzan Saivani, I 70. 
Proverbes d'ytallie, I 228. 
Prudenzio, I 525. 

Pucci Antonio, I 131, 364. 
Pulci Luigi, 1 185 n., 359; II 
179 n. 

Purgatoire des mauvais Marys, 

I 149. 

Purgatoire des ioueurs de Dez et 
de Cartes, I 149. 

Quadrio Francesco Saverio, II 
204. 

Quattromani Sertorio, I 447. 
Quevedo (de) Francisco, I 352 
n.; II 21 n., 93 n. 

Quinault Philippe, II 196 n. 
Quinet Edgar, I 102. 

Quintil Horatian , 1406,413,432. 

Rabelais Francois, I 247, 252, 
264, 265, 270, 300n.,315n., 
346, 357-362, 445, 459, 500 ; 

II 39, 167 n., 195, 196 n., 
222 n., 265 n., 266 n., 324. 

Racan (de) Honorat, I 7. 
Rachele, li 205 n. 

Racine Jean, I 138, 298; II 61, 
80, 83, 86, 103-104,139, 159, 


164, 183, 192, 196, 201 n., 
202 n., 203 n., 209 n., 210 
n., 255, 256, 297, 311, 326. 

Racine Louis, lì 86, 139, 164, 
166, 180, 183, 192, 195, 201- 
215, 218, 222 n., 234 n., 240 
n., 250 n., 255-256, 257, 262, 
264, 276 n., 304 n., 305, 314. 

Raffaele di S. Benvenuto, II 
247 li. 

Raffaello, I 503 n.; II 115 n., 
226 n., 261, 262, 275 n., 317 
n., 324 n. 

Raimondi Cosimo, I 224 n. 

Raimondo Berlinghieri, 134,82, 
454; H 25, 30. 

Raimondo V, conte di Tolosa, 
I 32. 

Raincy, II 122. 

Rainouart autinel, 112, 14, 23. 

Rambaldo di Vaqueiras, I 5. 

Rambouillet (marquise de), Ca¬ 
therine de Vivonne, li 5, 
20 n. 

Ranieri di Zaccaria, I 73. 

Raoul de Houdenc, I 217 n. 

Raoul de Presles, I 150 n. 

Rapin Nicolas, I 531, 532 n. 

Rapin René, II 46, 47, 130-133, 
138, 142, 178. 

Ratisbonne Louis, II 289 n. 

Raudense Antonio, I 218 n. 

Re giovane, d’Inghilterra (Hen- 
ry), I 31, 32. 

Redi Francesco, I 455 n.; II 
122, 130. 

Regnard Jean-Fran^oiSjII 302 n. 

Regnauld le Queux, I 213. 

Regnier de la Planche, I 275. 

Regnier Jean, I 214. 

Regnier Jean-Baptiste, II183 n. 

Regnier Mathurin, I 545 ; II 5, 
6, 7, 19, 225. 

Régnier-Desmarais F. S., II18, 
130. 

Rembrandt van Rhjin, Il 159. 


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374 


Indice dei nomi 


Remonstrance,.., des misères de 
ce temps, I 509-510. 

Renata di Francia, I 241 n., 
285 n., 309, 310, 320 n., 440 
n., 538. 

Renato II di Lorena, I 220 n. 

René d’Anjou, I 148 n., 208- 
211, 212 n., 216. 

Retz, cardinale, vedi Gondi. 

Reusnerus Nicolaus, I 489. 

Reyrac (de) Franfois-Philippe- 
Laurens, II 118, 342. 

Rezzonico Carlo, II 224 n. 

Ricard Dominique, abbé, II 
303, 304. 

Riccardo di San Vittore, I 88. 

Ricco Antonio, I 388. 

Riccoboni Antonio, II 88. 

Riccoboni Luigi, II 198 n., 
266 n. 

Richardson Jonathan, II 313, 
314 n. 

Richardson Samuel, Il 258 n. 

Richelet Pierre, II 17. 

Richter, vedi Jean Paul. 

Ridolfi Luca Antonio, I 370, 
371-375, 383, 387, 389 n.; II 
214, 336. 

Ridolfi Roberto, I 495. 

Rifeo, II 187. 

Mime diverse , I 415-416. 

Rist Johannes, II 69 n. 

Ristori, II 269 n. 

Rivadeau (de) André, I 266 n. 

Rivarol Antoine, I 136, 241, 
560 ; II 69, 70, 98, 135, 189 
n., 190, 191, 192 n., 200, 
217 n., 257,260, 261 n., 263, 
275 n., 276-289, 302 n., 305, 
306, 312, 313 n., 344. 

Rivet André, I 522. 

Robert Claude, I 421 n. 

Robert de Blois, 1 21. 

Robertelli Francesco, II 88. 

Robertet Florimond, I 202 n., 
228 n. 


Roberto Guiscardo, I 12, 59 n. 
Roberto, re di Napoli, I 48 n., 
73-74, 76; II 30. 

Roberto (San), I 36. 

Rochester John Wilmot, conte, 
II 196 n. 

Roffé Étienne, I 383. 

Rogers Charles, II 281 n. 
Rogissart (de), II 245 n. 
Rohan (due de) Henri, II 57. 
Rolli Paolo, II 174, 205, 257 n. 
Rollin Charles, II 87, 169 n., 
202, 211 n., 212 n. 

Roman de Saint Trophime, I 14. 
Roman Jean-Joseph-Thérèse, II 
281 n., 344. 

Romano Egidio, I 55 n., 109, 
110 n. 

Romei Annibaie, I 374 n. 
Romieu (de) Marie, I 400 n., 
439. 

Romieu de Villeneuve (Romeo), 

I 82-83, 454; II 25-26, 30, 
31 n., 34, 147. 

Ronsard (de) Pierre, I 231 n., 
245, 247, 289, 299n., 347n., 
385, 392, 413, 414, 415, 417, 
420,421 n., 423-436,437, 439, 
441, 442, 458, 459, 460, 473 
n., 474, 491 n., 494 n., 529, 
530, 531, 533, 535, 556 ; II 
4, 7 n., 9, 28, 46, 47, 50 n., 
81 n., 85, 224 n. 

Rosa Salvatore, II 110, 115. 
Rosa Morando Filippo, II 300 
n., 302 n. 

Rosset (de) Francois, I 548 n. 
Rossetti Dante Gabriele, I 307 ; 

II 136 n., 228 n. 

Rossi Antonio, I 104, 

Rosso (del) Paolo, I 468. 

Roté Michel, I 285 n., 398 n. 
Rothelin (abbé de) Charles d* Or¬ 
léans, II 315 n. 

Rothschild (de) James, I 455 n. 
Rotta di RoneÌ8valle f I 13 n. 


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Indice dei nomi 


375 


Roussel Górard, I 323. 

Routh Bernard, Il 272 n. 

Rousseau Jean-Baptiste, II 68, 
198, 217 n., 256. 

Rousseau Jean-Jacques, II 151, 
178, 195, 228, 236, 263, 267, 
279 n., 327. 

Roville Guillaume, I 369, 372, 
374 n., 383-384; II 114. 

Rubbi Andrea, II 161. 

Rubens Peter Paul, I 368 ; II 
115. 

Rucellai Cosimo, I 288; II 49, 
341. 

Rudel Jaufre, I 452 n. 

Ruffi (de) Antoine, II 34. 

Ruggero di Lauria, I 72. 

Ruggieri degli Ubaldini, I 71 
n.; II 310 n. 

Ruscelli Gerolamo, I 416 n. 

Rustebuef, I 68, 69 n. 

Rusticiano da Pisa, I 4. 

Rustico da Filippo, II 331. 

Saavedra y Fajardo Piego, II 
101 n. 

Sabatier de Castres A., abbé, Il 
300 n. 

Sabló (marquise de), Madeleine 
de Souvré, II 3, 105 n. 

Sablon Vincent, II 10. 

Sachs Hans, I 99 n., 226 n. 

Sacramor, vedi Pommiers. 

Sade (de) Jacques-Franyois- 
Paul-Alphonse, II 189 n., 
244 n., 290-293, 295 n. 

Sadoleto Jacopo, I 263, 270 n., 
524; II 49» 

Sady, II 176 n., 187. 

Saffo, I 395. 

Sagramoso, marchese, II 239 n. 

Saint-Amant (sieur de), Marc- 
Antoine Gérard, II 5, 53 n., 
57, 90. 

Saint-Cyran (Du Vergier de 
Hauranne) Jean, II 75. 


Saint- Chamans (vicomte de) 
Auguste, II 160 n. 

Saint-Denis (Chronique de), I 10 
n., 14. 

Sainte-Beuve Charles-Augustin 
II 70, 75, 148, 276, 279-280, 
281, 285, 289 n., 297, 328 
n., 333, 340, 342, 344. 

Sainte-Marthe (de) Charles, I 
270 n., 321 n., 387. 

Sainte-Marthe (de) Scévole, I 
548 n. 

Saint - Evremond (de), Charles 
de Saint-Denis, II 106-107. 

Saint-Gelais (de) Mellin, I 269 • 
n., 332, 333 n., 345, 362- 
366, 393. 

Saint-Gelais (de) Octavien, I 
210 n., 230-233, 240, 249, 
253, 255, 256, 259, 267, 268 
n., 271, 272, 363, 366. 

Saint-Maur (de) Dupré, II 257. 

Saint Pierre (abbé de), Charles- 
Irénée Castel, II 150. 

Sai sset Bernard, I 64. 

Saladino, I 32 ; II 171 n. 

Salazar(de) Ambrosio, Il 14-15. 

Salel Hugues, I 364 n. 

Saliat Pierre, II 337. 

Salimbene (fra) da Parma, I 
12, 128 n. 

Sallustio, I 177, 475. 

Salomone, I 133; II 182. 

Salutati Coluccio, I 97 n., 218. 

Salviati Leonardo, I 461, 471, 
495; II 15, 16, 51, 142. 

Salvini Anton Maria, I 455 ; 
II 161, 343. 

Sand Georges, I 240 n. 

Sannazzaro Jacopo, I 247, 250, 
303, 321, 363, 370 n., 376, 
383, 401, 402, 403, 406, 411, 
416, 421 n., 439, 441, 473 
n., 475, 519, 525, 528;.II 
15 n., 17, 34,65 n., 87, 104, 
113, 125, 133. 


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376 


Indice dei nomi 


Sansovino Francesco, I 557 ; 
II 6. 

Sansovino Jacopo, I 443. 

Santillana (marchese di), I 195 
n., 238 n. 

Sarasin Jean-Francois, II 91 n. 

Sarpi Paolo, I 518. 

Sasso Panfilo, I 419 ; II 67. 

Satyre Ménippée, I 483, 499- 
500; II 225 n. 

Saulle, II 85. 

Saurin Bernard-Joseph, II 235 
n., 309 n. 

Sauvale, II 340. 

Savago Alessandro, I 239 n. 

Saviozzo Senese, I 463. 

Savonarola Gerolamo, I 271, 
308, 518; II 38 n., 51, 193. 

Scaligeri Cangrande, I 226, 229 
n. ; II 217, 299 n. 

Scaligero Giulio Cesare, I 403, 
434 n. ; II 42, 49, 131. 

Scarron Paul, II 5, 92. 

ScarBelli Flaminio, II 166. 

Scartazzini Giov. Andrea, I 105. 

Scève Maurice, I 328, 343, 375, 
382 n., 383, 387-392, 393, 
394, 404, 532; II 55. 

Scheffer Ary, II 215. 

Schicchi Gianni, II 302 n. 

Schiller Friedrich, 1127 ; II 253 
n., 310 n., 311 n. 

Schlegel August Wilhelm, I 
455, 456 n. ; II 183 n., 185 
n., 207 n., 221 n., 226 n., 
239 n., 261 n., 285 n., 296, 
307 n., 310 n. 

Schlegel Friedrich, I 456 n. ; 
II 261 n. 

Scliubert Franz, I 346. 

Scipione, I 499 n. ; II 33, 91 n. 

Scot Michael, I 313 n., 559 n.; 
II 37. 

Scott (Duns) John, I 143, 483. 

Scudéry (de) Georges, II 88, 
89, 104 n. 


Scudéry (MU© de) Madeleine, Il 
3, 122. 

Seckendorf (von) Leo, II 307 n. 

Séguier Pierre, I 489 n. ; II 
113. 

Seignelay (marohese di), vedi 
Colbert. 

Semproni Giovan Leone, II 
310 n. 

Seneca, I 45 n., 163, 184, 198, 
199, 212 n., 229 n., 341, 
362, 501, 539; II 68, 193. 

Sénecé (de) Antoine de Baude- 
ron, II 145-146. 

Senofonte, I 446 n. ; II 39 n., 

Sercy (de) Charles, II 91 n. 

Serravano (dà) Giovanni, II338. 

Servio, I 212 n. 

Sévigné (Mme de), Marie de 
Rabutin Chantal, II 10, 104- 
106, 113, 117, 118 n. 

Sévigné (marchese di), II 106. 

Seyssel (de) Claude, I 54 n., 
254; II 332. 

Sforza Muzio Attendolo, I296n. 

Shakespeare, I 7 n., 127, 138, 
300n., 502n.,542n.; 1164n., 
72, 77, 89, 124 n., 136, 158, 
160, 172, 180, 184, 187, 189, 
195, 198, 201, 210 n., 215 
n., 222 n., 225 n., 229 n., 
235 n., 242, 250, 257 n., 
258 n., 260 n., 261 n., 264, 
265-266, 268, 278 n., 282, 
308, 309, 318, 319-322, 324, 
326, 341. 

Shelley Percy Bysshe, II 242. 

Sherlock Martin, II 225, 300 n. 

Sibilet Thomas, I 192, 256, 
281, 404-405, 406 n., 407, 
473. 

Sibilla, I 158, 159, 160, 161, 
170, 176, 233, 305, 395 n. ; 
II 338. 

Siger de Brabant (Sigieri), I 
26, 83-87, 92, 95, 110 n., 


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Indice dei nomi 


377 


113, 119, 129, 130-132, 484, 
485, 486, 488; II 37 n. 
Sigonio Carlo, I 445, 495. 
Silo, I 113 n. 

Silvestro, papa, 1195 n., 197 n. 
Simeoni Gabriello, I 246, 370- 
371, 394. 

Simonetta Cicco, I 222. 

Sisifo, II 149 n. 

Sisto V, I 514. 

Sleidan (John Philippsohn), I 
290 n. 

Socrate, I 163 ; II 108. 
Sodoma, I 76. 

Sofocle, II 106, 196, 251 n., 
258 n. 

Soldani Jacopo, II 145. 
Soldanieri Gianni, I 13. 
Soldini, II 323. 

Soliers (de) Jules-Raymond II 
337. 

Songe , anon., II 91. 

Songe véritàble, I 207 n. 
Soranzo Giovanni, I 175 n. 
Bordello, I 16 n., 34-36; 59 
n., 61, 180, 451 n„ 462, 488; 
n 25 n., 29, 30, 78, 140. 
Sorel Charles, Il 20 n., 91 n., 
92 94, 342. 

Spagnoli Battista (Mantovano), 

I 212 n., 285 n., 300, 312 
n., 413 n., 483, 519, 520 n. ; 

II 227 n. 

Sponsor Edmund, I 442 n. ; II 
176, 177, 336. 

Speroni Sperone, I365n., 397, 
428, 429, 430 n., 448, 450, 
453, 478 n.; II 49, 129, 
337. 

Sponde (de) Jean, I 523. 
Squarciafico Girolamo, Il 339. 
Stael (M®e de), Anne-Louise - 
Gemutine Necker, I 555 n.; 
Il 259, 260, 304 n., 306 n., 
307 n. 

Stampa Gaspara, I 394. 


Stapfer Philippe-Albert, II 259, 
306 n. 

Stazio, I 11, 87 n., 120, 212 
n. ; Il 86 n., 138, 140, 211. 
Steele Richard, II 264 n. 
Stefano Enrico, I 224 n., 284. 
Stendhal (Henri Bey le), I 503 ; 

II 305, 328 n. 

Stigliani Tommaso, II 129. 
Stillingfleet Edward, II 338. 
Strozzi Piero, I 369. 

Stuard Jacqueline, I 400. 
Surrey (Earl of) Howard-Henry, 

I 255 n. 

Sylvester Joshuah, I 533 n. 
Sydney Philippe, I 492 n. 

Tacito, I 457, 539; II 7 n., 
106, 108 n. 

Tagliacame Benedetto, I 286. 
Tahureau Jacques, I 438. 
Taine Hippolyte, I 339 n. ; 

II 89 n., 108 n., 289 n. 
Talairat de Brioude (G. de), 

II 318 n. 

Tallemant des Réaux Gédéon, 
H 43 n. 

Taira a Francois-Joseph, II 322. 
Tannevot Alexandre, II 258. 
Tansillo Luigi, II 6. 

Tantalo, II 149 n. 

Tanucci Bernardo, Il 163 n. 
Tardif Guillaume, I 227. 

Tasso Bernardo, I 320, 397 n., 
459. 

Tasso Torquato, 1160 n. 339n., 
352, 389, 394, 417n., 437 n., 
439,442,444,445 n., 460,476, 
477, 495 n., 500, 504, 505, 
506, 523 n., 528, 531, 533, 
534, 549, 559 ; II 5, 7 n., 
9, 10-12, 14, 15, 17, 28, 35, 
38 n., 39 n., 44, 49, 51, 54 
n., 57, 65 n., 81, 84 n., 85 
n., 86, 87, 88, 93 n., 94 n., 
100,103, 105, 106, 107, 120, 


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’r- r 


378 


Indice dei nomi 


121 n., 123 n., 124, 125, 
130 n., 131, 135, 145, 147 
n., 167, 175, 179, 188, 195, 
197 n., 198, 199, 219 n., 
234 n., 244, 245 n., 251 n., 
258, 260 n., 271, 284, 297, 
309 n., 317n., 327 n., 328n. 

Tassoni Alessandro, Il 9, 53 
n., 103, 124, 204. 

Tauler Johann, I 340. 

Tavola Ritonda , I 20. 

TebaldeUo, I 13. 

Tebaldeo Antonio, I 363, 364, 
392, 451 n. 

Tebaldo II, conte di Champa¬ 
gne, I 56, 480, 481-482, 488. 

Tebaldo IV, I 21, 22 ; II 303 n. 

Tegghiaio Aldobrandi, I 51. 

Tempie de Mar8, I 248. 

Tennyson Alfred, I 342 n. ; II 
57 n., 172 n., 218 n., 259 n. 

Teocrito, I 411 ; lì 294 n. 

Terenzio, I 212 n., 446 n. ; II 
39 n. 

Teresa (Santa), I 326. 

Temide Emmanuel, I 102. 

Terramagnino da Pisa, I 33. 

Terrasson Henri, II 222. 

Teseo, I 312 n. 

Tespesio, II 303. 

Testi Fulvio, II 8, 9, 49, 51, 
104. 

Thèl>e8 Roman (de), I 11. 

Thevenot (de) Jean, II 113. 

Thevet André, I 483. 

Thibaut, vedi Tebaldo. 

Thierry Augustin, II 41. 

Thomas Ambroise, I 102 n. 

Thomas de Pisan, I 153. 

Thomson James, II 235 n. 

Thou (de) Jacques-Auguste, I 
457, 487, 494, 495-496. 

Thou (de) Nicolas, I 512, 513. 

Tibullo, I 446 n., 466 ; H 294 n. 

Tieck Ludwig, II 321, 327 n. 

Timarco, I 311. 


Tiraboschi Girolamo, Il 221 n., 
295 n., 296. 

Tiraqueau André, I 263, 265, 
360. 

Tisbe, I 21, 146; II 235 n. 

Tissard Franfois, I 244 n. 

Tifone, I 304. 

Tiziano, II 20 n. 

Tolomei Claudio, I 415, 473. 

Tolomeo, I 148 n., 163, 386 n. 

Tommaso d* Aquino, I 68, 84, 
85 n., 86 n., 87, 91, 109, 
103, 115, 118, 119, 120, 312 
n., 313 n., 469, 525; Il 65, 
74, 75, 103 n., 108. 

Torelli Giuseppe, II 161, 218 
n. ; II 247. 

Torres Diego, H 22 n. 

Tory Geoffroy, I 298-300, 473; 
H 55 n., 124 n., 184 n., 341. 

Toscani Giov. Matteo, 1369 n., 
433-434, 463, 465 n., 470 
n., 496. 

Totila, I 66, 234. 

Toumes (de) Jean, I 342, 367, 
376, 381, 383, 387, 390, 391 
n. ; H 56 n., 114. 

Toutain Charles, I 364 n. 

Tovazzi (de*) Deodati, II 167, 
215 n. 

Traiano, 1 169, 170 n. ; H 187, 
211, 301 n», 302 n., 334, 33o. 

Tréeor de récréation, I 228. 

Tresque (contessa di), II 3. 

Trismegisto Hermes, I 163, 
300 n., 539. 

Trissino Giangiorgio,1366,408, 
409, 410 n., 466, 495; II47, 
131. 

Ti'ietan, I 16, 20; II 44. 

Tristano, I 16, 19, 165 n. ; II 
44. 

Tritemio Giovanni, I 390 n. 

Trofonio, I 311. 

Tronchet (de) Étienne, Il 20 n. 

Tullia, vedi Aragona. 


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Indice dei nomi 


379 


Tumèbe (de) Adrien (Toume- 
bu), I 474, 475. 

Tarpino, Cronaca , I 14. 

Turrin Claude, I 442 n., 494 n. 

Tyard (de) Pontus, I 375, 393- 
394, 421 n. 466 n., 473 n. 

Ubaldino dalla Pila, I 71 n. 

Uberti (degli) Alessandro, 1373- 
374. 

Ubertino da Casale, I 88. 

Uéber das dreyfache Gedicht des 
Dante, Il 222-223, 225 n., 
260 n. 

Uo de Saint Ciro, I 64 n. 

Uggeri il Danese, I 185 n. 

Ugo da Parma, I 109. 

Ugo di San Vittore, I 87-88 ; 
II 332. 

Ugo, vedi Capeto. 

Ugo il Grande, I 57, 292 n., 
294 n. 

Ugo d’Alvemia, 189 n. 

Ugolino della Gherardesca, I 
554 n. ; II 55, 172 n., 185 
n., 186, 190 n., 192 n., 209, 
210, 216, 233, 240 n., 258 
n., 261, 273 n., 295 n., 299 
n., 302 n., 307, 310-324, 
340, 341. 

Uguccione della Faggiuola, I 
73 n. 

Uguccione di Pisa, II 124 n. 

Uhland Ludwig, I 17 n. 18 n.; 
II 307 n., 308 n. 

Ulisse, I 312 n. ; II 258 n. 

Urbano IV, I 510. 

Urfé (d’) Honoré, 1524; II11,93. 

Vacca Antonio, I 434. 

Vaissète Dominique-Joseph, II 
25 n., 340: 

Valdés Juan, I 307, 493. 

Valenti Ferrant, I 402 n. 

Valentina Visconti, I 173 n., 
187 n., 212 n., 213. 


Valerio Massimo, I 177, 183, 
186, 187, 212 n. 

Valéry, vedi Pasquin. 

Valla Lorenzo, I 196 n., 197 
n., 227 n., 254, 263, 359, 
425, 515 n. 

Vannetti dementino, II 238 n. 

Vannetti Giuseppe Valeriano, II 
238 n. 

Vannucohi Anton Maria, II 
196 n. 

Varano Alfonso, II 255. 

Varchi Benedetto, I 297, 373, 
375, 388 n.. 448, 451, 452 
n., 454, 461, 471, 472 n., 
500, 505 n. ; II 51, 124, 213 n. 

Vareilles, vedi Labroue. 

Varillas Antoine, II 41. 

Varnhagen von Ense, Karl Au- 
gust, II 311 n. 

Vasari Giorgio, II 51. 

Vauquelin de la Fresnay, I 442- 
443, 465, 545; II 6. 

Vaugelas (sieurde), Claude Fa- 
vre, II 13, 14, 64. 

Vauzelles (de) Catherine, I 400. 

Vegezio, I 183, 186. 

Velez de Guevara Luis, I 417 n. 

Vellutello Alessandro, I 371 n., 
375, 383, 453 n., 454, 455 
n., 475 n., 491 n., 557, 560 
n.; II 24 n., 26, 69 n., 113, 
125, 128, 144, 168, 209, 292 
n., 337, 339. 

Veniero Domenico, I 448. 

Venturi Pompeo, II 168, 207 
n., 285 n., 300 n., 302 n. 

Venuti (de) Filippo, II 256. 

Verdoni Mauro, II 127 n. 

Vergerio Pier Paolo, I 318 n., 
320, 508. 

Vergy (de) Francois, I 441. 

Verlaine Paul, I 48 n., 134 n. 

Vernani Guido da Rimini, I 79. 

Vemon Jean, I 263. 

Vespucci Amerigo, II, 245 n. 


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380 


Indice dei nomi 


Vettori Piero, I 495 ; II 42 n., 
49. 

Vianey Joseph, I 420, 421. 

Vico Giambattista, II 61 n., 
267. 

Vida Gerolamo, I 263, 291 n., 
403, 417 n., 418 n., 525; II 
87 n., 88, 125, 133, 134 n. 

Vigneron Jean, II 17, 123 n. 

Vigenère (de) Blaise, I 549 n.; 
II 7 n., 10. 

Vignau (de) Jean, I 549; II 10. 

Vigneul-Marville (Bonaventure 
Argonne Noel), II 55 n., 
123 n. 

Vignier Nicolas, I 484-485. 

Vigor Simon, II 40. 

Villani Filippo, I 96-97, 141. 

Villani Giovanni, I 51, 68, 69, 
75, 83, 91-93, 96, 106, 127, 
129-131, 248, 273, 294 n., 
484, 485, 486, 487, 488, 500, 
515, 518 ; II 15, 16, 24, 25 
n., 30, 51, 142. 

Villani Nicola, I 553 n. ; II195 n. 

Villanova, vedi Arnaldo. 

Villemain Abel-Fransois,1101, 
287. 

Villon Francois, I 137, 166 n., 
167 n., 192, 203, 214-215, 
269, 291, 293, 483; II 7 n., 
334. 

Vincent de Beauvais, I 163, 
228 n., 229 n. 

Vinciguerra Antonio, I 443 ; 
Il 6. 

Vinet Alexandre, II 162, 200. 

Vinezac (de) Julien, Il 321-322. 

Viret Pierre, I 310-314, 377. 

Virgilio, I 9 n., 29, 34, 35 n., 
39, 43, 129, 150 n., 157,159, 
160, 164, 168 n., 173, 174, 
182, 183, 184, 193, 194,200, 
202, 205, 208 n., 212 n.,218, 
220, 230, 231, 232, 233,254 
n., 262, 265, 266 n., 269, 


273, 

, 282 

1, 287, 297, 

, 298, 

299, 

302, 

, 303, 304 n.. 

305, 

306, 

310, 

, 311 

, 312, 313, 

331, 

341, 

348, 

, 354 

: , 355, 360, 

, 368, 

377, 

379 

n., 

384 n., 

386, 

391, 

392, 

, 394, 396, 399 n., 

403, 

410, 

, 411, 417, 424 n., 

425, 

428, 

, 445 n., 446 n., 459 n.. 

466, 

, 491, 492, 495 n., 

501, 

515 

n., 

519, 523 

n., 

524, 

525, 

, 527 

, 528, 531, 

534, 

535, 

541 

n., 

548; II 9 

. 11, 

13, 

15, 

18, 

25 n., 32, : 

34, 36 n., 

38, 

39 n., 45, 48 

, 49, 

50, 

52, 

53, 

54 n., 57 

, 68, 

69, 

81, 

82, 85, 86 n., 87-97, 

100 , 

103, 

, 106 

, 116, 125, 

131, 

133, 

134 

n., 

138., 140, 

150, 

151, 

154 

n., 

175 n., 

184, 

186, 

198, 

, 199, 204 n., 

210 , 

217, 

218 

n., 

232, 233, 

234, 

235, 

236, 

, 238 n., 239 n., 240 n.. 

242 

n., 

244 n., 

249, 

250, 

251 

n., 

252, 254 

n., 

258, 

260, 

, 262 n., 270, 

271, 

274 

n., 

279 

n., 283 n. 

, 284 

, 285 

n., 

286 

n., 299 n. 

,, 304 n., 

305 

n., 

306 n., : 

310, 

315, 

316 

n., 

317 n., 338. 



Vitart Nicolas, Il 103 ,n. 

Vogelweide (von der) Walter, I 
340. 

Voisenon (abate di), II 214 n. 

Voiture Vincent, II 5, 13 n., 
20 n., 49, 50, 53, 55, 63, 
103. 

Volaterrano Raffaello, I 294 n., 
486, 508 n , 519 ; II 139. 

Volpi Giannantonio, II 300 n. 

Voltaire, I 403, 443 ; II 10, 25 
n., 27, 37 n., 47, 56, 68, 80 
n., 82, 83, 86, 98, 99, 111, 
115 n., 118 n., 139, 147, 
148 n., 150, 151, 152, 154, 
155-329, 342, 343, 344. 

Voulté Jean, I 296. 


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Indice dei nomi 


381 


"Wagnière Jean-Louis, II 168. 
Waleys (Sir Henry le), I 509. 
Walpole Horace, II 213 n. 
Warton Joseph, II 314. 
Warton Thomas, II 242 n. 
Watelet Claude-Henri, H 190 
n., 301 n., 313 n., 316, 
317 n. 

Werner Zacharias, II 310 n. 
Wiclef John, I 509 ; II 136. 
Wilhelm8age f I 12 n. 1. 

Witte Karl, I 104. 

Wolfram von Esohenhach, I 14. 
Wordsworth William, I 342 n. 
Wyatt James, I 255 n. 


Ximenez, cardinale, II 26 n. 

Young Edward, II 264, 295 
n., 309. 

Zaccaria Francesco Antonio, II 
187 n., 243 n. 

Zaccheroni Giuseppe, II 304 n. 
Zanotti Francesco Maria, II 
243. 

Zatta Antonio, II 247. 

Zeno Apostolo, II 215. 
Zingarelli Nicola, I 106. 

Zorzi Bartolomeo, I 59 n. 
Zwingli Ulrich, I 516. 


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